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Numero 5, Febbraio 2003
Sommario


Editoriale    Sommario della rubrica Editoriale
 Denominazioni di Origine: Quali Garanzie di Qualità?
Il rinnovato interesse che i consumatori hanno rivolto al vino nel corso degli anni recenti ha notevolmente trasformato il commercio e la produzione di questa bevanda; i consumatori stanno progressivamente diventando sempre più esigenti… [continua]
 La Posta dei Lettori



ABC Vino    Sommario della rubrica ABC Vino
 Sud Africa
Il Sud Africa
Con una storia enologica di circa 350 anni, il paese offre oggi una buona e interessante selezione di vini, dai bianchi ai rossi, dagli spumanti ai fortificati… [continua]



Gusto DiVino    Sommario della rubrica Gusto DiVino
 Introduzione all'Esame Gustativo del Vino
Dopo avere valutato l'aspetto del vino e il suoi aromi, è finalmente giunto il momento di prendere un sorso del nettare di Bacco e di contemplare la sua anima e la sua essenza… [continua]
 I Vini del Mese
Colli Bolognesi Cabernet Sauvignon\\Pio Vannozzi 2000, Bonfiglio (Italia)
Colli Bolognesi Cabernet Sauvignon
Pio Vannozzi 2000, Sauvignon Blanc Reserve 2002, Esino Bianco Tabano 2001, Colli Bolognesi Pignoletto Superiore 2001, Cabernet Sauvignon Reserve 2000, Barbarot 2001… [continua]



Produttori    Sommario della rubrica Produttori
 Trappolini
Il Sig. Roberto Trappolini nella sua cantina
Nel Lazio, a pochi chilometri dal confine con l'Umbria e nella zona di produzione dell'Orvieto, la cantina Trappolini produce ottimo vino nel pieno rispetto delle tradizioni e delle uve del luogo… [continua]
 Giornale di Cantina


Eventi    Sommario della rubrica Eventi
 La Guida dei Vini di DiWineTaste Cresce
Dopo l'ampio successo riscosso da parte dei produttori e dei nostri lettori, a distanza di un mese è in arrivo un'altra novità… [continua]
 Notiziario



Il Cavatappi    Sommario della rubrica Il Cavatappi
 La Bottiglia
Tipi di bottiglie. Da sinistra verso destra: Bordolese, Borgognona, Flauto, Champagnotta, Albeisa
Il contenitore per eccellenza usato per il trasporto del nettare di Bacco rivela segreti e forme che raccontano le tradizioni e la storia dei popoli produttori di vino… [continua]



 Il Rum
Scopriamo il distillato che da sempre evoca assolate e rilassanti spiagge esotiche, frutto della maestria e della passione dei suoi produttori… [continua]
 Wine Parade
 Annunci



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  Editoriale Numero 5, Febbraio 2003   
Denominazioni di Origine: Quali Garanzie di Qualità?Denominazioni di Origine: Quali Garanzie di Qualità? La Posta dei LettoriLa Posta dei Lettori  Sommario 
Numero 4, Gennaio 2003 Segui DiWineTaste su Segui DiWineTaste su TwitterNumero 6, Marzo 2003

Denominazioni di Origine: Quali Garanzie di Qualità?


 Il rinnovato interesse che i consumatori hanno rivolto al vino nel corso degli anni recenti ha notevolmente trasformato il commercio e la produzione di questa bevanda; i consumatori stanno progressivamente diventando sempre più esigenti in termini di qualità trascurando, giustamente, il parametro della quantità nelle loro scelte. Insomma, si beve meno, e con consapevole moderazione, ma si beve e si pretende di bere meglio. Giustamente.

 Uno dei fattori che dovrebbe garantire un buon livello di qualità è rappresentato dalle cosiddette “denominazioni di origine”, cioè da quella serie di norme e discipline che suggeriscono ai produttori le modalità di produzione dei vini che dovrebbero avere un livello di qualità piuttosto elevato. L'appartenenza di un vino ad una determinata categoria di denominazione di origine costituisce una reale e sufficiente garanzia di qualità?


 

 I sistemi di qualità sono legalmente istituiti in alcuni paesi vitivinicoli del mondo e tutti hanno lo scopo di garantire, in modo legale, la qualità dei vini che sono riconosciuti idonei e meritevoli di appartenere ad una determinata categoria di denominazione. Spesso sono i produttori stessi che propongono l'istituzione di denominazioni di origine, facendosi addirittura carico di compilare e sottoporre il testo del disciplinare agli organi istituzionali preposti. In un certo senso, sono gli stessi produttori che si impongono uno stile di produzione in modo da garantire la qualità dei loro vini prodotti in determinate zone.

 L'idea è senza dubbio nobile e degna di nota, ma i fatti della realtà raccontano invece una situazione un po' contrastante e spesso anche paradossale. Spesso si trovano dei vini, appartenenti alla stessa denominazione di origine, che hanno innegabilmente livelli qualitativi assolutamente diversi, alcuni di questi a malapena arrivano alla mediocrità, eppure, sono considerati a pieno titolo, istituzionalmente riconosciuto, come degni rappresentanti di una produzione di alta qualità. Ad onore del vero, il termine stesso che viene utilizzato per questi vini, denominazione di origine, non fa riferimento a nessun termine che indichi la qualità, di fatto, garantisce unicamente la zona di provenienza di un vino.

 Non c'è dubbio sull'importanza di tutelare e garantire la tradizione e la tipicità dei vini e delle uve provenienti dalle zone storiche e tradizionalmente vocate alla vitivinicoltura, tutti sappiamo che la zona di provenienza e di coltivazione delle uve rappresenta un fattore fondamentale per la qualità di un vino. Se si analizzano i testi delle disciplinari di produzione delle denominazioni di origine dei vari paesi che adottano un sistema di qualità di questo tipo, spesso si trovano delle “precise” indicazioni sia sulla coltivazione delle uve, sia sulla produzione del vino, tuttavia è innegabile che i risultati, da produttore a produttore, siano notevolmente diversi.

 Se prendiamo, per esempio, il parametro della resa per ettaro, ci si rende conto immediatamente che le indicazioni riportate nei disciplinari possono essere sia ampiamente interpretati, sia delegati alla serietà e all'onestà di chi produce vino che spesso, per scelta, non ne tiene conto e applica dei criteri propri, comunque accettabili e legalmente adottabili. Supponiamo che un disciplinare stabilisca, per una determinata denominazione, una produzione massima per ettaro pari a 100 quintali. Questo tipo di resa è, in effetti, producibile in modi diversi e comunque perfettamente legali. Si può, per esempio, ottenere piantando 1000 piante di vite per ettaro e facendo produrre ciascuna 10 chilogrammi d'uva, oppure piantare 10000 piante di vite per ettaro e facendo produrre ciascuna un chilo d'uva. Il risultato è sempre e comunque 100 quintali per ettaro, ma è fin troppo evidente che la qualità delle uve, e quindi del vino, sarà notevolmente diversa: maggiore la quantità d'uva prodotta da una singola vite, minore sarà la qualità dell'uva e delle sue caratteristiche. Tuttavia i vini ottenuti da questi due esempi possono entrambi appartenere a pieno titolo all'ipotetica denominazione di origine che prevede 100 quintali di resa per ettaro.

 Questo tipo di scelte di produzione influiscono non solo sulla qualità del vino ma anche sui costi necessari alla sua produzione. Senza ombra di dubbio, i costi per mantenere e coltivare un vigneto di un ettaro con 1000 viti è certamente e di gran lunga inferiore di un vigneto che nella stessa superficie ne conta 10000. Questi costi, aggiunti agli altri sostenuti durante le varie fasi di produzione, influiscono direttamente sul prezzo finale del vino. Non è certamente una novità: produrre vino di qualità significa operare scelte onerose e costose, tuttavia vanno fatte le dovute distinzioni fra l'onesto e ragionevole prezzo offerto per la qualità di un vino e la speculazione vera e propria.

 Denominazione di origine uguale a qualità? La risposta più appropriata sembrerebbe essere “forse”. Probabilmente la cosa più certa che può essere garantita da una denominazione, a patto che esistano adeguati e opportuni controlli da parte delle autorità competenti oltre alla serietà e onestà dei produttori, è la zona di origine. La qualità vera o propria del prodotto è invece legata strettamente alla serietà e alle scelte del produttore, piuttosto che alle indicazioni delle disciplinari di denominazione di origine.

