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Numero 38, Febbraio 2006
Sommario


Editoriale    Sommario della rubrica Editoriale
 Il Gusto del Vino
In principio erano dolci, densi e sciropposi, tanto da essere diluiti con l'acqua prima di essere bevuti. Più tardi si affiancarono quelli secchi, ma anche quelli vivaci di gioiosa effervescenza. Poi le allegre bollicine si… [continua]
 La Posta dei Lettori



ABC Vino    Sommario della rubrica ABC Vino
 Médoc
Il Médoc
Cuore della celebre regione vinicola di Bordeaux, il Médoc è il luogo dal quale nasce il celebre modello enologico imitato in tutto il mondo, un successo fatto non solo di magiche uve… [continua]



Gusto DiVino    Sommario della rubrica Gusto DiVino
 Merlot a Confronto
Poggio ai Merli e Villa Gresti: due dei vini della nostra degustazione comparativa
La celebre uva rossa di Bordeaux si confronta in tre vini italiani, eccellenti rappresentanti dell'alta enologia, nei quali si esprime pienamente la personalità del Merlot… [continua]
 I Vini del Mese
Bricco Sturnel 1999, Bellaria (Lombardia, Italia)
Bricco Sturnel 1999, Vallée d'Aoste Nus Malvoisie Flètri 2003, Ribballa di Cagnore 2002, Pianetta di Cagnore Le Goduriose 2002, La Macchia 2000, Arcana Rosso 2001, Arcana Bianco 2004, Amarone della Valpolicella Classico 2000… [continua]



Produttori    Sommario della rubrica Produttori
 Ruffino
Gli attuali proprietari di Ruffino
L'azienda toscana fondata nel 1877, è oggi una delle realtà vinicole italiane più importanti, coniugando tradizione e innovazione, punta sempre di più al mercato globale, esportando in più di 80 Paesi al mondo… [continua]
 Giornale di Cantina


Eventi    Sommario della rubrica Eventi
 Notiziario



Il Cavatappi    Sommario della rubrica Il Cavatappi
 La Cucina Siciliana e il Vino
Un classico della cucina siciliana: la caponata
Viaggio in una delle cucine più affascinanti d'Italia, frutto di una storia che affonda le sue radici in epoche remote. Ricette prelibate abbinate a vini unici, che racchiudono il fascino di una terra ricca di contrasti e colori… [continua]



 La Senape
Semi di senape bianca
L'uso della senape è molto antico, i romani la utilizzavano come conservante, per mantenere succhi di frutta e mosto. I francesi, grazie ai romani che la esportarono in Gallia, sono diventati grandi produttori e grandi consumatori di mostarda… [continua]
 Aquavitae
Grappa Il Pareto, Tenuta di Nozzole (Toscana, Italia)
Rassegna di Grappe, Distillati e Acqueviti, Grappa Il Pareto, Grappa di Brunello Le Due Sorelle, Grappa Müller Thurgau 2000, Grappa Chambave Nus… [continua]
 Wine Parade



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  Editoriale Numero 38, Febbraio 2006   
Il Gusto del VinoIl Gusto del Vino La Posta dei LettoriLa Posta dei Lettori  Sommario 
Numero 37, Gennaio 2006 Segui DiWineTaste su Segui DiWineTaste su TwitterNumero 39, Marzo 2006

Il Gusto del Vino


 In principio erano dolci, densi e sciropposi, tanto da essere diluiti con l'acqua prima di essere bevuti. Più tardi si affiancarono quelli secchi, ma anche quelli vivaci di gioiosa effervescenza. Poi le allegre bollicine si fecero largo tanto da nobilitarsi e divenire moda e segno di alta classe, anch'esse prima dolci e poi secche. Quindi, dopo avere superato un periodo di minore interesse, si fece caparbiamente largo la barrique - o per meglio dire, un modo di usare la barrique - e la moda di assomigliare al legno a tutti i costi, moda che tende oggi ad affievolirsi ma che ha ancora i suoi proseliti. Il gusto del vino cambia. Com'è nella natura dell'evoluzione delle abitudini e delle mode che riguardano la sfera umana, anche il vino - suo malgrado - segue questa regola. Se in tempi antichi, il vino, per essere buono, doveva avere un gusto dolce - magari anche un po' aspro - oggi questa regola non trova lo stesso consenso. Così come è altrettanto vero che - con molta probabilità - i vini prodotti ai tempi degli antichi Greci e Romani, non incontrerebbero affatto il nostro gusto.


 

 Certamente è vero anche il contrario: è piuttosto difficile che gli antichi Greci e Romani potessero condividere l'entusiasmo che abbiamo oggi per i vini secchi - robusti e complessi - con evidenti accenni di legno. Cambiano i tempi, cambiano le mode e i gusti. E il tempo, nel suo inesorabile procedere, introdurrà - c'è da esserne certi - nuovi gusti e nuove mode del vino. Qualora avessimo una sfera di cristallo, potremmo predire il futuro del gusto del vino, ma francamente preferiamo l'idea di rimanere a guardare e attendere questa nuova “sorpresa”. In fin dei conti, chi avrebbe mai potuto scommettere - appena 30 anni fa - che poco più tardi sarebbero divenuti famosi e apprezzati i vini con forte impronta organolettica di legno? Se guardiamo indietro nel tempo, tentando di ricordare i fatti di quei tempi, i primi pionieri che cercarono di introdurre la barrique nella vinificazione, furono - in un certo senso - emarginati dal mondo dell'enologia, considerati pazzi e perfino responsabili di un massacro culturale perpetrato ai danni del vino.

 Ma se guardiamo le cose con il senno di poi, questi personaggi sono oggi considerati i padri della nuova e moderna enologia, presi come riferimento e modello per i loro vini e - nonostante molti di loro siano ancora in vita - hanno perfino conquistato un posto d'onore nella storia dell'enologia. Se siano stati anche responsabili per avere imposto un determinato gusto del vino nei consumatori, è piuttosto difficile da dire, ma anche poco sostenibile. Responsabili di una nuova moda del vino è certamente più probabile, ma - in definitiva - sono proprio i consumatori che determinano il successo o il fallimento di una moda. Certo, spesso i fattori commerciali e speculativi svolgono un ruolo determinante, ma se la moda si basa puramente su questi presupposti, basta poco tempo per vederla scomparire. Eppure il gusto dei vini di legno è ancora vivo e, spesso, ricercato da parte dei consumatori, segno che non si è trattato unicamente di una moda, ma piuttosto dell'avere incontrato - se così si può dire - il gusto dei nostri tempi.

 Definire il gusto del vino è certamente un'impresa difficile, soprattutto perché per ognuno il vino rappresenta qualcosa di assolutamente personale e con il quale si costruisce un rapporto altrettanto personale. Affermare quindi che il gusto del vino - o comunque il vino, in tutto ciò che è e che esprime - debba avere qualità specifiche per essere buono, è qualcosa che appartiene più alla presunzione e all'arroganza che alla realtà. Per molti, il vino buono potrebbe essere bianco e piuttosto fresco, per altri potrebbe essere invece rosso e robusto. Ci sono tuttavia dei punti di riferimento certi, attraverso i quali si può comunque costruire una specifica immagine del gusto del vino e che sia oggettivamente considerato buono dalla maggior parte dei consumatori, in altre parole, un vino statisticamente buono. I produttori sono ovviamente consapevoli di queste statistiche e sulle quali basano largamente il gusto e lo stile dei loro vini.

 Statistiche che non garantiscono comunque nessun successo a lungo termine, poiché i consumatori - rispettando fedelmente quella che è la natura umana - cambiano continuamente i loro gusti e le loro preferenze. Un esempio su tutti è la tanto “amata-odiata” barrique, prezioso strumento enologico che - da sempre, o almeno negli ultimi anni - ha fatto ampiamente parlare di sé, nel bene e nel male. Fino a qualche anno fa, la barrique era infatti vista come un punto di riferimento essenziale per la produzione di un vino di qualità, oggi invece molti produttori tendono a usarla meno, tornando all'uso della botte grande. Una tendenza confermata anche da quello che i consumatori esprimono sul loro gusto e sono in molti a sostenere che i produttori facciano oggi un uso eccessivo della barrique nei loro vini. Paradossalmente, qualche anno fa, molti dei consumatori avrebbero preferito che i produttori usassero maggiormente la barrique. Sarà forse l'abuso della barrique - esasperato anche da fattori di tendenza e commerciali - a fare cambiare idea ai consumatori. Oggi ritengono che le qualità organolettiche della barrique influiscano troppo sul gusto del vino.

 Probabilmente è anche il segno che il gusto del vino stia cambiando ancora una volta e che oggi si tende a preferire un vino che esprima fortemente le qualità della materia da cui proviene: l'uva. Sono sempre di più quelli che infatti prediligono i vini, sì robusti e complessi, ma che sostanzialmente offrono al naso e al palato convincenti aromi e gusti di fiori e frutta. Che sia tramontata l'era dei vini tutto legno? Certamente no, anche perché il legno è stato e sarà un fattore di primaria importanza nella produzione di molti vini. Anche se è difficile da prevedere, potrebbe anche darsi che fra qualche anno saranno i vini prodotti unicamente in contenitori inerti - come le vasche d'acciaio - a conquistare la posizione dominante nelle preferenze e nel gusto dei consumatori. Quello che è possibile concludere oggi sul gusto del vino - sentendo l'opinione dei consumatori - è che sono in molti a preferire vini bianchi freschi e fruttati e vini rossi robusti e complessi, nei quali la barrique, o comunque il legno, non sia eccessivamente invadente. Questa sembrerebbe essere anche la nuova direzione presa dai produttori, certamente nel loro interesse, ma - ovvio - anche nell'interesse del nostro gusto.

 



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La Posta dei Lettori


 In questa rubrica vengono pubblicate le lettere dei lettori. Se avete commenti o domande da fare, esprimere le vostre opinioni, inviate le vostre lettere alla redazione oppure utilizzare l'apposito modulo disponibile nel nostro sito.

 

Ero incuriosito sul metodo di produzione dello spumante e nelle pagine del vostro mensile ho trovato le risposte che cercavo sull'argomento. Complimenti davvero. C'è però un punto che non riesco ancora a comprendere: se si parte da un vino base di 10-12°, l'alcol che si sviluppa durante la rifermentazione in bottiglia, non aumenta la gradazione del vino? Non è possibile che il lavoro dei lieviti si limiti solamente alla produzione dell'anidride carbonica senza produrre alcol. Grazie per la vostra risposta.
Davide Mazzoli -- Rimini (Italia)
Gentile lettore, innanzitutto la ringraziamo per il suo apprezzamento a DiWineTaste: siamo lieti di sapere che nelle pagine del nostro mensile sia riuscito a soddisfare la sua curiosità circa la produzione di vini spumanti. Come ha giustamente osservato, durante la rifermentazione in bottiglia, i lieviti non si limitano unicamente a produrre anidride carbonica. Tecnicamente, l'anidride carbonica è un sottoprodotto della fermentazione degli zuccheri, il cui prodotto primario è appunto l'alcol. Pertanto, durante la rifermentazione in bottiglia, si produce sia anidride carbonica, sia alcol, che contribuirà poi ad aumentare la gradazione del vino. I vini base utilizzati per la produzione degli spumanti hanno qualità organolettiche e chimiche molto particolari, fra queste un'acidità piuttosto spiccata e un grado alcolico più basso rispetto ai normali vini da tavola. Generalmente, al termine della rifermentazione in bottiglia, il grado alcolico del vino aumenta nella misura del 1,2-1,3%, riuscendo in questo modo a compensare la carenza del vino base e raggiungendo quindi le gradazioni tipiche della maggioranza dei vini da tavola.



Qual è la differenza fra un vino passito e un vino dolce?
Arthur Martins -- Seattle, Washington (USA)
I vini dolci rappresentano una categoria piuttosto generica alla quale appartengono tutti i vini che presentano la qualità organolettica della dolcezza e prodotti secondo diverse pratiche enologiche. I vini passiti - anch'essi appartenenti alla categoria dei vini dolci - sono prodotti unicamente con uve appassite. L'appassimento delle uve può essere svolto sia naturalmente, lasciando il grappolo nella vite, sia lasciando i grappoli - dopo il raccolto - in ambienti sufficientemente aerati. In entrambi i casi, le uve perdono notevoli quantità d'acqua concentrando - nel contempo - la quantità di zucchero che conferirà la tipica dolcezza al vino. La minore quantità d'acqua consentirà inoltre di ottenere vini di maggiore struttura e consistenza rispetto a quelli prodotti con uve fresche. I vini passiti - in Francia conosciuti come Vin de Paille e principalmente prodotti nella Jura - sono tipicamente prodotti in quasi tutte le regioni d'Italia utilizzando diversi tipi di uve, sia bianche, sia rosse, così come uve aromatiche e non aromatiche.



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Médoc

Cuore della celebre regione vinicola di Bordeaux, il Médoc è il luogo dal quale nasce il celebre modello enologico imitato in tutto il mondo, un successo fatto non solo di magiche uve

 Cabernet Sauvignon, Cabernet Franc e Merlot: quanti vini sono prodotti nel mondo con queste tre uve? Difficile dirlo, ma di certo sono tantissimi. La celebre ricetta dei vini di Bordeaux - tipica del Médoc - si è guadagnata in fretta la notorietà in tutto il mondo, spesso regalando l'illusione che per fare un grande vino siano sufficienti solamente tre uve. La grandezza dei vini del Médoc è infatti il risultato di condizioni ambientali particolari, pratiche colturali ed enologiche di qualità, e - certamente - anche delle tre celebri uve. Infine, c'è la barrique - la celebre botte da 225 litri e che proprio qui è nata - un elemento che contraddistingue Bordeaux e i suoi vini. Il Médoc è anche il risultato di successi commerciali, grazie anche alla Gironda - l'importante sbocco sull'oceano Atlantico - che ha favorito l'esportazione dei vini verso altri paesi, favorendone quindi la diffusione. Data la sua vasta estensione, la Gironda influisce inoltre sul clima del Médoc, contribuendo così alla formazione di quelle condizioni ambientali che rendono quest'area unica.

