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Numero 1, Ottobre 2002
Sommario


Editoriale    Sommario della rubrica Editoriale
 Benvenuti!
Finalmente il vino sta vivendo un nuovo e straordinario momento, finalmente sta tornando a ricoprire quell'importante ruolo culturale che gli era proprio negli anni passati e sta suscitando nuovamente un crescente e intelligente consenso… [continua]
 La Posta dei Lettori



ABC Vino    Sommario della rubrica ABC Vino
 L'Italia
L'Italia e le sue regioni
Parlare dell'Italia e dei suoi vini, significa, prima di tutto, intraprendere un lungo viaggio ricco di storia, cultura, uve, tantissime uve, millenarie tradizioni e una vastità di tipologie di vino come non si trova in nessun altro… [continua]



Gusto DiVino    Sommario della rubrica Gusto DiVino
 Introduzione alla Degustazione
Iniziamo con questo articolo ad apprendere l'arte della degustazione dei vini; un viaggio che proseguirà nei numeri successivi… [continua]
 I Vini del Mese
S.to Ippolito 2000, Cantine Leonardo da Vinci
S.to Ippolito 2000, San Zio 2000, Sangiovese di Romagna Riserva
Amarcord d'un Ross 1999, Sangiovese di Romagna Superiore
Vigna dello Sperone 2001, Colli di Faenza Sangiovese Renero 2001, Chianti Leonardo 2001… [continua]



Produttori    Sommario della rubrica Produttori
 Terre de' Trinci
Il Dott. Lodovico Mattoni, presidente della Terre de' Trinci e uno dei padri del Sagrantino Secco
La dinamica cantina Umbra punta tutto sulla qualità e i risultati ottenuti ne sono la conferma. Incontriamo la cantina dove è nato il Sagrantino di Montefalco Secco… [continua]
 Giornale di Cantina


Eventi    Sommario della rubrica Eventi
 Notiziario



Il Cavatappi    Sommario della rubrica Il Cavatappi
 La Temperatura di Servizio
Termometro a lettura rapida
Servire un vino alla giusta temperatura è importante: anche se può essere considerata una preferenza personale, bere un vino alla giusta temperatura significa esaltarlo alla sua massima espressione… [continua]



 La Grappa
Un tipo di bicchiere da grappa
Il celebre distillato nazionale Italiano è ricco di sorprese e piaceri. Una tradizione che a distanza di secoli è ancora viva nel paese.… [continua]
 Wine Parade
 Annunci



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  Editoriale Numero 1, Ottobre 2002   
Benvenuti!Benvenuti! La Posta dei LettoriLa Posta dei Lettori  Sommario 
  Segui DiWineTaste su Segui DiWineTaste su TwitterNumero 2, Novembre 2002

Benvenuti!


 Finalmente il vino sta vivendo un nuovo e straordinario momento, finalmente sta tornando a ricoprire quell'importante ruolo culturale che gli era proprio negli anni passati e sta suscitando nuovamente un crescente e intelligente consenso da parte dei consumatori. Nei decenni passati, il vino è stato ingiustamente considerato come prodotto marginale delle culture e delle tradizioni di quei paesi che storicamente lo producono da sempre, e come prodotto minore nei paesi, appartenenti al cosiddetto “nuovo mondo”, che da qualche decina di anni hanno investito nella vitivinicoltura ottenendo anche risultati di assoluto pregio. Insomma, per anni il vino è rimasto, complice anche la mediocre qualità di buona parte della produzione degli anni passati, un prodotto di nicchia ad appannaggio degli intenditori e di coloro che, animati da vera passione, andavano alla ricerca di “buone bottiglie”.


 

 La caparbietà, la determinazione dei produttori, il drastico e necessario cambiamento della produzione vitivinicola che ha visto finalmente la qualità prevalere sulla quantità e, non da ultimo, inutile nasconderlo o ignorarlo, i colossali interessi commerciali ed economici che ruotano intorno al mondo del vino, hanno dato origine al nuovo rilancio di questa millenaria bevanda. Il vino è oramai considerato una bevanda edonistica, passando da bevanda-alimento a superbo ed essenziale requisito della tavola e del buon vivere; parlare di vino è adesso una moda di tendenza e non più un argomento da “ubriaconi” o “beoni”, conoscere il vino e saperlo scegliere è considerato un segno di distinzione e di cultura.

 Il mondo del vino è certamente vasto, conoscerlo in tutti i suoi innumerevoli aspetti non è semplice, sia per la vastità dei prodotti disponibili sul mercato che costringe ad un costante e piacevole aggiornamento, sia per la mancanza di cultura, anche di base. La vastità e la ricchezza dell'argomento vino può essere causa di confusione nei consumatori che si lasciano spesso condizionare, non avendo altra o poca scelta, da ciò che sentono dire o vedono, senza preoccuparsi di farsi una cultura propria tale da consentirgli di scegliere autonomamente secondo i propri gusti e preferenze, e si affidano piuttosto a pareri altrui o a quelli di chi vuole che si preferiscano certi prodotti piuttosto che altri. L'azione di persuasione della pubblicità è spesso determinante per ogni prodotto commerciale e il vino non è certamente un'eccezione.

 Farsi una cultura è una questione di scelta e, non da ultimo, di volontà, di tempo e di giuste opportunità. Decidere di apprendere o conoscere qualcosa richiede una consapevole scelta: la volontà di intraprendere un percorso, anche difficile, che non porterà certo alla conoscenza assoluta, senz'altro utopistica, ma, probabilmente, ad una minore confusione e una maggiore e relativa cognizione di causa. È certamente un pregevole risultato.

 La nostra pubblicazione non ha la pretesa di essere un “faro” in mezzo all'oceano del vino, piuttosto si propone come mezzo di cultura e di informazione enologica ed enogastronomica destinato a chi vuole saperne di più. Il nostro dichiarato obiettivo è quello di essere e di rimanere indipendenti: intendiamo parlare di vino e dei suoi innumerevoli aspetti consentendo ai nostri lettori di acquisire progressivamente una maggiore cultura che gli consenta di scegliere piuttosto che essere scelti. Ci proponiamo di trattare l'argomento “vino” nelle sue più variegate forme e ci proponiamo di farlo senza chiedere nulla ai nostri lettori, salvo il tempo e l'attenzione per leggere quanto scriviamo, sperando di suscitare e soddisfare il loro interesse.

 DiWineTaste è distribuito gratuitamente in formato elettronico attraverso la rete internet. In questo modo contiamo di raggiungere un maggior numero di lettori in tutto il mondo e ci proponiamo di farlo con due edizioni uguali nei contenuti ma diverse nelle lingue. DiWineTaste viene pubblicato ogni mese in italiano e in inglese. L'edizione in lingua italiana, oltre ad essere la nostra lingua madre, è destinata ai lettori che vivono in Italia, a tutti i nostri connazionali che vivono all'estero e alle tantissime persone di tutto il mondo che parlano italiano. L'edizione in lingua inglese, lingua che di fatto costituisce una lingua franca ovunque si vada, rappresenta la nostra edizione internazionale.

 Anche se il nostro dichiarato intento è quello di offrire ai nostri lettori una pubblicazione gratuita e indipendente, non possiamo non considerare che questo nostro obiettivo presuppone un ingente impegno sia in termini di tempo che in termini economici e che, come in qualunque altra iniziativa imprenditoriale, abbiamo bisogno di attività che producano profitti tali da consentire la realizzazione e la sopravvivenza del nostro lavoro. Siamo consapevoli che non possiamo sottrarci a questa regola. Nelle pagine di DiWineTaste troverete inserzioni pubblicitarie e grazie a queste contiamo di fare vivere la nostra pubblicazione. Offriamo in questo modo un mezzo di diffusione e di promozione a tutti coloro che riterranno opportuno e conveniente investire in pubblicità nella nostra iniziativa. Non da ultimo, consideriamo anche questo un servizio offerto ai nostri lettori e alle aziende che sono, in qualche modo, legate al mondo del vino dando loro la possibilità di fare conoscere i loro prodotti e la propria attività. Tuttavia non vogliamo essere fraintesi su questo aspetto e pertanto precisiamo che le recensioni di vini nella rubrica “I Vini del Mese”, gli articoli redazionali sulle cantine e i loro prodotti e tutto ciò che troverete scritto nelle pagine di DiWineTaste non costituisce e non costituiranno in nessun modo fonte di profitto economico in quanto non viene considerato da noi come pubblicità lucrativa. Non percepiamo denaro per questo tipo di attività proprio perché intendiamo essere obiettivi e onesti sia con i nostri lettori che con chi produce vino.

 DiWineTaste è diviso per rubriche tematiche tali da consentire al lettore la facile consultazione degli articoli di suo interesse. Inoltre, la scelta di distribuire la rivista in formato Adobe Acrobat® PDF, consente al lettore di stampare la rivista in completa libertà, scegliendo, per esempio, di stampare ogni volta solamente gli articoli che ritiene più interessanti e di conservarli proprio come una normale rivista, con il vantaggio di occupare un minore spazio. In questo modo il lettore può costituire una raccolta di articoli composta dai soli argomenti di suo interesse. Il formato elettronico consente infine di leggere la rivista sul video e di conservare tutti i numeri completi nel proprio computer e di averli a disposizione in ogni momento.

 Il nostro scopo è quello di promuovere l'informazione e la cultura del vino e intendiamo raggiungere questo obiettivo trattando in ogni numero argomenti che consentano al lettore di formarsi una cultura propria, una conoscenza della tecnica delle pratiche di degustazione, la presentazione di produttori e dei loro prodotti e di tutto ciò che, in qualche modo, ruota intorno al mondo del vino e che promuova la sua conoscere.

 Intendiamo anche dare spazio alle vostre opinioni e alle vostre preferenze in fatto di vino. Oltre ad una rubrica dedicata alle lettere dei nostri lettori, abbiamo pensato di raccogliere le vostre preferenze con lo scopo di costituire una classifica mensile dei primi 15 vini votati dai lettori e una rubrica riservata ai vostri annunci.

 La rubrica “ABC Vino” sarà dedicata agli argomenti relativi alla conoscenza e alla cultura generale del vino, come l'enografia e le caratteristiche dei vari paesi vitivinicoli, l'enologia, descrizione di determinati vini, vitigni, storia, aneddoti e leggende legate al mondo del vino.

 In “Gusto DiVino” verranno trattati argomenti riguardanti la tecnica di degustazione e la tecnica dell'abbinamento enogastronomico. In questa rubrica intendiamo fornire ai lettori gli elementi essenziali e tecnici per valutare autonomamente le qualità organolettiche di un vino, insomma contiamo, mese dopo mese, di avviare i nostri lettori a quella nobile e fine arte della degustazione. In questa rubrica troverà anche spazio “I Vini del Mese”, una rassegna di vini valutati secondo meriti qualitativi derivanti dalle analisi organolettiche condotte dalla nostra rivista.

 Un'apposita rubrica, “Produttori”, viene dedicata interamente alle aziende produttrici di vino. In questa rubrica verranno presentate le aziende, la loro storia e i loro prodotti. Verrà inoltre pubblicata in questa rubrica il “Giornale di Cantina”, una rassegna di notizie e di informazioni che riguardano direttamente le cantine.

 Nella rubrica “Eventi” verrà dato spazio agli avvenimenti riguardanti il mondo del vino in generale come, per esempio, manifestazioni, fiere e concorsi. Sempre in questa rubrica troveremo il “Notiziario” che conterrà una rassegna di brevi notizie riguardanti il mondo del vino e dell'enogastronomia in generale.

 La conoscenza e la cultura del vino non sarebbe esprimibile e attuabile senza la conoscenza delle nozioni di servizio e di conservazione. La rubrica “Il Cavatappi” è dedicata alle pratiche di servizio e di cantina, alla conservazione del vino e agli accessori che consentono di attuare queste pratiche.

 Infine, nella rubrica “Non Solo Vino” troveranno spazio articoli di diversa natura, sempre legati al mondo del vino, come i distillati e le bevande spiritose e alcolate, la cucina, degna e insostituibile compagna del vino, prodotti alimentari e alimenti in genere. In questa rubrica troveranno spazio anche “Wine Parade”, la classifica dei primi 15 vini votati dai nostri lettori, e i vostri annunci.

 Abbiamo appena iniziato un viaggio che speriamo ci porterà lontano insieme ai nostri lettori e a tutti coloro che ci onoreranno della loro fiducia e della loro preferenza. Il grande filosofo Taoista cinese Lao Zi nel suo Dào Dé Jing scrisse che «un lungo viaggio inizia da un primo passo». Questo è il nostro primo passo. Buona lettura.

 



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La Posta dei Lettori


 In questa rubrica vengono pubblicate le lettere dei lettori. Se avete commenti o domande da fare, esprimere le vostre opinioni, inviate le vostre lettere alla redazione.

 




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  ABC Vino Numero 1, Ottobre 2002   
L'ItaliaL'Italia  Sommario 
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L'Italia


 Parlare dell'Italia e dei suoi vini, significa, prima di tutto, intraprendere un lungo viaggio ricco di storia, cultura, uve, tantissime uve, millenarie tradizioni e una vastità di tipologie di vino come non si trova in nessun altro paese del mondo. Dalle Alpi fino alla Sicilia, in mezzo alle dolci colline dei meravigliosi panorami, è praticamente impossibile non scorgere, praticamente ovunque, la presenza della vite e di lunghe distese di vigneti. In Italia, la vite è coltivata ovunque; è praticamente presente in ogni regione e ognuna di queste possiede varietà di uve autoctone, spesso dimenticate o sottovalutate, in ogni regione si produce vino praticamente da sempre. Vedere questa sconfinata distesa di viti, fa inevitabilmente tornare in mente il nome con cui gli antichi greci chiamavano l'Italia, “Enotria Tellus”, vale a dire “il paese delle viti sostenute da pali”, segno che la vite e il vino erano già ben presenti in Italia sin dai tempi della colonizzazione greca.


L'Italia e le sue regioni
L'Italia e le sue regioni

 Si ritiene che la vite sia stata introdotta in Italia dagli Etruschi, il mitico popolo che si stabilì in Italia centrale, tuttavia alcune evidenze storiche suggerirebbero che la vite in Italia era già presente prima della comparsa di questo popolo. Quello che è certo è che furono gli Etruschi a stabilire le prime forme di coltivazione della vite e della produzione di vino in Italia. Gli Etruschi compresero da subito l'importanza e le potenzialità della vite e del vino e, pur non essendo dei grandi consumatori, erano consapevoli delle sue enormi potenzialità commerciali e arrivarono a venderlo addirittura fino in Borgogna. Tuttavia gli Etruschi non introdussero in altri paesi la coltivazione della vite, probabilmente per non svelare il “segreto” del loro successo commerciale. La diffusione della viticoltura e del consumo del vino, e non solo in Italia, fu invece opera dei Romani che introducevano la vite e l'abitudine al consumo del vino ovunque andassero e in ogni luogo che conquistavano.

 Anche i Greci contribuirono enormemente alla diffusione della vite e del vino in Italia, non solo introducendo nuove tecniche enologiche e colturali, ma addirittura introducendo diverse specie di viti, molte delle quali sono ancora ampiamente diffuse e dalle quali si produce eccellente vino.

 A vedere l'enorme vastità di varietà e quantità di uve presente nel territorio, in Italia si contano più di 300 specie di uve diverse, sembra proprio che Madre Natura sia stata particolarmente generosa e abbia eletto l'Italia come paese del vino e dell'uva. Purtroppo, la ricchezza ampelografica dell'Italia non sembra riscuotere l'attenzione che meriterebbe da parte dei produttori locali, che spesso ignorano questa straordinaria risorsa e che solo in questo paese troviamo. Probabilmente, il fascino, l'immediatezza è la facilità con cui si possono vendere e consumare vini prodotti con le uve cosiddette “internazionali”, fanno passare in secondo piano, sia da parte dei produttori che dei consumatori, quei vini prodotti con uve locali che, probabilmente, si ritengono minori e poco attraenti ma che, senza ombra di dubbio, producono vini di una piacevolezza e qualità di sicuro interesse.

 La riscoperta e la valorizzazione delle uve autoctone dovrebbe essere in realtà un aspetto da non sottovalutare e da favorire nel paese; è, in definitiva, un esplicito invito ai produttori a riconsiderare e sfruttare le enormi ricchezze ampelografiche delle loro terre.


 

 L'enologia Italiana è stata protagonista negli ultimi venti anni di una vera e propria rivoluzione, favorita prevalentemente dal drastico cambiamento del consumo di vino e dalla crescente competizione degli altri paesi, passando da una produzione caratterizzata da forti quantità ad una produzione di qualità. La produzione di vino in Italia è storicamente un'attività molto diffusa in tutto il territorio; praticamente ogni attività agricola possedeva un vigneto e produceva vino. Il vino veniva visto come una risorsa indispensabile alla sopravvivenza delle persone, per molti secoli, il vino in Italia è stato considerato come un alimento vero e proprio, pertanto, più vino si produceva e meglio era. A parte alcuni storici tentativi, a volte anche molto rigidi, attuati in diverse zone d'Italia aventi lo scopo di stabilire norme di produzione di qualità, la produzione di vino in Italia si è praticamente sviluppata nel corso dei secoli senza avere vincoli specifici favorendo di fatto la produzione di quantità piuttosto che di qualità. Questo aspetto ha portato al decadimento del vino Italiano a livello internazionale favorendo invece il vino prodotto da altri paesi Europei che, a differenza degli Italiani, compresero da subito l'importanza commerciale di una produzione di qualità.

