Vino, magnifico rappresentante della nostra cultura, storia e tradizione, è
anche elemento fortemente legato alle mode, tendenze e opportunità del
momento. Non da ultimo, anche alle condizioni economiche e di mercato. In
questi tempi, decisamente poco floridi e molto complicati, tempi che tutti -
chi più chi meno - definiscono di crisi, anche il vino, inevitabilmente,
risente di questa condizione. Bevanda che assume un forte significato di
identità nazionale per il nostro Paese, è comunque innegabile che il vino non
rappresenta oggi una necessità prioritaria per la gente. Da elemento
fondamentale della vita di tempi passati - alla stregua di alimento e bevanda di
sostentamento - il vino ha assunto da tempo un ruolo ben diverso, un cambiamento
culturale radicale che lo ha trasformato in bevanda soprattutto elitaria. Il
vino è infatti oggi maggiormente associato a fattori culturali e intellettuali,
sempre presente nella tavola come fidato alleato della buona cucina, ma chiamato
a svolgere un ruolo diverso.
I consumi di vino, da un punto di vista crudo e diretto, si
misurano, come qualunque altro bene di consumo, con dei freddi numeri.
Numeri che raccontano la situazione specifica di un momento e che testimoniano
la misura con la quale si riempono i calici degli appassionati di vino e dei
consumatori occasionali. Ci sono poi numeri che misurano la differenza fra
quanto vino si è prodotto in un determinato periodo e quello che si consuma
effettivamente o che rappresenta la reale richiesta di mercato. Fra le tante
notizie che giungono puntuali ogni anno in occasione della vendemmia, due in
particolare suscitano in me una certa allegria, soprattutto per la scarsa
utilità di una di queste. Mi riferisco alla notizia bomba che si rinnova
ogni anno e che per fortuna, ultimamente, sta passando di moda, e vede -
puntualmente e inevitabilmente - ogni nuova vendemmia come quella del secolo.
L'altra notizia, che trovo davvero avvincente, è l'annuale competizione fra
Italia e Francia per contendersi il primato di primo produttore di vino del
mondo. Confronto davvero appassionante, alla stregua - per chi segue le
competizioni calcistiche - delle partite fra Italia e Francia in occasione dei
campionati del mondo e, sui quali, il Paese finalmente si unisce, pronto a
rivendicare il proprio orgoglio nazionale, come si conviene nelle occasioni
importanti. Quest'anno, il 2013, l'Italia torna a occupare la vetta dell'Olimpo
enologico sfoggiando il proprio orgoglioso primato al mondo, sconfingendo i
cugini d'Oltralpe sulla quantità di vino che produrrà dai propri vigneti. Siamo
tornati ad essere il primo paese produttore di vino del mondo, lasciando alla
Francia solamente il secondo posto. Le stime di produzione suggeriscono che
l'Italia produrrà 44 milioni di ettolitri di vino, forse 45, mentre i francesi
ne produrranno solamente 43,5. Primi! Abbiamo vinto! Campioni del mondo!
Poi, fra qualche mese, probabilmente in primavera, arriveranno altre notizie -
sempre puntuali e tristemente ricorrenti negli ultimi anni - che racconteranno
la difficoltà dei produttori italiani nel vendere il proprio vino. E qui,
francamente, non c'è niente da ridere, nessuno spazio per l'ironia, poiché si
tratta di un problema serio e preoccupante. Le vendite di vino, inutile girarci
intorno, non sono floride come un tempo. Per rendersene conto, basta osservare i
tavoli di un ristorante e contare in quanti di questi è possibile vedere una
bottiglia di vino. Il numero sarà, nella maggioranza dei casi, piuttosto
modesto. Alcuni potrebbero obiettare che, in questo caso, la colpa è anche dei
ristoratori e della loro poco condivisibile logica di profitti, convinti che il
vino sia un prodotto sul quale speculare. Ad onore del vero, non tutti i
ristoranti e ristoratori sono uguali: alcuni applicano margini di profitto
ragionevoli, altri - che definirei poco intelligenti - applicano margini
esorbitanti e del tutto ingiustificati, e finiscono per lamentarsi che il vino,
loro, non riescono a venderlo.
Lo stesso si verifica, seppure in misura ridotta, anche nei supermercati, dove
spesso si trovano lunghe distese di bottiglie negli scaffali, interi reparti
completamente dedicati al vino. Qui le cose vanno un po' meglio, ma a guardare i
carrelli della spesa dei clienti, in pochi si intravvedono bottiglie di vino e,
in quelli dove si vedono, nella maggioranza dei casi, sono bottiglie di valore
modesto, dal punto di vista economico, ben s'intende. I produttori, chi più chi
meno, lamentano da anni la stessa difficoltà: le cantine sono piene, vendere il
vino non è semplice come in passato. E lo spazio in cantina, quando resta
occupato, rappresenta un costo. I consumi di vino non vivono un bel momento, la
gente - inutile fare finta di niente - ridimensiona le proprie spese e cambia le
priorità in funzione delle possibilità: il vino spesso, è lasciato in fondo alla
lista delle necessità. Le cantine, non potendo fare diversamente, cercano
migliore fortuna all'estero, in quei mercati dove tutti cercano di entrare: la
partita si gioca in un duello al ribasso all'ultimo centesimo.
L'annuale competizione enologica fra Italia e Francia, segna l'ingresso di un
nuovo contendente che, forse, per molti risulterà estraneo a queste
faccende. La Coldiretti, che ha diffuso la notizia, informa che il terzo posto
è occupato dalla Spagna seguita dagli Stati Uniti d'America e, quindi, la Cina.
Da tempo in quest'ultimo paese, è proprio il caso di dirlo, si verifica un certo
fermento, sia in termini di produzione vitivinicola sia - e soprattutto - in
termini di consumi di vino. Com'è noto, alcune cantine europee hanno iniziato a
guardare alla Cina come possibile terra da vino, spesso in collaborazione con
società cinesi, investendo capitali in vigne e costruendo cantine
tecnologicamente all'avanguardia. Il vino attrae sempre più gli imprenditori
cinesi che, c'è da scommetterlo, a breve saranno capaci di produrre vini di
elevata qualità, al pari di quello del vecchio mondo. Qualità a un prezzo
più vantaggioso: qualcosa che è già accaduto in Australia, Cile, Argentina e
negli altri paesi emergenti del vino. Saremo anche i primi produttori del
mondo, ma presto la nostra copiosa produzione da primato sarà costretta a
confrontarsi anche con questi concorrenti. Gli alti e bassi del vino. Però siamo
i primi al mondo: l'onore è salvo.
Antonello Biancalana
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