 Va comunque osservato che queste differenze di qualità, anche evidenti e imbarazzanti, fra i vini di una stessa denominazione di origine, non possono fare altro che dare luogo a confusione, sfiducia e atteggiamenti pregiudiziali da parte dei consumatori nei confronti dei vini provenienti da certe zone. Nel caso in cui un consumatore acquistasse per la prima volta un vino appartenente in una determinata denominazione di origine e prodotto con metodi e criteri di qualità discutibile, non potrà fare altro che associare ai vini di quella denominazione un giudizio di bassa qualità. Tutto questo, ovviamente, a scapito degli altri produttori che usano reali criteri di qualità e, non da ultimo, delle tradizioni vinicole di tutta la zona. Sarà piuttosto difficile per questo consumatore lasciarsi convincere che i vini di quella zona, di cui quel vino assaggiato era piuttosto deludente, sono invece dei buoni vini.

 Non di rado accade che certi produttori, storicamente associati ad una determinata zona, decidono deliberatamente di non fare appartenere i propri vini ad una specifica denominazione di origine, preferiscono invece iscriverli in denominazioni più generiche e considerate legalmente inferiori, ma che gli consente di scaricare il “peso” imbarazzante di una denominazione di origine discutibile e “distrutta” dalla scarsa qualità della maggioranza dei vini dei suoi produttori. Spesso i vini “ritirati” da certi produttori dalle storiche denominazioni di appartenenza, sono prodotti con le stesse uve e nelle stesse zone e, certamente, con criteri produttivi assolutamente diversi e qualitativamente migliori.

 Nella qualità dei vini, come abbiamo già detto, il ruolo giocato dalla zona di provenienza e dalle sue condizioni climatiche, rappresentano un fattore importante e rilevante, tuttavia non può, da solo, essere garanzia di qualità. Si può coltivare la vite nel luogo più adatto del mondo, ma se questa coltivazione viene fatta in modo approssimativo e speculativo e il vino viene prodotto con pratiche generiche e poco attente, non si può certamente pretendere di ottenere un prodotto di qualità, a dispetto dell'eccellente luogo di produzione. Come viene spesso e giustamente ripetuto, la produzione del vino di qualità necessita anche dell'attenta e intelligente opera dell'uomo, supportata dalle grazie di Madre Natura, e soprattutto dalla consapevole volontà di produrre un vino di qualità, indipendentemente da ciò che viene stabilito legalmente da un disciplinare di denominazione di origine.

 Denominazione di origine uguale a qualità? Forse, ma da sola non basta a fare un grande vino. Si osservi e si valuti invece il lavoro e i risultati dei singoli produttori che operano in una determinata zona, il loro rispetto per l'uva e il lavoro svolto nel vigneto, la passione con cui producono vino e, non da ultimo, l'onestà e la correttezza con cui vendono i propri prodotti: si valuti con tutto questo la reale qualità del vino.

 



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  Editoriale Numero 5, Febbraio 2003   
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La Posta dei Lettori


 In questa rubrica vengono pubblicate le lettere dei lettori. Se avete commenti o domande da fare, esprimere le vostre opinioni, inviate le vostre lettere alla redazione.

 

Vorrei chiedervi di pubblicare un'ampia spiegazione e illustrazione sulle origini, l'attualità e il perché dei vini con predicato prodotti in Toscana. Grazie e complimenti per la vostra rivista, è davvero interessante e ben fatta.
Michele Serafini -- Perugia (Italia)
Negli anni '80 dello scorso secolo, alcuni produttori Toscani, con lo scopo di tutelare i nuovi stili di produzione della regione che prevedevano l'uso della barrique, decisero di stabilire dei disciplinari di produzione in modo da garantire un elevato livello di qualità. Questi produttori decisero di chiamare questi “nuovi” vini con il termine “Vini con Predicato”, termine che successivamente fu sostituito con “Capitolare”, sia per dare loro un nome Italiano più distintivo, sia per respingere l'accusa di certi produttori tedeschi che criticavano l'evidente somiglianza della parola “predicato” con il loro termine “Prädikat” e che poteva essere causa di confusione. Le categorie previste sono quattro e precisamente: Capitolare di Biturica, che deriva dal nome latino con cui era noto il Cabernet Sauvignon, prodotto con uve Sangiovese e Cabernet Sauvignon e con una proporzione minima del 30% ciascuno; Capitolare del Cordisco, nome con cui era noto nel medioevo l'uva Sangiovese, prodotto con l'omonima uva e con un massimo del 10% di altre uve a bacca rossa; Capitolare del Muschio, prodotto con uve Chardonnay e/o Pinot Bianco con eventuale aggiunta di Riesling Renano, Riesling Italico, Pinot Grigio o Müller Thurgau e per un massimo del 20%; Capitolare del Selvante, prodotto con Sauvignon Blanc ed eventualmente le stesse uve e percentuali previste per la produzione del Capitolare del Muschio. L'affinamento minimo previsto è di 12 mesi per i vini bianchi e di 18 mesi per quelli rossi, inoltre, nell'etichetta viene riportato il nome del vigneto o cru da cui provengono le uve.



In occasione dello scorso Natale 2002 mi è stato regalato una bottiglia di Bradisismo IGT 1998 di Inama. Non conoscendo assolutamente questo vino, volevo avere informazioni in generale e in particolare sui tempi massimi per una eventuale conservazione oltre ai possibili abbinamenti. Ringraziandovi anticipatamente, porgo distinti saluti.
Diego Raineri -- Rodengo Saiano, Brescia (Italia)
Il vino che ha ricevuto in regalo, Bradisismo 1998 di Inama, è prodotto con uve Cabernet Sauvignon, Carmenère e Merlot. Fra queste uve, probabilmente la meno nota è il Carmenère, un uva di origine Bordolese e che in tempi passati era piuttosto diffusa nel Médoc. Recentemente è stata riscoperta e sta riprendendo la giusta posizione che certamente merita. Il Bradisismo subisce un affinamento in barrique per 15 mesi e viene imbottigliato senza fare uso di processi di filtrazione. Le prospettive di maturazione e affinamento sono più che ottime e se conservato in modo corretto, può essere affinato in bottiglia per oltre 10 anni. Un vino come questo richiede abbinamento enogastronomici piuttosto “impegnativi”, come per esempio ricchi stufati o brasati di carne, selvaggina, arrosti di carne e, non da ultimo, grandi formaggi stagionati, preferibilmente di pecora o capra.



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  ABC Vino Numero 5, Febbraio 2003   
Sud AfricaSud Africa  Sommario 
Numero 4, Gennaio 2003 Segui DiWineTaste su Segui DiWineTaste su TwitterNumero 6, Marzo 2003

Sud Africa

Con una storia enologica di circa 350 anni, il paese offre oggi una buona e interessante selezione di vini, dai bianchi ai rossi, dagli spumanti ai fortificati

 Il continente Africano non è certamente fra i principali produttori di vino del mondo, nonostante la sua imponente estensione, solo pochi stati Africani registrano una modesta produzione di vino, tuttavia uno di questi si impone fra i protagonisti, non solo dell'Africa, ma anche del mondo, per la sua produzione di vino: il Sud Africa. Con un'insospettabile tradizione storica di circa 350 anni, in Sud Africa si produceva vino molto prima che in California o in Australia, il paese è oggi il settimo produttore di vino del mondo.

 Nonostante il paese mostri un lieve ritardo rispetto agli altri produttori vinicoli del mondo, principalmente dovuto agli avvenimenti politici dello scorso secolo, il Sud Africa si propone al mondo con interessanti vini bianchi e rossi e le premesse per un rapido e importante sviluppo enologico di qualità fanno ben sperare per la produzione futura. Una consistente quantità delle uve coltivate in Sud Africa è ancora oggi utilizzata per la produzione di mosto concentrato e per la produzione di distillati, oltre alla produzione di vini di largo consumo generalmente venduti in confezioni di cartone da 5 litri. La produzione vinicola del Sud Africa è ancora fortemente caratterizzata dalle cooperative, tuttavia si sta registrando, a partire dalla metà degli anni 1980, un crescente numero di nuovi produttori vinicoli che puntano essenzialmente sui vini di qualità.