 La comprensione e la volontà di aumentare e promuovere la qualità del vino Italiano iniziò a farsi strada verso la seconda metà dell'Ottocento. Iniziò in quel periodo il rinnovamento dell'enologia Italiana che portò ad un lungo e sofferto processo che vide la qualità del vino conquistare, o per meglio dire, riconquistare, in modo crescente la scena mondiale affermando l'Italia come grande produttore di qualità. Dopo gli strepitosi fasti dei grandi e famosi vini dell'epoca Romana, celebri e richiesti ovunque, e dopo il desolante declino dell'enologia Italiana dei secoli scorsi, finalmente i vini Italiani, dopo un lento ma necessario processo, stanno riconquistando il mondo e i favori dei consumatori ovunque, facendosi largo nell'oramai complesso scenario del mercato enologico di tutto il mondo.

 

Il Sistema di Qualità Italiano

 I primi tentativi compiuti in Italia per disciplinare legalmente la produzione di qualità e tutelare le zone vitivinicole furono attuati sin dagli inizi del 1900. Il primo vero sistema che stabiliva norme legali per garantire la qualità dei vini e delle zone di provenienza, fu introdotto in Italia solo nel 1963, quando si dovette allineare alle direttive della CEE in fatto di produzione di vini di qualità e di denominazione di origine. Il D.P.R. n° 930 del 12 febbraio 1963 introduceva per la prima volta in Italia un sistema di denominazione che segnava una divisione netta fra i vini cosiddetti “da tavola” e quelli di maggiore qualità. Con questa legge l'Italia introduceva e recepiva anche la sigla contemplata dalla CEE di VQPRD (Vino di Qualità Prodotto in Regione Determinata)

 L'attuale sistema di qualità Italiano è regolamentato dalla legge 192 del 1992 che sostituisce la precedente legge del 1963. Oltre a tutelare le zone di produzione di qualità, la legge stabilisce anche i criteri di produzione e definisce i requisiti minimi per potere iscrivere un vino ad una determinata denominazione. Il sistema definisce principalmente la zona geografica della denominazione, le uve e le percentuali con cui il vino deve essere prodotto, le rese massime di raccolto per ettaro, la gradazione alcolica minima, le tipologie di vino contemplate dalla denominazione, il tempo minimo di affinamento prima di potere introdurre il vino nel mercato, le caratteristiche chimiche e fisiche del vino oltre alle sue qualità organolettiche.

 Il sistema è articolato in categorie di denominazione che stabiliscono classi di qualità distinte idealmente collocate in una “piramide di qualità” dove al vertice troviamo il livello qualitativo più alto. Le categorie, partendo dal livello di qualità più basso fino a quello più elevato, sono così definite:

 

  • Vino da Tavola
  • IGT (Indicazione Geografica Tipica)
  • DOC (Denominazione di Origine Controllata)
  • DOCG (Denominazione di Origine Controllata e Garantita)

 Alcuni disciplinari di denominazione stabiliscono inoltre delle tipologie aggiuntive, attribuite ai vini che possiedono caratteristiche di produzione particolari e che vengono indicate nell'etichetta con i seguenti termini:

 

  • Classico - indica un vino prodotto nella zona storicamente tipica e più vocata della denominazione a cui appartiene, come per esempio Orvieto Classico
  • Superiore - Indica un vino avente un grado alcolico maggiore rispetto ai requisiti minimi della denominazione, come per esempio Bardolino Superiore
  • Riserva - Indica un vino che ha subito un periodo di affinamento più lungo rispetto a quanto stabilito dai requisiti minimi della denominazione, come per esempio Aglianico del Vulture Riserva

 La categoria dei vini da tavola, definita come il livello qualitativo più basso del sistema, costituisce di fatto un paradosso perché spesso a questa categoria appartengono vini di qualità elevata pari, talvolta anche migliore, a quelli DOCG. La ragione di questo paradosso è dovuta dal fatto che alcuni produttori, non condividendo i criteri di qualità stabiliti dal sistema Italiano, decidono di produrre vini secondo i propri criteri di qualità e di produzione che di fatto non sono classificabili o riconducibili a nessuna categoria se non in quella più bassa.

 Il sistema di qualità Italiano, pur essendo rigido in molti aspetti, di fatto non garantisce la reale qualità dei vini appartenenti a determinate categorie; la maggiore garanzia offerta dal sistema è quella della zona di provenienza di un vino. In teoria, un produttore di vino che si trova all'interno di una zona di denominazione e soddisfa i requisiti minimi stabiliti dal disciplinare di quella zona, può, a pieno diritto e titolo, classificare i propri vini all'interno del sistema legale di qualità. Nonostante vengano costituite delle regolari commissioni di assaggio e di valutazione con il compito di analizzare i vini appartenenti alle denominazioni, è fin troppo evidente che la qualità all'interno di una stessa zona di denominazione di origine controllata cambia enormemente fra i singoli produttori. Tutto questo va a scapito di quei produttori di vino di reale qualità che, per ragioni legate alla tradizione o alle scelte aziendali, preferiscono iscrivere i propri vini ad una DOC o DOCG specifica. Senza ombra di dubbio, un vino di mediocre qualità appartenente ad una DOC o una DOCG, lede alla credibilità di tutta la denominazione.

 La categoria IGT, (Indicazione Geografica Tipica) definisce aree di produzione piuttosto vaste, nella maggior parte dei casi un'intera regione, e consente la produzione di vino con uve autorizzate e raccomandate nella zona, che spesso comprende una vasta scelta, lasciando di fatto al produttore, una maggiore libertà di produzione. Questa categoria, pur rappresentando il primo livello di qualità legalmente riconosciuto, comprende in realtà una notevole quantità di vini di alta qualità e non manca di piacevoli sorprese. Quello che è certo e che questa categoria dovrebbe essere considerata attentamente dai consumatori perché, di recente, i produttori di vini di qualità tendono ad utilizzarla per la classificazione dei propri vini.

 La categoria DOC, (Denominazione di Origine Controllata) definisce un'area, solitamente più ristretta rispetto ad una IGT, avente criteri di produzione più rigidi rispetto alla categoria precedente.


Sigilli dei vini DOCG
Sigilli dei vini DOCG

 Nell'ultima categoria di qualità, posta nel livello più alto del sistema, la DOCG, (Denominazione di Origine Controllata e Garantita) definisce aree di produzione molto limitate avente criteri di produzione e di valutazione più rigidi rispetto a tutte le altre. Le bottiglie di vino appartenenti a questa categoria devono essere contrassegnate, con lo scopo di garantire il contenuto della bottiglia e di prevenire eventuali contraffazioni, con degli appositi sigilli numerati ed emessi dallo Stato Italiano indicanti anche la denominazione di appartenenza. (Figura )

 I sigilli di Stato hanno colori diversi a seconda della tipologia del vino DOCG: il colore rosa è riservato ai vini spumanti, il verde è utilizzato per i vini bianchi mentre il magenta identifica i vini rossi.

 Il sistema di denominazione prevede inoltre l'indicazione di una eventuale sotto zona, come per esempio il nome della vigna, del podere, della fattoria o della località, con lo scopo di restringere e tutelare maggiormente la qualità di una determinata area che possiede caratteristiche di qualità superiori rispetto all'intera denominazione, adottando in questo modo, il concetto di cru utilizzato in Francia.

 Il sistema Italiano prevede anche l'uso di particolari sigle che vengono utilizzate nelle etichette dei vini speciali di qualità, come vini spumanti o vini liquorosi, derivanti dalla sigla VQPRD (Vino di Qualità Prodotto in Regione Determinata) stabilita dalla CEE per la designazione dei vini di qualità. La sigla VQPRD, poco utilizzata in Italia, dovrebbe essere presente in tutti i vini DOC e DOCG. Le sigle specifiche per i vini speciali sono:

 

  • VSQPRD - (Vino Spumante di Qualità Prodotto in Regione Determinata) indica un vino spumante prodotto in una zona di denominazione controllata.
  • VLQPRD - (Vino Liquoroso di Qualità Prodotto in Regione Determinata) indica un vino liquoroso prodotto in una zona di denominazione controllata.
  • VFQPRD - (Vino Frizzante di Qualità Prodotto in Regione Determinata) indica un vino frizzante prodotto in una zona di denominazione controllata.

 

Zone di produzione

 L'Italia, grazie anche alla spiccata vocazione del suo territorio alla viticoltura, è ricca sia di uve che di vino. Il patrimonio ampelografico di cui dispone è estremamente vasto e ricco come in nessun altro paese del mondo, infatti, in Italia si contano più di 300 specie di uve da vino diverse. La diversità del territorio, in prevalenza collinare, contribuisce e favorisce ampiamente la coltivazione della vite e quindi alla produzione di vino. Insomma, tutto fa pensare, come i greci stessi avevano osservato, che l'Italia è il paese dell'uva e del vino; non a caso l'antico nome che i greci avevano attribuito all'Italia fu proprio “Enotria Tellus”, cioè il “paese delle viti sostenute da pali”, segno che la cultura del vino e la coltivazione della vite erano tradizioni radicate in questa terra da millenni e che da sempre hanno fatto parte della sua storia e della vita della sua gente.

 Se è vero che la qualità del vino Italiano subì un netto declino nei secoli scorsi, è anche vero che il gigantesco sforzo compiuto dai produttori Italiani negli ultimi 50 anni ha riportato la qualità del vino Italiano a livelli altissimi in tutto il mondo. La passione dei tanti produttori e la consapevolezza di dovere cambiare i sistemi di produzione a favore della qualità, necessità imposta dalla concorrenza degli altri paesi e dalle crescenti richieste interne, ha dato luogo ad un notevole cambiamento che si è verificato in tutto il territorio. A differenza di altri paesi, dove la coltivazione della vite e la produzione di vino sono limitate a poche zone rispetto alla superficie del paese, in ogni regione d'Italia la produzione di vino rappresenta una consolidata realtà e un importante aspetto delle economie locali. Ogni regione Italiana produce vino e ogni regione vanta i propri vini locali che non si trovano nelle altre; ogni regione, in pratica, ha i suoi vini e, soprattutto, le sue uve tipiche.

 Oltre alle uve autoctone di cui l'Italia è ricca, si coltivano anche molte specie di origine Francese, spesso definite “internazionali”, come lo Chardonnay e il Cabernet Sauvignon con le quali si producono eccellenti vini. La tendenza dei produttori Italiani, probabilmente per soddisfare il cosiddetto gusto “internazionale” omologato dei consumatori, è quello di utilizzare uve “internazionali” insieme alle uve locali, tendenza che, purtroppo, è sempre più seguita. Il grande vantaggio di cui dispone l'Italia, vale a dire di possedere specie di uve autoctone come in nessun altro paese del mondo, dovrebbe essere sfruttato in modo più accorto dai produttori in quanto, esistono già numerosi e straordinari esempi, da quelle uve si possono ricavare vini di qualità elevate e con caratteristiche di straordinaria finezza.

 Ogni regione d'Italia, dicevamo, produce vino e parlare in senso generale della produzione regionale darebbe solamente una confusa idea delle reali potenzialità di ognuna di esse. Vediamo quindi in dettaglio una panoramica delle principali caratteristiche ampelografiche ed enologiche di ogni regione. Dove previsto sono riportati anche i vini DOCG e, fra parentesi, le uve principali che li compongono.

 

Valle d'Aosta

 Questa straordinaria e suggestiva regione, dove la coltivazione della vite è limitata, vanta uno speciale primato in quanto qui si trovano, nei comuni di Morgex e La Salle a quota 1300 metri, i vigneti più alti d'Europa; praticamente ai limiti di sopravvivenza della vite. L'intera regione della Valle d'Aosta è considerata a Denominazione di Origine Controllata (DOC) e, in accordo alla legge sul bilinguismo, nelle etichette dei vini si trovano indicazioni sia in Italiano che in Francese.

 Anche se la produzione è maggiormente incentrata sui vini rossi, qui si producono eccellenti vini bianchi, prodotti in prevalenza con uve bianche autoctone, di rara eleganza e finezza. Ottimi esempi di vini bianchi di questa regione sono il “Blanc de Morgex et La Salle”, prodotto con uva Blanc de Morgex, e il “Chambave Moscato” prodotto anche in versione passito o “Flétri”. Fra le uve bianche della regione ricordiamo inoltre il Priè Blanc e la Petite Arvine. Fra quelle grigie il Priè Rouge o Premetta.

 Fra le uve a bacca rossa troviamo il Petit Rouge, Vien de Nus, Neyret, Dolcetto, Freisa, Nebbiolo, Pinot Nero, Gamay, Syrah, Fumin. Interessanti vini rossi tipici della regione sono: “Enfer d'Arvier”, “Donnas”, “Torrette” e “Arnad Montjovet”.

 

Piemonte

 Questa regione, generosa produttrice di grandi vini rossi e raffinati vini bianchi, offre un'ampia scelta di produzione e di uve; qui vengono prodotti vini di ogni tipologia, dai bianchi ai rossi, dai frizzanti fino agli spumanti. Questa è la patria di alcuni dei grandi vini d'Italia: Barolo, Barbaresco, Gavi, Gattinara, Ghemme e i celebri spumanti di Moscato e del Brachetto.

 Benché la regione sia prevalentemente conosciuta per i suoi vini rossi, qui troviamo anche interessanti vini bianchi prodotti con uve locali. Spiccano fra tutte l'uva Cortese da cui si produce il “Gavi”, l'interessante Arneis, la Favorita, l'Erbaluce da cui si ricavano eccellenti vini passiti, fino ad arrivare alle meno conosciute ma senz'altro interessanti uve Timorasso e Nas-cetta. Fra i vini più celebri della regione prodotti con uve bianche troviamo l'Asti Spumante e il Moscato d'Asti, famosi ovunque nel mondo per il loro inconfondibile aroma, prodotti con uva Moscato Bianco con la quale si produce anche l'eccellente Loazzolo.

 Fra le uve rosse, un posto di rilievo è occupato dal Nebbiolo, con cui si producono i celebri Barolo e Barbaresco e i meno conosciuti, ma certamente non meno interessanti, Gattinara e Ghemme. Una posizione di rilievo fra le uve rosse di questa regione spetta alla Barbera dalla quale si ricavano vini rossi strutturati e generosi. Fra le uve rosse vanno senz'altro ricordate il Dolcetto, la Bonarda, la Freisa, il Grignolino, il Pelaverga, il Ruchè, la Malvasia di Schierano, la Malvasia di Casorzo, la Vespolina e il Brachetto, uva con cui si produce il celebre Brachetto d'Acqui dal profumo di fragola e rosa.

 
Vini DOCG: bianchi: Gavi (Cortese) Moscato d'Asti (Moscato bianco) rossi: Barbaresco (Nebbiolo) Barolo (Nebbiolo) Brachetto d'Acqui (Brachetto) Gattinara (Nebbiolo, Vespolina) Ghemme (Nebbiolo, Vespolina, Bonarda Novarese) spumanti: Asti spumante (Moscato bianco) Brachetto d'Acqui (Brachetto)

 

Lombardia

 La regione è principalmente nota per la produzione di vini rossi e per l'eccellente produzione spumantistica. Nella Valtellina, al nord della regione, si producono eccellenti vini da uva Nebbiolo (localmente detta Chiavennasca) fra cui lo Sforzato, o Sfursat, un potente e corposo vino prodotto da uve Nebbiolo appassite.

 Di notevole rilievo è la produzione di vini della Franciacorta, molto apprezzata per i suoi spumanti, prodotti in diverse tipologie con il metodo classico da uve Chardonnay, Pinot Bianco e Pinot Nero, oltre che per i suoi vini rossi. Di sicuro interesse è anche la zona dell'Oltrepò Pavese dove si producono vini da uve Cortese, Riesling, Pinot Nero, Barbera e Bonarda. Altre uve interessanti che troviamo in questa regione sono il Trebbiano di Lugana da cui si produce il Lugana, il Groppello, tipico della zona del Lago di Garda, e il raro e pregiato Moscato di Scanzo, un'uva da cui si produce l'omonimo vino che meriterebbe certamente maggiore attenzione.

 
Vini DOCG: rossi: Valtellina superiore (Nebbiolo) spumanti: Franciacorta (Chardonnay, Pinot Bianco, Pinot Nero)

 

Veneto

 La regione, che vanta una eccellente tradizione vitivinicola, è fra le più produttive d'Italia. Qui si producono celebri vini come il Soave, il Bardolino, l'Amarone della Valpolicella e altri ancora. Il Veneto è ricco di buone uve autoctone sia bianche che rosse. Fra le uve bianche troviamo la Garganega, da cui si producono il Recioto di Soave, il Soave e il Recioto di Gambellara, e il Prosecco, l'uva con cui si produce il celebre vino spumante “Prosecco di Valdobbiadene e Conegliano”. Fra le uve bianche, una menzione particolare spetta alla Vespaiola con la quale si produce il Torcolato, un vino passito di straordinaria eleganza e finezza.

 Fra le uve rosse, la Corvina, la Rondinella e la Molinara sono quelle più celebri e rinomate; sono le uve con cui si producono il Bardolino, il Valpolicella, il celebre Amarone e il Recioto della Valpolicella. Un'altra uva rossa che troviamo nella regione è il Raboso con il quale si producono interessanti vini rossi.

 
Vini DOCG: bianchi: Recioto di Soave (Garganega, Trebbiano di Soave) Soave superiore (Garganega, Trebbiano di Soave) rossi: Bardolino superiore (Corvina, Molinara, Rondinella)

 

Trentino-Alto Adige

 Questa regione è sicuramente fra le più interessanti d'Italia in fatto di qualità e varietà. Nell'Alto Adige, troviamo prevalentemente uve di origine non Italiana e che in questo territorio si esprimono a livelli di eccellenza. Fra le uve bianche troviamo il Gewürztraminer, il Silvaner, il Müller Thurgau, il Riesling, il Kerner, il Veltliner, il Sauvignon Bianco, il Moscato Giallo e il Pinot Bianco. Fra le uve rosse troviamo il Pinot Nero, che in questa regione produce vini di altissimo livello, l'autoctono Lagrein, dal quale si ricavano dei vini di sicuro interesse, la Schiava Grossa e la Schiava Gentile. Con il Moscato Rosa, una particolare uva coltivata in questa regione, si produce uno straordinario vino da dessert che porta lo stesso nome e che è caratterizzato da netti e suadenti profumi di rosa.