 Le origini della produzione dei vini nel Médoc sono piuttosto incerte, la zona era comunque legata al vino già all'epoca delle conquiste degli antichi romani, poiché era dalla Gironda che le navi cariche di vino - prodotto nelle aree interne - prendevano la via del mare verso altri paesi. Il nome Médoc - già noto prima dell'epoca degli antichi romani - significa il territorio di mezzo o pagus medulorum. L'area era anticamente abitata da tribù di Celti che lasciarono poi posto ai Galli. La prima testimonianza sulla produzione di vino nella zona di Bordeaux è attribuita al poeta latino Ausonio (310-394 DC), il quale - in un suo poema del 379 DC - riferisce di coltivare viti in un terreno di sua proprietà. Nella sue opere scritte, Plinio il Vecchio non fornisce con chiarezza informazioni tali da ritenere che la produzione di vino nella regione di Bordeaux fosse praticata ai suoi tempi, pur tuttavia citando la vite biturica. Molto probabilmente, la viticoltura e la produzione di vino iniziano nella regione di Bordeaux successivamente ai tempi nei quali si praticava già nella valle del Rodano.


Il Médoc
Il Médoc

 Anche le notizie relative al periodo successivo alla caduta dell'Impero Romano sono piuttosto scarse e raramente si fa riferimento al vino. Tuttavia è provato che nell'epoca medievale la sua produzione a Bordeaux era praticata, anche se i risultati erano ben lontani da quelli conosciuti oggi. La viticoltura nell'area del Médoc era praticamente assente fino alla fine del XVII secolo, poiché la zona era paludosa e prevalentemente utilizzata per la coltivazione del granoturco. A quell'epoca, si hanno notizie di alcuni vigneti coltivati nella parte settentrionale del Médoc, quella meglio conosciuta come Bas-Médoc. Il XVII secolo fu comunque un periodo fondamentale per lo sviluppo della viticoltura nel Médoc, poiché risalgono a questo periodo le prime ricerche sul terroir della regione. Nel 1677 l'inglese John Locke scrisse dei risultati delle ricerche effettuate nel Médoc, sottolineando l'importante influsso del suolo nelle qualità organolettiche del vino.

 Già in questo periodo gli inglesi erano soliti chiamare i vini di Bordeaux con il termine claret - inizialmente introdotto per fini commerciali - un'abitudine ancora diffusa in Inghilterra. Gli studi sul terroir divennero quindi fondamentali tanto che alla fine del XVIII secolo sia gli enologi sia i proprietari di vigneti, consideravano questo fattore di primaria importanza nella produzione del vino. Si comprese inoltre l'importanza della corretta applicazione delle tecniche enologiche - in questo periodo ampiamente migliorate - che, unitamente al terroir, consentivano di ottenere prodotti eccellenti, vini che si sarebbero imposti per la loro qualità ovunque nel mondo. I primi risultati di questo cambiamento erano già tangibili all'inizio del 1700, tanto che gli Inglesi cominciarono a chiamare i vini del Médoc come New French Claret (Il nuovo Claret francese). A causa del crescente successo commerciale, i produttori iniziarono a selezionare in modo scrupoloso i propri vini, tanto che verso la metà del XVIII secolo iniziò a farsi sentire fortemente la necessità di un sistema di classificazione per la qualità.


 

 Il successo commerciale continuò a crescere e - con questo - anche la necessità di tutelare i vini di qualità da quelli ritenuti di minore pregio. Nel 1855 - in occasione dell'Esposizione Universale di Parigi - l'imperatore Napoleone III chiese quindi di costituire un sistema di qualità con lo scopo di proteggere i vini di Bordeaux. Fu così che i commercianti di vino dell'epoca furono chiamati a giudicare e a valutare i migliori vini in base alla reputazione dello Château e al prezzo di mercato, a quei tempi strettamente legato alla qualità. Il risultato portò alla creazione della celebre Classificazione del 1885, che suddivise i vini in cinque categorie e che ancora oggi rappresenta punto di riferimento per i vini del Médoc. La notorietà e il successo dei vini del Médoc continuavano a crescere quando nei vigneti fecero la loro comparsa fillossera, oidio e peronospora. Fu l'inizio di una lunga crisi, non solo commerciale, e la superficie destinata a vigneto fu drasticamente ridotta. Anche a causa delle rigide gelate del 1956, la superficie coperta a vigneto all'inizio degli anni 1960 era di appena 6.000 ettari, contro i circa 25.000 del 1880.

 In tutto questo periodo si registrarono timidi cenni di ripresa solamente in occasione delle quattro annate eccezionali del 1921, 1924, 1928 e 1929. Nonostante la superficie destinata alla coltivazione di vigneti sia raddoppiata nel corso degli ultimi 30 anni, il Médoc non ha ancora raggiunto l'area coperta prima della devastazione della fillossera. Gli sforzi dei produttori si sono particolarmente concentrati negli ultimi decenni allo sviluppo tecnologico e al miglioramento della qualità dei vini del Médoc. Si sono infatti registrati cospicui investimenti, con lo scopo di modernizzare cantine e introdurre tecnologie enologiche avanzate, con il dichiarato intento di mantenere alta la qualità e la fama dei vini del Médoc. A distanza di secoli, il Médoc continua a meravigliare il mondo con i suoi celebri vini, un successo fatto di terroir, dedizione per la qualità e da quel fattore assolutamente unico rappresentato dalle condizioni ambientali della regione. E certamente, anche dalle uve.

 

Classificazione del Médoc

 I vini del Médoc sono classificati secondo quella che è - molto probabilmente - la classificazione più famosa del mondo. Per volere dell'imperatore Napoleone III, nel 1855 fu creata la celebre classificazione del Médoc, nella quale la qualità dei vini fu stabilita in accordo al prestigio dei loro produttori - i celebri Château - e al prezzo di vendita. La classificazione fu stabilita dai membri della Camera di Commercio che divisero gli Château in cinque categorie distinte, dal Premier Cru al Cinquièmes Crus. La classificazione originale del 1855 prevedeva unicamente quattro Château appartenenti al Premier Cru: Château Lafite-Rothschild, Château Latour, Château Margaux e Château Haut-Brion, quest'ultimo appartenente all'area delle Graves. Nel 1973 - in occasione della revisione della classificazione - alla categoria Premier Cru fu aggiunto anche Château Mouton-Rothschild, prima di quella data classificato come Deuxième Cru. La classificazione è anche nota come Crus Classés e raggruppa 61 Château.

 Nonostante i produttori del Médoc insistano sul concetto del terroir, paradossalmente la classificazione dei loro migliori vini non si basa su questo principio. La classificazione dei Crus Classés si basa infatti sulle tenute e non sul territorio, questo significa che, nel caso in cui uno Château di alta qualità ne acquisisce uno appartenente a una categoria inferiore, questo può essere elevato alla categoria superiore. Inoltre, qualora uno Château migliori la qualità dei suoi vini - tanto da essere equiparati con quelli delle classi superiori - non è prevista nessuna promozione. Lo stesso è vero anche nel caso in cui la qualità dovesse peggiorare. Dalla classificazione del 1855 rimasero esclusi la maggior parte degli Château del Médoc. Nel 1932 fu istituita una nuova classificazione per gli Château esclusi da quella del 1855 e che prese il nome di Crus Bourgeois.

 La classificazione del 1932 prevedeva tre categorie: Bourgeois Supérieurs Exceptionnels, Crus Bourgeois Supérieurs e Crus Bourgeois. Nel 1979 le norme europee hanno consentito il solo utilizzo della denominazione Cru Bourgeois, eliminando le altre due stabilite nel 1932. Il decreto della Repubblica Francese del 17 giugno 2003, ha tuttavia reintrodotto la classificazione secondo le categorie stabilite nel 1932. I Cru Bourgeois sono generalmente considerati vini di maggiore consumo, tuttavia anche in questa classificazione si possono trovare eccellenti vini, spesso comparabili con quelli appartenenti alle categorie Quatriemes Crus e Cinquièmes Crus. Altra considerazione da fare per i Cru Bourgeois è il prezzo, solitamente inferiore ai vini appartenenti alla classificazione Crus Classés. Con i suoi oltre 150 anni di esistenza, la denominazione Cru Artisan, raggruppa piccoli produttori di vino con vigneti di pochi ettari, spesso meno di cinque. Come il nome stesso suggerisce, i produttori appartenenti a questa categoria sono veri e propri artigiani del vino, spesso piccole aziende a conduzione familiare che si occupano totalmente dalla coltivazione alla produzione, compresa la commercializzazione.

 

Aree di Produzione

 L'area vinicola del Médoc si trova nella parte occidentale del bordolese e si estende dalla periferia nord della città di Bordeaux - esattamente dal villaggio di Blanquefort - fino alla Pointe de Grave, nella riva sinistra della Gironda, per una lunghezza di circa 80 chilometri. In accordo al sistema di qualità francese, il Médoc è diviso in due aree, il Médoc - o Bas-Médoc - nella parte settentrionale della regione, e l'Haut-Médoc, situato nella parte meridionale e che occupa una superficie maggiore. Delle due zone, la più interessante è certamente l'Haut-Médoc, infatti è da qui provengono tutti i vini più celebri della regione, ed è qui che si trovano i famosi comuni di Margaux, Pauillac, Saint-Julien e Saint-Estèphe. Secondo il sistema di qualità francese, nella regione sono definite otto aree vinicole, di cui 2 regionali - Médoc (Bas-Médoc) e Haut-Médoc - e sei denominazioni comunali: Margaux, Pauillac, Saint-Julien, Saint-Estèphe, Listrac-Médoc e Moulis en Médoc. Le zone migliori sono tutte situate nei terreni ghiaiosi lungo la riva della Gironda, mentre le zone più interne - caratterizzate da terreni meno drenati - producono vini di minore qualità.

 I vini del Médoc sono per la quasi totalità rossi e l'uva principalmente utilizzata è il Cabernet Sauvignon - generalmente presente per il 60-70% - seguito dal Merlot. Il Cabernet Sauvignon è responsabile per la robusta struttura dei vini del Médoc, mentre il Merlot conferisce morbidezza. Nel Médoc sono inoltre utilizzate - seppure in percentuali minori - anche le uve Cabernet Franc, Petit Verdot, Malbec e Carmenère. L'area di Margaux è caratterizzata da terreni fortemente ghiaiosi, consentendo di ottenere vini di straordinaria eleganza e ricchezza aromatica, pur tuttavia mostrando una notevole struttura. Per questo motivo, i vini di Margaux sono solitamente definiti come un pugno di ferro coperto da un guanto di velluto. L'area più rinomata del Médoc è certamente Pauillac: qui si trovano infatti tre dei cinque Premier Cru. Le caratteristiche dei vini di Pauillac sono piuttosto varie e complesse: alcuni presentano una possente struttura e straordinaria eleganza, altri invece sono caratterizzati da sublime finezza di aromi e sapori. In ogni caso, i vini di Pauillac offrono sempre intensi aromi di frutti neri - ribes e mirtillo su tutti - e notevole complessità gustativa.

 I vini prodotti nell'area di Saint-Julien sono conosciuti - esattamente come i vini di Margaux - per la loro eleganza e finezza. I vini di Saint-Julien sono caratterizzati da uno straordinario bouquet - molto equilibrato e vellutato - supportato da una robusta struttura, ricchezza e intensità di sapori. L'area vinicola più a nord dell'Haut-Médoc è Saint-Estèphe. A causa della composizione del terreno - qui più argillosa rispetto agli altri comuni - i vini di questa denominazione sono famosi per la struttura di tannini robusti e colorazioni piuttosto intense. Nonostante questo, i vini di Saint-Estèphe presentano una finezza aromatica molto elegante e - in particolare - sono capaci di lunghi periodi di maturazione. Situati nelle zone più interne del Médoc - lontani dalle coste della Gironda - i vini di Listrac-Médoc e Moulis en Médoc, anche a causa del terreno più argilloso e meno drenato, sono meno raffinati di quelli dei celebri quattro comuni. Tuttavia anche in queste zone non mancano le buone sorprese. I vini della parte settentrionale - detta Bas-Médoc o semplicemente Médoc - a causa della composizione del terreno - meno adatta per la viticoltura di qualità - non presentano l'eleganza e la finezza dei vini dell'Haut-Médoc e spesso sono commercializzati con la denominazione generica Médoc AC.

 




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Merlot a Confronto

La celebre uva rossa di Bordeaux si confronta in tre vini italiani, eccellenti rappresentanti dell'alta enologia, nei quali si esprime pienamente la personalità del Merlot

 Merlot, un nome che, da solo, è per molti garanzia di eleganza, classe e grandi vini. La celebre uva di Bordeaux - in vero, une delle tante celebri - ha conquistato negli anni una reputazione tale che la sua fama è ben conosciuta in ogni paese del mondo. Molto spesso, basta la sua presenza in un vino per farlo salire di molte posizioni verso l'olimpo dell'enologia, un fatto che è certamente più di moda che di reale merito. Tuttavia, è assolutamente indiscutibile che il Merlot sia capace di produrre vini di grandezza primaria, vini morbidi e suadenti che affascinano per l'eleganza, senza per questo rinunciare - quando vinificata in questo senso - a robuste strutture. Ma è proprio la sua spiccata morbidezza a renderla interessante in cantina, soprattutto quando in un vino siano presenti tannini piuttosto astringenti e aggressivi oppure una poco armonica acidità. In questi casi, il Merlot non ha rivali, il suo tocco è sempre inconfondibile.