Il Sud Africa
Il Sud Africa

 La produzione di vino in Sud Africa è praticamente ed equamente divisa fra vini bianchi e vini rossi e il consumo pro capite del paese è di circa 9,5 litri all'anno. Le uve coltivate nel paese sono tutte di origine Francese, con l'eccezione del locale Pinotage, un incrocio fra Pinot Nero e Cinsaut con cui si producono vini interessanti. La popolarità di quest'uva è oggi un innegabile segno di riconoscimento e di distinzione del Sud Africa e la coltivazione del Pinotage si è diffusa, seppure in zone piuttosto ristrette, anche in altri paesi come la California e la Nuova Zelanda. Le uve a bacca bianca principalmente coltivate nel paese sono lo Chenin Blanc, qui conosciuto con il nome di Steen ed è l'uva principalmente coltivata nel paese, Colombard, Chardonnay, Sauvignon Blanc, Moscato d'Alessandria, Sémillon e Crouchen, noto nel paese con il nome di “Riesling del Sud Africa”. Fra le uve a bacca rossa troviamo il Cabernet Sauvignon, Pinotage, Merlot, Cinsaut e Syrah, che in Sud Africa, come in Australia, viene detto “Shiraz”.

 La zona dove principalmente si produce la maggior parte del vino del Sud Africa è anche quella che storicamente coincide con le origini enologiche del paese: il Capo di Buona Speranza, nella parte più a sud, vicino a Città del Capo. La storia dell'enologia sud Africana ha inizio verso la metà del 1600 ad opera di quello che è da tutti considerato come il padre della vitivinicoltura del Sud Africa: Jan van Riebeeck. Nell'intento di realizzare un punto di ristoro e di sosta per le navi della Compagnia delle Indie Olandesi in rotta verso i paesi dell'estremo oriente, questo zelante trentatreenne chirurgo olandese, non aveva nessuna nozione né di viticoltura né di pratiche enologiche, tuttavia intuì la necessità di fare trovare vino e distillati agli equipaggi in sosta a Capo di Buona Speranza, che avrebbero senz'altro gradito. Fece quindi arrivare dalla Francia, non è certa l'esatta zona di origine ma con molta probabilità si trattava di Chenin Blanc e Moscato d'Alessandria, alcune viti da piantare nel Sud Africa e, finalmente, dopo diversi tentativi andati male a causa di incendi appiccati ai vigneti da parte delle popolazioni locali oltre ai famelici passeri ghiotti di chicchi d'uva, nel 1659 si registra la prima produzione di vino in Sud Africa.

 Nel diario di Jan van Riebeeck, nella data del 2 febbraio 1659, si trova scritto «oggi, sia lodato il Signore, per la prima volta abbiamo fatto vino con le uve del Capo». L'esultanza è certamente comprensibile, tuttavia un cronista dell'epoca ricorda che il vino era incredibilmente astringente, buono solamente per “irritare l'intestino”, non da ultimo, il vino spedito in Olanda veniva spesso rifiutato e rimandato al mittente. Nonostante lo scarso favore e, a quanto pare, i poco incoraggianti risultati dei primi esperimenti, la strada per l'enologia del Sud Africa era stata tracciata e c'era sicuramente ampio spazio per i miglioramenti.


 

 Di li a poco, accaddero due significativi avvenimenti che diedero impulso e un forte sviluppo all'enologia del Sud Africa. Il nuovo governatore Simon van der Stel, che arrivò in Sud Africa nel 1679 e, contrariato dalla forte acidità dei vini locali, decise di fondare nel 1685 la più prestigiosa cantina di tutta la storia enologica del Sud Africa: Constantia, la cui fama arrivò perfino a primeggiare con i vini Francesi dell'epoca e con i celebri vini Ungheresi di Tokaj. L'altro avvenimento che contribuì al miglioramento della qualità del vino in Sud Africa fu l'arrivo, successivamente alla fondazione della cantina Constantia, di circa 200 rifugiati protestanti ugonotti Francesi, in fuga dalle persecuzioni religiose dopo la revoca dell'Editto di Nantes, che portarono con loro l'esperienza, senz'altro provvidenziale, delle pratiche enologiche.

 I vini di Constantia rappresentarono un caso piuttosto singolare, in quanto è stato l'unico vino del cosiddetto “Nuovo Mondo” a primeggiare se non a superare i vini prodotti in Europa e fu preferito per molti anni dalle Corti Reali d'Europa; lo stesso Napoleone, in esilio all'isola di Sant'Elena, ordinava i vini di Constantia per alleviare il suo tormentoso destino. I celebri vini di Constantia erano vini dolci e prodotti nelle versioni rosso e bianco, quest'ultimo più pregiato e ricercato. Il Constantia bianco era prodotto con il Muscat à Petit Grains a cui veniva probabilmente aggiunto il Moscato d'Alessandria e il Pontac, un'uva a bacca rossa le cui origini non sono molto certe. La fama dei vini di Constantia fu merito del secondo proprietario, Hendrik Cloete, che l'acquistò e la ripristinò nel 1778. La fama di questi vini iniziò a declinare dopo l'occupazione delle truppe Britanniche in seguito alle guerre Napoleoniche oltre al generale declino dei vini del Sud Africa a partire dal 1861.

 A complicare e a rendere ancora più difficoltosa la decadente condizione dell'enologia del Sud Africa, come negli altri paesi produttori di vino dell'epoca, nel 1886 fece la sua comparsa la temibile fillossera che devastò progressivamente i vigneti del paese. Gli effetti di questo parassita si fecero sentire per circa 20 anni e all'inizio degli anni del 1900 i produttori locali ripresero a piantare vigneti, prevalentemente con uva Cinsaut, cercando di ridare slancio all'enologia del paese che di fatto, diede luogo ad una sovrapproduzione che portò ad una crisi economica dell'industria enologica del Sud Africa. Questa crisi finanziaria portò nel 1918 alla fondazione di una delle cooperative di produttori del Sud Africa, la KWV, Koöperatiewe Wijnbouwers Vereeniging van Zuid Africa. (Associazione Cooperativa dei Viticoltori del Sud Africa)

 Lo scopo di questa cooperativa era di fissare dei limiti di produzione, con lo scopo di evitare sovrapproduzioni, e di conseguenza i prezzi minimi del vino. La cooperativa divenne in breve tempo un potente organismo e nessun vino poteva essere prodotto, venduto o importato in Sud Africa se non per mezzo del KWV. Nonostante questa cooperativa sia ancora attiva e controlla circa il 25% delle esportazioni dei distillati e del vino del Sud Africa, oggi ha perso molto del suo dominio e attualmente ristrutturata come un gruppo di compagnie private. Nonostante si debba riconoscere il merito di questa organizzazione per avere contribuito alla stabilizzazione dei prezzi così come alla regolamentazione della produzione vinicola, il dominio del KWV ha anche lasciato poco spazio alla creatività e all'iniziativa personale dei produttori, determinando, di fatto, un ritardo nelle tecnologie e nella qualità dei vini, che invece negli altri paesi stava procedendo in modo spedito e determinante.

 Il cambiamento in favore della qualità dei vini del Sud Africa è iniziato verso la metà degli anni 1980 dove si è assistito ad un cambiamento radicale dell'industria enologica in favore dei piccoli produttori rispetto a quello che era invece la norma fino a quei tempi, cioè le cooperative. La produzione attuale dell'enologia del Sud Africa è piuttosto promettente e di certo gli sforzi compiuti dai produttori locali hanno segnato una nuova era che porterà, senza ombra di dubbio, i vini del Sud Africa a ricoprire posizioni sempre più prestigiose, al pari con gli altri produttori del mondo.

 

Il Sistema di Qualità del Sud Africa

 Il sistema di qualità in vigore nel Sud Africa fu introdotto nel 1973 e, per certi aspetti, si basa sulle regolamentazioni dell'equivalenti norme Francesi e Tedesche. Il sistema prende il nome di Wine of Origin (Vino di Origine), abbreviato con la sigla “WO” e, di fatto, ha contribuito a chiarire e a regolamentare un sistema indiscriminato che ha avuto come principale effetto quello di confondere i consumatori. Un vino viene riconosciuto come prodotto di qualità solo in seguito ad un esame svolto da un'apposita commissione, istituita dall'organismo che gestisce e designa i vini di qualità, il Wine & Spirit Board (Comitato per i Vini e i Distillati). Ogni vino che supera positivamente la valutazione della commissione viene certificato e può applicare a pieno titolo nelle proprie bottiglie l'apposito sigillo di certificazione, come quello riportato in figura .