 Il Trentino, che si trova più a sud dell'Alto Adige, produce eccellenti vini sia bianchi che rossi. Fra le uve bianche troviamo il Traminer, il Gewürztraminer, il Riesling, il Kerner, il Pinot Bianco e la Nosiola, un'interessante uva dalla quale si produce un raffinato Vinsanto. Fra le uve rosse troviamo il celebre Marzemino, che pare fosse particolarmente apprezzato dal celebre compositore Wolfgang Amadeus Mozart, il Teroldego e altre varietà “internazionali”.

 Nel Trentino si producono inoltre vini spumanti con il metodo classico da uve Chardonnay, Pinot Bianco, Pinot Nero e Pinot Meunier.

 

Friuli Venezia Giulia

 La coltivazione della vite ha, in questa regione, radici antiche che risalgono a circa duemila anni fa e la produzione di vino è prevalentemente vocata ai bianchi. Il Friuli Venezia Giulia produce eccellenti vini bianchi sia con uve “internazionali” e, soprattutto, con uve locali. Fra le uve bianche troviamo il celebre Tocai Friulano, la Malvasia Istriana, la Ribolla Gialla, il Verduzzo Friulano, dal quale si producono eccellenti vini passiti, come il Ramandolo, e il raro quanto eccellente Picolit con il quale si produce uno straordinario e prezioso vino che porta lo stesso nome.

 Fra le uve rosse troviamo interessanti esempi come il Refosco dal Peduncolo Rosso, lo Schioppettino, il Pignolo, il Tazzelenghe e il Terrano.

 
Vini DOCG: bianchi: Ramandolo (Verduzzo Friulano)

 

Liguria

 La coltivazione della vite in questa regione è particolarmente difficoltosa a causa della morfologia del terreno e la modesta quantità del raccolto è prodotto con sforzi elevati e ammirevoli. Tuttavia, la Liguria produce vini di qualità e con caratteristiche organolettiche particolari a causa dell'esposizione dei vigneti sul mare. Le uve bianche principali della regione sono il Vermentino, l'Albarola e il Bosco, dalle quali si produce il celebre vino “Cinque Terre” e con le stesse uve appassite si produce l'eccellente e raro “Schiacchetrà”. Tra le uve bianche troviamo anche il Pigato.

 Anche se la produzione dei vini rossi non è vasta, rimane comunque interessante. Le uve rosse principali della regione sono l'Ormeasco, nome con cui è noto in Liguria il Dolcetto, il Rossese e il Ciliegiolo.

 

Emilia Romagna

 La vasta produzione di questa regione è divisa fra l'Emilia, la parte ad ovest, dove si preferiscono vini frizzanti, e la Romagna, la parte ad est, dove la preferenza cade sui vini tranquilli. Fra le uve bianche dell'Emilia troviamo l'Ortrugo, il Pignoletto e la Malvasia di Candia. Le uve rosse, con l'eccezione della Barbera e della Croatina utilizzate per la produzione del vino “Gutturnio”, appartengono in prevalenza alla grande famiglia del Lambrusco da cui si ottiene il celebre vino che porta lo stesso nome e che viene principalmente prodotto in versione frizzante. Concludono il quadro delle uve rosse la Fortana e l'Ancellotta, spesso utilizzate per la produzione di vino Lambrusco.

 Nella Romagna, dove i vini si preferiscono tranquilli, troviamo, fra le uve bianche, l'Albana, l'uva più celebre della zona, il Trebbiano Romagnolo e il Bombino Bianco che qui prende il nome di “Pagadebit”. Il Sangiovese è l'uva rossa principale della regione alla quale si affianca la Cagnina, nome con cui è noto in Romagna l'uva Terrano.

 
Vini DOCG: bianchi: Albana di Romagna (Albana)

 

Toscana

 La tradizione vitivinicola della regione risale all'epoca Etrusca e in questa regione troviamo prevalentemente una produzione vocata ai vini rossi. Il Chianti, il Brunello di Montalcino, il Vino Nobile di Montepulciano, il Carmignano e il Morellino di Scansano sono solamente alcuni degli esempi di vini rossi Toscani. Anche la produzione dei vini bianchi è interessante ma viene spesso soffocata dalla fama e l'imponenza di quelli rossi. Fra le uve bianche che troviamo nella regione ricordiamo la Vernaccia di Sam Gimignano da cui si produce l'omonimo vino, il Trebbiano Toscano, la Malvasia Bianca, la Malvasia di Candia, il Vermentino e l'Ansonica, nome con cui è nota in Toscana l'uva Inzolia.

 Fra le uve rosse primeggia il Sangiovese, qui largamente diffuso e coltivato, il Sangiovese Grosso, il Canaiolo Nero e il Mammolo.

 
Vini DOCG: bianchi: Vernaccia di San Gimignano (Vernaccia) rossi: Brunello di Montalcino (Sangiovese grosso) Carmignano (Sangiovese, Canaiolo nero, Cabernet Sauvignon, Cabernet Franc) Chianti Classico (Sangiovese, Canaiolo nero, Malvasia, Trebbiano) Chianti - sottozone: Colli Aretini, Colli Fiorentini, Colli Senesi, Colline Pisane, Montalbano, Montespertoli, Rufina (Sangiovese, Canaiolo nero, Malvasia, Trebbiano) Vino Nobile di Montepulciano (Sangiovese grosso, Canaiolo nero)

 

Umbria

 Il “cuore verde d'Italia”, nome con il quale solitamente viene chiamata l'Umbria, da molti considerata, dal punto di vista enologico, come la Borgogna d'Italia, vanta tradizioni vitivinicole che risalgono all'epoca Etrusca ed i suoi vini erano già famosi sin da quell'epoca. Fra questi, il più noto e il più antico, è senz'altro l'Orvieto, un vino bianco che a distanza di secoli è ancora celebre in tutto il mondo. Fra le uve bianche della regione troviamo il Grechetto, un'uva di origini Umbre da cui si ricava l'omonimo vino, il Trebbiano Toscano, il Canaiolo Bianco, la Malvasia Bianca, la Malvasia di Candia e il Verdello.

 Fra le uve rosse, un posto di rilievo è occupato dal locale Sagrantino dal quale si producono, nella zona di Montefalco, vini di notevole interesse, strutturati e corposi. Anche il Sangiovese è molto diffuso in Umbria ed è presente in quasi tutti i vini rossi della regione, come, per esempio, nei celebri vini rossi di Torgiano. Nella regione troviamo anche la Barbera, il Canaiolo Nero, il Ciliegiolo, il Montepulciano e, nella zona del lago Trasimeno, fra i rari casi in Italia, troviamo il Gamay, che in questa zona produce vini di notevole interesse.

 
Vini DOCG: rossi: Sagrantino di Montefalco (Sagrantino) Torgiano Riserva (Sangiovese, Canaiolo nero, Montepulciano, Ciliegiolo)

 

Marche

 La regione presenta interessanti e ricchi patrimoni enologici dove, fra i principali, troviamo i celebri vini bianchi “Verdicchio dei Castelli di Jesi” e il “Verdicchio di Matelica”. Anche il panorama dei vini rossi è senz'altro degno di nota e sono degnamente rappresentati dal “Rosso Conero” e dal “Rosso Piceno”.

 Fra le uve bianche troviamo il Verdicchio, la Malvasia Bianca, la Passerina, il Biancame, il Trebbiano Toscano e il Pecorino. Fra le uve rosse, il Sangiovese e il Montepulciano sono le più importanti, entrambe utilizzate per la produzione del “Rosso Conero” e il “Rosso Piceno”. A queste si aggiungono la Vernaccia di Serrapetrona, dalla quale si ricava l'omonimo vino, e la Lacrima di Morro.

 

Lazio

 I vini del Lazio erano celebri già dall'epoca Romana e qui la produzione è prevalentemente vocata per i vini bianchi. Il “Frascati”, “I Castelli Romani” e “Est! Est!! Est!!! di Montefiascone” sono solo alcuni esempi dei vini laziali bianchi più famosi. La regione è ricca di uve bianche che rappresentano anche la maggioranza del raccolto. Fra queste ricordiamo il Trebbiano Toscano, la Malvasia del Lazio, la Malvasia Bianca, la Malvasia Toscana, il Bellone, il Bombino Bianco, il Greco Bianco e il Trebbiano Giallo.

 Anche se la produzione dei vini rossi è più limitata, in questa regione si trovano buone quantità di uve rosse dove il locale Cesanese è ben affiancato dal Sangiovese, dal Montepulciano e dall'Aleatico.

 

Abruzzo

 Come la gran parte delle regioni Italiane, anche l'Abruzzo vanta una tradizione vitivinicola che si perde nella notte dei tempi. I suoi vini erano molto famosi già in epoca Romana e la tradizione enologica è ancora ben rappresentata dalla produzione attuale. Due sono i vini che hanno reso celebre la regione: il Trebbiano d'Abruzzo e il Montepulciano d'Abruzzo. Il primo è prodotto con uva Bombino Bianco, che qui prende il nome di Trebbiano d'Abruzzo, mentre il secondo è prodotto con uva Montepulciano che in Abruzzo si esprime in modo eccellente.

 Fra le altre uve bianche della regione troviamo la Passerina, il Pecorino, il Biancame e la Cococciola, mentre nelle uve rosse sono presenti, seppure in minima parte, il Sangiovese, l'Aglianico e il Canaiolo Nero.

 

Molise

 La regione, estremamente vocata alla viticoltura grazie alla prevalenza di terreni collinari e ad un favorevole clima, non ha grosse produzioni di vino ma quel poco che produce è senz'altro degno e meritevole delle migliori attenzioni.

 Le uve bianche che si trovano nella regione sono la Falanghina, il Trebbiano Toscano, il Bombino Bianco, il Fiano, il Greco Bianco e il Moscato Reale, da cui si ricava un eccellente vino passito. Fra le uve rosse troviamo l'Aglianico, il Montepulciano e il Sangiovese.

 

Campania

 Il patrimonio enologico della Campania è estremamente ricco, forte anche dell'antica tradizione vitivinicola che l'ha vista protagonista in epoche remote, probabilmente molto prima della venuta dei Greci in Italia.

 La produzione è equamente divisa fra i vini bianchi e i vini rossi. Il celebre “Greco di Tufo” e il “Taurasi” sono solamente due dei tantissimi esempi che si potrebbero fare parlando dei vini campani.

 Il patrimonio ampelografico della regione è molto ricco e fra le uve bianche troviamo il Greco Bianco, la Falanghina, il Fiano, la Coda di Volpe, la Biancolella, l'Asprinio e la Forastera. Fra le uve rosse primeggia l'eccellente Aglianico, il Piedirosso, localmente detto “Per' e Palummo”, la Guarnaccia e lo Sciascinoso.

 
Vini DOCG: rossi: Taurasi (Aglianico)

 

Puglia

 La Puglia è fra le regioni d'Italia con la più alta produzione di uva a conferma della notevole vocazione vitivinicola. La produzione è prevalentemente orientata ai vini rossi, tuttavia non mancano buoni esempi di vini bianchi, fra i quali il celebre “Locorotondo”.

 Fra le uve bianche troviamo il Bianco d'Alessano, la Malvasia Bianca, il Verdeca, il Bombino Bianco, il Fiano e il Greco Bianco. Fra le uve rosse troviamo il Negroamaro, una straordinaria uva dalle notevoli potenzialità con la quale si producono i vini del Salento e in particolare il “Salice Salentino”, il Primitivo, altra eccellente uva della regione con la quale si produce il “Primitivo di Manduria”, la Malvasia Nera, il Montepulciano, l'Uva di Troia, l'Aglianico e l'Aleatico.

 

Basilicata

 La produzione della regione è pressoché incentrata alla produzione dell'unico grande vino della regione, “l'Aglianico del Vulture”, prodotto con uva Aglianico che in Basilicata, nella zona del Vulture, è capace di produrre vini di eccellente qualità e struttura. L'uva Aglianico è praticamente l'unica uva rossa che viene coltivata nella regione, mentre fra le uve bianche troviamo il Fiano, la Malvasia Bianca e il Greco Bianco.

 

Calabria

 La Calabria vanta una tradizione enologica antichissima, probabilmente precedente a quella greca, e la produzione è prevalentemente orientata ai vini rossi. L'uva più coltivata della regione è il Gaglioppo, un'uva rossa di sicuro interesse e di sicure potenzialità, con la quale si producono i vini più celebri della Calabria: il Cirò Rosso e il Savuto. Fra le altre uve rosse troviamo il Magliocco Canino, il Nerello Cappuccio e l'Aglianico.

 Fra le uve bianche della regione, presenti in quantità minore, troviamo il Greco Bianco, con il quale si produce l'ottimo “Greco di Bianco”, la Malvasia Bianca e il Mantonico.

 

Sicilia

 La Sicilia, nobile regione ricca di cultura e di tradizioni, vanta una tradizione enologica molto prestigiosa ed è in quest'isola che troviamo uno dei vini più famosi e rappresentativi d'Italia: il Marsala. In Sicilia si producono vini bianchi e rossi, vini dolci e passiti, sicuro e prestigioso vanto dell'isola, oltre a vini liquorosi, fra cui l'eccellente Marsala.

 Fra le uve bianche troviamo l'Inzolia, il Catarratto, il Grillo, le tre uve dalle quali si produce anche il Marsala, il Moscato d'Alessandria, localmente chiamato Zibibbo e con il quale si produce l'eccellente Passito di Pantelleria, la Malvasia delle Lipari, con la quale, insieme all'uva Corinto Nero, si produce la celebre e eccellente Malvasia delle Lipari.

 Le uve rosse, ben presenti e coltivate nell'isola, sono capaci di produrre vini rossi strutturati e interessanti. Fra le principali uve rosse si ricordano il Nero d'Avola, il Nerello Mascalese, il Nerello Cappuccio, il Frappato e il Perricone.

 

Sardegna

 La regione, ricchissima di culture e tradizioni, ha subito evidenti influssi da parte dei Fenici, dei Cartaginesi, dei Romani e degli Spagnoli che, oltre ad avere introdotto tecniche colturali nell'isola, hanno anche introdotto le proprie varietà di uve, oramai considerate a pieno titolo come patrimonio ampelografico autoctono dell'isola.

 In Sardegna si producono eccellenti vini bianchi e rossi, oltre a ottimi passiti. Una menzione speciale merita la straordinaria “Vernaccia di Oristano”, un eccellente vino prodotto con l'omonima uva, che meriterebbe una maggiore attenzione e consenso.

 Le principali uve bianche della regione sono il Vermentino, con il quale si produce il “Vermentino di Gallura”, la Vernaccia di Oristano, la Malvasia di Sardegna, il Nuragus, il Nasco, il Semidano e il Torbato.

 Fra le uve rosse troviamo il Cannonau, la più coltivata e celebre fra le uve rosse, il Carignano, il Bovale, la Monica, la Nieddera e il Girò.

 
Vini DOCG: bianchi: Vermentino di Gallura (Vermentino)

 

Conclusione

 Nella panoramica delle regioni d'Italia non sono state volutamente menzionate le cosiddette uve “internazionali”, di prevalente origine Francese, con lo scopo di evidenziare particolarmente il patrimonio di uve autoctone che ogni regione possiede. Questo non significa, ovviamente, che le uve “internazionali” non siano coltivate in Italia, anzi, sono ampiamente e largamente presenti in tutto il territorio, ricoprono un'importanza elevata e rappresentano una larga maggioranza delle uve con cui si produce vino in Italia. Fra le uve bianche troviamo grandi produzioni di Chardonnay, al quale fanno seguito il Sauvignon Blanc, il Riesling, il Pinot Bianco e il Pinot Grigio. Fra le uve rosse troviamo notevoli quantità di Cabernet Sauvignon, seguite dal Cabernet Franc, Merlot, Pinot Nero e Syrah.

 




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  Gusto DiVino Numero 1, Ottobre 2002   
Introduzione alla DegustazioneIntroduzione alla Degustazione I Vini del MeseI Vini del Mese  Sommario 
  Segui DiWineTaste su Segui DiWineTaste su TwitterNumero 2, Novembre 2002

Introduzione alla Degustazione

Iniziamo con questo articolo ad apprendere l'arte della degustazione dei vini; un viaggio che proseguirà nei numeri successivi

 Sapere apprezzare un buon vino significa, prima di tutto, sapere conoscere e riconoscere le sue qualità, il tutto, fattore indiscutibile, filtrato dalle proprie preferenze e gusti. Apprezzare un vino, pertanto, non significa degustare un vino. La degustazione è quella raffinata arte che consente la valutazione di un vino, o di un altro alimento, per quello che realmente è senza condizionamenti personali e soggettivi. Significa valutare analiticamente le sue singole proprietà organolettiche avvalendosi, requisito senz'altro determinante, della propria esperienza e della propria conoscenza maturata in tutte le degustazioni precedenti. La conoscenza si raggiunge, o, per meglio dire, si accresce, seppure a pari passo con l'ignoranza, attraverso la pratica e la valutazione analitica di vini diversi. Questa pratica costituisce il piacevole “supplizio” di ogni degustatore di vini.

 

Perché si degusta il vino?