 Il Merlot è anche utilizzato da solo per la produzione di vini interessanti e - quando i criteri di produzione sono di qualità - i risultati sono senza dubbio entusiasmanti. In questo senso, la versatilità del Merlot è notevole: da vini semplici e immediati, fino a vini complessi, robusti e densi. Inoltre, il Merlot è un'uva che ben si sposa con la botte - e in modo particolare con la barrique - divenendo, nella maggioranza dei casi, un binomio quasi indissolubile. Nonostante esistano diversi vini prodotti con Merlot e affinati in contenitori inerti - come le vasche d'acciaio - quest'uva trova la sua principale rappresentazione proprio con la barrique, anch'essa di origine bordolese. Anche quando vinificato senza ricorrere all'uso della barrique - e sempre nei casi in cui la produzione sia di qualità - il Merlot riesce a regalare vini interessanti e piacevoli, nei quali la sua immediata morbidezza rappresenta sempre la caratteristica principale.

 

I Vini della Degustazione

 Lo scopo della nostra degustazione comparativa sul Merlot consiste nell'evidenziare le qualità peculiari di quest'uva e come queste siano spesso evidenti e riconoscibili anche nel caso in cui sia coltivata in zone diverse. Poiché la pratica più frequente è quella di vinificare il Merlot ricorrendo all'uso della barrique - più raramente della botte grande - i tre vini della nostra comparativa sono prodotti con questa tecnica. Il nostro obiettivo sarà anche quello di comprendere le qualità organolettiche gustative del Merlot, in particolare la morbidezza che - come vedremo più avanti - anche nel caso di vini robusti e strutturati, questa qualità è sempre presente. Questo consentirà inoltre di comprendere che la morbidezza non sempre è una qualità tipica nei vini “semplici”: quando il Merlot è vinificato in accordo a precisi criteri di qualità e con rese contenute, la sua struttura si manifesta prorompente in tutta la sua consistenza, anche se stemperata dalla tipica rotondità dell'uva.


Poggio ai Merli e Villa
Gresti: due dei vini della nostra degustazione comparativa
Poggio ai Merli e Villa Gresti: due dei vini della nostra degustazione comparativa

 Il primo vino selezionato per la nostra degustazione comparativa è il Focus Merlot Zuc di Volpe, di Volpe Pasini, celebre produttore dei Colli Orientali del Friuli. Questo Merlot matura per 12 mesi in barrique a cui seguono 8 mesi di affinamento in bottiglia. Il secondo vino della nostra degustazione è il Villa Gresti della Tenuta San Leonardo, un Merlot di grande struttura maturato per 14 mesi in barrique e per 12 mesi in bottiglia. Il terzo vino scelto è il Poggio ai Merli di Castellare di Castellina, un Merlot robusto maturato per circa 30 mesi in barrique e per 12 mesi in bottiglia. Tre Merlot scelti in tre regioni italiane: Friuli Venezia Giulia, Trentino e Toscana. I tre vini saranno serviti alla temperatura di 18°C, in modo da favorire sia lo sviluppo degli aromi del vino, sia per esaltare la morbidezza conferita dall'uva e dalla maturazione. La degustazione comparativa sarà svolta utilizzando tre calici da degustazione ISO. Per la nostra comparativa prenderemo in esame i vini appartenenti alle annate attualmente in commercio.

 

Esame Visivo

 Il Merlot è un'uva con una capacità colorante media, pertanto i suoi vini mostreranno intensità piuttosto intense, mentre la trasparenza può variare - in accordo alla qualità della produzione - da abbastanza trasparente fino a impenetrabile alla luce. I vini prodotti con uva Merlot tendono a mostrare colori rosso rubino intenso e - a causa della moderata longevità - le sfumature rosso granato cominciano a essere evidenti anche dopo quattro o cinque anni. Ben diversa è l'evoluzione dei vini Merlot prodotto con criteri di qualità e - in particolare - con basse rese nei vigneti. In questi casi, la longevità è notevolmente prolungata e la tendenza a mostrare sfumature granato è altresì ritardata. I Merlot maturati in barrique - come nel caso degli esemplari scelti per la nostra degustazione comparativa - tendono ad assumere colori più intensi e profondi rispetto a quelli maturati esclusivamente in contenitori inerti, come le vasche d'acciaio.

 Il primo vino che prenderemo in esame è il Focus Merlot Zuc di Volpe, di Volpe Pasini. Il colore di questo Merlot - osservato sulla base del calice - si presenta con tonalità rosso rubino cupo e una trasparenza piuttosto ridotta. Inclinando il calice su una superficie bianca - operazione che consentirà la valutazione delle sfumature - si potranno osservare, sul bordo della massa liquida verso l'apertura, tonalità rosso rubino. Il secondo vino del quale si esaminerà il colore è Villa Gresti della Tenuta San Leonardo. Il colore di questo Merlot non differisce di molto rispetto al vino precedente: rosso rubino cupo e sfumature rosso rubino, trasparenza molto ridotta. Anche nell'ultimo vino - Poggio ai Merli di Castellare di Castellina - l'aspetto visivo non cambia rispetto a quelli precedenti. Anche in questo caso sarà possibile osservare un colore rosso rubino cupo e sfumature rosso rubino con una trasparenza molto ridotta. La scarsa trasparenza osservabile nei tre vini, è indice di precise scelte colturali dei produttori: basse rese con lo scopo di aumentare la concentrazione del vino e delle sostanze coloranti.

 

Esame Olfattivo

 Il Merlot è probabilmente l'uva più utilizzata nella vinificazione in barrique o comunque in botte. Grazie alle sue caratteristiche, il Merlot è un'uva particolarmente adatta a questo tipo di vinificazione e - in questo senso - rappresenta l'uva preferita di chi nel vino cerca spesso le qualità tipiche del legno. Ovviamente, Merlot non significa unicamente legno. La celebre uva di Bordeaux - come già detto - si presta piuttosto bene alla vinificazione in vasche d'acciaio, restituendo vini piacevoli e profumati. Dal punto di vista aromatico, il Merlot può esprimere interessanti aromi di frutti a bacca rossa e nera, così come di fiori e - quando è fatto fermentare o maturare in barrique - la sequenza di aromi speziati e balsamici è piuttosto frequente. Questo sarà il caso specifico dei vini della nostra degustazione comparativa, tutti e tre vinificati ricorrendo all'uso della barrique e con tempi di maturazione piuttosto simili.


 

 Il primo vino che prenderemo in esame è il Focus Merlot Zuc di Volpe, di Volpe Pasini. Mantenendo il calice in posizione verticale e senza rotearlo, si procederà con la valutazione degli aromi di apertura. Si percepiranno intensi aromi di ribes - uno degli aromi fruttati caratteristici del Merlot - prugna e amarena, anche in questo, tipici di quest'uva. Dopo avere roteato il calice, si procederà con una seconda olfazione che consentirà la percezione di mirtillo e violetta, seguite da una serie di aromi tipici della maturazione in barrique, come vaniglia, liquirizia, tabacco, cacao, cannella, macis e pepe rosa, oltre a un piacevole aroma di balsamico di mentolo. Si noti l'ottimo equilibrio aromatico di questo vino e - in particolare - la sua complessità, segno, prima di tutto, della maturazione in barrique. Il secondo vino del quale esamineremo gli aromi è il Villa Gresti della Tenuta San Leonardo. Gli aromi di apertura, evidenzieranno aromi di ribes e amarena, tipici del Merlot.

 Dopo avere roteato il calice, si procederà con la seconda olfazione che consentirà di percepire aromi di mirtillo, lampone, prugna e ciclamino, oltre alla serie aromatica conferita dalla barrique di vaniglia, legno tostato, liquirizia e cacao, oltre a un piacevole e ben presente aroma balsamico di eucalipto. Nei Merlot maturati in barrique, gli aromi balsamici sono piuttosto frequente, in modo particolare l'eucalipto. L'ultimo vino che prenderemo in esame è il Poggio ai Merli di Castellare di Castellina. Gli aromi di apertura di questo vino rivelano intense note di prugna, amarena e ribes, anche in questo caso, aromi molto tipici del Merlot. La seconda olfazione - dopo avere roteato il calice - farà emergere aromi di mora e viola appassita oltre ad aromi di rabarbaro, liquirizia, tabacco, vaniglia, noce moscata, seguiti da accenni di china e peperone. In particolare, l'aroma di peperone - una qualità tipica del Cabernet Sauvignon e ancor più del Cabernet Franc - si può sviluppare anche nel Merlot, soprattutto quando non raggiunge la piena maturazione oppure è coltivato in zone a clima fresco.

 

Esame Gustativo

 La qualità gustativa prevalente del Merlot è rappresentata dalla morbidezza, una rotondità conferita dai suoi tannini non particolarmente aggressivi. Per questo motivo, il Merlot è spesso vinificato con altre uve più “dure” proprio con lo scopo di renderle meno aggressive. Inoltre, i suoi tannini “rotondi” sopportano bene l'aggiunta dei tannini conferiti dal legno - anche di quelli astringenti di barrique nuove e fortemente tostate - consentendo di ottenere sempre un vino immediato e piacevole. In questo modo è possibile - unitamente ad appropriate pratiche colturali - di ottenere vini robusti e pienamente strutturati, come nel caso dei vini della nostra degustazione comparativa. Il primo vino che prenderemo in esame è il Villa Gresti della Tenuta San Leonardo. L'attacco in bocca è piuttosto tannico anche se - dopo qualche istante - si evidenzierà la tipica morbidezza del Merlot. Si noti - in particolare - la struttura piena e robusta di questo vino e il ruolo svolto dall'alcol nell'equilibrio, oltre al suo contributo alla morbidezza del vino.

 Il secondo vino che prenderemo in esame è il Focus Merlot Zuc di Volpe, di Volpe Pasini. L'attacco del vino è piuttosto tannico - più astringente rispetto al vino precedente - e, anche in questo caso, dopo qualche secondo si comincerà a notare la tipica morbidezza del Merlot. Il vino è perfettamente bilanciato dall'alcol - che contribuisce ad aumentare la morbidezza - e si noti la perfetta corrispondenza con il naso, e in particolare il gusto di ribes e amarena. Si passi ora all'ultimo vino, il Poggio ai Merli di Castellare di Castellina. L'attacco in bocca è - ancora una volta - tannico e robusto, pur tuttavia mantenendo una piacevole e ben evidente morbidezza, una qualità che tanto affascina gli appassionati del Merlot. La corrispondenza con il naso è eccellente: anche in bocca si possono percepire ribes, prugna e amarena. Il ruolo svolto dall'alcol nell'equilibrio è ancora una volta impeccabile, contribuendo - come nei casi precedenti - ad accentuare la morbidezza.

 

Considerazioni Finali

 I vini della nostra degustazione comparativa sono certamente tre eccellenti esemplari prodotti con uva Merlot. La notevole struttura è ben mitigata dalla tipica morbidezza del Merlot, una qualità che rende certamente questi vini piacevoli e di facile apprezzabilità, senza nulla togliere al loro reale e alto pregio. Il finale dei tre vini è caratterizzato da una lunga persistenza gusto-olfattiva dove - ancora una volta - possiamo trovare un'eccellente corrispondenza con gli aromi di frutta già percepiti al naso. In modo particolare, si noteranno sapori di ribes, amarena e prugna - tre qualità organolettiche tipiche del Merlot - alle quali si aggiunge il sapore di lampone del Villa Gresti, una qualità che conferisce al vino una maggiore freschezza. Il Merlot è un'uva che offre grande versatilità in cantina e - soprattutto - nel calice, dove i suoi piacevoli aromi di frutti rossi e neri sono accompagnati da un gusto piuttosto morbido - immediato e piacevole - tale da rendere gentile anche i vini robusti e ben strutturati, come nel caso dei tre esemplari della nostra degustazione comparativa.

