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  Editoriale Numero 2, Novembre 2002   
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Legno o non Legno?


 La storia ha inizio con il suo uso dettato da motivi pratici, seguito dal perfezionamento e dalle intuizioni a cui ogni scoperta frutto della tecnica inevitabilmente non si sottrae, poi divenne moda, quindi abuso, infine diatriba con tanto di agguerriti schieramenti opposti pronti a sostenere, come in una crociata, le proprie giuste, incontrovertibili e sacrosante teorie e posizioni.

 Il legno, capace di donare emozionanti qualità al vino, secondo alcuni, o di snaturare la sua identità, secondo altri, è spesso fra i principali motivi che riescono a dividere le persone che apprezzano il nettare di Bacco. Una cosa che ci sembra giusto dire sull'uso che si è fatto del legno nel vino è che, ammettiamolo, si è proprio esagerato. Per troppo tempo ci si è affidati alle magie della botte e del legno per rendere accettabile un vino che in realtà non era altro che mediocre. Bisognerebbe ricordare, e non solo a chi produce vino, ma soprattutto a chi lo beve, che il vino è prodotto con l'uva e non è un infuso di legno. Il vino è ciò che produce l'enologo e non il falegname, con tutto il profondo rispetto e l'ammirazione per questa professione. Il buon vino nasce in vigna, in una buona vigna, e cresce in cantina, ma per crescere bene ha bisogno di solide basi, cioè di una materia prima eccellente frutto del lavoro svolto nel vigneto. Non diciamo certo che bisognerebbe abolire l'uso del legno nel vino, al contrario, siamo però convinti che questo debba essere considerato come uno strumento a disposizione dell'enologo a patto che ne faccia un uso intelligente e oculato. Il legno e la botte sono certamente utili in certi vini, i vantaggi, l'affinamento e l'evoluzione che il vino acquisisce grazie ad essi sono indiscutibilmente preziosi, ma quando dal bicchiere l'unico e dominante profumo che si percepisce è quello del legno, così come l'unico sapore che il vino lascia in bocca, onestamente, non può che lasciarci perplessi.


 

 Che dire poi di quelli che associano il gusto e il profumo del legno nel vino come principale fattore di qualità? Bisognerebbe ricordare loro che questo profumo e questo sapore può essere conferito al vino non solo con l'uso della botte, ma anche e soprattutto con l'infusione nel vino di “semplici” ed economici trucioli, pertanto, profumo e sapore di legno non significa sempre “botte”. Non contestiamo certamente coloro a cui piacciono vini con queste caratteristiche e il loro gusto, quello che intendiamo dire è che, per favore, non si valuti la qualità di un vino solamente per la potenza e la preponderanza dell'aroma e del gusto di legno.

 Ad onore del vero, si deve riconoscere che l'esagerazione del profumo e del gusto di legno nel vino sono il risultato di un certo tipo di enologia e di speculative regole di mercato, tanto famose e ricercate negli anni passati, dove l'uso indiscriminato del legno (legno, non solo botte!) ha prodotto così tanti vini, tutti simili, tutti uguali, che hanno formato quello che, come si dice, è il gusto “internazionale” e che forse, per abitudine, si è oramai associato alla qualità. È triste ammettere che il ruolo dell'uva e della zona di provenienza di un vino sono stati, non solo relegati a ruoli marginali, ma addirittura ignorati: bastava che un vino fosse “legnoso” e si gridava alla “qualità” e alla bontà. È altresì triste ammettere che questo accade ancora oggi.

 Ci chiediamo: che senso ha? Che senso ha l'esistenza di così tante varietà di uve, così diverse fra loro, e così tante zone che producono vino, fattori che, legati alla maestria degli enologi, producono vini unici, carichi dei loro caratteristici aromi e sapori, se viene tutto coperto con il legno? Basterebbe disporre di una sola qualità di uva, eliminare tutte le altre che diventerebbero inutili, avere dei buoni trucioli, o quando va bene, una buona botte, ed ecco pronto il buono ed eccellente vino “internazionale”. Onestamente non ci interessa un vino di questo tipo, proprio no. Una volta assaggiato un vino come questo significherebbe averli assaggiati tutti. Non sarà piuttosto che coloro che abusano con l'uso del legno spesso cercano solamente di mascherare qualche difetto o la mediocre qualità del vino? La tentazione di credere a quest'ultima ipotesi è piuttosto forte.