 La degustazione del vino è una raffinata arte espressa in parte per mezzo del proprio talento e per buona parte dalla conoscenza della tecnica di degustazione e, infine, dall'esperienza e dalla memoria. Chiunque può diventare, previo allenamento e giusta pratica, un buon degustatore di vini. Ognuno possiede quelle capacità indispensabili per poter valutare la qualità di un vino: i sensi. La valutazione e la degustazione del vino si compie attraverso i propri sensi ed è grazie alla loro capacità di riconoscere sensazioni e di rispondere a determinati stimoli, cioè dalla loro buona efficienza e allenamento all'uso, che il nostro cervello, dopo avere effettuato l'elaborazione delle sensazioni percepite, ci consente di esprimere una valutazione. I sensi, nessuno escluso, e il loro buon uso, sono la porta d'ingresso che ci conducono alle meraviglie e alle sorprese di ogni degustazione.


 

 La valutazione del vino viene determinata dal degustatore secondo due criteri distinti: soggettivi o oggettivi. Queste due categorie determinano inoltre la tipologia del degustatore.

 Il criterio soggettivo è quello espresso da un individuo il cui fine della degustazione è quello di valutare se un determinato vino soddisfa o meno il proprio gusto e le proprie aspettative, cioè di valutare esclusivamente se un vino è apprezzabile per il proprio gusto.

 Il criterio oggettivo è espresso da un individuo il cui fine è quello di valutare la qualità e le caratteristiche reali di un vino, esprimendo un parere assolutamente neutrale dal proprio orientamento e gusto, cioè valutando un vino per quello che è realmente senza altri tipi di condizionamento. Questo è il lavoro che svolgono i sommeliers e i degustatori professionisti. Una valutazione oggettiva indiscutibile è rappresentata dall'analisi chimica, che ha lo scopo di determinare le componenti di un vino secondo dei sistemi di misura universalmente noti e accettati. Per quanto utile risulti essere l'analisi chimica, che di fatto ricopre nell'enologia un'importanza primaria, non potrà mai essere sostituita ai nostri sensi, i quali, ignorando l'aridità dei numeri e delle formule, ci comunicano direttamente il grado di piacevolezza di un vino. Il lavoro svolto dai sommeliers, dai degustatori professionisti e, non da ultimo, dai consumatori, anch'essi degustatori con finalità diverse, è di primaria importanza e altamente strategico per chi produce un vino, in quanto rappresenta il livello della sua capacità e il gradimento dei suoi prodotti. Non a caso, molti degustatori professionisti e sommeliers, trovano impiego e collaborano con i produttori di vino.

 Indipendentemente dal tipo di valutazione che si intende determinare dalla degustazione di un vino, il fattore principale e di fondamentale importanza è sapere come si degusta un vino.

 Prima di tutto, un vino si degusta con lo scopo di valutare la sua qualità e le sue caratteristiche organolettiche, cioè per valutare le caratteristiche percettibili ai sensi. Un vino si degusta anche per ragioni comparative, cioè per valutare se è migliore o peggiore di altri, o per valutare se presenta e possiede quelle caratteristiche tipiche della categoria a cui appartiene.

 Sapere riconoscere un buon vino e sapere riconoscere un vino che ci soddisfa, saperlo confrontare con gli altri, ci consente, prima di tutto, di potere scegliere dei buoni prodotti che soddisfano in pieno le nostre aspettative. Non è certamente cosa da poco. In un mondo che ci spinge costantemente al gusto dell'omologazione, sapere scegliere secondo il proprio gusto, e solo quello, è anche una scelta di libertà. Non è cosa da poco.

 Molto spesso si preferiscono e si consumano dei prodotti, e non solo vino, solo perché qualcuno che ha forti interessi economici dice di consumare quel prodotto. Questo denota ignoranza e scarsa cultura, non da ultimo, incapacità di scegliere dovuta a confusione. Sapere degustare un prodotto e saperlo valutare è una capacità che consente di scegliere ciò che si vuole secondo le reali preferenze e, non da ultimo, consente di premiare quei produttori che hanno saputo creare un prodotto tale da regalare un bel momento e delle belle sensazioni. Sapere valutare un vino significa anche sapere attribuire il giusto valore economico proprio perché, grazie all'esperienza e alla capacità di valutazione, ci si rende conto che esistono prodotti decisamente migliori e ad un prezzo inferiore.

 

Condizioni per la degustazione del vino

 Le condizioni necessarie per la degustazione del vino dipendono dalle finalità della degustazione stessa. Principalmente ci sono due modi diversi di condurre una degustazione di vino: quella condotta da un singolo individuo la cui valutazione costituisce anche il risultato finale e quella svolta da un gruppo di degustatori, dove le singole valutazioni individuali vengono utilizzate per determinare il risultato finale.

 Indipendentemente dal modo in cui la degustazione viene svolta, è di primaria importanza la conoscenza e l'attuazione di norme che siano riconoscibili da chiunque si appresti a valutare un vino o deve interpretare il risultato della degustazione. L'uso e la conoscenza di termini e di un linguaggio comune è, per esempio, di primaria importanza per esprimere concetti in modo tale che siano facilmente comprensibili a qualunque altro degustatore o a chiunque deve determinare la qualità di un vino valutato da altri.

 L'analisi organolettica di un vino è principalmente espressa per mezzo delle capacità sensoriali proprie del degustatore e questo, talvolta, costituisce un problema di determinazione effettiva quando il suo parere viene confrontato con quello di altri. Ogni individuo è capace di valutare sensazioni attraverso i propri organi di senso ma questo è, indiscutibilmente, il risultato di un processo assolutamente soggettivo. Per esempio, un vino può risultare “molto dolce” per un individuo mentre per un altro potrebbe essere semplicemente “dolce”. Questa valutazione è dipendente da diversi fattori, come la soglia di percezione sensoriale e la tolleranza a determinati stimoli. Un individuo molto sensibile alla percezione del gusto dolce, tenderà a considerare un vino come “molto dolce” quando invece, secondo un parere più oggettivo o secondo la valutazione chimica della quantità di zuccheri, dovrebbe essere considerato “dolce”.

 Altri fattori che condizionano la percezione sensoriale sono lo stato d'animo, l'ambiente in cui ci si trova e il momento della giornata in cui si esegue la degustazione. Si ritiene che verso la fine del mattino, quando l'appetito e la sensazione di fame aumentano, le nostre capacità sensoriali siano più sensibili. Questo è, o meglio, sarebbe, il momento migliore per eseguire la degustazione.

 Resta comunque il problema di come unificare la valutazione sensoriale in relazione a determinati stimoli. Chi degusta a livello professionale sa che un vino viene considerato “dolce” quando è presente una determinata quantità di zuccheri e che è oggettivamente riscontrabile mediante un'analisi chimica. Le papille gustative disposte sulla superficie della lingua, bontà loro, possono comunicare l'intensità dello stimolo ricevuto ma, certamente, non possono comunicare la quantità esatta di zucchero contenuto nel vino che ha dato origine allo stimolo, se non per un fatto di pura esperienza del degustatore. Come si può quindi arrivare ad avere la capacità di esprimere un giudizio attendibile e confrontabile con il lavoro di altri? Ci sono quattro fattori determinanti e di estrema importanza per ogni degustatore di vino: memoria, esperienza, pratica e volontà di apprendere e studiare nuovi vini con umiltà e onestà, senza lasciarsi prendere dall'approssimazione.

 Ben presto ci si accorgerà che la memoria, soprattutto quella olfattiva, è una leale e affidabile compagna per il lavoro del degustatore. Mentre la formazione della memoria visiva, cioè sapere riconoscere i colori, e della memoria gustativa, cioè sapere riconoscere i sapori, è piuttosto semplice, la memoria olfattiva costituisce il lavoro più impegnativo per il degustatore. Sapere riconoscere i colori è un esercizio, seppure inconsapevole, che viene svolto continuamente; il riconoscimento dei colori del vino è in effetti l'analisi più semplice. Sapere riconoscere i sapori, oltre ad essere fondamentale per la stessa sopravvivenza, è un esercizio che viene svolto solamente mentre si mangia, non solo, il riconoscimento consapevole dei sapori viene svolto quando si mangia prestando attenzione agli stimoli delle papille gustative. La degustazione richiede quindi una concentrazione e una dedizione totale al lavoro di analisi, si deve essere attenti agli stimoli generati dai sensi perché, spesso, gli stimoli sono anche minimi e confusi in mezzo a tanti altri. Questo è particolarmente vero nel riconoscimento dei profumi e degli aromi. Tuttavia, durante il riconoscimento dei profumi, le cose si complicano perché, nonostante si sia concentrati su quello che si sta facendo, dopo un determinato periodo di tempo trascorso ad annusare e a rincorrere i profumi che si sprigionano dal bicchiere, i recettori delle sostanze odorose tendono ad assuefarsi e quindi, in un certo senso, filtrano quei profumi che per troppo tempo si sono annusati. Questo fenomeno è facilmente rilevabile quando ci si trova in un ambiente dove è presente un forte odore: all'inizio la percezione sarà ben definita e riconoscibile, dopo alcuni minuti l'odore sembrerà attenuarsi fino a non essere più rilevato, si è giunti cioè all'assuefazione e quindi ad ignorare lo stimolo. Ogni degustatore di vini è consapevole di questo “rischio” e quindi, dopo un'olfazione continua di due o tre minuti svolta sullo stesso campione, interrompe l'analisi dei profumi e si concede una pausa in modo da non essere assuefatto dalle sensazioni odorose.

 L'analisi olfattiva del vino rimane l'aspetto più complesso e impegnativo di tutta la valutazione. Questo esame, più di ogni altro, richiede una forte esperienza e un allenamento continuo, non da ultimo, l'analisi olfattiva di un vino, i suoi profumi e la sua finezza aromatica, costituiscono uno degli aspetti più piacevoli, interessanti e fondamentali della degustazione. La complessità di questo esame è principalmente legata a due aspetti: il primo, per quanto banale possa apparire, è che per potere riconoscere un odore è necessario conoscerlo e saperlo identificare, il secondo è che le comuni abitudini imposte dalla vita moderna hanno portato in genere ad ignorare le percezioni sensoriali, fra queste, la capacità, o per meglio dire, la poca attenzione che si pone ai profumi e agli odori che continuamente ci circondano. In entrambi i casi, la “rieducazione” dell'apparato olfattivo rimane l'unico rimedio proponibile e questo processo richiede un notevole impegno. Porre attenzione alle sensazioni odorose è un compito che richiede concentrazione e dedizione durante l'analisi olfattiva, insomma, con esercizio, pratica e volontà è relativamente semplice raggiungere a buoni risultati. Il vero ostacolo è sapere riconoscere gli odori: è impossibile identificare e classificare un profumo quando questo è completamente sconosciuto a chi lo annusa, si può, al limite, classificarlo come sconosciuto, di certo non risolve il problema, di sicuro, lo peggiora.

 Quando si descrive il profilo olfattivo di un vino, si fa uso di una terminologia comune tale da consentire a chiunque di comprendere o farsi un'idea sulla tipologia e la qualità degli aromi. Per semplificare la comprensione della descrizione olfattiva, non ci si riferisce alle sostanze chimiche che danno origine ai profumi, usate in genere solamente quando si devono descrivere difetti, ma si utilizzano, per analogia, gli oggetti e le cose alle quali comunemente si associa lo stesso profumo come, per esempio, la frutta e i fiori. Nonostante questa semplificazione, la capacità di sapere riconoscere un odore, seppure associabile a cose “comuni”, non è possibile se si conosce solamente l'esistenza di quella cosa senza conoscerne il profumo. Sicuramente tutti sanno che il gelsomino è un fiore, ma probabilmente non tutti conoscono il suo profumo, quindi dire che in un vino si percepisce il profumo del gelsomino, significa, prima di tutto saperlo riconoscere, e comunicarlo ad altri che non lo conoscono è come non avergli comunicato nulla. Le cose si complicano ulteriormente in quanto in un vino non si percepisce un solo odore, ma il suo profilo olfattivo è composto dall'insieme di tutti i suoi profumi. Se un determinato vino avesse un solo profumo, le cose sarebbero senz'altro semplici, perché il riconoscimento di quell'aroma giungerebbe al naso in modo netto ed inequivocabile. Quando ci si trova a valutare un insieme di odori, diventa necessario saperli individuare singolarmente cercando di isolarli rispetto a tutti gli altri.

 La degustazione del vino, quando viene eseguita a livello professionale, si svolge in apposite sale attrezzate con postazioni specifiche che consentono di effettuare l'analisi dei campioni in condizioni ambientali ottimali. Non sempre è possibile valutare un vino all'interno di una sala di degustazione, sia perché ci si trova in strutture dove occasionalmente viene degustato vino, sia perché talvolta le circostanze sono improvvisate; basti pensare, ad esempio, la visita ad una cantina o a un'enoteca e si deve esprimere un giudizio. Tuttavia, quando si valuta un vino, si dovrebbero avere sempre a disposizione gli strumenti essenziali che consentano di svolgere l'analisi, fra tutti, il più importante è il calice da degustazione ISO, uno speciale bicchiere avente una forma espressamente studiata per favorire lo sviluppo e la percezione degli aromi. Un altro strumento che può risultare utile per la degustazione, è il termometro a lettura rapida, facilmente reperibile nei negozi di enologia, che consente di valutare in poco tempo la temperatura del vino. La percezione degli aromi e del gusto del vino sono fortemente alterati dalla sua temperatura; un vino troppo caldo sarà completamente diverso rispetto a quando viene servito più freddo. Con l'esperienza si arriverà a “rilevare” la temperatura del vino con un buon grado di approssimazione anche senza l'ausilio di un termometro, ma certamente, quando si ha poca esperienza e si sta iniziando a scoprire l'arte della degustazione, l'aiuto di questo strumento risulterà utile.

 Nella valutazione dei colori sarà inoltre necessario disporre di una superficie bianca dove potere mettere in contrasto il contenuto del bicchiere e rilevare il colore del vino, le sue sfumature e la sua tonalità. In ogni caso, la degustazione del vino, per essere attendibile, dovrà essere svolta in un ambiente ben arieggiato, privo di odori e con una buona illuminazione. Degustare un vino all'interno di una cantina, fra le botti, la poca luce e gli odori tipici di questo luogo, non è in genere una buona idea. Se si degusta lo stesso vino, magari prelevato dalla stessa botte, in un locale diverso dalla cantina, il risultato della valutazione sarà diverso.

 Anche le condizioni personali influiranno notevolmente sul risultato della degustazione; è indispensabile che gli organi di senso siano in buone condizioni e non alterati da attività svolte precedentemente, come per esempio fumare o mangiare poco prima di effettuare l'analisi. Inoltre, la percezione sensoriale è molto più sensibile prima dei pasti, cioè quando lo stimolo della fame è maggiore, quindi è buona norma non svolgere degustazioni significative subito dopo un pasto.

 

Le fasi della degustazione

 La degustazione di un vino è un processo che si suddivide in fasi distinte, dove ognuna di queste consente la valutazione delle singole caratteristiche organolettiche.

 La degustazione ha inizio con la preparazione degli strumenti e dei campioni da valutare. Il bicchiere da degustazione dovrà essere perfettamente pulito e privo di odori che potrebbero alterare la percezione degli aromi del vino, questo vale anche per gli odori lasciati da un lavaggio effettuato con sapone. Nei prossimi mesi parleremo in dettaglio sull'uso e la cura del bicchiere da degustazione, per il momento ci limitiamo a dire che lavare il proprio calice da degustazione con il sapone è fortemente sconsigliato. Il modo più “sano” per lavare il bicchiere da degustazione consiste in un accurato risciacquo in acqua tiepida, senza sapone, quindi niente lavastoviglie, e prontamente asciugato con un panno. Anche il luogo dove viene conservato il bicchiere è importante; se viene mantenuto in un luogo caratterizzato da odori, questi si “trasferiranno” nel bicchiere e saranno rilevati durante la valutazione olfattiva del vino.

 I campioni di vino da degustare dovranno essere preparati e portati alla giusta temperatura; ricordiamo ancora che la temperatura influisce fortemente sulla percezione delle sensazioni organolettiche. Anche di questo aspetto parleremo in dettaglio nei mesi successivi.

 Una volta che si avrà il campione del vino nel proprio bicchiere, il primo esame che viene svolto è quello visivo, cioè si procederà con la determinazione del colore, la sua intensità, le sue sfumature e la sua tonalità. L'esame visivo consente, oltre che stabilire la tipologia del vino e della sua età, anche la rilevazione di eventuali difetti di vinificazione o, addirittura, la presenza di malattie.

 L'esame successivo è quello olfattivo. In questa fase si determinerà l'intensità dei profumi, cioè la forza e la potenza dello stimolo, la sua durata e la finezza aromatica complessiva del vino. Dopo questo preliminare esame, si procederà con l'identificazione dei singoli profumi, descrivendo la qualità e la tipologia dei singoli aromi percepiti nel vino. Questa fase dell'esame olfattivo costituisce la parte più impegnativa in quanto, come abbiamo già detto, richiede una discreta esperienza e pratica. Il riconoscimento dei singoli aromi consente, prima di tutto, di rilevare gli eventuali difetti, inoltre spesso consente di individuare le uve con cui quel vino è stato prodotto così come la zona di provenienza, l'età del vino e perfino le condizioni e il grado di maturazione dell'uva al momento della vendemmia. L'esame olfattivo, seppure impegnativo nella sua fase descrittiva, costituisce uno dei primari piaceri sia dell'analisi che del consumo stesso del vino.

 Si procede quindi con l'esame gustativo, introducendo una piccola quantità di vino in bocca, valutando l'intensità e la qualità dei sapori primari (dolce, acido, salato, amaro) e, fattore legato alla qualità del vino, la finezza e la quantità di tempo che lo stimolo sensoriale continua ad essere percepito dopo che il vino è stato espulso o deglutito. Questo tempo, misurato in secondi, determina la persistenza di un vino, un fattore di innegabile qualità che è sempre apprezzato e apprezzabile. Anche questa fase consente la rilevazione di difetti e di malattie.