 






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I Vini del Mese


 

Legenda dei punteggi

Sufficiente    Abbastanza Buono    Buono
Ottimo    Eccellente
Vino eccellente nella sua categoria Vino eccellente nella sua categoria
Vino con buon rapporto qualità/prezzo Vino con buon rapporto qualità/prezzo
I prezzi sono da considerarsi indicativi in quanto possono subire variazioni a seconda del paese
e del luogo in cui vengono acquistati i vini




Vallée d'Aoste Müller Thurgau Vendemmia Tardiva Boton d'Or 2003, La Crotta di Vegneron (Valle d'Aosta, Italia)
Vallée d'Aoste Müller Thurgau Vendemmia Tardiva Boton d'Or 2003
La Crotta di Vegneron (Valle d'Aosta, Italia)
Uvaggio: Müller Thurgau
Prezzo: € 17,50 - 50cl Punteggio: Vino eccellente nella sua categoria
Alla vista si presenta con un colore giallo dorato brillante e sfumature giallo dorato, molto trasparente. Al naso esprime aromi intensi, puliti, gradevoli e raffinati che si aprono con note di uva e pesca seguite da aromi di banana, litchi, mela cotogna, miele d'acacia, ginestra e pera. In bocca ha buona corrispondenza con il naso, un attacco fresco e piacevolmente dolce, comunque equilibrato dall'alcol, buon corpo, sapori intensi. Il finale è persistente con ricordi di pesca, uva e pera.
Abbinamento: Dessert di frutta e alla crema



Vallée d'Aoste Nus Malvoisie Flètri 2003, La Crotta di Vegneron (Valle d'Aosta, Italia)
Vallée d'Aoste Nus Malvoisie Flètri 2003
La Crotta di Vegneron (Valle d'Aosta, Italia)
Uvaggio: Nus Malvoisie
Prezzo: € 24,50 - 50cl Punteggio:
Questo vino si presenta con un colore giallo ambra brillante e sfumature di giallo dorato, molto trasparente. Al naso esprime aromi intensi, puliti, gradevoli, raffinati ed eleganti che si aprono con note di uva passa, miele e fico secco seguite da aromi di albicocca secca, burro d'arachidi, dattero, confettura di mele cotogne, mandorla, lavanda e vaniglia. In bocca ha buona corrispondenza con il naso, un attacco dolce e piacevole freschezza, comunque equilibrato dall'alcol, buon corpo, sapori intensi. Il finale è persistente con ricordi di uva passa, miele, dattero e albicocca secca. Un vino ben fatto. Nus Malvoisie Flètri fermenta in botte.
Abbinamento: Pasticceria secca, Dolci e crostate di frutta secca



La Macchia 2000, Bellaria (Lombardia, Italia)
La Macchia 2000
Bellaria (Lombardia, Italia)
Uvaggio: Merlot
Prezzo: € 15,00 Punteggio:
Alla vista si presenta con un colore rosso rubino intenso e sfumature di rosso rubino, poco trasparente. Al naso esprime aromi intensi, puliti, gradevoli e raffinati che si aprono con note di amarena, ribes e prugna seguite da aromi di violetta, vaniglia, liquirizia, eucalipto, tabacco, pepe rosa e cacao. In bocca ha buona corrispondenza con il naso, un attacco tannico e comunque equilibrato dall'alcol, buon corpo, sapori intensi, piacevole. Il finale è persistente con ricordi di amarena e prugna. La Macchia matura per 24 mesi in barrique a cui seguono almeno 12 mesi di affinamento in bottiglia.
Abbinamento: Carne arrosto, Brasati e stufati di carne, Formaggi stagionati



Bricco Sturnel 1999, Bellaria (Lombardia, Italia)
Bricco Sturnel 1999
Bellaria (Lombardia, Italia)
Uvaggio: Cabernet Sauvignon (80%), Barbera (20%)
Prezzo: € 15,00 Punteggio: Vino eccellente nella sua categoria
Alla vista si presenta con un colore rosso rubino intenso e sfumature rosso granato, poco trasparente. Al naso esprime aromi intensi, puliti, gradevoli, raffinati ed eleganti che si aprono con note di prugna e mirtillo seguite da aromi di amarena, ribes, mora, violetta, vaniglia, liquirizia, tabacco, carruba, macis, pepe rosa e mentolo. In bocca ha buona corrispondenza con il naso, un attacco tannico e piacevole freschezza, comunque ben equilibrato dall'alcol, corpo pieno, sapori intensi. Il finale è persistente con ricordi di prugna e amarena. Un vino ben fatto. Bricco Sturnel matura per 20 mesi in barrique a cui seguono almeno 12 mesi di affinamento in bottiglia.
Abbinamento: Selvaggina, Carne arrosto, Brasati e stufati di carne, Formaggi stagionati



Arcana Bianco 2004, Terre Bianche (Liguria, Italia)
Arcana Bianco 2004
Terre Bianche (Liguria, Italia)
Uvaggio: Vermentino (50%), Pigato (50%)
Prezzo: € 12,50 Punteggio:
Questo vino si presenta con un colore giallo dorato intenso e sfumature di giallo paglierino, molto trasparente. Al naso esprime aromi intensi, puliti, gradevoli e raffinati che si aprono con note di mela e susina seguite da aromi di ananas, biancospino, nocciola, miele, tostato, pompelmo e un accenno di rosmarino. In bocca ha buona corrispondenza con il naso, un attacco fresco e piacevole morbidezza, comunque equilibrato dall'alcol, buon corpo, sapori intensi. Il finale è persistente con ricordi di susina, ananas e mela. Arcana Bianco fermenta e matura in barrique per 6 mesi.
Abbinamento: Carne bianca arrosto, Paste ripiene, Pesce arrosto



Arcana Rosso 2001, Terre Bianche (Liguria, Italia)
Arcana Rosso 2001
Terre Bianche (Liguria, Italia)
Uvaggio: Rossese (60%), Cabernet Sauvignon (40%)
Prezzo: € 15,50 Punteggio:
Alla vista si presenta con un colore rosso rubino intenso e sfumature di rosso granato, poco trasparente. Al naso esprime aromi intensi, puliti, gradevoli e raffinati che si aprono con note di amarena, prugna e ribes seguite da aromi di mirtillo, liquirizia, cioccolato, eucalipto e vaniglia. In bocca ha buona corrispondenza con il naso, un attacco tannico e comunque equilibrato dall'alcol, buon corpo, sapori intensi. Il finale è persistente con ricordi di amarena, prugna e ribes. Arcana Rosso matura per 12 mesi in barrique.
Abbinamento: Carne arrosto, Brasati e stufati di carne, Formaggi stagionati



Lugana Argillaia 2004, Fabiano (Veneto, Italia)
Lugana Argillaia 2004
Fabiano (Veneto, Italia)
Uvaggio: Trebbiano di Lugana
Prezzo: € 5,40 Punteggio:   Vino con buon rapporto qualità/prezzo
Alla vista si presenta con un colore giallo paglierino chiaro e sfumature di giallo verdolino, molto trasparente. Al naso esprime aromi intensi, puliti e gradevoli che si aprono con note di pera, mela e mandorla seguite da aromi di biancospino, tostato, miele e susina. In bocca ha buona corrispondenza con il naso, un attacco fresco e piacevole morbidezza, comunque equilibrato dall'alcol, buon corpo, sapori intensi. Il finale è persistente con ricordi di mela e susina. Una piccola parte di questo Lugana fermenta in barrique.
Abbinamento: Pasta e risotto con pesce e verdure, Pesce alla griglia



Amarone della Valpolicella Classico 2000, Fabiano (Veneto, Italia)
Amarone della Valpolicella Classico 2000
Fabiano (Veneto, Italia)
Uvaggio: Corvina (65%), Rondinella (30%), Molinara (5%)
Prezzo: € 21,60 Punteggio:
Alla vista si presenta con un colore rosso rubino brillante e sfumature di rosso granato, abbastanza trasparente. Al naso esprime aromi intensi, puliti, gradevoli e raffinati che si aprono con note di amarena, prugna e mora seguite da aromi di violetta, mirtillo, vaniglia, tabacco, liquirizia, cannella, cacao e macis. In bocca ha buona corrispondenza con il naso, un attacco tannico e comunque equilibrato dall'alcol, corpo pieno, sapori intensi, piacevole. Il finale è persistente con ricordi di amarena, prugna e mora. Questo Amarone matura per 3 anni di cui almeno 10 mesi in botte.
Abbinamento: Selvaggina, Carne arrosto, Brasati e stufati di carne, Formaggi stagionati



Ribballa di Cagnore 2002, Antico Terreno Ottavi (Marche, Italia)
Ribballa di Cagnore 2002
Antico Terreno Ottavi (Marche, Italia)
Uvaggio: Montepulciano
Prezzo: € 16,00 Punteggio:
Questo vino si presenta con un colore rosso rubino intenso e sfumature di rosso rubino, poco trasparente. Al naso esprime aromi intensi, puliti, gradevoli e raffinati che si aprono con note di amarena, prugna e ribes seguite da aromi di mirtillo, liquirizia, cacao, tamarindo, vaniglia e accenni di pepe nero e mentolo. In bocca ha buona corrispondenza con il naso, un attacco tannico e comunque equilibrato dall'alcol, buon corpo, sapori intensi. Il finale è persistente con ricordi di amarena, prugna e ribes. Questo vino matura per 16-18 mesi in barrique.
Abbinamento: Carne arrosto, Stufati e brasati di carne, Formaggi stagionati



Pianetta di Cagnore Le Goduriose 2002, Antico Terreno Ottavi (Marche, Italia)
Pianetta di Cagnore Le Goduriose 2002
Antico Terreno Ottavi (Marche, Italia)
Uvaggio: Vernaccia Nera
Prezzo: € 20,00 Punteggio:
Alla vista si presenta con un colore rosso rubino brillante e sfumature di rosso rubino, poco trasparente. Al naso esprime aromi intensi, puliti, gradevoli e raffinati che si aprono con note di amarena, mirtillo e lampone seguite da aromi di ciclamino, prugna, vaniglia, liquirizia, tabacco, pepe rosa e mentolo. In bocca ha buona corrispondenza con il naso, un attacco leggermente tannico e comunque equilibrato dall'alcol, buon corpo, sapori intensi. Il finale è persistente con ricordi di amarena, lampone e mirtillo. Questo vino matura per 14-18 mesi in barrique.
Abbinamento: Carne arrosto, Stufati e brasati di carne con funghi, Formaggi stagionati






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  Produttori Numero 38, Febbraio 2006   
RuffinoRuffino Giornale di CantinaGiornale di Cantina  Sommario 
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Ruffino

L'azienda toscana fondata nel 1877, è oggi una delle realtà vinicole italiane più importanti, coniugando tradizione e innovazione, punta sempre di più al mercato globale, esportando in più di 80 Paesi al mondo

 Nel 1877, a Pontassieve, a pochi chilometri da Firenze, Ilario e Leopoldo Ruffino, due gentiluomini toscani con il grande amore per la propria terra e il grande vino delle colline del Chianti, danno vita a una casa vinicola che chiamano con il loro cognome. Grazie all'impegno profuso, alla serietà e alla ricerca della qualità, riescono - già alla fine dell'Ottocento - a far divenire l'azienda una delle principali realtà vinicole italiane, conquistando fama anche all'estero. Nel 1913, Ruffino viene acquisita dalla famiglia Folonari, che la trasforma da piccola realtà aziendale a un'impresa moderna, dinamica e organizzata, così da divenire una delle aziende vitivinicole più importanti d'Italia. Nel tempo, Ruffino acquisisce tenute e vigneti nelle aree vinicole più prestigiose e basando su queste il successo dei propri vini, frutto di continui investimenti nei vigneti, nelle cantine e nel capitale umano.


Gli attuali proprietari di
Ruffino
Gli attuali proprietari di Ruffino

 Oggi, Ruffino fa capo alla famiglia di Marco e Paolo Folonari, rispettivamente presidente di Ruffino e presidente dei Tenimenti Ruffino: i fratelli Luigi e Adolfo, figli di Marco, gestiscono personalmente l'azienda, promuovendo l'innovazione e la sperimentazione. Luigi è amministratore delegato con particolare responsabilità per il mercato italiano, mentre Adolfo lo è per i mercati esteri. Tre i fattori critici di successo dell'azienda: lo stile Ruffino, ovvero il ruolo di protagonista che - con il tempo - l'azienda è riuscita a conquistare, in relazione all'evoluzione e al cambiamento della cultura vitivinicola; il team Ruffino, ovvero il capitale umano, sul quale l'azienda ha deciso di puntare per mettere in atto l'innovazione e la sperimentazione. E non ultimo, le tenute Ruffino, situate nelle aree più prestigiose e vocate alla grande viticoltura. Nelle tenute, si produce anche olio extravergine di oliva - anche se in quantità limitate - dalle ottime caratteristiche, come quello della Tenuta Poggio Casciano e il Laudemio della Tenuta Santedame.

 Ruffino segue due percorsi distinti - ma al tempo stesso paralleli - per la viticoltura e lo stile dei propri vini: l'azienda punta sulla continua rivalutazione dei vitigni tradizionali toscani, come il Sangiovese per la produzione di Chianti Classico, Brunello e Vino Nobile, e la riscoperta di vitigni autoctoni, come il Colorino nel vino Romitorio di Santedame, rosso di grande corpo, prodotto nella Tenuta Santedame. L'azienda punta poi sulla valorizzazione dei vini toscani, prodotti con varietà internazionali, come il Cabernet Sauvignon, il Merlot, il Syrah, il Pinot Nero e lo Chardonnay, che pur coltivati da tempo sul territorio toscano, hanno di recente guadagnato l'affermazione sui mercati esteri. Dai vini più giovani, di facile beva, come Chianti Ruffino o il Leo Chianti Superiore, ai vini delle tenute, tra i quali si annoverano Brunello di Montalcino Greppone Mazzi, Riserva Ducale Oro Chianti Classico o Romitorio di Santedame, Ruffino è in grado di garantire l'alta qualità per la sua vasta gamma di vini, che si rivolgono a un target allargato di consumatori.


La tenuta di Greppone Mazzi
a Montalcino
La tenuta di Greppone Mazzi a Montalcino

 L'obiettivo di Ruffino è produrre vini di alta qualità, distribuiti intelligentemente e capillarmente a livello globale. L'azienda esporta in oltre 80 Paesi del mondo, e il suo marchio - conosciuto soprattutto per Riserva Ducale e Riserva Ducale Oro - ha raggiunto una grande affermazione. Negli Stati Uniti d'America, il Riserva Ducale Oro è riuscito a divenire un vino icona con il nome Ruffino Gold Label e così a trascendere dalla propria categoria di Chianti Classico Riserva. Da anni, il mercato nord-americano è uno di quelli chiave per Ruffino, in quanto qui si sono affermati, insieme ad altri vini IGT (Indicazione Geografica Tipica) i cosiddetti Supertuscans, come Chianti Classico, Chianti, Brunello di Montalcino e Vino Nobile di Montepulciano. La scelta strategica di Ruffino di essere presente negli USA e di perseguire una distribuzione capillare dei propri vini sui mercati globali, è stata anche una necessità per affrontare la forte competizione del settore e una precisa scelta aziendale. Per raggiungere tali obiettivi, Ruffino ha siglato fin dal 2004 una partnership con Franciscan Estates, nota realtà californiana che fa capo a Constellation Brands, che detiene così il 40% di quota nel patrimonio Ruffino. Franciscan Estates, nuovo importatore di Ruffino, aiuterà l'azienda toscana a consolidare ancora di più la sua leadership nel segmento dei vini italiani negli USA e a esplorare nuovi mercati.