Sigillo di certificazione ``Wine of Origin''
Sigillo di certificazione “Wine of Origin”

 I vini possono essere certificati per regione o circoscrizione comunale di origine (ward), annata e varietà delle uve. Un vino certificato come varietale, deve essere prodotto con almeno il 75% dell'uva indicata in etichetta e almeno il 75% deve provenire dalla vendemmia indicata, la parte restante può appartenere ad una o più annate, sia precedenti, sia successive a quella indicata in etichetta. I vini assemblati che non rivendicano l'appartenenza ad una singola varietà possono riportare in etichetta la composizione delle uve.

 Il sistema prevede inoltre il riconoscimento di “Estate” (proprietà), che può essere considerato, con le dovute eccezioni e distinzioni, come le denominazioni di “Château” o “Domaine” dei vini Francesi. Il vino che può essere definito in questa denominazione deve essere prodotto nell'ambito di una proprietà ben definita e riconosciuta dal sistema di qualità. La definizione di “Estate” è comunque controversa e fin troppo permissiva. Per esempio, due vigneti appartenenti ad un unico proprietario, anche nel caso in cui distano l'uno dall'altro molti chilometri, possono essere utilizzati, assemblando i rispettivi raccolti, in modo da produrre un vino che comunque può essere certificato come “Estate”. Va comunque osservato che i due vigneti devono trovarsi nelle stesse condizioni ecologiche e che questa parità di condizioni sia riconosciuta dalle autorità competenti. Inoltre, il vino appartenente a questa categoria può anche essere vinificato in un luogo e maturato in un altro stabilimento, sempre appartenente alla stessa proprietà. C'è inoltre da osservare che un vino può indicare una sola origine anche se questo contiene vini prodotti in più regioni.

 I vini spumanti prodotti nel Sud Africa secondo il metodo classico riportano la dicitura Méthode Cap Classique e la dizione “Wine of Origin” può anche essere indicata secondo il termine linguistico locale Wyn van Oorsprong. Lo zuccheraggio non è permesso in Sud Africa, così come altre forme di “arricchimento”, tuttavia viene consentita l'acidificazione.

 

Zone di Produzione

 Il centro della produzione vinicola del Sud Africa è situato nel cosiddetto “Capo”, nella parte più a sud del paese, in prossimità di Città del Capo e del Capo di Buona Speranza. Le regioni di principale interesse sono certamente Paarl e Stellenbosch, dove si produce anche la maggiore quantità di vino del paese. In Sud Africa si producono sia vini bianchi sia vini rossi, non da ultimo, vini fortificati e vini spumanti. Il clima della zona a sud è favorito dalla vicinanza con i due oceani, Atlantico e Indiano, condizioni che consentono la produzione di vini di qualità e, non a caso, i migliori vini del Sud Africa provengono proprio da queste zone.

 L'uva più coltivata del Sud Africa è lo Chenin Blanc, chiamata dai locali come “Steen”, con la quale si producono vini piuttosto ordinari anche se, ad onore del vero, esistono alcune eccezioni e certi piccoli produttori riescono a produrre vini deliziosi con quest'uva. Nonostante la popolarità dello Chenin Blanc sia in netto declino, sono ancora le uve bianche ad essere le specie più coltivate del Sud Africa, in particolare alcune specie “internazionali” come lo Chardonnay e il Sauvignon Blanc, oltre ad alcune uve “storiche” del paese come il “Cape Riesling”, il nome con cui è famoso nel Sud Africa il Crouchen, il Moscato d'Alessandria, qui noto con il nome di Hanepoot e dal quale si ricavano prevalentemente vini fortificati, Riesling, Colombard. Fra le uve a bacca rossa la più importante e la più coltivata è certamente il Cabernet Sauvignon, seguito dal Cinsaut, il Merlot, che sta progressivamente acquisendo popolarità, Shiraz e il locale Pinotage, un incrocio prodotto nel 1925 dalle uve Pinot Nero e Cinsaut, dal quale si producono buoni vini di qualità così come di qualità più corrente.

 La zona di produzione più antica del Sud Africa, Constantia, si trova nel Capo di Buona Speranza e beneficia sia di un clima fresco sia della vicinanza dell'oceano Atlantico. La zona divenne famosa per il suo celebre vino dolce che da alcuni anni viene riprodotto nella zona cercando di ripetere gli storici e prestigiosi fasti del passato. Nella Constantia si producono inoltre eccellenti vini da uve Chardonnay e Sauvignon Blanc, forse i migliori del Sud Africa, oltre a vini rossi prodotti con uve Cabernet Sauvignon, Cabernet Franc e Merlot.

 A circa 45 chilometri ad est di Città del Capo, si trova un'altra celebre zona vinicola del paese, Stellenbosch, prestigiosa città universitaria del Sud Africa. Tradizionalmente viene considerata fra le più antiche zone di produzione del paese, dopo Constantia, oltre che fra le più importanti, sia per produzione, sia per qualità. Il clima di questa zona è piuttosto temperato dalle correnti provenienti dall'oceano Atlantico e le uve che principalmente si coltivano sono il Cabernet Sauvignon, il Merlot, il Syrah e il Pinotage, con cui si producono eccellenti vini. In questa zona si producono inoltre buoni esempi di vini fortificati nello stile di “Porto” e vini bianchi prodotti con uve Chardonnay e Sauvignon Blanc.

 Ancora più a nord di Stellenbosch, troviamo l'altra zona d'importanza enologica del Sud Africa e che produce eccellenti vini di qualità: Paarl. In questa zona si producono, oltre a vini bianchi e rossi, anche vini liquorosi, spumanti e brandy. In particolare i vini fortificati sono prodotti con le stesse tecniche con cui si producono i celebri Jerez in Spagna, e spesso la loro qualità viene considerata al loro pari. Le uve prevalentemente coltivate nella zona sono lo Chenin Blanc, lo Chardonnay, il Sauvignon Blanc, il Cabernet Sauvignon e il Merlot. Una zona molto rinomata di questa regione è il Franschoek, originale insediamento degli ugonotti Francesi, dove si producono interessanti vini di qualità, in particolare con uve Sémillon.

 Altre zone di interesse sono Hermanus, a sud di Città del Capo, dove si producono vini con uve Pinot Nero e Chardonnay, Durbanville, ad ovest di Paarl, dove si producono in prevalenza buoni vini bianchi. Altre zone del Sud Africa di interesse enologico sono Worcester, Klein Karoo, Mossel Bay, Elgin e Walker Bay.

 




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  Gusto DiVino Numero 5, Febbraio 2003   
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Introduzione all'Esame Gustativo del Vino

Dopo avere valutato l'aspetto del vino e il suoi aromi, è finalmente giunto il momento di prendere un sorso del nettare di Bacco e di contemplare la sua anima e la sua essenza

 La qualità degli aromi del vino rappresenta, di fatto, l'anteprima di ciò che verrà confermato dal gusto. L'esame olfattivo, piacevole, seppure complessa, fase della valutazione di un vino, apre la strada alla percezione dei sapori di questa bevanda, il suo gusto, anticipato dai suoi aromi, rappresenta certamente l'aspetto più edonistico dei piaceri del vino, l'esame che ci consente di definire il suo grado di piacevolezza e quindi di appagamento.

 Inoltre, l'esame del gusto del vino consente anche la sua valutazione unitamente al suo più fedele alleato: il cibo. Le caratteristiche gustative di un vino, sia come quelle olfattive, determinano il larga parte la qualità e la piacevolezza di un vino, nell'attimo in cui il vino viene introdotto nella bocca si determina immediatamente il suo grado di piacevolezza, si valutano in pochi attimi tutti i fattori che rendono piacevole o sgradevole un vino, quei dettagli che deludono oppure esaltano le aspettative del degustatore, la conferma di ciò che si è percepito dal naso è armoniosamente corrispondente e integrato con il gusto e, in modo particolare, reso elegante dal suo equilibrio e dalla sua giusta struttura.

