La conservazione e il trasporto del vino è una necessità che nasce
evidentemente con la scoperta della bevanda di Bacco. Sin dai tempi
remoti, e dei quali abbiamo testimonianze scritte da parte di autori del
passato, chiunque producesse vino aveva la necessità di conservarlo nel tempo
e, soprattutto, di trasportarlo con lo scopo di ottenere un profitto
commerciale. Ben presto, infatti, il vino divenne un'importante merce di
scambio commerciale, viaggiando letteralmente in ogni luogo del mondo,
attraversando paesi e oceani. Un problema non banale, chiaramente, e ampiamente
provato dalle numerose soluzioni che, nel corso della storia, l'uomo ha
adottato per consentire sia la conservazione nel tempo, sia la possibilità di
trasportarlo. A tale proposito, si deve ricordare che la botte di legno
– strumento enologico oggi confinato solamente all'interno della cantina – è
stato ideato proprio per trasportare agevolmente enormi quantità di vino fino a
raggiungere destinazioni lontanissime.
La sigillatura dei contenitori usati per la conservazione del vino è da sempre
un aspetto cruciale e delicato, con lo scopo di attuare misure utili per
evitare il contatto con l'ossigeno e la luce. Già dai tempi delle anfore e dei
vasi in terracotta, le soluzioni proposte sono state diverse, spesso singolari
e non sempre efficaci. L'introduzione della bottiglia di vetro – all'inizio
ben diversa da quella in uso oggi – ha per certi aspetti complicato le cose,
almeno fino a quando non si è pensato al sughero per realizzare i tappi. Il
legame fra bottiglia e sughero è oggi così fortemente radicato che per molti
resta l'unica soluzione accettabile e tradizionale, pertanto
indissolubile. Il tappo di sughero, nonostante la sua secolare reputazione
nella sigillatura delle bottiglie di vino, non sempre assolve efficacemente
lo scopo della conservazione. Basterà infatti ricordare il temutissimo
odore di tappo, così sgradevole e devastante, capace di rovinare
irrimediabilmente qualunque vino.
Il temuto 2,4,6-tricloroanisolo – la sostanza responsabile del fastidioso
difetto, detta semplicemente tricloroanisolo o, in breve, TCA – è il
rischio che si corre utilizzando i tappi in sughero. Si tratta di una sostanza
prodotta dall'Armillaria Mellea, un fungo parassita della quercia da
sughero e che produce il tricloroanisolo come prodotto secondario del suo
metabolismo. Difficile descrivere, in modo esatto e per analogia, l'odore di
questo difetto, tuttavia, una volta che lo si è percepito, difficilmente si
dimentica e diviene, oltre che sgradevole, facilmente riconoscibile nel vino.
L'odore di tappo – noto anche come difetto di tappo – ricorda
tendenzialmente quello di certe muffe, descrizione del tutto incompleta poiché
si tratta di una sensazione decisamente più complessa. Cartone bagnato,
giornale bagnato, cane bagnato e cantina sporca sono solamente alcune delle
descrizioni che si usano per definire il difetto di tappo, in realtà in modo
del tutto incompleto e approssimativo.
Si deve comunque notare che l'incidenza del difetto di tappo è decisamente
diminuita nel corso degli ultimi anni, grazie a controlli più rigorosi sulla
qualità e sanità del sughero. In passato, tuttavia, aprire una bottiglia e
trovarsi sotto il naso un vino contaminato dal tricloroanisolo era una
possibilità concreta, con conseguente danno economico sia per gli acquirenti
sia per i produttori. Il sughero, evidentemente, offre comunque straordinarie
caratteristiche per la chiusura di una bottiglia e, quindi, la conservazione
del vino. Prima di tutto, l'elasticità, capace di adattarsi al collo della
bottiglia così da assicurare una sigillatura ottimale per diversi anni. Non
meno importante, quella caratteristica che potrebbe rappresentare un paradosso,
cioè la capacità di consentire la preziosa ossidazione del vino e che gli
consente di maturare e, possibilmente, migliorare nel tempo. Si tratta,
ovviamente, di ridottissime quantità di ossigeno che, attraversando i minuscoli
pori del sughero, giunge all'interno della bottiglia.
Il sughero, con tutti i suoi vantaggi e svantaggi, non rappresenta comunque la
soluzione assoluta e conveniente. Non tutti i tappi di sughero sono di qualità
e quelli che lo sono hanno un costo non trascurabile che incide anche in modo
significativo sul prezzo finale del vino. I tappi di sughero di elevata qualità
sono infatti impiegati nei vini destinati al lungo affinamento in bottiglia e
che, generalmente, sono venduti a un prezzo elevato. Questa scelta, infatti,
oltre a garantire una migliore conservazione nel tempo – consentendo quindi al
vino di maturare ed evolversi in modo proficuo – subiscono trattamenti
specifici che tendono a limitare la contaminazione del tricloroanisolo. Negli
ultimi venti anni sono state proposte numerose alternative al sughero, sia per
contenere l'incidenza dei costi, sia per limitare gli effetti del cosiddetto
difetto di tappo. Delle tante soluzioni proposte, si ricordano i
sugheri sintetici – perfino con valvole per consentire il passaggio
calibrato di ossigeno – tappi di vetro, a vite e corona.
Di queste soluzioni alternative, oggi è il tappo a vite a riscuotere il
maggiore consenso da parte dei produttori. Non è stata una conquista semplice,
prevalentemente a causa del pregiudizio dei consumatori, così fortemente legati
al tradizionale sughero, tendendo a considerare perfino offensiva
qualunque soluzione alternativa. Va detto che per i vini destinati al lungo
affinamento in bottiglia, il sughero di qualità resta in ogni caso la scelta
primaria oltre che indispensabile. Per i vini di pronto consumo o comunque
con una previsione di consumo entro pochi anni dalla vendemmia, il tappo a vite
rappresenta certamente un'ottima soluzione. Non solo evita il fastidioso
difetto di tappo – e le relative perdite economiche – ma è oramai
provata la sua capacità di preservare il vino integro e fresco, ideali quindi
per i vini giovani. Non ho mai avuto pregiudizi o atteggiamenti ostici verso i
cosiddetti tappi alternativi e ho sempre accolto con favore le bottiglie
sigillate con il tappo a vite. Comodo, pratico, semplice da aprire, regala ai
sensi un vino integro e incontaminato, con la certezza di evitare la delusione
e il rischio di ritrovarsi nel calice lo sgradevole odore di tappo. Il sughero
è certamente affascinante, ma non sempre è la soluzione migliore per conservare
il vino, o almeno, non tutti i vini. Fa piacere vedere che finalmente, dopo
anni di pregiudizi e ostacoli culturali, le soluzioni alternative – il tappo a
vite su tutti – si stiano progressivamente diffondendo. In fin dei conti,
quello che conta è il vino e che sia sempre godibile e intatto nelle sue
qualità, sia da giovane, sia nella saggezza del tempo.
Antonello Biancalana
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