 Nell'ultima fase della degustazione si procede ad esprimere un giudizio complessivo determinato dalla qualità dei tre esami precedenti. Durante la valutazione di un vino è inoltre buona abitudine prendere appunti e scrivere le proprie considerazioni sul vino piuttosto che indicare solamente le caratteristiche previste dalla degustazione tecnica.

 La necessità di suddividere la degustazioni in fasi distinte, oltre ad essere una buona pratica, consente al degustatore di concentrarsi unicamente su una determinata fase senza considerare le qualità del vino pertinenti alle altre. Un'ultima considerazione deve essere fatta sulle degustazioni svolte da gruppi. In questi casi è di fondamentale importanza che ogni singolo degustatore svolga il proprio lavoro in completa autonomia, senza confrontarsi con gli altri membri del gruppo, in quanto i condizionamenti e i suggerimenti degli altri potrebbero indurre il degustatore a percepire degli stimoli che effettivamente non percepisce. L'obiettivo della degustazione svolta da un gruppo non è quella di favorire il confronto fra i membri durante l'analisi, ma di stabilire un risultato complessivo derivato dalle singole valutazioni. Spesso si noterà una concordanza nei singoli giudizi, indice di una caratteristica oggettiva del vino, e talvolta si noteranno anche giudizi discordanti fra loro. La finalità di una degustazione svolta da un gruppo è di stabilire quindi, basandosi sulle singole valutazioni, un giudizio il più oggettivo possibile, giudizio che, innegabilmente, è frutto di un insieme di giudizi più o meno soggettivi.

 



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I Vini del Mese


 

Legenda dei punteggi

Sufficiente    Abbastanza Buono    Buono
Ottimo    Eccellente
Vino eccellente nella sua categoria Vino eccellente nella sua categoria
I prezzi sono da considerarsi indicativi in quanto possono subire variazioni a seconda del paese
e del luogo in cui vengono acquistati i vini




Colli di Faenza Sangiovese Renero 2001, TreRè
Colli di Faenza Sangiovese Renero 2001
TreRè
Uvaggio: Sangiovese
Prezzo: € 9,00 Punteggio:
Di bel colore rosso rubino con tonalità rosso porpora, a conferma della sua giovane età, questo vino si presenta con un profilo aromatico prevalentemente fruttato dove si riconoscono nettamente aromi di amarena, ciliegia, fragola, frutti di bosco, mirtillo seguiti da una piacevole nota di vaniglia, ben integrata. In bocca il vino è equilibrato, con tannini ben presenti e comunque bilanciati, che lascia sperare ad un buon sviluppo nei prossimi anni. Il finale è persistente e lascia netti ricordi di amarena. Renero è prodotto con lunga macerazione sulle bucce e affinamento per 3-4 mesi in barrique.
Abbinamento: Primi piatti di pasta strutturati, Carni saltate e stufate



Sangiovese di Romagna Superiore\\Vigna dello Sperone 2001, TreRè
Sangiovese di Romagna Superiore
Vigna dello Sperone 2001
TreRè
Uvaggio: Sangiovese (85%), Cabernet Sauvignon e Merlot (15%)
Prezzo: € 8,00 Punteggio:
Alla vista il vino è rosso rubino intenso con evidenti tonalità porpora a conferma della sua giovane età. Presenta intensi e netti profumi di frutta fra cui si riconoscono mora, prugna, lampone, amarena, ciliegia, confettura di fragole seguiti da cioccolato e vaniglia. Nonostante la sua giovinezza, in bocca il vino presenta piacevoli tannini equilibrati e ben integrati, il tutto ben bilanciato dalle componenti morbide e da una buona alcolicità. Sapori intensi di frutta, in particolare la ciliegia, conferiscono buona piacevolezza al vino. Il finale è persistente coronato da un netto e intenso gusto di ciliegia. Il vino è prodotto da lunga macerazione sulle bucce a cui segue un affinamento in botti grandi per circa 6 mesi.
Abbinamento: Primi piatti robusti, Carni bianche, Arrosti



Sangiovese di Romagna Riserva\\Amarcord d'un Ross 1999, TreRè
Sangiovese di Romagna Riserva
Amarcord d'un Ross 1999
TreRè
Uvaggio: Sangiovese (85%), Cabernet Sauvignon (15%)
Prezzo: € 10,00 Punteggio: Vino eccellente nella sua categoria
Interessante interpretazione di Sangiovese di Romagna. Il vino si presenta con un bel colore rubino e al naso denota una buona varietà di intensi aromi fra i quali si possono cogliere amarena, lampone, mirtillo, carruba e frutti rossi oltre a liquirizia, tabacco, vaniglia e buona tostatura del legno, per niente invadente e certamente ben equilibrata con l'intero profilo olfattivo. In bocca si presenta equilibrato e di buon corpo, buon bilanciamento delle parti dure e morbide, piacevoli tannini e piacevole sapidità. Il finale è persistente con una piacevole e gradevole sensazione di frutta che pervade la bocca. Anche in bocca il legno è ben equilibrato e lascia presto il suo posto alle sensazioni di frutta già percepite al naso. Il vino è prodotto con lunga macerazione sulle bucce e subisce un affinamento di circa 2 anni in barriques.
Abbinamento: Arrosti di carne, Brasati, Stufati, Carne alla griglia



Chianti Leonardo 2001, Cantine Leonardo da Vinci
Chianti Leonardo 2001
Cantine Leonardo da Vinci
Uvaggio: Sangiovese
Prezzo: € 6,47 Punteggio: Vino eccellente nella sua categoria
Alla vista si presenta con un colore rosso rubino di tonalità rosso porpora. Al naso si rilevano aromi prevalentemente fruttati e di buona intensità. Un profilo olfattivo immediato e netto di fragola, lampone e amarena. In bocca rivela buona freschezza e buona tannicità molto equilibrata con le parti morbide. Il vino è persistente e conclude con un piacevole finale di amarena. Chianti Leonardo è prodotto da macerazione sulle bucce per 8 giorni e affina in vasche termocondizionate fino al mese di marzo.
Abbinamento: Stufati, Brasati



S.to Ippolito 2000, Cantine Leonardo da Vinci
S.to Ippolito 2000
Cantine Leonardo da Vinci
Uvaggio: Syrah (50%), Merlot (50%)
Prezzo: € 15,96 Punteggio:
L'aspetto di questo fino è quasi impenetrabile e di bel colore rosso rubino cupo con riflessi rosso porpora. Al naso è ricco, netto e carico di intensi aromi, tutti ben riconoscibili, distinti e per nulla cedevoli. L'orientamento di questo vino è disposto su pregevoli note fruttate dove si riconoscono amarena, mora, prugna, ribes e confettura di amarene, seguiti da aromi di peperone e pepe nero. Il quadro è completato da una piacevole nota di legno, di vaniglia e di noce di cocco. In bocca è robusto, intenso e di carattere, bella evidenza di tannini in ottimo equilibrio con il resto. Il legno si nota anche in bocca ma è ben controllato dalle ottime sensazioni fruttate. Il finale è persistente e fruttato: un vino che lascia un'ottimo ricordo di sé. S.to Ippolito è prodotto con macerazione sulle bucce per circa 20 giorni a cui segue un affinamento in barrique per 10 - 12 mesi, quindi un ulteriore affinamento in bottiglia per 8 mesi.
Abbinamento: Formaggi stagionati, Grigliate di carne, Grandi arrosti di carne, Stufati, Brasati



San Zio 2000, Cantine Leonardo da Vinci
San Zio 2000
Cantine Leonardo da Vinci
Uvaggio: Sangiovese
Prezzo: € 11,76 Punteggio:
Alla vista il vino si presenta con un bel colore rosso rubino cupo quasi impenetrabile. Al naso rivela una ricchezza aromatica piacevole, netta e persistente di notevoli aromi di frutta fra i quali si riconoscono amarena, ciliegia matura, mora, ribes, confettura di prugne e confettura di ciliegie, a cui segue un netto aroma di violetta. Il profilo olfattivo prosegue con aromi di cacao, cannella, liquirizia sullo sfondo di aromi di legno e vaniglia. Un naso estremamente elegante, raffinato e persistente di eccellente esecuzione. In bocca presenta una personalità robusta e intensa, tannini in evidenza e egregiamente equilibrati dalle altre componenti. Gli aromi di legno sono ben percepibili in bocca ma lasciano presto spazio alle ricche sensazioni di frutta e di confettura che si trovano anche nel finale ricco e persistente. Un vino veramente ben fatto. San Zio è prodotto con lunga macerazione sulle bucce e affinamento per 10-12 mesi in barrique a cui seguono 8 mesi di ulteriore affinamento in bottiglia.
Abbinamento: Grandi arrosti di carne, Carni grigliate, Stufati, Brasati, Grandi formaggi stagionati






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  Produttori Numero 1, Ottobre 2002   
Terre de' TrinciTerre de' Trinci Giornale di CantinaGiornale di Cantina  Sommario 
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Terre de' Trinci

La dinamica cantina Umbra punta tutto sulla qualità e i risultati ottenuti ne sono la conferma. Incontriamo la cantina dove è nato il Sagrantino di Montefalco Secco

 L'Umbria, questa incantevole regione considerata il cuore verde d'Italia e patria di Santi e di eroi, vanta un'antica tradizione enologica e ancora oggi, con i sui famosi vini, è annoverata fra i protagonisti dello scenario enologico italiano e mondiale. Uno dei tanti protagonisti dell'enologia Umbra è sicuramente la cantina Terra de' Trinci che, puntando sulla qualità dei suoi prodotti e delle fasi di lavorazione, ha raggiunto in breve tempo ottimi e crescenti risultati, senz'altro confermati dai suoi vini. Terre de' Trinci è stata la prima cantina Umbra e la seconda in Italia, ad ottenere e ad applicare il sistema di qualità certificata UNI EN ISO 9002.


Il Dott. Lodovico Mattoni,
presidente della Terre de' Trinci e uno dei padri del Sagrantino Secco
Il Dott. Lodovico Mattoni, presidente della Terre de' Trinci e uno dei padri del Sagrantino Secco

 Dopo avere attraversato le strade Umbre, da Perugia verso Assisi e quindi Foligno, meravigliati dallo spettacolo dei suggestivi panorami di questa verde regione, arriviamo alla sede di Terre de' Trinci, a Foligno, dove siamo accolti dal Dott. Lodovico Mattoni, presidente della cantina. Il Dott. Mattoni, persona di estrema disponibilità e cortesia, vanta una lunga esperienza nel mondo dell'enologia e prima di arrivare alla presidenza di Terre de' Trinci, è stato direttore dell'Enopolio di Foligno, la cantina da cui è sorta successivamente l'attuale azienda. Inoltre, è stato uno dei protagonisti della geniale intuizione di vinificare le uve di Sagrantino in secco anziché nella versione passito, come dettava la secolare tradizione della zona, dando origine ad uno dei principali successi che hanno contribuito a rilanciare la fiorente enologia Umbra e a collocarla ai vertici del mercato internazionale.

 Terre de' Trinci è una realtà piuttosto recente, nasce nel 1992 dall'Enopolio di Foligno e raggiunge in meno di dieci anni ottimi risultati, inizialmente a livello locale e nazionale per poi confermare il successo a livello internazionale. Il Dott. Mattoni ne traccia un significativo profilo aziendale: «Terre de' Trinci nasce nel 1992 per volontà di alcuni agricoltori interessati a produrre vino dalle loro uve. Attualmente si producono 15000 quintali di uva, tutte di proprietà, non si acquistano da terze parti né uve né vino, il nostro vino è esclusivamente prodotto con uve provenienti dai vigneti di nostra proprietà, circa 250 ettari, nella zona di Foligno, Bevagna, Montefalco e Gualdo Cattaneo. Terre de' Trinci produce principalmente Sagrantino di Montefalco, Rosso di Montefalco e Rosso di Montefalco Riserva, Colli Martani Grechetto e Grechetto IGT. Di recente abbiamo introdotto nel mercato due nuovi vini: il Cajo e il Luna. Il Cajo, prodotto da tre anni, è stato pensato per rilanciare la viticoltura al di fuori della zona DOC di Montefalco, particolarmente vocata alla coltivazione dell'uva e quindi alla produzione di vino. Il Cajo è prodotto con uve Cabernet Sauvignon, Merlot e Sagrantino coltivato al di fuori della zona DOC di Montefalco. Dopo due anni di sperimentazione e visti gli incoraggianti risultati, il vino è stato presentato nel 1997 e ha avuto subito un notevole e crescente successo. Con la vendemmia di quest'anno, disponibile nel 2004, prevediamo una produzione di 100000 bottiglie, per poi arrivare negli anni successivi, secondo i nostri progetti, a 150000 bottiglie. Il Cajo viene affinato per 18 mesi, in parte in botti grandi e in parte in barrique, per poi subire un'ulteriore affinamento di 6 mesi in bottiglia. L'apporto del legno in questo vino è moderato, in linea con la filosofia aziendale. Nel 1996 abbiamo avuto il riconoscimento di qualità certificata UNI EN ISO 9002, e siamo stati la prima cantina in Umbria e la seconda in Italia ad ottenere questo riconoscimento. Tengo a precisare che Terre de' Trinci è un'azienda che punta esclusivamente alla qualità dei suoi vini tanto che la nostra produzione tende a diminuire proprio per favorire la qualità».

 Terre de' Trinci si trova a Foligno, vicino a Montefalco, patria del celebre Sagrantino, una straordinaria uva che è riuscita a confermarsi in tutto il mondo per la sue inconfondibili qualità, capace di produrre vini robusti e molto strutturati, sia in versione secca che in versione passito. Produrre Sagrantino e trovarsi nella zona DOC di Montefalco assume un ruolo strategico per la cantina come afferma il Dott. Mattoni. «La cantina si trova a Foligno, fuori dal territorio DOC di Montefalco, ma i vigneti sono collocati all'interno della DOC. Il Sagrantino ci ha dato la possibilità di fare nuovi investimenti, introdurre nuove tecnologie di produzione, modernizzare i sistemi di vinificazione e di conservazione. Negli ultimi quattro anni abbiamo investito un milione di euro in tecnologie proprio per favorire una produzione di qualità trainata appunto dal Sagrantino di Montefalco e dal Rosso di Montefalco»


Storia del Sagrantino: a
sinistra una bottiglia del 1972, al centro una del 1973 e a destra una del
1975
Storia del Sagrantino: a sinistra una bottiglia del 1972, al centro una del 1973 e a destra una del 1975

 Il Sagrantino, appunto, questa straordinaria uva che viene tradizionalmente vinificata dopo avere subito un appassimento sui graticci, che per secoli, come ancora oggi, è consumato e abbinato a pietanze robuste dagli abitanti della zona e di Montefalco. La storia del Sagrantino vinificato in secco è una realtà recente ed è proprio il Dott. Mattoni uno dei protagonisti di questa importante intuizione. Lui stesso ci racconta questa preziosa e importante testimonianza di una delle storie più significative dell'enologia locale: «Il Sagrantino era tradizionalmente prodotto in versione passito e in quantità ridotte ed era poco conosciuto al di fuori della zona di Montefalco. Il Sagrantino passito, contrariamente a quanto si potrebbe pensare, non è un vino da dessert, ma un vino robusto che nella tradizione locale si consumava prevalentemente a Pasqua con carne di agnello arrosto, con i grandi arrosti di carne, con formaggi stagionati e, non da ultimo, può essere considerato come un vino da meditazione. Il Sagrantino passito è abboccato, ha un piacevole gusto sapido e dolciastro e i suoi potenti tannini riescono a sgrassare la bocca e a lasciarla pulita anche dopo pietanze robuste; personalmente non condivido molto l'abbinamento del Sagrantino passito con i dolci. Nel periodo del 1970 il Sagrantino si produceva solamente passito e stava pressoché scomparendo. A quei tempi e precisamente nel 1972 ero appena laureato e fui assunto nell'Enopolio di Foligno, la cantina da cui è nata Terre dei Trinci, come direttore e insieme all'enologo Daniele Spinelli, il Dott. Marcello Tassi, agronomo e funzionario della Regione Umbria Ispettorato dell'Agricoltura, e il prof. Nestore Iacovone della Facoltà di Agraria dell'Università di Perugia, facemmo in questa cantina i primi esperimenti di Sagrantino vinificato in secco con uve non appassite. Le uve utilizzate provenivano dall'azienda agraria di Angelo Fongoli di Montefalco. Nella cantina conserviamo come memoria storica alcune bottiglie del 1972, 1973 e 1975 di Sagrantino vinificato in secco e testimoniano che questa cantina è stata la prima a produrre Sagrantino in questo modo. Il vero pioniere della vinificazione del Sagrantino in secco fu il Dott. Tassi, che a quei tempi cominciò a introdurre questa idea e dopo il primo risultato ottenuto nel 1972, si fece subito domanda di riconoscimento per la DOC, approvata poi nel 1979. Il primo testo del disciplinare di produzione DOC del Sagrantino di Montefalco fu stabilito e compilato dal prof. Iacovone. All'inizio il vino si presentava con tannini grossolani, ruvidi e duri, poi con il tempo lo abbiamo notevolmente migliorato, grazie anche alle nuove tecnologie di vinificazione, e oggi i suoi tannini sono più gradevoli, raffinati e morbidi grazie anche alle tecniche di affinamento sia in botte che in bottiglia. Il Sagrantino di Montefalco secco è oggi conosciuto in tutto il mondo».