 

Fisiologia del Gusto

 Il gusto è un senso piuttosto complesso, quello che viene considerato come “gusto” è in realtà l'unione delle sensazioni saporifere di un cibo con i suoi aromi: il senso dell'olfatto contribuisce in modo determinante alla definizione del gusto di qualunque cibo o bevanda. Il senso del gusto, come tale, consente di rilevare un numero di stimoli piuttosto limitato, se paragonato agli altri sensi, come per esempio l'olfatto oppure la vista. In realtà l'apparato sensoriale gustativo rileva i cosiddetti sapori fondamentali (dolce, acido, amaro e salato) oltre ad altre sensazioni, dette tattili, che, grazie anche al determinante contributo del senso dell'olfatto, consentono di definire il quadro complessivo del gusto percepito.


 

 La percezione dei sapori nella bocca è svolta mediante le cosiddette “papille gustative” che si trovano principalmente sulla superficie della lingua. La teoria più comune relativamente alla disposizione delle papille sulla lingua, suggerisce che la percezione dei singoli sapori è localizzata in determinate parti della lingua in quanto ogni zona è “specializzata” alla percezione di uno specifico sapore. I quattro sapori fondamentali, dolce, acido, salato e amaro, vengono rilevati da specifici tipi di papille gustative e ognuno di questi è capace di generare una risposta sensoriale al cervello in accordo al sapore che è in grado di riconoscere. La teoria “classica” della percezione gustativa delle papille disposte sulla lingua, suggerisce che le papille sensibili al sapore dolce sono disposte sulla punta della lingua, quelle sensibili al sapore salato sui lati anteriori in prossimità della punta, quelle sensibili al sapore acido si trovano sui lati della lingua, mentre le papille sensibili al sapore amaro si trovano nella parte posteriore. Questa teoria, piuttosto diffusa, pare sia stata smentita recentemente da nuovi e moderni studi sulla percezione del gusto. Si ritiene che tutte le papille gustative sono capaci di rispondere ad ognuno dei quattro sapori fondamentali, seppure con intensità e sensibilità diverse. Inoltre si ritiene che la percezione dei sapori non sia limitata esclusivamente alla lingua, ma si ritiene che le papille gustative siano anche presenti nell'oro-faringe, cioè nella zona posteriore della cavità orale, e nel tratto superiore dell'esofago.

 Le papille gustative sono composte da cellule aventi una forma allungata e dotate di una ciglia sensibile ai sapori. Queste cellule sono raggruppate in 2 o più unità, fino a 12, e contribuiscono alla formazione delle singole papille gustative. Le cellule sensoriali per la percezione dei sapori hanno una vita media di 7-10 giorni, trascorso questo tempo degenerano e vengono sostituite con cellule nuove. La sensibilità ai sapori è una caratteristica presente prima della nascita, raggiunge il suo massimo sviluppo durante la pubertà e tende in genere a diminuire dopo i 50 anni di età.

 Sulla teoria del gusto si sono espressi molti studiosi, spesso proponendo nuove teorie e aggiungendo dettagli a quello che era già noto. Secondo alcuni i sapori fondamentali non sono solamente quattro, ai classici dolce, salato, acido e amaro andrebbero aggiunti anche i sapori di alcalino, carnoso e metallico. Un punto sul quale sembrano essere tutti d'accordo è che il gusto è il risultato di percezioni sensoriali gustative, olfattive e tattili.

 

Sensazioni Tattili

 Benché le sensazioni tattili non possono essere definite o considerate come sapori, esse contribuiscono comunque alla percezione generale del gusto e, in modo particolare alla valutazione gustativa di un vino, consentono di determinare l'equilibrio di questa bevanda e, non da ultimo, il grado di piacevolezza. Le sensazioni tattili sono percepibili in tutta la cavità orale e nella lingua, particolarmente nella sua zona centrale. Le sensazioni tattili che prenderemo in esame sono la termica, la pseudocalorica, l'astringenza, il pungente e il corpo o consistenza.

 La sensazione tattile termica, provocata dalla temperatura, oltre ad influire sulla percezione dei sapori e del gusto, rappresenta prevalentemente una risposta difensiva in quanto ha lo scopo di rilevare le condizioni di pericolo per l'organismo nel caso in cui si stia ingerendo un cibo o una bevanda troppo calda o troppo fredda: la tipica reazione è appunto quella di espellere il contenuto della bocca prima che si verifichino dei danni. La temperatura influisce sulla percezione dei sapori e, in certi casi, anche sulla percezione di altre sensazioni tattili. In termini generali, una bassa temperatura accentua la percezione dei sapori salato, acido e amaro, abbassando invece la percezione del sapore dolce e diminuendo la sensazione pseudocalorica per effetto dell'alcol oltre a fare apparire meno consistente, o di corpo, un vino. Viceversa, una temperatura alta accentua la percezione del sapore dolce, la pseudocaloricità dell'alcol e tende a fare apparire il vino più corposo e consistente. Infine la temperatura influisce anche sullo sviluppo e l'azione dell'anidride carbonica, responsabile della pungenza, in quanto una bassa temperatura provoca un rilascio lento di questo gas, e quindi gradevole, mentre ad altre temperature il rilascio è repentino e violento.

 La sensazione tattile di pseudocalore, o causticità, è determinata nel vino dall'alcol. Tanto maggiore sarà la quantità dell'alcol, tanto maggiore sarà questa sensazione tattile che può essere descritta come una secchezza delle mucose orali che produce come risposta una sensazione di “bruciore” in tutta la cavità orale.

 L'astringenza è quella sensazione tattile che si verifica quando nella bocca si percepisce una certa secchezza e “rugosità” di tutta la cavità orale e la lingua sembra non scorrere nella bocca con la sua consueta facilità. Inoltre l'astringenza provoca anche la contrazione delle gengive. Questa sensazione è in genere provocata dai tannini presenti nel vino che hanno la proprietà di combinarsi con alcune proteine della saliva, coagulandola e facendogli perdere quindi il suo effetto lubrificante. La sensazione di secchezza è anche dovuta all'inibizione della secrezione salivare prodotta come risposta allo stimolo di astringenza.

 La pungenza è quella sensazione tattile provocata dalle bevande frizzanti per effetto dell'anidride carbonica (CO2). Nei vini si rileva principalmente negli spumanti e nei vini frizzanti, tuttavia va osservato che questo gas è anche contenuto, seppure in dosi minime e trascurabili, nei vini “fermi”. La sensazione di pungenza, cioè l'effetto dell'anidride carbonica, è anche determinato dalla temperatura.

 La sensazione tattile di corpo, o consistenza, è quella percezione fisica che consente di stabilire la natura della sostanza nella bocca, cioè se si tratta, per esempio, di sostanze liquide, viscose oppure solide. La sensazione è percepita su tutta la cavità orale e consente all'organismo di stabilire il tipo di trattamento adatto per la sostanza in bocca prima di essere ingerita. Nel vino viene in genere determinato dal suo grado di fluidità, cioè della sua consistenza, e questa sensazione consente di determinare, come vedremo in seguito, il corpo o la struttura del vino.

 

Componenti del Vino che Determinano il Gusto

 Il gusto del vino, cioè il risultato delle sensazioni di cui abbiamo già parlato, sono determinate da diversi componenti disciolti nella bevanda. Ogni sensazione gustativa, sia saporifero sia tattile, viene stimolata da precise sostanze chimiche che compongono il vino. Queste sostanze sono in prevalenza contenute nell'uva, sono il risultato della fermentazione, sia alcolica, sia malolattica, oltre a sostanze aggiunte durante le pratiche di vinificazione, come per esempio i tannini ceduti dalla botte al vino.

 

Dolcezza e Morbidezza

 Le sensazioni gustative di dolcezza e di morbidezza sono provocate da sostanze zuccherine disciolte nel vino: zuccheri contenuti nell'uva e alcoli prodotti durante la fermentazione.

 Gli zuccheri principali contenuti nell'uva sono il fruttosio, il glucosio, l'arabinosio e lo xilosio. Questi zuccheri sono presenti in quantità piuttosto elevati, e comunque dipendentemente dal grado di maturazione delle uve, e saranno successivamente trasformati, con il processo di fermentazione, in alcoli. Dipendentemente dal tipo di vino che si intende produrre, non tutti gli zuccheri vengono trasformati in alcol; tali zuccheri vengono detti “zuccheri residui” e determinano in larga parte il gusto dolce dei vini passiti e liquorosi.

