Anche questo mese attingiamo l'argomento dell'editoriale dalla nostra rubrica
dei sondaggi che - nonostante sia stata inserita solo da qualche mese - sta
riscuotendo molto successo. Come dicevamo il mese scorso, l'opinione dei lettori
ci dà l'opportunità di riflettere sui gusti e tendenze degli enoappassionati. Ci
ha molto colpito come stanno votando i lettori di DiWineTaste a proposito di
quanto, nella scelta di un vino, sia importante che sia biologico. La
maggior parte dei votanti ha dichiarato di essere indifferenti e poco
interessati al vino biologico. Ci chiediamo, comunque, quanto la
comunicazione fatta su questo tipo di prodotto sia responsabile di questo
risultato, innanzitutto in generale e poi in relazione alla categoria vino. La
comunicazione sul vino biologico è stata svolta in modo poco efficace e
raramente si è cercato di spiegare con chiarezza cosa fosse un alimento
biologico. E ciò vale ancora di più in relazione al mondo del vino. Gli scandali
alimentari, quali ad esempio mucca pazza, hanno favorito l'attenzione da
parte del consumatore verso i prodotti biologici. Se in alto alla classifica
della tipologia di prodotto più acquistata si colloca la categoria dei
freschi, come ad esempio ortofrutta e latticini, il vino si trova agli
ultimi posti.
Ma innanzitutto, cos'è un prodotto da agricoltura biologica? Il metodo di
produzione biologico è rispettoso dell'ambiente ed esclude l'utilizzo di
sostanze chimiche di sintesi (fitofarmaci e concimi chimici). Tutte le fasi
produttive sono controllate e certificate da appositi organismi accreditati a
livello europeo. Nel caso del vino, la dicitura corretta è vino da agricoltura
biologica. In Italia, la viticoltura biologica è praticata su circa 50 mila
ettari e costituisce poco più del 5% della viticoltura convenzionale. Un vino
biologico si differenzia da uno convenzionale per diversi elementi: la forma
di anidride solforosa ammessa (ad esempio solforosa gassosa in soluzione liquida
o sali di metabisolfito) e la quantità totale - tra 10 e 25 ppm per l'anidride
solforosa libera - acidi ammessi (ad esempio citrico, tartarico e ascorbico). I
livelli di solforosa ammessi in un vino biologico variano a seconda
dell'ente, scelto dal produttore, il quale controlla che tutti i parametri
previsti nel disciplinare siano rispettati. Oltre al fattore comunicazione che
il vino biologico sconta, occorre considerare l'attuale idea che i
consumatori hanno del vino biologico. Purtroppo, tanti anni fa, la qualità
della maggioranza dei vini biologici in commercio non era elevata e la
nostra sensazione è quella che il vino prodotto secondo questi criteri non si
sia ancora scrollato di dosso la reputazione di vino di pessima qualità.
Oggi non è più così, almeno nella maggioranza dei casi. Si trovano in commercio
ottimi vini biologici, dal punto di vista qualitativo e organolettico. Molti
ritengono che i produttori di questa tipologia di vini non seguano i principi
del metodo dell'agricoltura biologica. Per contro, molti produttori di vini
biologici, nel commercializzare i loro prodotti, mettono in secondo piano il
fatto che derivino da agricoltura biologica, proprio come se fosse un elemento
che possa scoraggiare il responsabile acquisti della grande distribuzione,
l'enotecario o lo stesso consumatore ad acquistare quel prodotto. I canali
commerciali utilizzati dalle aziende vitivinicole biologiche italiane, sono
prevalentemente rivolti all'esportazione, dove viene venduto il 65% della
produzione, il restante viene distribuito in Italia tramite la ristorazione.
L'esportazione riguarda prevalentemente i Paesi appartenenti all'Unione Europea
(la Germania in modo particolare, dove vivono molti consumatori di biologico),
la Svizzera e di recente è iniziata la scalata al mercato Nord americano.
Se il problema della comunicazione poco efficace sui prodotti biologici - vino
incluso - tiene lontani i consumatori da questi ultimi, altro elemento da
considerare è il prezzo. In genere, i prodotti biologici si trovano sul mercato
a un prezzo superiore del 20-30% rispetto a quello dei prodotti convenzionali.
