La qualità di un vino non può essere definita secondo dei criteri rigidi. Allo
stesso modo, la gradevolezza di un vino non può essere definita secondo dei
principi assoluti. Il vino, bevanda complessa e ricca, ha l'evidente potere di
stimolare i nostri sensi e, attraverso questi, suscitare emozioni diverse in
accordo anche a fattori esterni e umorali. La soggettività di chi assaggia,
oltre alla sua predisposizione psicologica, influiscono innegabilmente e in modo
determinante sulla gradevolezza di un vino. Un vino, assaggiato in un
determinato contesto, potrebbe risultare molto gradevole; lo stesso vino,
assaggiato in un contesto diverso, potrebbe addirittura risultare del tutto
indifferente o perfino sgradevole. Esistono comunque criteri oggettivi
sui quali la maggioranza degli appassionati della bevanda di Bacco si trova
d'accordo, profumi e sapori che si definiscono generalmente - e quindi
oggettivamente - piacevoli o sgradevoli, appropriati o estranei al vino.
Questo concetto si potrebbe spiegare, per esempio, con l'aceto. Il suo aroma e
il suo sapore possono essere gradevoli e graditi in molte pietanze, anche quando
la sua presenza è dominante, mentre quando è percepito nel vino diventa
sgradevole compromettendone inesorabilmente la qualità. La qualità nel vino non
si misura per la quantità di pregi che possiede; piuttosto è la quantità di
difetti a farne la sua qualità e, va da sé, nella quantità minore possibile. Ci
sono difetti oggettivamente riconosciuti come peggiorativi della qualità del
vino - l'odore e il sapore di tappo, per esempio - altri invece sono puramente
soggettivi, come l'eccesso o la carenza di aromi e sapori riconducibili al legno
di botte o barrique. De gustibus non est disputandum, si potrebbe dire. E
ci sono infine difetti, o pregi, che cambiano con il procedere del tempo e con
l'inevitabile cambiamento dei gusti di ogni epoca.
Quelli che in tempi remoti erano considerati vini di pregio assoluto, oggi - se
valutati con il gusto dei nostri tempi - sarebbero probabilmente considerati
poco gradevoli se non imbevibili. Il gusto cambia, si evolve e si adatta alle
circostanze imposte sia dalla società sia dalla cultura, oltre che dalle mode
del momento e dalle tendenze. I profumi, i sapori e la gradevolezza di un vino
sono determinati da quel fattore che, tecnicamente, si definisce come
equilibrio, cioè quella condizione - talvolta precaria e magica - nella
quale ogni stimolo organolettico sembra essere perfettamente contrapposto agli
altri o a uno in particolare. In questo complicato gioco di sensi che si
rincorrono, si supportano o si contrastano, si sono formulate diverse
regole, cercando di definire il punto di equilibrio di un vino, almeno in
termini oggettivi. E ogni vino ha il suo: la condizione di equilibrio di un vino
bianco, per esempio, non è auspicabile in un vino rosso e viceversa.
Dal punto di vista tecnico, il cambiamento - in eccesso o in difetto - di un
determinato stimolo organolettico, richiede un opportuno aumento o diminuzione
di un altro stimolo, complementare o antagonista a seconda dei casi, così da
ottenere l'equilibrio. Detto così sembra semplice, in realtà è un'arte
estremamente complessa sulla quale si costruisce un vino, dal vigneto fino al
calice. Per esempio, in un vino dove sembra prevalere un sapore acido, tale da
pregiudicare la sua piacevolezza (che è comunque soggettiva), si potrebbe
intervenire aumentando la morbidezza - e questo spesso significa maturare il
vino in legno o aggiungere opportune sostanze - oppure aumentarne la dolcezza o
il volume alcolico. A sua volta, la maturazione in legno potrebbe aumentare
eccessivamente l'astringenza del vino, pertanto per riportarlo in equilibrio, si
potrebbe aumentare la quantità di alcol oppure la morbidezza. In altre parole,
cambiando un parametro del quadro sensoriale, è necessario adattare anche gli
altri così da non compromettere l'equilibrio.
Negli ultimi trenta anni, nel mondo del vino, quindi non solo in Italia, si è
assistito a una vera e propria competizione con l'equilibrio. Trenta anni fa i
vini avevano una personalità molto diversa rispetto ai vini di oggi. Si potevano
cogliere, per esempio, gusti tendenzialmente freschi - cioè l'acidità era più
evidente - e il volume alcolico medio era di circa 12,5%. Vini con personalità
morbide e tendenzialmente dolciastre, dal pronunciato carattere legnoso e
con alcol sopra i 13,5% erano rari, ma anche poco apprezzati. Poi si diffuse
l'idea che senza la barrique non si potevano fare grandi vini, convinti
che il successo della Francia dipendesse solo da questo strumento di cantina.
Con l'arrivo della barrique, i vini si caricano di tannini e quindi di
astringenza acerba, quella che - in altre parole - fa allegare i denti e le
guance, cioè allappa. L'acidità comincia quindi a lasciare il posto ai
tannini, e non solo nei vini rossi. Insieme alla barrique, anche Merlot e
Chardonnay conquistano un'indiscussa fama - a quei tempi considerate le uniche
uve capaci a produrre grandi e pregevoli vini - che avevano inoltre il vantaggio
di ammorbidire l'irruenza dei tannini della barrique, ristabilendo parte
dell'equilibrio.
Poi arrivarono le grandi concentrazioni, che a loro volta aumentavano
ulteriormente la struttura e l'astringenza dei vini, riportata in equilibrio con
la maggiore concentrazione di zucchero nelle uve, quindi con l'alcol. Una corsa
forsennata alla ricerca dell'equilibrio così da rimediare ai concetti moderni
che nel frattempo avevano colonizzato cantine e vigneti. I vini dal minore
volume alcolico, spesso eleganti e delicati, un tempo considerati normali,
furono così relegati in fondo alla piramide della qualità, vini minori, poco
impegnativi e di poco pregio. Negli anni a venire il grande vino divenne quello
che si poteva quasi masticare anziché bere. Corpo, struttura, potenza,
concentrazione, alcol: i criteri della rinnovata qualità. Vini dei quali si
ammirano le prodezze tecniche e stilistiche, se ne apprezzano al massimo due
calici e alla fine si lascia la bottiglia sul tavolo. Eleganti a modo loro, ma
non veramente eleganti, sorretti da equilibri quasi precari dove i
muscoli fanno bella mostra di sé. Sognando magari un vino minore capace di
emozionare per la sua equilibrata eleganza.
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