 L'alcol, oltre a provocare la sensazione tattile di pseudocalore, ha un gusto tendenzialmente dolce. Fra gli alcoli prodotti durante la fermentazione, l'etanolo è quello più importante ed è prodotto in maggiore quantità e la sua presenza nel vino varia a seconda della tipologia. L'alcol etilico, oltre a contribuire al profilo gustativo del vino, è responsabile per la determinazione della morbidezza e “rotondità” ed è un fattore fondamentale per la determinazione dell'equilibrio in quanto contrasta gli effetti degli acidi e dell'astringenza. L'alcol svolge inoltre un fondamentale supporto per gli aromi primari e alla formazione del quadro olfattivo complessivo del vino.

 Un altro prodotto della fermentazione e responsabile del gusto dolce del vino è il glicerolo. Questo componente è presente in quantità considerevoli i cosiddetti vini “muffati”, cioè quelli prodotti con uve attaccate dalla muffa nobile o “Botrytis Cinerea” e conferisce al vino una maggiore rotondità e morbidezza.

 

Acidità

 Il sapore acido di un vino è determinato dagli acidi disciolti nella bevanda la cui origine può essere naturale, cioè gli acidi contenuti nell'uva, e gli acidi di origine fermentativa. L'insieme degli acidi contenuti nel vino da luogo alla cosiddetta “acidità totale”, che a sua volta è costituita dall'acidità fissa e dall'acidità volatile. Gli acidi che contribuiscono alla definizione dell'acidità fissa sono sia di origine naturale sia di origine fermentativa. I principali acidi naturali presenti nel vino e che determinano l'acidità fissa sono l'acido tartarico, l'acido malico e l'acido citrico, mentre i principali acidi di origine fermentativa sono l'acido lattico e l'acido succinico. L'unico acido che costituisce l'acidità volatile è l'acido acetico ed è di origine fermentativa.

 L'acido tartarico, detto anche acido dell'uva, è l'acido più importante per quantità del vino. Quando è presente nella giusta quantità, cioè in equilibrio con gli altri componenti, conferisce freschezza e vivacità al vino, mentre quando è presente in quantità eccessive, accentua la durezza e l'asprezza. L'acido malico ha un gusto tipicamente di “acerbo” e aspro, è piuttosto instabile e può essere facilmente degradato, durante la cosiddetta fermentazione “malolattica”, in acido lattico che ha un gusto più rotondo e meno aggressivo. L'acido citrico, presente in quantità minime nel vino, conferisce un gusto gradevolmente acidulo. Questo acido è facilmente attaccabile dai batteri lattici e tende pertanto a scomparire con il tempo.

 L'acido lattico è prevalentemente prodotto durante la fermentazione “malolattica”, cioè quel processo attivato da determinati batteri e che trasformano l'acido malico in acido lattico, e come sottoprodotto anidride carbonica. L'acido lattico contribuisce ad abbassare l'acidità fissa e, sostituendosi all'acido malico, conferisce al vino un gusto più rotondo e meno aggressivo. L'acido succinico, prodotto durante la fermentazione alcolica, non conferisce al vino particolari sensazioni gustative acide, il suo ruolo principale è la determinazione della sapidità e della “vinosità” nei vini giovani. L'acido acetico, certamente l'acido meno desiderato fra tutti, è prodotto durante la fermentazione ed è l'unico a determinare l'acidità volatile. L'acido acetico è presente in tutti i vini, e nei vini integri e sani è presente in minime quantità, tali da non influire con il gusto e con gli aromi. Quando è presente in quantità rilevanti, si riconosce per il suo tipico odore di aceto e conferisce al vino un carattere decisamente duro, aspro e astringente.

 

Salato

 Parlare del sapore salato in un vino non è molto opportuno. Il sapore che nel vino può ricordare una certo sapore tendenzialmente salato è in realtà prodotto da sali di acidi minerali e organici e, generalmente, sono difficilmente percettibili nel vino in quanto vengono coperti dall'alcol e dalle altre sostanze volatili.

 

Amaro

 Il gusto che tendenzialmente ricorda l'amaro nei vini è dovuto dalla presenza di composti fenolici e polifenolici, i quali sono inoltre responsabili anche della sensazione tattile dell'astringenza. Questa duplice funzione dei componenti fenolici e polifenolici, a cui appartengono anche i tannini presenti in larga parte nei vini rossi, può essere causa di confusione in quanto può accadere che si confonda il sapore tendenzialmente amaro di un vino con l'astringenza.

 

Astringenza

 L'astringenza, a differenza delle sensazioni discusse in precedenza, è una sensazione tattile e, come tale, non ha sapore e provoca una reazione fisiologica, in particolare sulla secrezione e il grado di lubrificazione della saliva. I tannini presenti nel vino possono avere origine sia dall'uva sia dalle pratiche di vinificazione. I raspi, le bucce e i vinaccioli dell'uva contengono tannini. Nella produzione dei vini bianchi, il mosto non viene solitamente lasciato a contatto con queste parti e quindi non contiene quantità di tannini rilevanti. I vini rossi contengono invece tannini provenienti dall'uva, in particolare dalle bucce, che vengono lasciate a macerare nel mosto. I tannini nel vino possono anche provenire dalla sua permanenza nelle botti di legno e la quantità che viene estratta dal legno e ceduta al vino dipende sia dal tipo di legno usato sia dal numero di volte che si è utilizzata la botte: tanto più sarà nuova la botte, maggiore sarà la quantità di tannini che saranno ceduti al vino.

 Il potere astringente delle tipologie di tannini non è sempre uguale, questo fattore dipende sia dall'origine sia dal loro stato di evoluzione, cioè il loro grado di polimerizzazione. Nei vini giovani le molecole dei tannini si trovano in forme piuttosto semplici e hanno la proprietà di combinarsi con una proteina della saliva, la mucina, coagulandola e dando luogo alla sensazione di secchezza e di rugosità, cioè diminuendo il potere lubrificante della saliva. Per questa ragione, i tannini che provocano queste sensazioni vengono definiti “aggressivi”. Nel corso dei processi di affinamento e di maturazione del vino, i tannini tendono a polimerizzarsi, cioè le loro molecole tendono a raggrupparsi fino a formare molecole più grosse, complesse e pesanti, diminuendo di conseguenza la loro capacità di combinarsi con la saliva, cioè perdono il loro potere astringente. Quando le molecole dei tannini raggiungono questo stato, tipico dei vini rossi affinati e maturi, perdono la loro “aggressività” e conferendo al vino un carattere più morbido e rotondo.

 

Come si Esegue l'Esame Gustativo

 L'esame gustativo del vino è la fase che segue l'analisi olfattiva. Dopo avere valutato gli aromi del vino, si porterà il calice alla bocca e si prende un piccolo sorso, più o meno 15-20 ml, vale a dire l'equivalente di poco più di due cucchiai, e con questo vino si provvederà a preparare la cavità orale prima di procedere con l'esame vero e proprio. Si provvederà a fare scorrere il vino sull'intera cavità orale e quindi si espellerà o si deglutirà il liquido. Questa operazione serve ad eliminare le eventuali tracce lasciate in bocca sia dal cibo sia da altre bevande, compresi gli eventuali residui di campioni di vino valutati in precedenza, preparando la bocca a ricevere quindi il sorso successivo di vino che sarà invece propriamente valutato.

 Si riporta il calice alla bocca e si prenderà un altro sorso di circa 10 ml, cioè poco più di un cucchiaio. La quantità da introdurre in bocca è fondamentale per il corretto svolgimento dell'esame gustativo: una quantità insufficiente finirebbe per essere eccessivamente diluita dalla saliva e si percepirebbero solamente le qualità più grossolane e ordinarie del vino, una quantità eccessiva renderebbe difficoltose le operazioni di valutazione.

 Si provvederà adesso a lambire tutta la cavità orale con il vino e quindi si porterà la massa liquida nella parte anteriore della bocca. A questo punto si aspirerà aria, attraverso i denti e mantenendo le labbra a fessura, in modo da favorire la volatilizzazione delle componenti aromatiche del vino e l'accentuazione delle sensazioni gustative e tattili.

 Muovere la massa liquida con la lingua esercitando anche delle pressioni sul palato e assicurarsi che il vino continui a bagnare in modo omogeneo ed uniforme tutta la cavità orale. A questo punto espirare con il naso ed iniziare a valutare i sapori, e quindi il gusto, del vino. Si valuteranno le componenti morbide (zuccheri, alcoli) e le componenti dure (tannini, acidi e sali), la struttura del vino e infine il suo equilibrio.