E nel momento economico-finanziario che stiamo attraversando, anche la spesa per
l'acquisto del vino è stata ridimensionata. Purtroppo l'incidenza maggiore dei
costi di produzione di chi produce biologico si ripercuote sul consumatore
finale. Spesso, comunque, molti vini biologici costano meno rispetto a tanti
vini convenzionali. Il vino biologico rimane, comunque, allo stato attuale, un
prodotto di super-nicchia. I consumatori di questo tipo di vini sono in genere
coloro che si recano a fare la spesa in catene specializzate nel biologico e che
in genere acquistano prodotti alimentari che rispettano questi principi o
derivanti da agricoltura biodinamica. Quest'ultima non è la stessa cosa del
biologico. L'agricoltura biodinamica si ispira alle teorie dello studioso
austriaco Rudolf Steiner, che teorizzò sulla coltivazione della terra,
rispettando i ritmi e i cicli della natura. Anche in questo caso esistono enti
certificatori del biodinamico, diversi da chi certifica il biologico.
Esistono anche vini biodinamici, cioè realizzati con uve coltivate secondo i
principi della biodinamica, che si rifanno ai principi di Steiner.
Osservando più dettagliatamente cosa sia avvenuto nel comparto dei vini
biologici va constatato che, tranne alcuni significativi esempi di nascita di
strutture commerciali parallele (soprattutto in Germania e Svizzera), che si
sono occupate in maniera esclusiva di promuovere e vendere vini biologici, oggi
il vino biologico di qualità si inserisce sempre più facilmente nel mercato
tradizionale, ottenendo successi significativi. La produzione di uve con il
metodo dell'agricoltura biologica si sta sviluppando rapidamente anche nei nuovi
paesi emergenti (Europa orientale, Australia, Nuova Zelanda, Cile e Argentina).
Sul mercato italiano e nel resto del mondo sono già approdati i vini di questi
paesi, anche quelli biologici, a prezzi sempre più competitivi. Nello scenario
economico-finanziario mondiale attuale, le aziende che hanno scelto la
produzione biologica incontrano notevoli difficoltà nella vendita dei loro
vini. In Europa, la stessa Germania - che costituiva per certi versi lo sbocco
di mercato naturale per i vini biologici - grazie alla diffusa cultura per
questo tipo di prodotti e del biodinamico, ha notevolmente diminuito le
importazioni di vino biologico dall'Italia. Così, molte aziende italiane di vino
biologico si sono trovate in serie difficoltà, perché non avevano fatto i conti
con la crisi economica che la Germania sta attraversando. Ci auguriamo che
questi produttori, dopo tanti sforzi, non mollino e continuino a lavorare sulla
qualità, sulla comunicazione relativa al prodotto e che non riconvertano i
vigneti alla viticoltura convenzionale.
Se la viticoltura biologica è ancora un settore in espansione o stia segnando il
passo, è attualmente argomento di frequente quanto sterile discussione. Quello
che si può affermare è che sono uscite dal sistema di controllo quelle aziende
che avevano puntato più sul contributo che sulla messa a punto di sistemi
aziendali che portassero a prodotti per il mercato del biologico. In quasi tutte
le regioni, ma soprattutto in quelle a minore vocazione vitivinicola, diverse
aziende prive di cantina, che conferivano uve a cantine sociali o le vendevano
in modo autonomo, negli ultimi otto anni, entrarono nel sistema di controllo
grazie ai contributi del Regolamento CE 2078 prima e del piano di sviluppo
rurale poi, senza però valorizzare le proprie produzioni che continuavano a
essere vinificate assieme a quelle convenzionali. La fine del regime di aiuti ha
quindi indotto queste aziende a recedere dall'impegno, visto che non comportava
più alcun beneficio. Quello che è accaduto nel mondo del vino biologico dovrebbe
essere d'insegnamento a molti, nella speranza che serva di lezione a tutti, sia
ai produttori, sia ai consumatori.
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