 In Toscana, le principali tenute di Ruffino sono sette, per un totale di 1.500 ettari, dei quali 600 vitati nelle aree più vocate. Va poi considerata la Tenuta Borgo Conventi, nel Friuli Venezia Giulia, nella prestigiosa area del Collio, acquisita nel 2001. Nella Tenuta Poggio Casciano, vicino Firenze, su 62 ettari di vigneto, vengono coltivati in prevalenza Sangiovese così come Cabernet Sauvignon, Merlot, Syrah e Pinot Nero, varietà rara in Toscana. In questa tenuta nasce Nero al Tondo (prima annata 1985), realizzato con Pinot Nero in purezza, e che si colloca tra i vini toscani di alto pregio. Si produce inoltre Modus (prima annata 1997), un Supertuscan, da uve Sangiovese, Cabernet Sauvignon e Merlot, vitigni vinificati separatamente. La Tenuta Poggio Casciano rappresenta il fulcro intorno al quale ruotano le attività di pubbliche relazioni e di ospitalità di Ruffino. La Tenuta di Montemasso si estende per 140 ettari, dei quali 29 vitati, prevalentemente con Sangiovese e Cabernet Sauvignon. Anche in questa tenuta si esplicano attività di pubbliche relazioni. La Tenuta di Santedame, in provincia di Siena, si estende per 246 ettari, dei quali 70 vitati, metà a Sangiovese e metà a Merlot e Colorino. Nel 1990, Ruffino ha lanciato il Romitorio di Santedame, per il quale viene utilizzata la varietà Colorino, molto rara in Toscana.


 

 Nella provincia di Siena, la Tenuta Solatia si estende per 84 ettari, dei quali 44 vitati a Chardonnay, 34 a Sangiovese e 6 a Pinot Grigio. Qui nasce nel 1998 - dopo lunghe sperimentazioni - lo Chardonnay La Solatia. Altro vino qui prodotto è il Casata, da Pinot Grigio in purezza. Tenuta nel cuore del Chianti Classico è Gretole, di 282 ettari vitati a Cabernet Sauvignon, Sangiovese, Merlot e Malvasia. Qui viene vinificato il noto Riserva Ducale Oro Chianti Classico, sinonimo di Chianti di alto pregio nel mondo. A Montepulciano, a sud di Siena, nella Tenuta Lodola Nuova, di 159 ettari, si produce Lodola Nuova Vino Nobile di Montepulciano e Lodola Nuova Riserva Vino Nobile di Montepulciano. Mentre nella Tenuta di Greppone Mazzi di 157 ettari, nel cuore dell'area di Montalcino vengono prodotti: Brunello Greppone Mazzi e Brunello Riserva Greppone Mazzi, prodotti solo in annate particolarmente favorevoli. Borgo Conventi, in Friuli Venezia Giulia, si estende per 42 ettari nelle aree DOC del Collio Goriziano e Isonzo. La gamma Borgo Conventi Collio DOC comprende Colle Russian Friulano, Sauvignon, Chardonnay, Pinot Grigio, Ribolla Gialla, Merlot, Schioppettino e Braida Nuova, mentre la gamma “I Fiori del Bosco Isonzo DOC” comprende Chardonnay, Pinot Grigio, Sauvignon, Tocai Friulano, Merlot, Refosco e Cabernet Franc.

 




Legenda dei punteggi

Sufficiente    Abbastanza Buono    Buono
Ottimo    Eccellente
Vino eccellente nella sua categoria Vino eccellente nella sua categoria
Vino con buon rapporto qualità/prezzo Vino con buon rapporto qualità/prezzo
I prezzi sono da considerarsi indicativi in quanto possono subire variazioni a seconda del paese
e del luogo in cui vengono acquistati i vini




La Solatia 2003, Ruffino (Toscana, Italia)
La Solatia 2003
Ruffino (Toscana, Italia)
Uvaggio: Chardonnay (90%), Viognier (10%)
Prezzo: € 20,00 Punteggio:
Questo vino si presenta con un colore giallo paglierino chiaro e sfumature giallo verdolino, molto trasparente. Al naso esprime aromi intensi, puliti, gradevoli e raffinati che si aprono con note di banana, acacia e vaniglia seguite da aromi di litchi, ananas, pera, mela, pesca, tostato e biancospino. In bocca ha buona corrispondenza con il naso, un attacco fresco e piacevole morbidezza, comunque equilibrato dall'alcol, buon corpo, sapori intensi, piacevole. Il finale è persistente con ricordi di banana, pera e ananas. La Solatia matura per 3 mesi in barrique a cui seguono almeno 3 mesi di affinamento in bottiglia.
Abbinamento: Paste ripiene, Zuppe di pesce e funghi, Pesce alla griglia, Carne bianca saltata



Chianti Classico Riserva Ducale Oro 2001, Ruffino (Toscana, Italia)
Chianti Classico Riserva Ducale Oro 2001
Ruffino (Toscana, Italia)
Uvaggio: Sangiovese (85%), Colorino (10%), Merlot, Cabernet Sauvignon (5%)
Prezzo: € 22,00 Punteggio:
Questo Chianti Classico si presenta con un colore rosso rubino intenso e sfumature di rosso granato, poco trasparente. Al naso esprime aromi intensi, puliti, gradevoli e raffinati che si aprono con note di prugna, mirtillo e amarena seguiti da aromi di mora, violetta, vaniglia, liquirizia, carruba e macis. In bocca ha buona corrispondenza con il naso, un attacco leggermente tannico e comunque equilibrato dall'alcol, buon corpo, sapori intensi. Il finale è persistente con ricordi di prugna e mirtillo. Riserva Ducale Oro matura per 5 mesi in barrique a cui seguono 28 mesi in botte e un affinamento in bottiglia di almeno 4 mesi.
Abbinamento: Carne arrosto, Brasati di carne con funghi, Formaggi stagionati



Vino Nobile di Montepulciano Riserva Lodola Nuova 2001, Ruffino (Toscana, Italia)
Vino Nobile di Montepulciano Riserva Lodola Nuova 2001
Ruffino (Toscana, Italia)
Uvaggio: Prugnolo Gentile (90%), Merlot (10%)
Prezzo: € 20,00 Punteggio: Vino eccellente nella sua categoria
Questo vino si presenta con un colore rosso rubino intenso e sfumature di rosso granato, poco trasparente. Al naso esprime aromi intensi, puliti, gradevoli, raffinati ed eleganti che si aprono con note di amarena e prugna seguite da aromi di mora, mirtillo, lampone, violetta, vaniglia, tabacco, liquirizia, cacao, cannella, macis e mentolo. In bocca ha buona corrispondenza con il naso, un attacco tannico e piacevole freschezza, comunque ben equilibrato dall'alcol, corpo pieno, sapori intensi, piacevole. Il finale è persistente con ricordi di amarena, prugna e mirtillo. Un vino ben fatto. Lodola Nuova Riserva matura per 30 mesi in botte a cui seguono almeno 6 mesi di affinamento in bottiglia.
Abbinamento: Selvaggina, Carne arrosto, Brasati e stufati di carne, Formaggi stagionati



Nero al Tondo 2001, Ruffino (Toscana, Italia)
Nero al Tondo 2001
Ruffino (Toscana, Italia)
Uvaggio: Pinot Nero
Prezzo: € 25,00 Punteggio: Vino eccellente nella sua categoria
Questo vino si presenta con un colore rosso rubino intenso e sfumature di rosso granato, abbastanza trasparente. Al naso esprime aromi intensi, puliti, gradevoli, raffinati ed eleganti che si aprono con note di ciliegia, prugna e lampone seguite da aromi di fragola, rosa, mirtillo, liquirizia, vaniglia, tabacco, cioccolato, cuoio, pepe rosa e macis. In bocca ha buona corrispondenza con il naso, un attacco leggermente tannico e piacevole freschezza, comunque ben equilibrato dall'alcol, buon corpo, sapori intensi, piacevole. Il finale è persistente con ricordi di ciliegia, lampone e fragola. Un vino ben fatto. Nero al Tondo matura in barrique per 12 mesi.
Abbinamento: Selvaggina, Carne arrosto, Stufati e brasati di carne



Romitorio di Santedame 2001, Ruffino (Toscana, Italia)
Romitorio di Santedame 2001
Ruffino (Toscana, Italia)
Uvaggio: Colorino (60%), Merlot (40%)
Prezzo: € 42,00 Punteggio: Vino eccellente nella sua categoria
Romitorio di Santedame si presenta con un colore rosso rubino scuro e sfumature di rosso granato, poco trasparente. Al naso esprime aromi intensi, puliti, gradevoli, raffinati ed eleganti che si aprono con note di ciliegia, prugna e mirtillo seguite da aromi di ribes, mora, violetta, vaniglia, liquirizia, tabacco, cacao, chiodo di garofano e mentolo. In bocca ha buona corrispondenza con il naso, un attacco tannico e piacevole freschezza, comunque ben equilibrato dall'alcol, corpo pieno, sapori intensi, piacevole. Il finale è persistente con ricordi di ciliegia, prugna e mirtillo. Un vino ben fatto. Romitorio di Santedame matura per circa 18 mesi in barrique a cui seguono almeno 6 mesi di affinamento in bottiglia.
Abbinamento: Selvaggina, Carne arrosto, Brasati e stufati di carne, Formaggi stagionati



Brunello di Montalcino Riserva Greppone Mazzi 1999, Ruffino (Toscana, Italia)
Brunello di Montalcino Riserva Greppone Mazzi 1999
Ruffino (Toscana, Italia)
Uvaggio: Sangiovese
Prezzo: € 40,00 Punteggio:
Questo Brunello di Montalcino si presenta con un colore rosso rubino intenso e sfumature di rosso granato, poco trasparente. Al naso esprime aromi intensi, puliti, gradevoli, raffinati ed eleganti che si aprono con note di prugna, amarena e lampone a cui seguono aromi di mirtillo, mora, violetta, vaniglia, tabacco, liquirizia, ciclamino, carruba, macis, mentolo, grafite e un accenno di pepe nero. In bocca ha ottima corrispondenza con il naso, un attacco tannico e piacevole freschezza, comunque ben equilibrato dall'alcol, corpo pieno, sapori intensi, piacevole. Il finale è molto persistente con lunghi ricordi di prugna, amarena e lampone. Un vino ben fatto. Greppone Mazzi Riserva matura per oltre 40 mesi in botte a cui seguono circa 8 mesi di affinamento in bottiglia.
Abbinamento: Selvaggina, Carne arrosto, Brasati e stufati di carne, Formaggi stagionati



Ruffino - Piazzale I.L. Ruffino, 1 - 50065 Pontassieve, Firenze - Tel. 055 83605 Fax. 055 8313677 - Enologo: Carmelo Simoncelli, Mauro Orsoni - Anno fondazione: 1877 - Produzione: 14.000.000 bottiglie - E-Mail: info@tenimentiruffino.it - WEB: www.ruffino.it


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Giornale di Cantina


 Questa rubrica è riservata ai produttori di vino che intendono rendere note particolari attività produttive, annunciare nuovi prodotti o semplicemente comunicare alla clientela informazioni e promozioni sulla propria attività e i propri prodotti. Inviare le notizie da pubblicare al nostro indirizzo e-mail.

 

Cesarini Sforza: un 2005 di Successi

Cesarini Sforza Spumanti chiude il 2005 ancora una volta con dati positivi: la prestigiosa Casa Spumantistica Trentina ha prodotto e commercializzato 1.350.000 bottiglie, rispettando gli obiettivi di crescita previsti. Con il lancio di Tridentum le vendite di metodo classico sono cresciute oltre le aspettative, superando le 600.000 bottiglie vendute e potenziando la loro posizione nell'HO.RE.CA. e nella Moderna Distribuzione.
L'8% delle vendite totali raggiunge i mercati di lingua tedesca, l'Inghilterra, il Giappone e gli USA. È importante inoltre ricordare che è stato siglato l'accordo con Lufthansa: la compagnia aerea tedesca, nell'ambito di una rigida selezione di spumanti italiani e francesi, ha scelto come spumante di bordo per il 2006 Cesarini Sforza Tridentum - Trento D.O.C. e Cuvée Brut Rosé - Trento D.O.C. «Siamo orgogliosi di questa operazione perché dimostra come la qualità del prodotto e l'impegno di trasferire il valore del territorio in bottiglia siano stati riconosciuti anche dai mercati esteri», commenta l'Amministratore Delegato Fausto Peratoner. Questi dati positivi confermano quanto discusso nell'ultimo Consiglio di Amministrazione relativamente al Piano di Sviluppo che prevede una futura produzione di 2.000.000 di bottiglie l'anno, con particolare riferimento al Metodo Classico Trento D.O.C.: un grande futuro annunciato per il marchio Cesarini Sforza.

Franciacorta: un 2005 da Record

«L'impegno indistinto e corale di tutte le cantine associate, ha consentito il raggiungimento di un nuovo, prestigioso traguardo: il superamento dei sei milioni di bottiglie di Franciacorta DOCG consegnate nel 2005, con un incremento del tredici per cento rispetto al 2004», dichiara Adriano Baffelli, direttore del Consorzio per la tutela del Franciacorta. Si tratta di un risultato che assume un rilievo ancor più marcato, considerando la delicata fase congiunturale e la difficoltà manifestata da molta parte della produzione vitivinicola italiana, soprattutto pregiata. «Il successo commerciale registrato dal Franciacorta nel 2005 - continua Baffelli - non è casuale: rientra in un trend costante di crescita, che da alcuni anni premia le scelte strategiche fondamentali, compiute dai lungimiranti produttori di questo pregiato angolo di terra bresciana».