 Dopo avere valutato questi aspetti del vino, il liquido può essere sia espulso dalla bocca sia deglutito. In genere il vino viene espulso dalla bocca nel caso in cui si debbano valutare molti vini e pertanto la deglutizione, e quindi gli effetti dell'alcol, potrebbero compromettere sia la concentrazione sia la capacità sensoriale del degustatore. Compiere dei movimenti di masticazione a bocca vuota e valutare la cosiddetta “persistenza”, cioè la quantità di tempo in cui le sensazioni gustative e gusto-olfattive sono ancora percettibili prima di attenuarsi e scomparire.

 

Intensità

 Quando il campione di vino si trova nella bocca, si percepiscono immediatamente le sue caratteristiche gustative, la corrispondenza dei sapori con gli aromi percepiti dal naso e la forza, o intensità, di questi sapori.

 L'intensità dei sapori di un vino è un fattore che partecipa alla determinazione della qualità gustativa di un vino, del suo equilibrio e, non da ultimo, alla determinazione dell'abbinamento con il cibo. L'intensità, se valutata da sola, non è certamente garanzia di qualità e pregi: un vino di forte intensità gustativa non significa automaticamente un vino di qualità. Ci sono molti vini la cui intensità gustativa è delicata, non per questo il vino risulti essere poco gradevole o di scarsa qualità. Va ricordato che l'intensità è legata alla tipologia dell'uva, le metodologie di vinificazione, le condizioni generali dell'annata e lo stato di conservazione del vino.

 

Corpo

 Il corpo di un vino è spesso considerato, secondo alcuni, come indiscutibile segno di qualità: maggiore il corpo, più alta sarà la qualità. In realtà il corpo, come qualunque altro fattore organolettico di un vino, deve essere espresso nella giusta forma e quantità in modo da risultare in equilibrio con tutto il resto, cioè non deve apparire “fuori luogo” o poco appropriato nel quadro gustativo del vino. In altre parole, il corpo, da solo, non può essere considerato come indice di qualità. Esistono vini, in prevalenza bianchi, che hanno un corpo piuttosto “esile”, tuttavia la loro eleganza e qualità è ritenuta da tutti come elevata e indiscussa.

 Il corpo di un vino è determinato dalla quantità di sostanze solide in sospensione o disciolte nel liquido, il cosiddetto “estratto secco”, cioè il residuo rimanente dopo avere fatto completamente evaporare l'acqua, composto prevalentemente dagli acidi fissi, zuccheri, polifenoli, sali minerali, glicerolo, gomme e pectine, ed è prevalentemente responsabile delle sensazioni tattili. Il corpo è rilevabile mediante l'osservazione della fluidità del vino in bocca, cioè la facilità con cui questo scorre nella cavità orale. Per meglio comprendere questo concetto, si consideri la scorrevolezza dell'acqua nella bocca e la stessa sensazione provocata invece da uno sciroppo ricco di zuccheri. L'acqua scorre facilmente e senza impedimenti, mentre lo sciroppo, a causa delle sostanze solide in esso contenute, prevalentemente zuccheri, sembra scorrere più lentamente e assume una consistenza più “solida”. Un altro esempio utile alla comprensione di questo concetto può essere offerto dal latte: si provi a fare scorrere in bocca un sorso di latte scremato, quindi un sorso di latte parzialmente scremato e infine un sorso di latte intero. Il latte scremato sarà percepito più “acquoso” di quello parzialmente scremato, mentre quello intero sembrerà essere più denso e meno fluido, cioè più corposo.

 

Persistenza

 La persistenza è quella sensazione gustativa e gusto-olfattiva che determina in modo diretto la qualità di un vino. Dopo avere deglutito o espulso il vino dalla bocca, l'apparato gustativo e olfattivo continueranno a percepire sapori e aromi e che tenderanno a scomparire in una quantità di tempo variabile. Tanto maggiore sarà la quantità di tempo in cui queste sensazioni continueranno ad essere percepite, tanto maggiore sarà la persistenza del vino.

 Le sensazioni gustative e gusto-olfattive percepite dopo l'espulsione del vino dalla bocca prende il nome di P.A.I., Persistenza Aromatica Intensa, e viene in genere misurata in secondi, a partire dall'espulsione del vino, fino al momento in cui queste sensazioni non sono più percettibili. A titolo di esempio, un vino la cui PAI è misurata fino a 3 secondi vengono definiti “corti”, fino a 6 si definiscono “abbastanza persistenti”, fino a 10, talvolta anche 12 secondi, si definiscono “persistenti”, infine, oltre i 12 secondi, anche se alcuni fissano questo valore ad oltre 15 secondi, si definiscono “molto persistenti”, prerogativa ad esclusivo appannaggio dei grandi vini.

 

Impressioni Finali

 Dopo avere deglutito o espulso il vino dalla bocca, le sensazioni gustative e gusto-olfattive, come si è già detto, continuano ad essere percepite dagli organi di senso. Queste sensazioni, che sono composte dagli stimoli gustativi veri e propri, olfattivi e tattili, consentono di determinare il grado di piacevolezza del vino e pertanto la sua qualità. Un vino di qualità, e quindi piacevole, non deve lasciare la bocca “squilibrata”, cioè non si devono percepire in modo accentuato particolari caratteristiche rispetto ad altre, come per esempio, lasciare una sensazione di astringenza o di acidità evidente o, peggio ancora, sapori e aromi sgradevoli o difettosi.

 

Equilibrio

 L'equilibrio gustativo di un vino rappresenta un fattore essenziale e fondamentale per la valutazione della qualità. Un vino equilibrato risulterà senz'altro piacevole e le impressioni finali lasciate in bocca saranno certamente positive. Le sensazioni gustative che prendono parte alla determinazione dell'equilibrio si dividono in due categorie: componenti morbidi e componenti duri. I componenti morbidi sono rappresentati dagli elementi che hanno un gusto dolce o tendenzialmente dolce, come per esempio lo zucchero, l'alcol e il glicerolo, mentre i componenti duri sono rappresentati dagli acidi, i sali minerali e, nel caso dei vini rossi, polifenoli e tannini.

 Le due categorie tendono a contrapporsi, cioè ad equilibrarsi, e la giusta presenza degli elementi appartenenti ad entrambe le categorie consente di raggiungere l'equilibrio. Un vino per essere equilibrato dovrà contenere quantità di elementi morbidi tali da potere contrastare e bilanciare gli elementi duri, cioè costituire un profilo gustativo equilibrato dove gli elementi di una categoria non prevalga su quella opposta.

 Il concetto di equilibrio varia a seconda del tipo di vino che si prende in esame, bianco o rosso, sia per i fattori che in genere rendono gradevoli le singole tipologie, sia per la natura e la quantità degli elementi morbidi e duri che li compongono.

 

Vini Bianchi

 Le sostanze che determinano l'equilibrio e che si trovano nei vini bianchi sono gli zuccheri, l'alcol e il glicerolo per i componenti morbidi, gli acidi e i sali minerali per i componenti duri. L'acidità e la freschezza è in genere una caratteristica piacevole e desiderata nei vini bianchi, tuttavia, quando questa è chiaramente percettibile, coprendo le caratteristiche morbide del vino, zuccheri, alcol e glicerolo, la freschezza diventa una caratteristica sgradevole, cioè eccessiva, e quindi pregiudica la qualità del vino proprio perché non risulta essere equilibrato.

 Un vino bianco sarà pertanto equilibrato quando l'apporto degli acidi e dei sali minerali è tale da rendere ancora apprezzabili e gradevoli gli zuccheri, l'alcol e gli altri componenti che rendono il vino morbido e rotondo.

 

Vini Rossi

 L'equilibrio nei vini rossi assume un carattere più complesso rispetto a quelli bianchi in quanto troviamo un ulteriore elemento, i polifenoli e i tannini, che contribuiscono in modo rilevante nella determinazione dell'equilibrio. I polifenoli e i tannini sono considerati come elementi duri e, come per qualunque altro vino, dovranno essere percettibili, senza coprire tutti gli altri elementi, siano essi morbidi o duri.