 Non vogliamo essere fraintesi: non stiamo sostenendo una guerra contro l'uso del legno, quello che sosteniamo invece è che botte e vino vanno meravigliosamente d'accordo quando si completano a vicenda, quando gli aromi tipici della varietà dell'uva utilizzata sono riconoscibili e gli aromi del legno, seppure distintamente percepibili e gradevoli, non svolgono la parte di unico attore in scena, per giunta protagonista, relegando tutti gli altri a “misere” e ignorate comparse. Questo vale per tutte le tipologie di vino, nessuna esclusa. Se un enologo decide di affinare il suo vino in una botte (ci piace pensare che la sua scelta sia a favore di una botte piuttosto che a dei trucioli) lo faccia senza “plagiare” e “oltraggiare” le qualità proprie del vino. Se proprio ha bisogno di così tanto legno per rendere bevibile e vendibile il suo vino, allora lo invitiamo a rivedere e a migliorare la qualità delle sue uve e a riflettere sul lavoro svolto nel vigneto. Lo invitiamo ad investire il suo denaro e il suo tempo anche nella cura e nella qualità delle uve e non solo nelle botti. Del resto una delle caratteristiche di qualità di un vino è l'equilibrio; esagerare con una caratteristica in particolare, legno incluso, significa renderlo poco equilibrato e poco interessante.

 In tutta questa storia esiste comunque il rovescio della medaglia. Parlando con alcuni produttori, questi puntualizzavano che i vini che riescono a vendere meglio sono appunto quelli che hanno predominanti sapori e profumi di legno, proprio perché la loro clientela richiede questo tipo di vino. Basandosi su questa inopinabile legge di mercato, capace di procurare sicuri profitti, la produzione viene stabilita di conseguenza. C'è da osservare comunque che una buona percentuale di produttori preferirebbe utilizzare meno legno di quello che in effetti utilizza, anche perché, l'uso delle botti, e non dei trucioli, rappresenta un costo non indifferente da sostenere e da rinnovare in media ogni due anni.

 La colpa di tutto questo, crediamo, vada equamente divisa fra produttori e consumatori. I produttori, che per molto tempo hanno prodotto “vino al legno”, educando di conseguenza il gusto della maggioranza dei consumatori, dando luogo all'abitudine di associare il gusto del vino a quello del legno. La colpa dei consumatori è stata quella di non avere voluto o saputo migliorare la propria cultura enologica e si sono affidati esclusivamente a certi prodotti, forse perché non c'era altro da scegliere, per comodità o per pigrizia, o perché ciò che era migliore costava semplicemente troppo. Certo, se a certi consumatori piace proprio il gusto e il profumo del legno come unica o dominante caratteristica nel vino, allora qualunque opinione o ipotesi sull'argomento è inutile; il gusto personale è certamente indiscutibile. Se però quegli stessi consumatori gradiscono questo tipo di vino solo perché non hanno nient'altro su cui basarsi per fare dei confronti o perché sono oramai vinti dall'abitudine e dalla pigrizia di scoprire altro, allora li invitiamo a provare qualcosa di diverso. Fortunatamente si sta assistendo ad una “sorta” di inversione di rotta e il mercato offre ottimi ed eccellenti prodotti dove la personalità dell'uva è rispettata e ben espressa, anche ben accompagnata dal legno, quando c'è e senza esagerare, capaci di fare riscoprire una nuova, quanto antica, emozione enologica. Legno uguale qualità del vino? Sicuramente sì, a patto che il vino e l'uva con cui è stato prodotto, siano di qualità ancora prima di finire nella botte. Bentornato vino!

 



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La Posta dei Lettori


 In questa rubrica vengono pubblicate le lettere dei lettori. Se avete commenti o domande da fare, esprimere le vostre opinioni, inviate le vostre lettere alla redazione.