 Rimanendo in tema di Sagrantino, l'attuale produzione di questo vino, sia nella versione secca che passito, di cui si producono circa 4500 bottiglie, rappresenta il 15% della produzione totale di Terre de' Trinci. La percentuale è comunque prevista in rialzo e nei prossimi anni raggiungerà il 30% fino a rappresentare il 50% della produzione totale entro il 2004-2005. Nelle annate precedenti di produzione del Sagrantino il Dott. Mattoni ricorda che «il 1992, anno di fondazione della cantina, fu per noi un anno pessimo in quanto le uve di Sagrantino non furono considerate di qualità e quindi si decise di non vinificarle. Il 1995 e il 1997 sono state invece ottime annate mentre il 1999, che sarà prossimamente disponibile sul mercato, presenta delle ottime caratteristiche e sarà a mio avviso un vino eccezionale. Il 1999 è stata una grande annata perché a fine luglio ci furono delle provvidenziali piogge seguite da belle giornate di sole. Il risultato è stato una vendemmia eccezionale». Parlando della prossima vendemmia e del raccolto di quest'anno «il 2002 sarà probabilmente un anno storico perché il mese di luglio è stato piuttosto caldo e le piogge di metà luglio sono state senz'altro determinanti. L'annata 2002 sarà disponibile sul mercato nel 2005». Relativamente ai mercati in cui la cantina è presente, ricorda il Dott. Mattoni che «all'inizio della propria attività, Terre de' Trinci era presente prevalentemente nel mercato locale, anche perché la produzione era bassa, adesso siamo presenti il tutto il territorio Europeo, negli USA, parte del Canada, in Giappone e in Cina»


Una veduta della cantina. In queste botti il
Sagrantino si affina e attende pazientemente l'opera del tempo
Una veduta della cantina. In queste botti il Sagrantino si affina e attende pazientemente l'opera del tempo

 Ritorniamo a parlare dei due nuovi vini della Terra de' Trinci: Il Luna e il Cajo. Due nomi particolari il cui significato ci viene spiegato, ancora una volta, dal Dott. Mattoni: «la scelta di questi due nomi è legata al nome dell'azienda. Terre de' Trinci prende il nome dai Trinci, antichi signori di Foligno e di probabile origine Longobarda, che governarono la città dal 1305 al 1493. I Trinci erano i proprietari dei terreni dove oggi noi coltiviamo le nostre uve e questo spiega il significato del nome della nostra cantina. Il nome Luna deriva da un quadro, opera di Gentile da Fabriano, che si trova nel bellissimo Palazzo Trinci a Foligno e che invito a visitare. Il Cajo deve invece il suo nome all'Imperatore Romano Cajo Mario, raffigurato nella Stanza dei Giganti, sempre a Palazzo Trinci. Essendo il vino possente, ben si adatta alla figura dell'Imperatore Cajo Mario. Luna è l'ultimo nato in Terre de' Trinci. Fra i nostri vini mancava un grande bianco, e dopo due anni di sperimentazione, siamo usciti lo scorso anno per la prima volta con una produzione di 3300 bottiglie. Luna è prodotto con uve Chardonnay, circa il 15%, e Grechetto, un'uva autoctona dell'Umbria. La nostra filosofia aziendale crede nella rivalutazione e nell'utilizzo di uve locali. Il vino viene fatto affinare per un breve periodo di circa tre mesi in barrique a tostatura leggera che conferisce al vino un lieve e gradevole aroma di legno. Il Cajo è un vino IGT prodotto da uve Merlot, Cabernet Sauvignon e Sagrantino più o meno in parti uguali, a seconda delle annate. Il vino è il risultato di un vinaggio, cioè l'assemblaggio di più vini, in quanto le uve hanno tempi di maturazione diverse. Le uve vengono vinificate separatamente e quindi i vini vengono assemblati e affinati in botti grandi e in barrique per circa un anno per poi completare l'affinamento in bottiglia per sei mesi»

 Nei locali della Terre de' Trinci si trova inoltre un'apposita sala di degustazione dove è possibile apprezzare e valutare i vini ed è possibile acquistare direttamente in cantina.

 




Legenda dei punteggi

Sufficiente    Abbastanza Buono    Buono
Ottimo    Eccellente
Vino eccellente nella sua categoria Vino eccellente nella sua categoria
I prezzi sono da considerarsi indicativi in quanto possono subire variazioni a seconda del paese
e del luogo in cui vengono acquistati i vini




Luna 2001, Terre de' Trinci
Luna 2001
Terre de' Trinci
Uvaggio: Grechetto (85%), Chardonnay (15%)
Prezzo: € 7,50 Punteggio:
Raffinato ed elegante, questo vino si presenta cristallino e di colore giallo verdolino. Al naso esprime una gradevole e una pregevole eleganza; gli aromi fruttati sono ben integrati e armoniosamente fusi con le altre sensazioni, in particolare di fiori. Fra tutti, si colgono aromi di pompelmo, pesca, pera, banana e un elegante accenno di limone sullo sfondo di ginestra e acacia, oltre ad una gradevole nota di timo. Completa il quadro olfattivo una piacevole e dolce nota di vaniglia sullo sfondo di aromi leggeri e ben dosati di legno, per nulla invadenti. In bocca è fresco, intenso e piacevole; l'acidità è ben bilanciata dalla morbidezza e dall'alcol con eccellente equilibrio. Il vino conclude in bocca con un elegante finale e buona persistenza. Luna subisce un leggero affinamento di tre mesi in botti a tostatura leggera.
Abbinamento: Primi piatti in genere e primi piatti a base di pesce, Risotti di verdure, Pesce, Carni bianche



Cajo 2000, Terre de' Trinci
Cajo 2000
Terre de' Trinci
Uvaggio: Sagrantino, Cabernet Sauvignon, Merlot
Prezzo: € 10,00 Punteggio:
Il vino si presenta alla vista con un bellissimo e ricco colore rosso rubino. Al naso invade con una buona intensità e varietà di aromi, di prevalenza fruttati, come mora, amarena e amarena sotto spirito, lampone, ciliegia matura, confettura di more, confettura di ciliegie, seguito da tabacco, vaniglia e cacao. Al naso si coglie inoltre una leggera e piacevole nota di legno che è assolutamente fusa e integrata con il resto. In bocca si presenta possente e robusto tuttavia equilibrato, i tannini, ben evidenti sono egregiamente bilanciati dalle componenti morbide. Il finale è persistente e lascia evidenti ricordi di mora. Cajo è prodotto da lunga macerazione sulle bucce da vinaggio, cioè assemblaggio di più vini, e parte del vino subisce un affinamento in botte e parte in contenitori di acciaio, per poi completare l'affinamento in bottiglia.
Abbinamento: Carni alla griglia, Grandi arrosti di carni rosse, Formaggi stagionati, Brasati, Stufati



Montefalco Rosso Riserva 1999, Terre de' Trinci
Montefalco Rosso Riserva 1999
Terre de' Trinci
Uvaggio: Sangiovese (65%), Sagrantino (15%), Merlot (20%)
Prezzo: € 12,00 Punteggio: Vino eccellente nella sua categoria
Alla vista si presenta con un bel colore rosso rubino brillante e di media trasparenza. Gli aromi sono ben orientati su nette e pulite sensazioni fruttate e l'aroma di legno è molto delicato e ben integrato, in accordo alla filosofia aziendale. Gli aromi sono netti e intensi di frutta dove si riconoscono amarena, mora, confettura di amarena e confettura di prugne a cui fanno seguito aromi di liquirizia e vaniglia. in bocca è intenso, equilibrato e tannini evidenti seppure integrati perfettamente al resto. Il finale di questo vino è persistente con evidenti e piacevoli ricordi di amarena e mora. Questa riserva è prodotta da lunga macerazione sulle bucce a cui segue un affinamento per 10 mesi in botte e per 6 mesi in bottiglia.
Abbinamento: Primi piatti di pasta strutturati, Carne arrosto, Grigliate di carne



Sagrantino di Montefalco 1998, Terre de' Trinci
Sagrantino di Montefalco 1998
Terre de' Trinci
Uvaggio: Sagrantino
Prezzo: € 20,00 Punteggio:
Alla vista si presenta con un colore rosso rubino chiaro, non molto consistente. Al naso propone una buona varietà di intensi aromi di amarena, ciliegia matura, mora, prugna, frutti di bosco, fragola e confettura di ciliegie oltre a liquirizia e vaniglia. Il gusto è intenso, buon corpo e equilibrio, con tannini in bella evidenza e buona alcolicità. Il finale è persistente con netti ricordi di mora e di frutta. Il vino viene affinato in botti di legno per 12 mesi a cui seguono 6 mesi di affinamento in bottiglia.
Abbinamento: Grigliate di carne, Formaggi stagionati, Arrosti



Sagrantino di Montefalco 1999, Terre de' Trinci
Sagrantino di Montefalco 1999
Terre de' Trinci
Uvaggio: Sagrantino
Prezzo: € 20,00 Punteggio:
Questo vino, nel suo attuale stato, è da considerarsi come un ottimo investimento di cantina in quanto lascia presupporre ad un notevole e interessante sviluppo nei prossimi 2 o 3 anni, tuttavia lo si può già bere con piacere e soddisfazione. Alla vista si presenta con un incantevole e affascinante colore rosso rubino molto intenso. Al naso si rilevano profumi intensi e persistenti di mora, amarena, ribes e confettura di prugne seguiti da mallo di noce, liquirizia, vaniglia e un lieve accenno di timo. La presenza del legno, seppure percettibile, non disturba ed è ben integrata con tutti gli altri aromi. In bocca si presenta con un poderoso attacco tannico, una consistenza e una struttura robusta, equilibrato dall'alcol e dalle parti morbide, anche se i tannini tendono leggermente a prevalere, insomma, fa ben notare la sua personalità e la sua imponenza sin dal primo momento. Il finale è persistente con ricordi evidenti di mora e frutta rossa. Questo vino subisce un affinamento in botte per 12 mesi e di 6 mesi in bottiglia.
Abbinamento: Grandi arrosti di carni rosse, Formaggi stagionati, Brasati, Stufati



Terre de' Trinci - Via Fiamenga, 57 - 06034 Foligno (Perugia) - Tel. 0742 320165 - Fax. 0742 20386 - Enologo: Maurilio Chioccia - Anno fondazione: 1992 - Produzione: 500000 bottiglie - E-Mail: cantina@terredetrinci.com - WEB: www.terredetrinci.com


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La Temperatura di Servizio

Servire un vino alla giusta temperatura è importante: anche se può essere considerata una preferenza personale, bere un vino alla giusta temperatura significa esaltarlo alla sua massima espressione

 Uno degli aspetti fondamentali del servizio di un vino è certamente la temperatura con cui questo viene consumato. Spesso, la temperatura è oggetto di dibattiti fra gli appassionati di vino e, come per tutte le cose che riguardano la sfera umana, le singoli opinioni, dettate dalle preferenze personali e soggettive, sono difficilmente modificabili. Tuttavia ci sono delle regole generali che possono essere applicate con successo nelle circostanze più usuali e che riescono ad accontentare le preferenze di tutti. La cosa certa è che troppo spesso il vino viene servito a temperature non appropriate: i bianchi troppo freddi e i rossi troppo caldi.

 Prima di procedere alla definizione di temperature “generali” per le diverse tipologie di vino, cerchiamo di comprendere il motivo per il quale un determinato vino deve essere servito più freddo o più caldo di altri. Oltre a questo c'è da fare una distinzione netta fra la temperatura di servizio, cioè quella adottata quando si deve servire un vino con il solo scopo di berlo o apprezzarlo, e la temperatura di degustazione, cioè la temperatura alla quale vengono valutati i vini durante le degustazioni organolettiche, quando si devono valutare le sue reali qualità. In questo articolo si parlerà esclusivamente della temperatura di servizio ideale alla quale si dovrebbero servire i vini con lo scopo di berli ed apprezzarli, magari abbinati al cibo.

 

Effetti della temperatura sul vino

 La temperatura rappresenta un fattore critico e importante per tutto il ciclo di vita del vino, dalla cantina al bicchiere, determina il suo buono sviluppo quando rimane in bottiglia ad affinarsi, consente di apprezzarlo quando è nel bicchiere. In questo articolo faremo riferimento unicamente agli effetti della temperatura durante questa “ultima” fase della vita del vino e del modo in cui questa riesce ad alterare la percezione sensoriale delle sue qualità. In particolare, cercheremo di comprendere gli effetti della temperatura sulla percezione sensoriale dei profumi e dei sapori.

 Seguendo un ordine logico di valutazione, il vino nel bicchiere viene prima osservato, poi annusato, quindi gustato e infine si lo valuta complessivamente in funzione di questi tre esami, oppure, se abbinato con il cibo, si valuterà anche l'equilibrio che l'insieme delle sensazioni vino/cibo lasciano in bocca e nell'apparato gusto-olfattivo. Considerando il tempo solitamente utilizzato per portare un vino alla sua temperatura di servizio, solitamente breve, questa non influisce in modo sostanziale e significativo sul suo aspetto, pertanto tralasceremo questo argomento.

 Di notevole importanza è l'effetto della temperatura sulla percezione dei profumi e degli aromi del vino. Come regola generale si consideri che:

 

  • Più bassa sarà la temperatura e minore sarà la percezione dei profumi

 pertanto:

 

  • Più alta sarà la temperatura e maggiore sarà la percezione dei profumi

 Da queste due semplici regole si può dedurre che un vino poco aromatico, o comunque povero di profumi, può migliorare se viene servito ad una temperatura più alta, proprio perché con una temperatura più elevata si favorirà lo sviluppo dei suoi aromi; questo significa anche che gli eventuali difetti olfattivi saranno più evidenti. Viceversa, un vino ricco di aromi e profumi, come per esempio quelli prodotti con uve Moscato Bianco, Gewürztraminer, Brachetto e altre uve aromatiche, possono tranquillamente sopportare temperature più basse senza compromettere lo sviluppo dei loro profumi.


 

 L'applicazione di queste due semplici e fondamentali regole permette di rendere straordinaria, oppure assolutamente anonima, la percezione dei profumi di un vino. Va comunque ricordato che esistono delle temperature al di sopra o al di sotto delle quali lo sviluppo e la percezione dei profumi di un vino viene compromessa irrimediabilmente. La percezione dei profumi in un vino risulta drasticamente ridotta quando viene servito ad una temperatura inferiore agli 8° C, a meno che questo non sia eccezionalmente aromatico. Servire un vino al di sotto di questa temperatura, è un esplicito invito a trascurare l'esame olfattivo, quindi anche ad ignorare gli odori provocati da difetti o scarsa qualità, in quanto risulterà quasi privo di profumi. Viceversa, una temperatura al di sopra dei 20° C, che applicando le regole sopra riportate farebbe pensare ad una forte esaltazione dei profumi, rende in realtà il profumo del vino poco attraente, piatto e grossolano poiché l'odore prevalente sarà quello della volatilizzazione dell'alcol, appiattendo quindi la finezza del profilo aromatico del vino e sottolineando invece l'odore dell'alcol. Valutando queste considerazioni, la temperatura di servizio del vino idonea alla corretta percezione e sviluppo dei suoi aromi varia solitamente fra gli 8° C e i 18° C. In casi eccezionali di vini particolarmente corposi e tannici, così come le grandi riserve e i vini affinati per anni in bottiglia, si può arrivare a 20° C.

 La temperatura influisce notevolmente anche sulla percezione dei sapori. Come per i profumi, anche la percezione dei gusti è definibile mediante delle semplici regole che ci aiuteranno a stabilire la giusta temperatura di un vino.

 

  • Le temperature alte aumentano la percezione dei sapori dolci e diminuiscono quella dei sapori amari e salati
  • Le temperature basse aumentano la percezione dei sapori amari e salati e diminuiscono quella dei sapori dolci
  • La percezione del sapore acido non cambia con la temperatura; tuttavia risulta più gradevole a temperature più basse
  • Le temperature basse aumentano la sensazione di astringenza provocata dai tannini presenti nei vini rossi
  • Le temperature basse diminuiscono l'aggressività e la percezione dell'alcol mentre le temperature alte la esaltano

 Considerando queste regole si comprende il motivo per il quale i vini rossi tannici, cioè quelli che provocano una certa astringenza in bocca, non vengono serviti a temperature basse. Un'altra considerazione fondamentale va fatta per il gusto acido. La piacevolezza e il gradimento di una bevanda acida e, lo ricordiamo, il vino è una bevanda acida, risulta più accettabile e gradevole quando viene servita fredda. Queste considerazioni ci consentono di comprendere il motivo per il quale il vino bianco, in genere più acido, cioè più fresco, secondo la terminologia della degustazione, e meno astringente di un vino rosso, viene servito a temperature più fredde.

 Le regole esposte fanno inoltre comprendere che un vino dolce e alcolico, come per esempio un passito, risulterà meno “stucchevole” quando viene servito freddo e la sensazione di “calore” provocata dall'alcol sarà meno aggressiva e più tollerabile. L'applicazione di queste regole ci consente anche di comprendere che i vini rossi possono essere serviti ad una temperatura bassa, a condizione che non siano tannici, cioè astringenti, condizione che si applica con successo ai “cosiddetti” vini rossi leggeri, poco corposi e poco tannici, e ai vini novelli.

 Un altro componente, presente nel vino in quantità variabili a seconda della tipologia, la cui percezione e azione sul gusto cambia in funzione della temperatura, è l'anidride carbonica (CO2). Ogni vino, anche quelli definiti “tranquilli” o “fermi”, cioè non frizzanti, contengono una quantità di anidride carbonica naturalmente prodotta durante la fermentazione. La presenza di questo componente è invece evidente, sia alla vista che al gusto, nei vini frizzanti e negli spumanti. Alla vista, la presenza dell'anidride carbonica è evidenziata dallo svilupparsi di bollicine nel bicchiere, mentre al gusto viene percepita come un “pizzicore” più o meno piacevole. Questo componente, il cui sapore è piuttosto “semplice” e tendenzialmente acidulo, ha la capacità di esaltare i sapori acidi e l'astringenza mentre attenua il sapore dolce. Il sapore acidulo dell'anidride carbonica sarà più evidente, e sgradevole, con l'aumentare della temperatura; un buon motivo per servire i vini frizzanti e gli spumanti ad una temperatura bassa. La temperatura influisce anche sulla solubilità dell'anidride carbonica e si libera più facilmente a temperature alte piuttosto che a quelle fredde. Uno degli aspetti “piacevoli” di uno spumante è lo spettacolo del “filo di perle” prodotto dalle bollicine che scorrono verso la superficie del bicchiere. A basse temperature, l'anidride carbonica si libererà più lentamente e in dosi più ridotte, quindi il “perlage” dello spumante, oltre che a risultare meno grossolano, sarà anche più persistente.

