Il vino migliora con il tempo. Quante volte abbiamo detto, o sentito dire, che
qualcosa o qualcuno è come il vino buono e migliora con il tempo? Si tratta,
probabilmente, di uno dei luoghi comuni più conosciuti in Italia. Il vino
migliora con il tempo, ma non sempre. È comunque innegabile che ci siano vini
che con il tempo raggiungono vette di eccellenza straordinarie, com'è
altrettanto vero che alcuni - già dopo pochi anni - peggiorano inesorabilmente.
Il tempo è un concetto notoriamente relativo e questo è certamente vero anche
per il vino, ogni singolo vino, territorio, zona, uva, annata e interpretazione
dell'uomo. Non si può infatti definire l'età di un vino in termini, per così
dire, assoluti, poiché questa misura cambia in funzione delle caratteristiche e
dei limiti del vino stesso. Quello che è certo, la misura del tempo, o meglio,
della longevità del vino, può essere allungata in accordo a oculate e
specifiche tecniche viticolturali ed enologiche.
Un vino, per sfidare il tempo e diventare migliore nel corso degli anni, deve
essere prodotto con questo specifico obiettivo. Questi vini, infatti, si
producono con la consapevolezza che, per godere appieno del risultato della
fatica della vigna e del vignaiolo, si deve attendere qualche anno. L'attesa è
spesso premiata, ammesso che anche la conservazione sia stata fatta in modo
appropriato e opportuno. Assaggiare un vino destinato alla lunga maturazione
solamente dopo pochi mesi, significa andare incontro a una delusione clamorosa.
Nel calice troveremo, in questo caso, un vino carente in armonia ed equilibrio,
con evidenti eccessi causati da particolari stimoli gustativi, spesso più di
uno. L'esempio classico è offerto dai vini rossi prodotti con lo scopo di dare
il meglio di sé con il tempo: l'astringenza dei tannini può essere così
aggressiva e feroce da risultare perfino sgradevole. Qualcosa che i
produttori conoscono fin troppo bene quando assaggiano i loro giovani vini
direttamente dalla botte.
L'ammetto - consapevole di non essere solo in questo - che quando nel calice mi
ritrovo un vino magnificamente impreziosito dal tempo, lo stupore che pervade
ogni singolo sorso, sguardo e profumo, mi cattura completamente. Impossibile
non essere rapito da quelle infinite sfumature che solo il tempo sa regalare ai
vini capaci di catturarle per farne magia. Perché il tempo è capace di
allestire un magnifico palcoscenico dove il colore, profumo e il gusto del vino
recitano una maestosa parte per i sensi, privilegiati spettatori di
un'irripetibile interpretazione. Non sempre gli attori messi in scena dal vino
sono all'altezza di questo nobile onore, ma quando lo sono, signore e signori,
non resta che inchinarsi. Un inchino al vino - certo - ma anche a chi lo ha
prodotto e fatto vivere, accompagnandolo per mano dalla vigna al calice. La
bellezza dello spettacolo, ovviamente, dipende anche dai gusti personali e non
tutti apprezzano o riescono a comprendere quello che il tempo ha regalato al
vino - a quel vino - a quella bottiglia.
Quello che mi sorprende maggiormente è quando questi spettacoli sono
interpretati dai vini bianchi, soprattutto per il fatto che, per molti, questi
vini dovrebbero essere consumati entro due anni dalla vendemmia. Farebbero bene
a ricredersi, visto che - probabilmente - non sanno cosa si perdono nello
stappare certi bianchi solamente dopo pochi anni. I consumatori - per meglio
dire, la massa dei consumatori - si affretta a cercare i vini bianchi della
nuova annata, soprattutto nei ristoranti, praticamente pochi mesi dopo la
vendemmia. Complici anche i ristoratori, spesso incapaci di sapere realmente
consigliare vini ai propri clienti, si limitano semplicemente ad accontentare
le loro richieste: contenti loro, contenti tutti. Questo ha l'effetto di
spingere i produttori - in questo evidentemente complici e compiacenti - a
commercializzare i loro vini bianchi prima possibile, anzi, a produrli in modo
che siano pronti dopo pochi mesi dalla vendemmia.
I pochi e illuminati ristoratori che consigliano ai propri clienti un vino
bianco meritevole di essere goduto dopo qualche anno dalla vendemmia, rischiano
di essere accusati di scorrettezza per il fatto di volere vendere un vino
vecchio. Facile, infatti, servire al tavolo un vino rosso con qualche
anno di vita, anzi, qui i consumatori sembrano apprezzare la proposta proprio
perché il vino migliora con il tempo. Sì, vero, a patto che sia rosso e,
possibilmente, importante. Che poi, chissà cosa significa esattamente
vino importante? Quelli che desiderano versare nel proprio calice un vino
bianco al ristorante, lo chiedono giovane, giovanissimo, praticamente appena
svinato. A meno che non si tratti di un vino bianco passato in botte o in
barrique, allora si può, eventualmente, fare un'eccezione. Un circolo vizioso,
purtroppo, che spinge i ristoratori ad approvvigionarsi di vini bianchi giovani
e produttori che, per restare nel mercato, li accontentano. Ma solo perché non
hanno la capacità di imporsi con i ristoratori, decidendo loro quando i loro
vini sono pronti, capaci di dare il meglio, quindi vendibili solo in quel
momento e non prima.
C'è un'altro stile di vino che amo stappare dopo qualche anno trascorso a
meditare in bottiglia e qui, probabilmente, temo di non trovare molti
d'accordo con me: gli spumanti metodo classico. Le bollicine rifermentate in
bottiglia e con qualche anno di maturazione dopo la sboccatura, diventano
monumenti di straordinaria complessità sensoriale, magnifici interpreti del
tempo. Assumono un'elegante morbidezza a fare da splendida spalla
all'effervescenza e alla freschezza, che - nonostante il tempo che passa -
restano pungenti e sferzanti. E poi i profumi che si vestono di nobili tessuti,
quasi fossero dei preziosi broccati, regalano infinita meraviglia e piacere al
naso. L'arte della conservazione svolge ovviamente un ruolo importantissimo -
non da meno, il ruolo di chi lo ha prodotto - e può diventare il fattore
discriminante fra l'apoteosi e la delusione più cocente. Di sicuro, quando
trovo in cantina un bianco o uno spumante metodo classico che ha goduto
dell'evoluzione del tempo, prendo il cavatappi e mi preparo a godermi lo
spettacolo. E mi viene da pensare a quelli che, purtroppo per loro, hanno
stappato quella stessa bottiglia qualche anno prima, sorridendo sornione e
compiaciuto, consapevole che non sapranno mai quello che si sono persi.
Antonello Biancalana
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