 

Ho appena terminato di leggere la vostra pubblicazione che ho trovato molto interessante e utile, in particolare, ho apprezzato molto l'articolo sulla grappa che è stata per me una piacevole scoperta. Ho trovato molto interessante anche l'articolo sulla temperatura di servizio: non immaginavo che la temperatura avesse un ruolo così determinate per la valutazione di un vino. Ho provato a fare l'esperimento che avete suggerito e sono rimasta sorpresa dal fatto che con l'aumentare della temperatura il vino sembrava addirittura diverso! Sono sicura che la prossima volta che offrirò del vino ai miei amici controllerò bene la temperatura seguendo i vostri suggerimenti. Grazie!
Elizabeth Goodman -- San Francisco, California (USA)
Gentile Signora Goodman, siamo molto contenti di sapere che DiWineTaste sia stato di suo interesse e, soprattutto, che le sia stato utile per comprendere un aspetto importante come quello della temperatura di servizio. La ringraziamo inoltre per l'apprezzamento che esprime per la nostra pubblicazione. Ci auguriamo che continuerà a leggere e ad apprezzare DiWineTaste con lo stesso entusiasmo e soddisfazione. Grazie.



Spett.le redazione di DiWineTaste,
ho scaricato la vostra pubblicazione e l'ho letta con molto interesse. Complimenti per tutto, sicuramente continuerò a leggere DiWineTaste e a scaricarla ogni mese. Volevo farvi una domanda. In occasione del mio compleanno i miei amici mi hanno regalato una bottiglia di Barolo 1990 e siccome non intendo aprirla subito, mi chiedo per quanto tempo posso conservarla senza correre il rischio di rovinarla. Vista l'annata, forse è già arrivato il momento di aprirla?
Alberto Ghisolfi -- Parma (Italia)
Innanzitutto la ringraziamo per l'apprezzamento che esprime per DiWineTaste, siamo lieti di sapere che l'ha trovata di suo interesse. La conservazione del vino è un argomento relativamente complesso perché è condizionato da molte variabili che ne determinano il successo e la longevità. Innanzitutto, il luogo e il modo utilizzato per la conservazione, la nota regola di mantenere la bottiglia orizzontale deve essere senz'altro applicata. Il Barolo, che è prodotto con uve Nebbiolo, è in genere longevo e, come per ogni vino, va considerata l'annata e il luogo di provenienza. Un Barolo può conservarsi, nei migliori casi, anche per oltre 20 anni e Lei si può ritenere fortunato perché il 1990 è stato fra le migliori annate di Barolo del secolo scorso. Se vuole può già aprire quella bottiglia e deliziarsi di un'annata eccellente, tuttavia, può tranquillamente lasciarlo evolvere in bottiglia per tanti altri anni ancora, a patto che lei abbia un luogo idoneo ad una lunga conservazione.



Innanzitutto vi faccio i miei complimenti per questa nuova pubblicazione sul vino, è molto interessante ed esaustiva, in particolare, ho letto con piacere l'articolo sulla degustazione e spero continui nei prossimi mesi. Durante una serata con degli amici, abbiamo bevuto un vino tedesco molto buono nella cui etichetta c'era scritto “Mosel-Saar-Ruwer”. Con quali uve si produce questo vino?
Jean-Jacques Bouard -- Corbeil-Essonnes (Francia)
Sig. Bouard, la ringraziamo molto per i complimenti che ci ha fatto e siamo molto lieti di sapere che il primo numero di DiWineTaste sia stato di suo interesse. Sicuramente l'argomento della degustazione del vino sarà trattato ogni mese in quanto crediamo sia essenziale sia per la diffusione del vino sia per il suo corretto apprezzamento. Parlando del vino che ha avuto il piacere di bere con i suoi amici, la zona di “Mosel-Saar-Ruwer” è fra le più celebri e apprezzate aree vinicole della Germania. Purtroppo l'unica indicazione che ci fornisce sul vino, non è completamente sufficiente per stabilire con certezza da quali uve fosse prodotto, tuttavia si possono comunque fare delle ipotesi. L'uva più coltivata in quella zona è il Riesling, seguito dal Müller Thurgau e Elbing. Vista la popolarità dei vini a base di uve Riesling che si producono in quella zona, è molto probabile che il vino che ha apprezzato con i suoi amici sia stato prodotto con questa uva.



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