 Mantenere l'anidride carbonica il più a lungo possibile in uno spumante durante la sua degustazione diventa essenziale in quanto aiuterà la percezione dell'acidità e della freschezza, fattori che risultano gradevoli in questo tipo di vino. Questo può essere facilmente ottenuto servendo il vino ad una temperatura bassa: tuttavia sarà bene ricordarsi di non scendere al di sotto degli 8° C, altrimenti l'unica cosa che sarà percepita nel vino sarà il “pizzicore” dell'anidride carbonica, mentre tutti quei raffinati profumi e sapori che si sono faticosamente sviluppati nel tempo saranno attenuati e scarsamente percepiti.


Termometro a lettura rapida
Termometro a lettura rapida

 Chi lo desiderasse, può eseguire il seguente esperimento che consentirà di comprendere l'importanza della temperatura sulla percezione dei profumi e dei sapori. Per rendere l'esperimento più interessante, sarà necessario disporre di un termometro a lettura rapida (figura ), tuttavia, anche se non di possiede questo strumento si potrà procedere comunque in modo significativo. Prendete due bottiglie di vino di cui uno bianco e uno rosso: per rendere semplice la reperibilità dei vini, scegliamo una bottiglia di Chardonnay come vino bianco e una bottiglia di Cabernet Sauvignon come vino rosso, entrambi giovani. La provenienza dei vini è, in questo caso, irrilevante ai fini del risultato. Procuratevi inoltre quattro calici, preferibilmente da degustazione ISO.

 Lasciate le bottiglie a temperatura ambiente, preferibilmente a 18° ÷ 20° C. Stappate le due bottiglie e versate un po' di vino bianco e un po' di vino rosso in due calici distinti. Tappate le bottiglie e tenetele da parte. Coprite i due bicchieri con due piattini e poneteli in frigorifero fino a quando non avranno raggiunto la temperatura di circa 5° ÷ 6° C. Riprendete i bicchieri dal frigorifero e versate il vino tenuto a temperatura ambiente negli altri due calici. Provate ad annusare il vino contenuto nei calici prelevati dal frigorifero e confrontate le sensazioni olfattive percepite nei calici contenenti vino a temperatura ambiente. La differenza della finezza e della qualità dei profumi dovrebbe essere evidente. Adesso assaggiate il vino bianco freddo e concentratevi sui sapori e sui gusti percepiti. Fate poi la stessa cosa con il vino bianco mantenuto a temperatura ambiente; il secondo vino risulterà più “grossolano” e meno gradevole del primo. Eseguite la stessa prova con il vino rosso. L'astringenza del vino freddo risulterà esagerata e sgradevole, mentre in quello più caldo risulterà più accettabile e appropriata.

 Se disponete di un termometro, provate a ripetere gli assaggi dei vini freddi ogni volta che la loro temperatura aumenta di due gradi. Vi accorgerete che una variazione di temperatura apparentemente insignificante come questa contribuisce in realtà ad esaltare o a diminuire determinate sensazioni olfattive e gustative.

 

Vini Bianchi

 I vini bianchi sono in genere più acidi dei vini rossi e, rispetto a questi, sono poveri in tannini e quindi la sensazione di astringenza sarà molto bassa, praticamente nulla. Considerando che una bevanda acida diventa più gradevole a basse temperature, i vini bianchi non vengono generalmente serviti a temperature alte. La temperatura preferenziale per questi vini varia in genere fra i 10° C e i 14° C. I vini bianchi giovani, freschi e aromatici possono essere serviti anche a 10° C mentre quelli meno aromatici a 12° C. Vini bianchi morbidi e maturi, affinati per qualche anno in bottiglia, sopportano temperature più alte e potranno essere serviti fra i 12° C e i 14° C.

 Servire un vino bianco ad una temperatura più elevata di queste, significa esaltare i suoi caratteri “dolci” a scapito dell'acidità e della sapidità che invece sono considerate caratteristiche gradevoli e desiderate in questo tipo di vino.

 

Vini Rosati

 Il servizio dei vini rosati segue, in genere, le stesse regole dei vini bianchi. Tuttavia è necessario considerare l'eventuale tannicità di questi vini e servirli quindi ad una temperatura più alta in modo da non renderli troppo astringenti. Vini rosati giovani e freschi, tannicità permettendo, si servono fra i 10° C e i 12° C, mentre quelli più robusti e di corpo, compresi quelli più maturi, si possono servire fra i 12° C e i 14° C.

 

Vini Rossi

 La temperatura di servizio dei vini rossi dipende da molti fattori, ma vista la loro natura “tannica” e meno acida dei bianchi, solitamente vengono serviti a temperature più alte. Vini rossi giovani poco tannici si servono solitamente fra i 14° C e i 16° C, mentre per quelli più corposi e tannici si può arrivare anche a 18° C. I vini affinati per anni in bottiglia, di corpo e ancora tannici, possono essere serviti a 18° C, eccezionalmente a 20° C.

 I vini rossi giovani poco tannici e poco strutturati, possono anche essere serviti fra i 12° C e i 14° C senza risultare astringenti e rimanere senz'altro piacevoli. Questa regola è senz'altro vera per i vini “novelli” che, grazie alla loro particolare tecnica di vinificazione, sono poveri in tannini e si possono servire più freddi rispetto agli altri vini rossi, risultando comunque gradevoli.

 

Vini Spumanti

 Vista la notevole quantità di tipologie di spumanti esistenti, stabilire una regola valida per tutte avrebbe poco senso. Gli spumanti bianchi dolci e aromatici, come per esempio l'Asti Spumante, vanno serviti ad una temperatura di 8° C; grazie alla loro aromaticità possono infatti sopportare basse temperature.

 Gli spumanti dolci rossi, come per esempio il Brachetto d'Acqui, possono essere serviti a temperature comprese fra i 10° C e i 12° C; anche in questo caso gli spumanti più aromatici sopportano temperature più basse fino a 8° C mentre per quelli un po' più tannici sarà necessario aumentare la temperatura anche fino a 14° C.

 Gli spumanti secchi cosiddetti “metodo Charmat” o “metodo Martinotti”, come per esempio il Prosecco di Valdobbiadene e Conegliano, possono essere serviti a temperature comprese fra gli 8° C e i 10° C.

 Una considerazione particolare va fatta per gli spumanti “metodo classico”, come per esempio il Franciacorta, e i “méthode champenoise”, come lo Champagne. In genere questi spumanti vengono serviti a temperature comprese fra gli 8° C e i 10° C, tuttavia quando si tratta di millesimati importanti o comunque di spumanti affinati per lungo tempo, si può arrivare anche a 12° C in modo da favorire lo sviluppo degli aromi complessi che lentamente e faticosamente si sono sviluppati nel corso del tempo.

 

Vini Passiti e liquorosi

 La caratteristica comune a queste due tipologie di vini è, in genere, l'alta percentuale di alcol e, spesso, sono entrambi dolci. Tuttavia esistono dei vini liquorosi secchi, come per esempio certe tipologie di Marsala e gli Jerez Fino, che contengono una quantità di zuccheri tale da non essere percepita al gusto. Per questi vini la temperatura di servizio va stabilita in funzione di cosa si intende valorizzare. Se si preferisce accentuare le caratteristiche dolci del vino, la complessità dei loro profumi e la loro austerità, sarà bene servirli ad una temperatura alta, fra i 14° C e i 18° C, ricordandosi in questo caso che sarà anche l'alcol ad essere esaltato. Se si intende favorire la loro freschezza, o nel caso di vini molto dolci in cui si preferisce mitigare questo aspetto, sarà necessario servirli ad una temperatura più bassa compresa fra i 10° C e i 14° C.

 I vini liquorosi secchi, freschi e giovani possono essere serviti anche a temperature più fredde e inferiori ai 10° C: in questo modo la percezione dell'alcol sarà notevolmente ridotta; tuttavia è necessario ricordare che più è bassa la temperatura e minore risulterà lo sviluppo degli aromi. La piacevolezza e la complessità dei profumi tipica di questi vini è una caratteristica gradita e interessante: servirli troppo freddi significa anche sacrificare questo importante aspetto.

 

Portare un vino alla giusta temperatura

 Prima di procedere all'illustrazione delle tecniche utili a portare un vino alla sua temperatura di servizio, cerchiamo di chiarire un concetto che spesso viene utilizzato e applicato erroneamente al vino: la temperatura ambiente. La pratica di servire un vino alla temperatura ambiente ha avuto origine nei secoli scorsi, quando cioè nelle abitazioni di quell'epoca, sia per la mancanza di sistemi di riscaldamento efficaci e il non perfetto isolamento con l'esterno, la temperatura ambiente raramente saliva al di sopra dei 20° C, eccezione fatta, ovviamente, per la stagione estiva. Nelle nostre case moderne, dotate di sistemi di riscaldamento, spesso esagerati, e di buoni isolamenti con l'esterno, si raggiungono facilmente temperature al di sopra dei 23° C, cioè temperature che, come abbiamo visto, non sono ideali per il servizio del vino. Le cose peggiorano inoltre durante l'estate quando la temperatura ambiente può arrivare anche prossima ai 30° C. Questo significa che sarà in genere necessario raffreddare anche i vini rossi prima di servirli, non solo quelli bianchi, e sarà inoltre opportuno dimenticarsi, o meglio modificare, il concetto della “temperatura ambiente” per il servizio del vino.

 Un altro importante fattore da prendere in considerazione quando si serve il vino, è la temperatura dei bicchieri che, lasciati sul tavolo, avranno una temperatura pari a quella dell'ambiente, vale a dire, molto alta. Quando si versa un vino nel bicchiere, questo si riscalda rapidamente e in un breve periodo di tempo la sua temperatura salirà di circa due gradi. La sua temperatura continuerà ad aumentare, ovviamente, per tutto il tempo di permanenza nel bicchiere fino a raggiungere quella dell'ambiente. Per questa ragione, quando si deve portare un vino alla sua temperatura di servizio, sarà opportuno assicurarsi che il vino all'interno della bottiglia abbia una temperatura di circa due gradi inferiori a quella di servizio, soprattutto quando la temperatura ambiente è elevata.

 Durante le stagioni calde e con temperature piuttosto elevate, si può inoltre considerare, quando permesso dalla tipologia del vino e dalle sue caratteristiche organolettiche, di servire il vino ad una temperatura leggermente più bassa, sia perché si riscalderà più rapidamente, sia perché con le alte temperature le bevande fresche risultano più gradevoli.

 Ci sono due pratiche che si attuano per portare il vino alla temperatura di servizio, la prima, e la più frequente e ovvia, è quella di raffreddarlo, mentre la seconda, che può apparire a prima vista assurda, è quella di riscaldarlo quando questo è troppo freddo. In entrambi i casi si farà uso di un secchiello e di acqua.


Secchiello termico o \emph{``glacette''
Secchiello termico o “glacette”

 Per raffreddare un vino, il metodo migliore è quello di riempire un secchiello con acqua e ghiaccio e quindi immergere la bottiglia fino a quando non raggiungerà la temperatura di servizio. Assicurarsi che il secchiello sia sufficientemente alto da consentire la copertura dell'intera bottiglia, assicurarsi cioè che anche il collo, ma non il tappo e la capsula, sia sommerso. La presenza dell'acqua è essenziale in quanto assicurerà una migliore conduzione del freddo provocato dal ghiaccio e consentirà quindi la riduzione dei tempi. Solitamente in questo modo sono sufficienti dai 10 ai 20 minuti di tempo per portare un vino alla sua temperatura di servizio. La quantità di ghiaccio da utilizzare e di tempo dipendono dalla temperatura che si vuole raggiungere, la temperatura ambiente e la temperatura iniziale del vino. Come indicazione, solitamente si riempie il secchiello con ghiaccio fino alla metà del suo volume, completando il riempimento con acqua. Controllare con un termometro a lettura rapida la temperatura nel secchiello e, nel caso in cui sia necessario diminuirla, aggiungere ghiaccio, mentre sarà necessario aggiungere acqua, o togliere del ghiaccio, nel caso in cui sia necessario aumentarla.

 Se si desidera invece raffreddare il vino in frigorifero, sarà sufficiente lasciare la bottiglia al suo interno per un tempo variabile fra i 60 minuti e le 4 ore, quantità che dipende dalla temperatura iniziale del vino, l'efficienza e il volume del frigorifero e, ovviamente, dalla temperatura di servizio. In ogni caso, non lasciare o conservare le bottiglie di vino nel frigorifero per periodi lunghi, il frigorifero va usato solamente per portare il vino alla sua temperatura di servizio, quindi la bottiglia va introdotta solo ed esclusivamente prima del servizio e per il solo tempo necessario. Il frigorifero non è una cantina. Usare il frigorifero per la conservazione del vino, cioè lasciare le bottiglie per lungo tempo al suo interno, è un metodo sicuro e infallibile per rovinarlo irrimediabilmente.

 Una volta raffreddato, il vino si può lasciare nel secchiello anche durante il servizio, tuttavia è necessario ricordare che nel caso in cui la temperatura dell'acqua nel secchiello è inferiore a quella di servizio, il vino continuerà a raffreddarsi. In questo caso si può trasferire la bottiglia in un secchiello termico (figura ) e servire. Questo utile strumento, detto anche “glacette”, è un secchiello alto e largo più o meno come una bottiglia, nel cui interno si trova un'intercapedine d'aria che limita la dispersione della temperatura interna.

 Il secchiello viene utilizzato anche quando si ha la necessità di riscaldare un vino troppo freddo. In questo caso sarà sufficiente riempirlo con acqua, o acqua tiepida quando necessario, e immergere la bottiglia fino a raggiungere la temperatura di servizio. Questa pratica viene utilizzata solitamente per i vini rossi. Una “terribile” e “disgraziata” abitudine, spesso utilizzata anche in molti ristoranti, consiste nel mettere la bottiglia sopra un calorifero. Questa è una pratica assolutamente dannosa per il vino e va assolutamente evitata. Il forte calore, nonché il violento cambiamento della temperatura, soprattutto nella parte a contatto con il calorifero, rende grossolani gli aromi e i sapori esaltando invece l'alcol.

 




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La Grappa

Il celebre distillato nazionale Italiano è ricco di sorprese e piaceri. Una tradizione che a distanza di secoli è ancora viva nel paese.

 Fra le tante bevande tradizionali della cultura Italiana, due ricoprono un'importanza centrale nella vita della gente, la loro presenza è da sempre parte integrante delle tradizioni del paese ed entrambe sono alcoliche: il vino e la grappa. Pur non vantando una storia antica e definibile come quella del vino, la grappa è stata, praticamente da sempre, il distillato della maggior parte degli italiani. Nel passato veniva considerata come un distillato “rozzo” e di esclusivo appannaggio dei ceti sociali inferiori e, pare, che i nobili e le classi sociali benestanti non ne fossero interessati e non lo consumassero. In tempi recenti, grazie anche alle nuove tecnologie di distillazione e alla scrupolosa selezione della qualità delle materie prime, la grappa è tornata alla ribalta e si sta conquistando un posto d'onore fra i distillati, la qualità raggiunta da questo distillato ha ulteriormente rafforzato la sua già radicata preminente posizione nelle preferenze degli italiani di ogni ceto sociale e non solo. Benché la grappa sia diffusa e prodotta ovunque nel territorio italiano, la sua maggiore diffusione e il suo prevalente consumo si riscontra nelle regioni nord-orientali del paese, in particolare il Friuli Venezia Giulia, il Veneto, il Trentino Alto Adige oltre alla Lombardia e al Piemonte.

 

Che cos'è la Grappa

 La grappa è un'acquavite di vinaccia, cioè è ottenuta dalla distillazione delle vinacce fermentate utilizzate per la produzione del vino. Contrariamente ad altre acqueviti, come per esempio il brandy, ottenuto dalla distillazione del vino, la grappa è prodotta dalla distillazione di sostanze solide, precisamente dalla distillazione delle bucce dell'uva fermentate, dopo che sono state pressate per la produzione di mosto da cui si otterrà il vino.

 Il termine “grappa” deriva dal lombardo grapa che, a sua volta, deriva dal gotico krappa, il cui significato è “uncino” e dal cui termine deriva la parola raspo, o graspo, cioè grappolo, che ci consente finalmente di stabilire un collegamento diretto con l'uva, la materia con la quale si produce appunto la grappa. Ancora oggi in Lombardia, e in altre regioni settentrionali, seppure con lievi varianti dialettali, si usa il termine “grapa” per indicare ciò che rimane nelle botti al termine della svinatura, vale a dire le bucce e i raspi dell'uva lasciati a macerare nel mosto durante la fermentazione del vino, a sottolineare, ancora una volta, che l'origine del nome di questo distillato è fortemente legato alla materia da cui si produce.