 
«In un clima di recessione sicuramente sorprende la controtendenza con la quale continuiamo a muoverci - commenta il Presidente del Consorzio, Ezio Maiolini. La Franciacorta è una zona caratterizzata da una straordinaria vitalità imprenditoriale senza tregua e ovunque sono evidenti segnali di crescita strutturale, culturale e produttiva. Una tendenza che troverà conferma anche nei prossimi anni viste le politiche di espansione di tutte le Aziende, e la continua entrata sulla scena di nuove realtà pronte a diventare importanti protagoniste dello scenario». Dai dati elaborati dal Consorzio per la tutela del Franciacorta emerge un interessante aspetto: la destagionalizzazione del consumo, sempre più distribuito durante i vari mesi dell'anno, e non concentrato principalmente in occasione delle festività. Negli ultimi mesi dell'anno si vende circa il 40% della produzione, dato ancora alto, ma di gran lunga inferiore rispetto agli anni passati. Il consumo di Franciacorta cresce in tutto l'arco dell'anno, alimentato dalla cultura del suo abbinamento enogastronomico “a tutto pasto”. Si tratta di un trend che si fa sempre più strada, grazie all'incessante lavoro del Consorzio e dei produttori associati, che in centinaia d'occasioni, in ogni angolo d'Italia, e pure oltre confine, danno l'opportunità a operatori della ristorazione, appassionati e professionisti del settore enogastronomico, di degustare il nobile prodotto bresciano, accompagnato ai più eterogenei piatti delle varie tradizioni culinarie nazionali e straniere.
Più in generale il pubblico, anche il più giovane, unitamente alla critica, dimostra d'apprezzare convintamente il Franciacorta, il cui processo di lavorazione in bottiglia risulta essere codificato quale più lungo e più rigido di qualsiasi altro al mondo, nell'ambito della stessa tipologia produttiva.

 



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Notiziario


 In questa rubrica sono pubblicate notizie e informazioni relativamente a eventi e manifestazioni riguardanti il mondo del vino e dell'enogastronomia. Chiunque sia interessato a rendere noti avvenimenti e manifestazioni può comunicarlo alla nostra redazione all'indirizzo e-mail.

 

Trentunesimo Premio Nonino

La Giuria del Premio Nonino, presieduta da Ermanno Olmi e composta da Adonis, Ulderico Bernardi, Peter Brook, Luca Cendali, Antonio R. Damasio, Emmanuel Le Roy Ladurie, Claudio Magris, Morando Morandini, V.S. Naipaul e Giulio Nascimbeni, ha così assegnato i Premi Nonino Trentunesimo anno: Premio Nonino Risit D'Âur 2006 a Gavino Ledda; Premio Nonino 2006 a Giovanna Marini; Premio Internazionale Nonino 2006 a Harumi Setouchi; Premio Nonino 2006 a un Maestro del Nostro Tempo alle Madri di Plaza de Mayo. La cerimonia della consegna dei Premi si è svolta presso le Distillerie Nonino a Ronchi di Percoto, lo scorso 28 Gennaio 2006 alle ore 11.00, presenti tra gli altri, Adonis, Peter Brook, Antonio R. Damasio, Emmanuel Le Roy Ladurie, Claudio Magris, V.S. Naipaul ed Ermanno Olmi.

A Roma il Forum Agivi

I Giovani del Vino scelgono la Capitale. Si svolgerà a Roma il 18 febbraio alle ore 10.30 presso l'Hotel Parco dei Principi, sede dell'Ais Roma, il Forum annuale Agivi, Associazione Giovani Imprenditori Vinicoli Italiani, realtà che riunisce 120 giovani imprenditori tra i 18 ed i 40 anni, e rappresenta più di 14.000 ettari di vigneto specializzato nelle zone più vocate d'Italia, dal Piemonte alla Sicilia.

 
Come ogni anno, il Forum costituisce l'occasione di riflessione su un tema di attualità per l'intero settore vitivinicolo. Per l'anno 2006 Agivi si interrogherà sul valore del Brand per il Vigneto Italia e lo farà mettendo a confronto le esperienze di sociologi, esponenti del mondo della finanza, rappresentanti di altri settori e professionisti dell'immagine. «La scelta del tema 2006 è particolarmente importante per l'associazione» - afferma il Presidente Enrico Drei Donà, «proprio in occasione del Forum, Agivi presenterà la sua nuova immagine, curata dallo Studio Grafico Artigiano di Giacomo Bersanetti, una delle realtà che ha contribuito maggiormente all'evoluzione del packaging del vino italiano. Dopo sedici anni Agivi ha sentito l'esigenza di rinnovarsi, assumendo un'immagine in linea con l'attuale mission, più matura ed articolata. Si tratta del risultato di un percorso di crescita e di autoanalisi, compiuto fra tutti i soci, produttori giovani che credono che anche l'immagine costituisca una delle componenti della qualità del vino.»
Il nuovo marchio Agivi verrà mostrato per la prima volta in occasione del Forum del 18 febbraio, aperto a produttori, giornalisti, opinion leader e imprenditori di altri settori. Al tavolo dei relatori, moderato da Antonio Paolini, giornalista de Il Messaggero, sederà anche Giacomo Bersanetti, dal 1983 impegnato al fianco dei produttori italiani in un ambizioso progetto: dare forma al valore del vino. «Ogni prodotto vinicolo ha una propria identità che si traduce in valore» spiega Bersanetti. «Il nostro compito è rendere il messaggio visibile e percepibile per il consumatore attraverso un sistema di segni. Il brand è infatti un “segnale” verso il mondo esterno, che dà valore al prodotto solo se ne comunica la qualità. In particolare, per il vino è necessario creare un linguaggio specifico, capace di qualificare il prodotto e renderne chiare le caratteristiche.»
Con questo obiettivo è stata realizzata dallo Studio Grafico Artigiano la mostra Le Forme del Vino, che verrà presentata da Agivi nei giorni del Forum. A completare l'evento sarà il Wine Bar del Bere Giovane, appuntamento di successo ideato dai giovani produttori di Agivi per diffondere la cultura del vino fra i giovani consumatori. La degustazione si svolgerà sabato 18 febbraio dalle 17.00 alle 21.00. Per informazioni: Gheusis Comunicazione di Silvia Baratta - 347 5835050 info@gheusis.com

 



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  Cavatappi Numero 38, Febbraio 2006   
La Cucina Siciliana e il VinoLa Cucina Siciliana e il Vino  Sommario 
Numero 37, Gennaio 2006 Segui DiWineTaste su Segui DiWineTaste su TwitterNumero 39, Marzo 2006

La Cucina Siciliana e il Vino

Viaggio in una delle cucine più affascinanti d'Italia, frutto di una storia che affonda le sue radici in epoche remote. Ricette prelibate abbinate a vini unici, che racchiudono il fascino di una terra ricca di contrasti e colori

 La cucina siciliana, tra quelle regionali d'Italia, è di certo una delle più varie per sapori e aromi, retaggio di molte dominazioni che si sono succedute sull'isola. La tradizione enogastronomica della Sicilia è infatti diversa in ogni zona e risente delle influenze delle popolazioni che, in tempi passati, ebbero qui i loro insediamenti. A Palermo - per esempio - le tradizioni gastronomiche sono collegate strettamente alla sua storia e al suo passato e risentono, quindi, dei fasti delle antiche corti, intorno alle quali ruotava la vita della città. Le pietanze venivano rese più elaborate per supplire a una cucina semplice, avendo come caratteristica l'estro e l'inventiva dei cuochi che furono al seguito di vicerè ed emiri. In tempi più recenti, le pietanze furono reinventate dai monsù, cuochi francesi al seguito dei Borboni che furono subito adottati dalla nobiltà locale. Cibi dai quali emerge una ricchezza di sapori, colori e odori: la caponata di melanzane, la frittedda con carciofi, fave e piselli, la pasta con i broccoli arriminati, il timballo di anelletti (pasta di grano duro a forma di piccoli anelli, diffusa prevalentemente in Sicilia), gli involtini di sarde a beccafico con ripieno di uva sultanina, pinoli e pangrattato - comunemente denominato muddìca - che diventa l'elemento base di quasi tutti i ripieni e le pietanze della cucina siciliana.

 

La Cucina di Pesce Siciliana

 Soprattutto nelle zone costiere, la carne trova poco impiego nella cucina siciliana. Fanno eccezione le zone montane e i paesi dell'entroterra, dove si mangia abitualmente il castrato, la carne di pecora e il capretto - in particolare durante il periodo di Pasqua - e i salumi nell'area dei Nebrodi, in provincia di Enna. Nelle zone costiere, il pesce ha da sempre costituito l'alimento principe della cucina e su tutte le razze marine primeggia il tonno, spesso denominato “la carne dei poveri”. Nelle isole Egadi - dove Favignana è divenuta famosa per la mattanza che li si svolge ogni anno - il tonno viene squartato in senso verticale come si usa fare per il vitello e nelle pescherie lo si vede a testa in giù. Nel trapanese, le abitudini alimentari sono legate soprattutto alla pesca: gli spaghetti conditi con la bottarga - uova di tonno grattugiate - sono una leccornia. Persino alcuni piatti a base di verdure e la caponata di melanzane si accompagnano al pesce o alle fette di lattume, cioè il seme del tonno maschio costituito da una massa gelatinosa che viene bollita, servita a cubetti come se fosse una caprese oppure fritto.


Un classico della cucina siciliana: la
caponata
Un classico della cucina siciliana: la caponata

 Nelle friggitorie - soprattutto a Palermo - pesciolini fritti, le sarde a pastetta (in pastella) o i calamari fritti rappresentano gli spuntini usuali nel corso della giornata. Le bancarelle dei polipari - i venditori di polpo - e quelle dei venditori di frutti di mare, rappresentano una sosta obbligata per chi vuole gustare il polipo bollito a pezzetti, o frutti di mare, ricci, ostriche e cozze, consumati a crudo con l'aggiunta a piacere di succo di limone, secondo le tradizioni popolari. Lo sanno bene i palermitani, che molto spesso si recano a Mondello, località a pochi chilometri da Palermo, per gustare tutte queste prelibatezze, compresi i ricci di mare, ovviamente nei periodi nei quali ne è consentita la pesca. Ottima la pasta con la polpa ricavata dai ricci di mare o al nero di seppia. Il pesce, nell'entroterra siciliano, è quasi sconosciuto, tranne acciughe e sarde salate, antico companatico, secondo le tradizioni contadine. Fa eccezione la pasta con le sarde a mare, dove le sarde sono appunto rimaste a mare, cioè sono totalmente assenti dalla ricetta, e nella quale si usano come ingredienti principale finocchi, acciughe, pinoli, uva sultanina e salsa di pomodoro.

 Da non dimenticare il cous cous, di chiara origine araba, che a differenza di quello preparato nei paesi maghrebini, non è a base di carne ma esclusivamente a base di pesce. La tradizione siciliana prevede la preparazione del cous cous a mano, seguendo un preciso rituale: con una mano si impasta - con lenti movimenti circolari - la farina di semola di grano duro, mentre con l'altra si spruzza l'impasto con un misto di acqua e sale. Questo procedimento detto incocciatura (letteralmente unire, mettere insieme), avviene in una particolare ciotola di terracotta - la mafaradda - e permette di ottenere grumi di pasta - cioè il cous cous vero e proprio - successivamente cotto a vapore in un apposito recipiente forato sul fondo, detta couscoussiera. A cottura ultimata, si versa il composto in un brodo, ricavato da una ricca zuppa di pesce di scoglio, e lo si serve bello gonfio e sgranato, accompagnato ai pesci cotti nella zuppa.

 

Provincia che Vai, Ricette che Trovi

 Nel messinese - area importante in epoca bizantina, saracena e normanna - hanno fatto il loro ingresso due elementi caratteristici della cucina tradizionale: il riso, con il quale vengono preparate le arancine (mai dire arancini in Sicilia!), e lo stoccafisso, ovvero piscistoccu, cucinato à ghiotta, cioè con capperi, olive, pomodoro, cipolla, sedano, patate, peperoncino, olio, sale, oppure servito crudo in insalata. Nelle città di Catania, Siracusa e Ragusa, la cucina tipica affonda le sue radici nell'antichità classica. Le influenze di arabi, spagnoli e francesi non hanno raggiunto questa parte dell'isola, che rimane legata alla spartana sobrietà dei Greci e alle tradizioni contadine. Le tipiche focacce ragusane u pastizu, le scacciate catanesi o le scacce di Modica - località in provincia di Ragusa nota anche per il cioccolato - nacquero originariamente come forme schiacciate di pane, con il tempo arricchite di ripieni di verdure e formaggi.


 

 Enna, al centro del culto di Cerere, dea delle messi, e di Demetra, dea della fertilità, insieme ad Agrigento e Caltanissetta sono le città più vicine alla realtà contadina. Il rapporto uomo-natura è qui più sentito e genera un insieme di abitudini, secondo un rituale che affonda le sue radici nel mondo pagano e che è stato tramandato fino ai nostri giorni. Nell'entroterra siciliano - dove si fa largo uso dei legumi, verdure e ortaggi - una delle minestre più note è il maccu, un passato di fave secche condito in modo diverso a seconda delle zone dell'isola: con il finocchio selvatico in provincia di Enna, con zucca gialla nel palermitano, con lenticchie a Petralia Sottana. Il maccu, una volta raffreddato, assume la consistenza della polenta e tagliato a fette rappresenta il pranzo dei contadini, così come la zuppa di fave calde sostituisce la colazione del mattino. Quanto al latte, essendo più abbondante quello di pecora e notoriamente più grasso, si preferisce trasformarlo in ricotta, primosale, tuma e caciocavallo.