 La grappa viene classificata secondo la sua età, il tipo di affinamento subito dopo la produzione, l'uva, o le uve, da cui è stata prodotta e, eventualmente, le essenze vegetali utilizzate per la sua aromatizzazione. La grappa si classifica quindi in:

 

  • giovane o bianca - imbottigliata subito dopo la produzione e che comunque non è stata conservata in contenitori di legno. Questo tipo di grappa è incolore e trasparente, dal profumo delicato e tipico e dal sapore secco e pulito.
  • affinata - imbottigliata dopo essere stata conservata per un periodo massimo di 12 mesi in contenitori di legno. Il suo colore, profumo e sapore variano a seconda del tipo e del volume dei contenitori di legno.
  • invecchiata o vecchia - imbottigliata dopo essere stata affinata per un periodo fra i 12 e i 18 mesi in contenitori di legno. Il suo colore, profumo e sapore variano a seconda del tipo e del volume dei contenitori di legno.
  • stravecchia o riserva - imbottigliata dopo essere stata affinata per un periodo superiore ai 18 mesi in contenitori di legno. Il suo colore, profumo e sapore variano a seconda del tipo e del volume dei contenitori di legno.
  • aromatica - prodotta da uve aromatiche o semiaromatiche, come per esempio il Moscato, il Gewürztraminer, il Müller Thurgau, la Malvasia, ecc.
  • monovitigno - prodotta esclusivamente con vinacce di una sola varietà di uva e che solitamente è riportata in etichetta.
  • polivitigno - prodotta con vinacce di più varietà di uve.
  • aromatizzata - grappa alla quale è stata aggiunta, al termine della distillazione, una o più essenze di origine vegetale. Le grappe aromatiche più comuni sono quelle alla frutta (lampone, albicocca, mora, pesca, ecc.) oltre a erbe officinali e aromatiche (ginepro, ruta, liquirizia, ecc.)

 Va osservato che le singole classi possono anche essere combinate fra loro dando origine alla classificazione specifica di una grappa, come per esempio, grappa monovitigno riserva o grappa aromatica monovitigno stravecchia. La qualità di una grappa dipende fortemente dalla qualità delle vinacce con cui è fatta oltre che dalla varietà dell'uva. In genere le grappe più eleganti e raffinate sono quelle monovitigno, prodotte cioè da una sola specifica varietà di uva, magari aromatica o semiaromatica. Solitamente le grappe monovitigno riportano nell'etichetta la varietà dell'uva con cui sono state prodotte, come, per esempio, Grappa di Moscato, Grappa di Nebbiolo o Grappa di Nosiola. Le grappe polivitigno si riconoscono perché nell'etichetta viene semplicemente indicato il termine grappa senza nessuna indicazione delle uve da cui è stata prodotta.

 La grappa posta in commercio ha una gradazione alcolica che può variare dai 38° ai 60°, tuttavia la sua gradazione media è di circa 43°. Il grado alcolico della grappa rappresenta una precisa scelta del produttore, il quale stabilisce il grado alcolico adeguato ed equilibrato in accordo alle altre caratteristiche organolettiche del distillato.

 

Produzione della grappa

 Come si è già detto, la grappa è un distillato di vinacce, la loro qualità costituisce il primo e più importante fattore per ottenere un buon prodotto. Ben lo sanno i distillatori che pongono, a ragione, un'attenzione e una cura molto elevata su questa materia prima. La salute e il buon stato di conservazione delle vinacce è altamente cruciale perché ogni difetto, anche il più insignificante e lieve, viene trasmesso alla grappa e sarà evidente al palato di un assaggiatore ben allenato.


 

 Prima di procedere alla distillazione delle vinacce, è necessario che queste contengano alcol. Questo è possibile solamente quando le vinacce sono fermentate, vale a dire che il loro zucchero si è trasformato in alcol. Questa condizione dipende dalla provenienza delle vinacce, cioè dal tipo di vinificazione in cui sono state utilizzate. Le vinacce provenienti dalla produzione di vini bianchi, cioè quelle che non sono state lasciate a macerare nel mosto durante la fermentazione, si dicono “vergini”, sono ricche di zuccheri ma non di alcol e pertanto sarà necessario farle fermentare prima di poterle distillare. Quelle provenienti dalla produzione di vini rosati, cioè che hanno subito una breve macerazione nel mosto durante la fermentazione, vengono dette ”semifermentate” e contengono già una piccola parte di alcol. Le vinacce provenienti dalla produzione di vini rossi, cioè vinacce che hanno subito la fermentazione durante la macerazione nel mosto, si dicono “fermentate” e quindi, contenendo già alcol, sono pronte per la distillazione. Prima di potere utilizzare le vinacce vergini e quelle semifermentate per la distillazione, sarà necessario farle fermentare in modo che gli zuccheri si trasformino in alcol, ottenendo quindi vinacce fermentate.

 Se le vinacce fermentate non vengono distillate in breve tempo, sarà necessario adottare una cura speciale per la loro conservazione, in quanto si potrebbero deteriorare, danneggiarsi o ammuffirsi con facilità. La conservazione della vinaccia è fondamentale, in quanto una vinaccia alterata e difettosa produce sicuramente una grappa difettosa e di scarsa qualità.

 L'operazione della distillazione delle vinacce viene eseguita per mezzo di un alambicco o distillatore. Il distillatore più utilizzato è quello discontinuo che può essere a fuoco diretto, a bagnomaria o a caldaiette a vapore. L'uso del distillatore discontinuo, oltre a rappresentare una scelta tradizionale per la produzione della grappa, consente di ottenere un prodotto di qualità superiore rispetto al distillatore continuo. Non ci soffermeremo sulle caratteristiche costruttive e tecniche dei distillatori e delle loro differenze, senz'altro interessanti, in quanto l'argomento è piuttosto vasto e andrebbe ben oltre le finalità di questo articolo; sarà sufficiente sapere che la grappa prodotta con il distillatore discontinuo è in genere migliore di quella ottenuta da distillatori continui. I produttori di grappa in genere riportano sull'etichetta il tipo di distillatore utilizzato durante la produzione.

 L'operazione della distillazione inizia con il riempimento della caldaia del distillatore con le vinacce fermentate, procedendo successivamente al loro riscaldamento. Questa prima fase consente di fare evaporare dalla massa le sostanze liquide come l'alcol e parte dell'acqua. L'alcol etilico, cioè la principale sostanza che compone un distillato, ha un punto di ebollizione più basso dell'acqua, inizia a bollire a 78,4° C, tuttavia, essendo in soluzione con l'acqua, il punto di ebollizione varia con la sua quantità rispetto all'acqua. Maggiore sarà la quantità dell'acqua presente e più alto sarà il punto di ebollizione. Nelle vinacce da distillare sono tuttavia presenti altre componenti che durante il riscaldamento evaporano e vengono trasferite nel liquido distillato. Molte di queste sostanze sono sgradevoli, e quindi indesiderate, e andranno rimosse o escluse. Fortunatamente, le varie sostanze che si trovano nelle vinacce evaporano a temperature diverse, quindi, controllando meticolosamente il processo del riscaldamento, sarà possibile eliminare le componenti indesiderate mantenendo invece tutte le sostanze di qualità. Questo processo di separazione, o eliminazione, delle sostanze sgradevoli e indesiderate prende il nome di taglio delle teste e delle code.


Un tipo di bicchiere da grappa
Un tipo di bicchiere da grappa

 I vapori prodotti dal riscaldamento e dalla successiva concentrazione, vengono successivamente raffreddati e riportati allo stato liquido, dando origine al prodotto distillato. Il liquido distillato, durante tutta l'operazione, viene classificato secondo le sue componenti e la sua qualità come testa, cuore e coda. La testa è la prima parte del liquido distillato ad essere prodotta e contiene prevalentemente sostanze sgradevoli, che conferiscono alla grappa un gusto acetoso e profumi poco fini, oltre ad alcol metilico, che è tossico, e quindi va eliminato. Fortunatamente queste sostanze hanno un punto di evaporazione inferiore alle sostanze “nobili” della grappa, e quindi sono le prime ad essere prodotte. La bravura del distillatore consiste anche nell'abilità di determinare quando ha termine la testa del distillato e comincia ad uscire il cosiddetto cuore, cioè la parte pregiata della grappa ricca di alcol etilico e sostanze aromatiche. La bravura del distillatore si misura anche nella sua abilità nel riconoscere il termine del cuore e l'inizio della coda, cioè la parte finale del distillato che andrà eliminata dalla grappa in quanto contiene sostanze poco gradevoli ed è povera di alcol etilico, già estratto con il cuore. Riassumendo, la grappa è quindi costituita esclusivamente dal cuore, cioè dalla parte centrale della distillazione, ricca di alcol etilico, sostanze aromatiche e gradevoli, scartando completamente il resto, testa e coda, cioè le parti iniziali e finali del processo.

 Al termine della distillazione si ottiene un'acquavite dall'alta gradazione alcolica, tipicamente fra i 60° e i 75° quando prodotta con distillatori discontinui, e pertanto non ancora idonea per essere consumata e apprezzata. La fase successiva consiste quindi alla diminuzione del grado alcolico, che nella grappa, lo ricordiamo, può variare fra i 38° e i 60°. La diminuzione del grado alcolico viene effettuato aggiungendo al distillato acqua distillata o demineralizzata fino a raggiungere il grado desiderato. Il grado alcolico è una scelta del produttore e della tipologia della grappa stessa; l'alcol dovrà risultare in equilibrio con tutte le altre componenti senza “bruciare” troppo e coprire il resto. A causa di alcune sostanze non solubili presenti nel distillato, l'aggiunta di acqua lo rende torbido, assumendo un aspetto opaco e lattiginoso, caratteristica senz'altro poco accettabile per la gradevolezza della grappa. Per poter restituire alla grappa il suo caratteristico aspetto cristallino e trasparente, si procede con la filtrazione che oltre ad eliminare i componenti non solubili, elimina anche altre sostanze sgradevoli e oli insolubili. Per facilitare la filtrazione, la grappa viene refrigerata, portandola ad una temperatura solitamente compresa fra i -10° C e i -20° C, e procedendo quindi alla filtrazione vera e propria.

 Terminata la filtrazione, la grappa è pronta per essere imbottigliata oppure affinata in legno a seconda della tipologia che si intende produrre.

 

Servizio e degustazione della grappa

 Prima di poter essere degustata e apprezzata, la grappa, come qualunque altro alimento o bevanda, deve essere preparata per il servizio. Il primo aspetto di cui ci occuperemo sarà la temperatura, elemento senz'altro determinante per esaltare o sminuire le componenti del distillato. La regola generale sulla temperatura e le bevande alcoliche e i profumi è che a temperature basse la percezione degli aromi e la pungenza dell'alcol sono attenuate, a temperature alte vengono esaltate. Una temperatura alta, che esalterebbe gli aromi della grappa, renderebbe l'alcol molto pungente al naso e inevitabilmente porterebbe alla non percezione degli altri aromi. Le grappe giovani o bianche si servono in genere a temperature comprese fra gli 8° C e i 12° C, le grappe affinate, invecchiate e le riserve si servono in genere fra i 15° C e i 18° C, talvolta anche a 20° C. Fra gli estimatori di grappe esiste comunque una decisa preferenza per il consumo di questo distillato a temperature comprese fra i 18° C e i 20° C, temperatura che esalta sicuramente gli aromi, compresi gli odori difettosi e sgradevoli, fattore che aiuterebbe quindi a smascherare le grappe di bassa o mediocre qualità. Come si è detto, una temperatura alta esalta anche la pungenza dell'alcol al naso, quindi, se si preferisce consumare la grappa a queste temperature, sarà necessario adottare specifiche precauzioni in modo da non rimanere vittime dell'aggressione dell'alcol durante la percezione dei profumi.

 L'uso di un bicchiere appropriato rappresenta il principale fattore che consente di evitare l'aggressione dell'alcol al naso consentendo allo stesso tempo di apprezzare i raffinati profumi della grappa. Un buon bicchiere da grappa dovrà essere alto e stretto e dovrà aprirsi leggermente nella sua parte superiore in modo da favorire la percezione dei profumi. Nella figura è rappresentato un esempio di bicchiere da grappa. Come si può vedere il bicchiere ha diametro e volume ridotti, è alto e slanciato e presenta un allargamento nell'apertura. Un corpo alto di circa 9 ÷ 10 centimetri, consente di mantenere il naso alla giusta distanza dal distillato evitando quindi che i vapori dell'alcol aggrediscano le mucose nasali. Il bicchiere da grappa è inoltre stretto e quindi la quantità di distillato che potrà contenere non sarà mai elevata. Si ricordi che la grappa è una bevanda che ha in media 43° di alcol e quindi va bevuta con moderazione e, per meglio apprezzarla, a piccoli sorsi. Il bicchiere si “completa” con lo stelo, che dovrà essere lungo più o meno quanto il corpo, e la base. I bicchieri di questo tipo vanno sempre tenuti per la base e mai per il corpo; questo consente di mantenere la mano a “debita” distanza dal naso e evita alterazioni della temperatura della grappa. La mano che tiene il bicchiere potrebbe emanare dei profumi, dovuti all'uso di deodoranti o di sapone o a causa del contatto con sostanze odorose, disturbando e alterando la percezione olfattiva. Tenere la mano sul corpo del bicchiere, ovviamente, riscalderà la grappa alterando il suo profilo gustativo e aromatico.

 Il bicchiere da grappa va riempito per poco meno di un terzo della sua altezza: non dimentichiamo che una delle funzioni di questo bicchiere è proprio quello di assicurare una giusta distanza fra il naso e il distillato. Utilizzando come esempio il bicchiere riportato nella figura , questo va riempito fino al diametro massimo della pancia (la parte allargata del corpo) al massimo, poco sopra a questo.

 La prima caratteristica che si valuterà in una grappa è il suo aspetto che dovrà essere sempre trasparente e cristallino, privo di qualsiasi sostanza in sospensione. Un aspetto poco limpido o velato indica che la grappa non è stata filtrata o refrigerata correttamente. La grappa giovane sarà sempre incolore mentre il colore delle grappe affinate o invecchiate sarà giallo paglierino, più o meno carico, fino ad arrivare all'ambra in certi casi. Il colore delle grappe affinate e invecchiate dipende direttamente dalla tipologia del legno utilizzato e dalla quantità di tempo in cui il distillato è rimasto a suo contatto. In genere, più il colore della grappa tende all'ambra e maggiore sarà la quantità di tempo di affinamento.

 L'esame successivo sarà quello olfattivo. Ruotare leggermente il bicchiere, operazione che favorirà lo sviluppo degli aromi, e annusare brevemente e con decisione. Nelle grappe aromatiche, cioè quelle fatte con vinacce di uve aromatiche o semi-aromatiche, si dovrebbe percepire in modo netto il profumo dell'uva seguito da altri aromi. Nelle grappe affinate e invecchiate si percepiranno inoltre gli aromi ceduti dal legno al distillato, la cui intensità varia sia dal legno usato sia dalla quantità di tempo di permanenza. Gli aromi tipici della grappa sono prevalentemente fruttati, come per esempio, banana, lampone, mela, fragola e pesca, oltre a frutta secca, come nocciola, aromi di fiori e, talvolta, aromi di sostanze vegetali e erbe. Un difetto che si può rilevare in alcune grappe è l'elevata pungenza dell'alcol; la rilevazione di questo difetto è percepibile dalla sensazione quasi dolorosa che si ha quando i vapori dell'alcol arrivano alle mucose nasali. Odori sgradevoli, come per esempio aceto, sudore, cera, fumo e bruciato, sono ovviamente dei difetti e indicano una cattiva conservazione e qualità delle vinacce oltre ad una errata e cattiva distillazione.

 Si procederà quindi con l'immissione della grappa nella bocca. La grappa va consumata a piccoli sorsi e subito dopo, quando ancora il distillato è in bocca, si aspiri una piccola quantità d'aria a denti stretti, cercando di distribuire la grappa su tutta la bocca. L'aria introdotta in bocca ossigenerà il liquido favorendo lo sviluppo degli aromi, sviluppo che sarà accentuato anche dal riscaldamento provocato dalla temperatura della bocca. La prima caratteristica gustativa che si percepirà nella grappa sarà, ovviamente, l'aggressione dell'alcol che provocherà una sensazione di pseudo calore, sensazione che sarà più o meno forte e percepibile in relazione al grado alcolico del distillato. Successivamente si inizierà a percepire i sapori della grappa, nella fattispecie il dolce e l'amaro. Il sapore acido sarà completamente contrastato dall'alcol, e quindi non sarà percepito, mentre la rilevazione del gusto “salato” è sempre considerato un difetto. Oltre a questo si percepiranno sapori di frutta, in genere gli stessi rilevati al naso. L'esame della grappa si conclude con la deglutizione che da luogo anche all'ultimo esame. Il riscaldamento della grappa provocato dalla temperatura corporea e dalla cavità orale, svilupperanno nuovi aromi e profumi che verranno percepiti per via “retro-nasale” e che contribuiscono alla finezza e alla qualità del distillato. La durata nel tempo di questi odori e la “pulizia” che la grappa lascia in bocca sono fattori di qualità, indice di buona distillazione oltre che di buona qualità e conservazione delle vinacce.

 La grappa è un raffinato distillato che più di altri evoca l'anima dell'uva: in esso si rilevano le caratteristiche delle uve di provenienza, dell'ingegno e della passione dell'uomo. Un bravo distillatore è, prima di tutto, colui che rispetta la materia con cui produce la sua grappa e la tratta con cura, vi aggiunge il suo talento e la sua maestria ottenendo così un nettare ricco di profumi e sensazioni. La prossima volta che degusterete una grappa, ricordatevi di soffermarvi sui suoi profumi cercando di apprezzare anche questo aspetto, non limitatevi semplicemente a berla, cercate di apprezzare tutti i suoi aspetti. Questo, oltre a rendere piacevole il consumo di questo antico distillato e a fare comprendere la differenza fra una grappa e l'altra, consentirà anche di onorare il lavoro di chi, con meticolosa pazienza, passione e maestria, la produce.

 



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