 Fra le coltivazioni introdotte dagli Arabi, si ricordano le melanzane, che da sempre occupano un posto importante sulla tavola dei siciliani, sia nel famoso timballo, sia in altri gustosi piatti. E ancora pesche, albicocche, ortaggi delicati come asparagi e carciofi, il profumatissimo gelsomino, spezie come lo zenzero, il garofano, la cannella, lo zafferano e poi ancora il riso e il carrubo. Di derivazione aragonese invece lo scapece - dallo spagnolo escabeche - una sorta di carpione nel quale ortaggi o pesci vengono prima fritti o grigliati, quindi marinati con aceto, e la 'mpanata, torta salata farcita di verdure, pesci o carni, simile all'empanada spagnola. Il succedersi delle dominazioni, delle abitudini e delle tradizioni di culture diverse, ha lasciato tracce evidenti nella gastronomia siciliana, da sempre ricettiva nei confronti delle novità. Quando gli spagnoli introdussero il pomodoro in Europa, i siciliani furono i primi a coltivarlo per uso alimentare, seguiti dai campani.

 Recente moda regionale, divenuta nota poi in Italia e nel resto del mondo, è la coltivazione del pomodorino Pachino, protagonista delle più tipiche ricette della cucina dell'isola e mediterranea in genere. Gli Arabi introdussero la coltivazione degli agrumi: aranci, mandarini, limoni dolci o lumie, cedri e bergamotti, dai quali si ricavano essenze dall'intenso bouquet aromatico. Altre prelibatezze arabe: i pistacchi - famosi quelli di Bronte - le mandorle, in particolare quella di Avola. E poi altre importanti coltivazioni sono: i fichi d'India, gli olivi, che danno vita a un olio eccezionale soprattutto nella provincia di Trapani, dalle varietà Nocellara del Belice. Ma anche uve, fra queste Grillo, Catarratto, Inzolia, Damaschino, Nero d'Avola, Nerello mascalese e Nerello cappuccio.

 

Un Cammino Gustoso e Sfizioso

 I prodotti caseari sono realizzati con latte di pecora e capra, spesso mescolati insieme: ben noto il primosale, un pecorino non ancora stagionato, con un sapore delicato tendente al dolce, a volte leggermente acidulo. La provincia di Ragusa, ricca di pascoli, è nota per la produzione di mozzarelle e soprattutto per il caciocavallo ragusano detto u scalùni - ovvero gradino - a causa della sua forma a parallelepipedo. Il pane, preparato in forme e impasti diversi, viene spesso farcito di ingredienti gustosi: olive nere, salsiccia per la famosa mignolata, semi di sesamo per la mafalda, pane di diretta derivazione araba. Come dimenticare poi una specie di pizza, ma che pizza non è, chiamata u sfinciùni palermitano? La base è come la pasta della pizza, ma il condimento viene realizzato con salsa di pomodoro, trito di cipolla, acciuga, primosale, origano e una spolverata di pangrattato - ovvero muddìca - da aggiungere sopra prima d'infornarlo. Lo sfincione, come nei tempi passati, viene ancora venduto a Palermo, per strada e nei mercati più popolari: Vucciria, Ballarò e il Capo. Ancora oggi simpatici omini si muovono per la città di Palermo con un carrettino a due ruote, dove fa bella mostra lo sfincione e procedono abbanniando, cioè gridando e decantando le qualità superbe di questa prelibatezza.

 A Palermo, vanno inoltre ricordati i prodotti di rosticceria, come arancine, calzoni, panelle (quadrati di pasta di ceci fritta), crocchè e cazzilli, crocchette di patate con prezzemolo, fritte dalla mitica figura del panellaro. Non si può dimenticare poi u paninu ca meusa, ovvero il panino con la milza. Questo è lo spuntino di molti palermitani, soprattutto al centro della città: la milza calda viene usata per farcire la cosiddetta pagnottella con il sesamo - un panino tondo utilizzato anche per le panelle - con strutto bollente e caciocavallo tagliato a scaglie, che quindi fonde. Altra bontà da gustare a Palermo è la guastedda, panino tondo viene farcito con ricotta, strutto bollente e caciocavallo tagliato a scaglie. Nei mercati e nei rioni popolari, specialmente a Palermo, è possibile trovare cibi molto particolari. Fra questi, le stigghiòle, una serpentina d'interiora di castrato, agnello, capretto o vitello, avvolte in cipollotti lunghi e verdi, i babbaluci - ovvero le chiocciole - particolarmente consumate il 15 luglio in occasione del Festino di Santa Rosalia, patrona di Palermo, e ogni sorta d'interiora e trippa.

 La cucina siciliana vanta inoltre una ricca pasticceria, conosciuta in tutto il mondo. Cassata, cannoli, granite e i tanti dolci a base di mandorla, sono solamente alcuni degli innumerevoli esempi che si potrebbero citare. Una ricchezza di golosità che meriterebbe certamente una trattazione a parte.

 

L'Isola del Vino

 La ricchezza gastronomica della Sicilia trova un ottimo alleato nell'altrettanto ricca scelta di vini che l'isola offre agli appassionati della bevanda di Bacco. Vini bianchi e rossi, ma anche eccellenti vini liquorosi e passiti, tutto sembra essere perfettamente costruito per soddisfare qualunque abbinamento enogastronomico con la cucina siciliana. Grazie alla grande quantità di ricette di pesce - in modo particolare nelle aree costiere - molti dei vini rossi siciliani possono essere abbinati con questo tipo di cucina, fin troppo spesso relegata ai vini bianchi. Le ricche preparazioni di tonno - in particolare cucinato alla griglia o con ragù di piselli - si sposano con il Cerasuolo di Vittoria, il Nerello Mascalese e il Frappato. Questi vini possono essere abbinati anche con le ricche preparazioni a base di cous cous, che certamente non disdegna nemmeno vini bianchi corposi. Anche le ricche paste a base di pesce, nelle quali abbondano anche erbe aromatiche e frutta secca, si possono usare vini rossi così come vini bianchi di corpo, come per esempio quelli prodotti con l'uva Grillo. Proprio la presenza di frutta secca - in Sicilia utilizzata in numerose ricette e non solo di pesce - suggerisce l'abbinamento di vini corposi, generosi di alcol tanto da bilanciare la succulenza e l'untuosità di questi ingredienti.

 La ricca cucina “di strada” - tipica di Palermo e capace di offrire dai semplici stuzzichini fino a robusti preparazioni - può essere ben abbinata al vino. Panelle, cazzilli, crocchè e quant'altro la fantasiosa abilità dei friggitori sanno creare, trovano un ottimo abbinamento nei profumati e freschi vini tipici della parte occidentale, come l'Alcamo e i tanti vini a base di Catarratto e Inzolia. Preparazioni più “robuste” come u paninu ca meusa e le stigghiòle, si abbinano felicemente con i vini prodotti con l'uva rossa regina della Sicilia, il Nero d'Avola. I vini prodotti con il Nero d'Avola possono essere utilizzati anche negli abbinamenti con le preparazioni di carne tipiche dell'entroterra siciliano così come con i generosi e robusti formaggi stagionati dell'isola. Considerazioni a parte meritano quei piatti nei quali viene utilizzato l'aceto, come per esempio le preparazioni in scapece e la straordinaria quanto gustosa caponata. L'abbinamento con il vino è in questi casi piuttosto difficoltoso e sconsigliato: la presenza dell'aceto rende generalmente il vino - in modo particolare i bianchi - piatto e acquoso. Se proprio non si vuole rinunciare a un buon bicchiere di vino con la caponata, è consigliabile che la scelta sia fatta a favore di vini rossi molto morbidi e corposi.

 




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La Senape

L'uso della senape è molto antico, i romani la utilizzavano come conservante, per mantenere succhi di frutta e mosto. I francesi, grazie ai romani che la esportarono in Gallia, sono diventati grandi produttori e grandi consumatori di mostarda

 La prima ricetta scritta di mostarda, siamo nel IV secolo d.C., parla di semi macinati con aceto, olio e miele, tuttavia la senape si presta a numerose alchimie. Connubi tra semi più o meno forti e amari, con spezie, zucchero, frutta candita, aceto e mosto, danno vita a un universo di sapori tutto da esplorare. La senape è una pianta erbacea appartenente alla famiglia delle Brassicacee, la stessa del cavolo (cruciferae). I fiori sono riuniti in numerosi racemi addensati durante la fioritura, poi allungati a maturità. Il frutto è una siliqua, supportata da un lungo peduncolo, divisa in due parti: la parte inferiore di forma cilindrica, contiene i semi, rotondi e di color giallo chiaro; la parte superiore - senza semi - è di forma allungata-acuminata. Tutta la siliqua presenta una superficie ruvida dovuta dalla presenza di peli setolosi.

 

Alcuni Cenni Storici sulla Senape

 La senape è una pianta originaria dell'Asia, dove cresce spontanea. Le prime notizie sulla coltivazione della senape risalgono al 3.000 a.C. circa, in India, da dove venne esportata in occidente come spezia pregiata: infatti i romani e i greci la utilizzavano correntemente. I romani se ne servivano per conservare i succhi di frutta e il mosto, mentre consumavano la senape verde come verdura cotta. Sono stati i romani a esportare la senape in Francia dove ha incontrato il gusto della gente diventandone una delle nazioni di maggior consumo.


Semi di senape bianca
Semi di senape bianca

 La senape viene citata varie volte anche nella Bibbia. A quei tempi non veniva usata sotto forma di salsa, ma ci si limitava a cospargere sui cibi i semi frantumati. Solo in seguito, in Francia, si comincia a utilizzare la senape sotto forma di salsa (mostarda): i semi venivano pestati con miele e aceto oppure mescolati al mosto d'uva. Probabilmente è quest'ultima tecnica di preparazione che da origine al nome mostarda cioè dal latino mustum ardens, ovvero mosto ardente. Da testimonianze scritte risulta che i monaci parigini di Saint Germain des Près, erano rinomati coltivatori di senape; il duca di Borgogna era famoso per le sue feste nelle quali veniva consumata senape a volontà. Nel 1634 i fabbricanti di senape e aceto di Digione ottennero l'esclusiva sulla preparazione della senape, in cambio dovevano indossare abiti puliti e tenere un solo negozio e marchiare con il loro nome le botti e le giare. Fin dal 1937 la senape di Digione è a tutti gli effetti protetta e riconosciuta da apposite leggi francesi sulla denominazione d'origine. Ancora oggi la città di Digione vanta un primato di produzione: quasi la metà della produzione mondiale.

 In Inghilterra, al tempo di Shakespeare, la senape veniva preparata in pasta. Leggendo alcuni passi del “Delights of ladies” di Sir Hugh Plat, si capisce quali fossero i problemi dei fabbricanti e consumatori di senape di quel periodo e perché i Francesi avessero istituito delle regole ferree sulla preparazione della senape. Leggiamo: «A Venezia è d'uso vendere nel mercato la farina di senape, come si fa da noi in Inghilterra con la farina di grano; questa farina, con l'aggiunta di aceto, in due o tre giorni diventa una senape veramente squisita, ma sarebbe molto più piccante e buona se prima si eliminassero le bucce setacciando, il che si può fare con facilità se prima di macinarli si fanno seccare i semi vicino al fuoco. Come macinini si possono adoperare quelli di ferro, olandesi, o un normale macinino per pepe. Ho ritenuto veramente necessario pubblicare questo metodo di preparare la salsa, perché la senape che acquistiamo adesso dai rivenditori viene fatta molto spesso con aceto pessimo e sudicio, tanto che il nostro stomaco si rivolterebbe se lo vedessimo prima che venga mischiato ai semi».

 Quando si parla di “senape”, si deve intendere la farina dei semi di senape o i semi stessi. Le preparazioni a base di senape sono chiamate senapi o più precisamente mostarde, dal latino mustum ardens, poiché molte preparazioni contemplavano l'uso di mosto di uva. Il diffuso condimento chiamato mostarda deriva da due varietà di senape: senape nera e senape indiana, entrambe caratterizzate da semi piccoli, rotondi e scuri. L'altra - detta senape gialla o bianca - è provvista di semi un po' più grandi e di color giallo ocra. Il gusto particolare della senape è dato da un glucoside denominato sinagrina, nel caso della senape nera, o sinalbina, nel caso della senape bianca.

 

Vari Tipi di Senape

 Poiché esistono diversi tipi di senape, questo provoca spesso una certa confusione fra senape, mostarda e i numerosi nomi locali. Cerchiamo di fare un po' di chiarezza.

 

  • Senape Nera, (Brassica Nigra) - L'origine più probabile è il Medio Oriente, anche se secondo alcune fonti la sua origine sarebbe l'Inghilterra, è una pianta rara in America del Nord. Fino alla fine della seconda guerra mondiale, i semi della senape nera erano la base per la preparazione di tutte le senapi. Il suo tramonto è dovuto dalle sue dimensioni, supera i due metri d'altezza, e dai semi, che quando raggiungono la piena maturazione tendono a cadere in terra con estrema facilità. Queste caratteristiche la rendono inadatta alla produzione industriale su larga scala. Oggi viene coltivata in paesi dove la manodopera è economica e la raccolta e la lavorazione sono ancora svolte a mano.
  • Senape Indiana (Brassica Juncea) - La pianta ha tre diversi luoghi d'origine: India, Cina e Polonia. Generalmente, il colore dei semi di questa pianta è più chiaro rispetto alla senape nera, ma non sempre è possibile distinguerle facilmente. Al palato la senape indiana risulta avere quasi lo stesso aroma della nera, tuttavia con una piccantezza inferiore. La Brassica Juncea originaria dell'India ha un sapore più rozzo rispetto alle altre, mentre la Cinese e la Polacca risultano più gentili e morbide. Viste le differenze, chiamare la Brassica Juncea senape indiana non è del tutto esatto, anche a causa della differenza qualitativa. La pianta, dal punto di vista industriale, è molto più interessante poiché è molto più piccola - alta circa 120 - 150 centimetri - e si presta meglio alle lavorazioni automatizzate con le nuove macchine agricole, tanto che la produzione della senape indiana ha ormai superato quella della senape nera.
  • Senape Bianca (Sinapis alba) - Probabilmente la sua origine è il bacino del Mediterraneo, ancora oggi cresce spontanea in Inghilterra e in America. Il sapore non è quello della senape ed è inoltre meno piccante. Viene usata nelle senapi miste americane e a volte in quelle inglesi, proibita in altre.

 

 Il sapore piccante della senape non è presente nei semi della pianta e neppure nella polvere macinata, ma si forma quando il seme spezzato viene a contatto con l'acqua: solo in questo caso un glucoside reagisce con l'acqua grazie all'azione di un enzima. La prima fase nella preparazione della senape consiste proprio nell'attivare questa reazione chimica, molto critica, poiché gli enzimi sono delicatissimi e sono distrutti dall'acqua bollente, inibiti dal sale e dall'aceto. Durante la fase della reazione, si mescolano i semi all'acqua facendo attenzione che la reazione avvenga nel modo corretto, lasciando riposare i semi in acqua per dieci minuti, cosi da permettere lo sviluppo degli olii essenziali. Se l'acqua è troppo calda si distrugge l'enzima e si ottiene una senape blanda e amara, causato dal glucoside non convertito. Una volta terminata la fase della reazione - cioè dopo avere ottenuto gli olii essenziali - il composto sarà insensibile al sale e all'aceto, ma non al calore poiché gli olii essenziali sono molto volatili e si disperdono facilmente. Per questo motivo, in cucina la senape va aggiunta a fine cottura, in modo da tenerla il più possibile “lontano” dal calore. Vista la delicatezza di questa salsa, possiamo comprendere il ruolo della senape bianca - che non ha il vero aroma di senape - ma enzimi più forti che non vengono danneggiati facilmente. Inoltre, la senape bianca ha la caratteristica di tenere lontani muffa e batteri: questo le permette - a tutti gli effetti - di svolgere un'azione conservante naturale. Per questo motivo la senape bianca è talvolta aggiunta ai sottaceti. Un'altra caratteristica è di coadiuvare l'emulsione, quindi utile nella preparazione della maionese.

 

La Diffusione della Senape e Mostarda

 Dal XVIII secolo in avanti, cominciarono a divenire diffuse i tipi di senape più comuni, ancora oggi commercializzate e consumate.

 Senape Inglese. Agli inizi, in Inghilterra la senape veniva venduta sotto forma di polvere, utilizzata per preparazioni casalinghe aggiungendo semplicemente acqua e ottenendo quindi la mostarda. Agli inizi del secolo XVIII, la signora Clements di Durham, inventò un metodo per affinare la preparazione della senape, migliorandola sia sotto l'aspetto visivo, sia sotto l'aspetto organolettico. Il successo venne alla luce quando la famiglia reale manifestò la propria approvazione, da quel momento Durham divenne il cuore della produzione della senape. Agli inizi del XIX secolo un tale Jeremiah Colman, di professione mugnaio, affascinato da questa straordinaria pianta, escogitò un sistema di preparazione meccanizzato tanto da impiantare una fabbrica dedicata alla preparazione della senape. La sua tecnica provvedeva a polverizzare finemente la senape ed a setacciarla, separando la crusca con una sottilissima stamigna in seta, appositamente costruita. Nel mondo della senape fu una vera e propria rivoluzione, tanto che il nome Colman, in Inghilterra, ancora oggi è sinonimo di senape.

 La senape tradizionale inglese viene preparata con polvere finissima di senape nera, un poco di senape bianca e l'aggiunta di farina di frumento. La farina serve per migliorare le caratteristiche, assorbendo parte dell'oleosità. Alcune ricette prevedono l'aggiunta di curcuma per correggere il colore. La senape preparata secondo questa ricetta prende il nome di Double Superfine. La farina di frumento viene sostituita da senape bianca per le persone allergiche al frumento. In Gran Bretagna la senape è il condimento tradizionale per il Roast beef e per il prosciutto, il Welsh rarebit, le salse per il pesce e nelle verdure.

 Senape Francese. Le senapi francesi (moutarde), anche se vengono preparate a livello industriale, conservano intatti i sapori tradizionali, grazie a severi disciplinari di produzione. Le qualità principali di senape utilizzate in Francia sono due: la senape di Digione (o senape bianca) e la senape di Bordeaux. La senape di Digione è quella maggiormente consumata in Francia - oltre l'80% - tuttavia in Inghilterra, quando si parla di senape Francese, si intende quella di Bordeaux, probabilmente perché Bordeaux era il porto principale da cui partivano i vini francesi per l'Inghilterra e spesso il vino divideva la stiva con carichi di senape. La senape di Bordeaux è resa scura dalla presenza di crusca e agrodolce per la presenza di zucchero e aceto, spesso aromatizzata con erbe e spezie, ha un sapore blando, viene usata per accompagnare piatti di carne fredda, salsicce, insaccati e verdure. La senape di Digione ha un aspetto più chiaro - poiché è assente la crusca - e un sapore più netto, marcato e deciso, anche se non raggiunge la piccantezza della senape inglese. Oltre alla senape di Digione e alla senape di Bordeaux, in Francia esistono altri tipi di senape: la Moutarde Florida a base di Champagne, la Louit con aggiunta di pepe rosso, la Moutarde des trois fruits rouges talmente delicata e aromatica da stare al confine della definizione di senape. Famose sono anche le mostarde di Orleans, piuttosto dolce, e quella di Meaux, poco dolce.

 Senape Tedesca. La senape tedesca assomiglia alla senape di tipo Bordeaux, presenta lo stesso colore scuro, al palato è agrodolce e aromatizzata con erbe e spezie. La senape tedesca si sposa meravigliosamente con i Würstel e le salsicce. Il cuore della produzione tedesca è Düsseldorf. Senape degli Stati Uniti d'America. Basata sui semi della senape Alba, è una senape piuttosto leggera, che ricorda i sottaceti speziati. È quella classica che accompagna gli hot dogs. Senape Italiana. Anche in Italia si trovano preparazioni a base di senape. La più famosa è la Mostarda di Cremona. Si tratta di una conserva piccante di frutta aromatizzata con senape. Viene abbinata a carne lessata e arrosti freddi. La mostarda di Mantova viene preparata utilizzando mele cotogne che conferiscono un sapore acidulo.

 

La Senape in Cucina

 La senape non viene usata soltanto sotto forma di polvere o di salsa. I semi di senape si trovano comunemente nei sottaceti, in Oriente vengono utilizzati nella preparazione del curry e in molte preparazioni indiane i semi della senape vengono soffritti nel ghee esaltando il sapore dolce della senape. Un altro prodotto ricavato dai semi della senape è l'olio di senape, importantissimo nella cucina indiana e in quella pakistana. Si ottiene dalla pressatura dei semi di varie specie. Il continente indiano produce il 40% del fabbisogno mondiale di olio di senape. Le senapi piccanti provocano un aumento della secrezione gastro-intestinale, quindi è sconsigliato l'abuso per non favorire infiammazioni dell'apparato digerente. La senape possiede anche proprietà antiossidanti.

 Le senapi - quando non sono a base di zucchero, frutta candita o sciroppata - riescono a insaporire le pietanze senza l'apporto di calorie. Gli aromi che si sviluppano durante la preparazione della mostarda tendono a volatilizzarsi facilmente, quindi è consigliabile evitare l'acquisto di barattoli di grandi dimensioni. Le mostarde, una volta aperte, vanno conservate in frigorifero dove si mantengono anche a lungo. Le mostarde francesi e quelle inglesi, non contenendo una quantità rilevante di zuccheri, si conservano per qualche mese. Le mostarde italiane si conservano solo per qualche settimana. Oltre alla temperatura di conservazione, è opportuno ricordare la mostarda teme la luce, che la rende più scura e poco appetitosa.

 






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Aquavitae

Rassegna di Grappe, Distillati e Acqueviti

 

I punteggi delle acqueviti sono espressi secondo il metodo di valutazione di DiWineTaste. Fare riferimento alla legenda dei punteggi nella rubrica "I Vini del Mese"



Grappa Il Pareto, Tenuta di Nozzole (Toscana, Italia)
Grappa Il Pareto
Tenuta di Nozzole (Toscana, Italia)
(Distillatore: Distillerie Berta)
Materia prima: Vinaccia di Cabernet Sauvignon
Prezzo: € 20,00 - 50cl Punteggio:
Alla vista si presenta in colore, limpida e cristallina. Al naso esprime aromi intensi, puliti, gradevoli e raffinati di amarena, ribes, mirtillo, prugna, liquirizia e ciclamino, con pungenza dell'alcol quasi impercettibile. In bocca è intensa con pungenza dell'alcol percettibile e che tende a dissolversi rapidamente, buona corrispondenza con il naso, nota dolce bilanciata, piacevole morbidezza. Il finale è persistente con ricordi di amarena, prugna e mirtillo. Questa grappa è distillata con alambicco discontinuo a vapore in caldaie di rame. Alcol 43°.



Grappa di Brunello Le Due Sorelle, Tenuta La Fuga (Toscana, Italia)
Grappa di Brunello Le Due Sorelle
Tenuta La Fuga (Toscana, Italia)
(Distillatore: Distillerie Berta)
Materia prima: Vinaccia di Sangiovese Grosso
Prezzo: € 20,00 - 50cl Punteggio:
Questa grappa si presenta con un colore giallo ambra brillante, limpida e cristallina. Al naso rivela aromi intensi, puliti, gradevoli e raffinati di prugna secca, vaniglia, liquirizia, amarena, nocciola, miele e fico secco, con pungenza dell'alcol quasi impercettibile. In bocca è intensa con pungenza dell'alcol percettibile e che tende a dissolversi rapidamente, buona corrispondenza con il naso, nota dolce bilanciata, piacevole morbidezza. Il finale è persistente con ricordi di prugna secca, miele, fico secco e nocciola. Questa grappa matura in barrique ed è distillata con alambicco discontinuo a vapore in caldaie di rame. Alcol 43°.



Grappa Chambave Nus, La Crotta di Vegneron (Valle d'Aosta, Italia)
Grappa Chambave Nus
La Crotta di Vegneron (Valle d'Aosta, Italia)
Materia prima: Vinaccia di uve rosse di Chambave Rouge e Nus
Prezzo: € 15,50 - 50cl Punteggio:
Questa grappa si presenta incolore, limpida e cristallina. Al naso denota aromi intensi, puliti e gradevoli di lampone, prugna, ciliegia, pera e nocciola, con pungenza dell'alcol quasi impercettibile. In bocca è intensa con pungenza dell'alcol percettibile e che tende a dissolversi rapidamente, buona corrispondenza con il naso, nota dolce equilibrata. Il finale è persistente con ricordi di prugna e ciliegia. Questa grappa è distillata con alambicco discontinuo a bagnomaria. Alcol 50°.



Grappa Müller Thurgau 2000, La Crotta di Vegneron (Valle d'Aosta, Italia)
Grappa Müller Thurgau 2000
La Crotta di Vegneron (Valle d'Aosta, Italia)
Materia prima: Vinaccia di Müller Thurgau
Prezzo: € 22,00 - 50cl Punteggio: Vino eccellente nella sua categoria
Questa grappa si presenta incolore, limpida e cristallina. Al naso esprime aromi intensi, puliti e gradevoli di uva, pera, pesca, banana, noce e mela, con pungenza dell'alcol quasi impercettibile. In bocca è intensa con pungenza dell'alcol percettibile e che tende a dissolversi rapidamente, buona corrispondenza con il naso, nota dolce bilanciata e piacevole morbidezza. Il finale è persistente con ricordi di uva, pesca e pera. Questa grappa è distillata con alambicco discontinuo a bagnomaria. Alcol 45°.





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Wine Parade


 

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Posizione Vino, Produttore
1 Amarone della Valpolicella Classico 1998, Santa Sofia (Italia)
2 Aglianico del Vulture La Firma 2002, Cantine del Notaio (Italia)
3 Trento Talento Brut Riserva Methius 1998, Dorigati (Italia)
4 Colli Orientali del Friuli Rosazzo Bianco Terre Alte 2002, Livio Felluga (Italia)
5 Palazzo della Torre 2000, Allegrini (Italia)
6 Riesling Central Otago 2004, Felton Road (Nuova Zelanda)
7 Montepulciano d'Abruzzo Riparosso 2001, Illuminati (Italia)
8 Brunello di Montalcino 1999, Castello Banfi (Italia)
9 Chablis Grand Cru Les Clos 2002, Domaine Billaud-Simon (Francia)
10 Amarone della Valpolicella Classico 2000, Zenato (Italia)
11 Wine Obsession 2001, Vignamaggio (Italia)
12 Harmonium 2001, Firriato (Italia)
13 Rêve 2001, Velenosi Ercole (Italia)
14 Chianti Classico Riserva Novecento 2000, Dievole (Italia)
15 Notarpanaro 1999, Taurino (Italia)

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