 Un vino rosso troppo astringente, cioè ricco di polifenoli, risulterà poco gradevole se non sarà equilibrato da adeguate componenti morbide, così come un vino rosso troppo alcolico risulterà poco gradevole se non avrà un adeguato supporto di acidi o tannini che lo rendano equilibrato e quindi piacevole. Date le caratteristiche tipiche dei vini rossi, ognuno di questi contiene una quantità di tannini, variabile a seconda delle uve e delle pratiche enologiche, e che necessitano di adeguate parti morbide tali da renderlo equilibrato, oltre ad un'adeguata quantità di acidi e sali minerali tali da equilibrare le parti morbide.

 A differenza dei vini bianchi, dove le componenti che determinano l'equilibrio sono idealmente disposte su “schieramenti opposti”, nei vini rossi troviamo anche un terzo “schieramento”, rappresentato dai polifenoli e dai tannini, e che comunque appartiene alle componenti dure.

 



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I Vini del Mese


 

Legenda dei punteggi

Sufficiente    Abbastanza Buono    Buono
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I prezzi sono da considerarsi indicativi in quanto possono subire variazioni a seconda del paese
e del luogo in cui vengono acquistati i vini




Verdicchio dei Castelli di Jesi Classico\\Montesecco 2001, Montecappone (Italia)
Verdicchio dei Castelli di Jesi Classico
Montesecco 2001
Montecappone (Italia)
Uvaggio: Verdicchio
Prezzo: € 7,40 Punteggio:
Il vino si presenta con un colore giallo paglierino. Al naso sviluppa prevalentemente aromi di frutta fra cui si riconoscono agrumi, mandorla, pera e pesca a cui seguono note floreali di biancospino e ginestra su un piacevole fondo di miele. L'ingresso in bocca è piacevole, tuttavia dopo alcuni istanti, senza guastare la buona qualità del vino, tende a prevalere una nota di freschezza che prevale leggermente sul resto. Buono il finale e di buona persistenza che lascia evidenti ricordi di pesca su fondo di mandorla. Il vino viene affinato per 6 mesi in contenitori di acciaio a cui seguono 5 mesi di permanenza sui lieviti e infine un mese di affinamento in bottiglia.
Abbinamento: Carni bianche, Primi piatti e risotti con salse di pesce



Esino Bianco Tabano 2001, Montecappone (Italia)
Esino Bianco Tabano 2001
Montecappone (Italia)
Uvaggio: Verdicchio
Prezzo: € 10,50 Punteggio:
Il vino si presenta con un bel colore giallo dorato con tonalità giallo paglierino. Al naso si presenta con aromi intensi e persistenti di frutta matura e si riconoscono la banana matura e pesca matura oltre ad aromi di pera e agrumi. Il quadro olfattivo è ben completato con note di biancospino, mandorla su un fondo di miele. L'ingresso in bocca è intenso e denota buone caratteristiche gustative: l'alcol, bene in evidenza e in buona quantità, è ben bilanciato dalla freschezza e dalla sapidità del vino. Il finale è persistente con evidenti e piacevoli ricordi di mela e miele su fondo di mandorla. Esino Bianco Tabano segue un affinamento in contenitori di acciaio per 6 mesi con permanenza di 5 mesi sui lieviti oltre a un mese di affinamento in bottiglia.
Abbinamento: Pesce fritto, Pesce alla griglia, Zuppe di pesce, Paste ripiene



Rosso Piceno Montesecco 2001, Montecappone (Italia)
Rosso Piceno Montesecco 2001
Montecappone (Italia)
Uvaggio: Sangiovese (90%), Montepulciano (10%)
Prezzo: € 7,40 Punteggio: Vino eccellente nella sua categoria
Alla vista il vino presenta un colore rosso rubino intenso con accenni di tonalità rosso porpora, abbastanza trasparente. Al naso esprime aromi intensi e piacevoli di amarena, mirtillo e violetta. In bocca presenta una buona struttura e i tannini sono ben bilanciati dall'alcol con sensazioni gustative intense e di amarena. Il finale è persistente con evidenti e piacevoli ricordi di amarena. Questo vino è prodotto con macerazione sulle bucce per 5/6 giorni a temperatura controllata a cui segue un affinamento in barrique per 4 mesi e in bottiglia per un mese.
Abbinamento: Primi piatti strutturati, Carni saltate, Arrosti



Sauvignon Blanc Reserve 2002, Nederburg (Sud Africa)
Sauvignon Blanc Reserve 2002
Nederburg (Sud Africa)
Uvaggio: Sauvignon Blanc
Prezzo: € 6,50 Punteggio:
Il vino si presenta con un colore giallo paglierino scarico con sfumature di giallo verdolino, molto trasparente. Al naso presenta i tipici aromi dell'uva con cui è prodotto, molto elegante e raffinato. Si riconoscono intensi aromi di affumicato, albicocca, banana, foglia di pomodoro, peperone verde, pera, pesca e sambuco. In bocca si rileva una buona corrispondenza con il naso, equilibrato, con ingresso decisamente fresco ma comunque gradevole. Il vino ha buona struttura e un buon apporto alcolico che ben bilancia la freschezza. Il finale è persistente con evidenti ricordi di peperone verde, foglia di pomodoro, sambuco e pesca.
Abbinamento: Pesce fritto, Paste e risotti aromatici, Pesce arrosto speziato



Cabernet Sauvignon Reserve 2000, Nederburg (Sud Africa)
Cabernet Sauvignon Reserve 2000
Nederburg (Sud Africa)
Uvaggio: Cabernet Sauvignon
Prezzo: € 7,50 Punteggio:
Il vino si presenta con un colore rosso rubino intenso e sfumature rosso granato, abbastanza trasparente. Il naso rivela un profilo aromatico decisamente orientato alla frutta. Si possono cogliere intensi aromi di amarena, lampone e ribes su un fondo di violetta, tabacco, liquirizia, vaniglia e leggero tostato del legno. In bocca si presenta piuttosto gradevole ed equilibrato con una forte impronta fruttata ben corrispondente al naso. Il vino è di buona struttura e con tannini ben bilanciati dall'alcol. Il finale è persistente con piacevoli ricordi di amarena e ribes.
Abbinamento: Carni alla griglia, Formaggi stagionati, Arrosti in genere



Colli Bolognesi Pignoletto Superiore 2001, Bonfiglio (Italia)
Colli Bolognesi Pignoletto Superiore 2001
Bonfiglio (Italia)
Uvaggio: Pignoletto
Prezzo: € 8,50 Punteggio:
Il vino si presenta un colore giallo paglierino, molto trasparente. Al naso evidenzia un intenso e ricco patrimonio di aromi, di marca prevalentemente fruttata, fra cui si riconoscono agrumi, mela, pera e pompelmo seguiti da aromi di ginestra, fieno, confetto, alga marina su un lieve fondo di lievito. L'ingresso in bocca è piuttosto fresco, tuttavia viene ben bilanciato dall'alcol. Buona corrispondenza con il naso e con bocca piacevolmente ricca di sapori di frutta. Il finale è persistente con piacevoli e netti ricordi di agrumi e mela. Il vino è prodotto con fermentazione a temperatura controllate in vasche d'acciaio.
Abbinamento: Risotti, Primi in genere, Pesce al cartoccio



Barbarot 2001, Bonfiglio (Italia)
Barbarot 2001
Bonfiglio (Italia)
Uvaggio: Barbera (90%), Cabernet Sauvignon (10%)
Prezzo: € 9,60 Punteggio:
Il vino si presenta con un colore rosso rubino, abbastanza trasparente. Al naso denota subito la presenza di uva Barbera, così come in bocca. Si percepiscono intensi e buoni aromi di amarena, frutti di bosco, lampone, mirtillo, ribes su un fondo di violetta. In bocca si fa notare per il suo attacco fresco, ben equilibrato dalla presenza di alcol e di tannini. Un vino equilibrato, intenso e di buon corpo. Il finale è persistente con piacevoli ritorni di lampone e mirtillo. Barbarot è prodotto con fermentazione a temperatura controllata in vasche d'acciaio seguito da un affinamento in bottiglia di 4 mesi.
Abbinamento: Arrosti di carne, Formaggi di media stagionatura, Carni alla griglia



Colli Bolognesi Cabernet Sauvignon\\Pio Vannozzi 2000, Bonfiglio (Italia)
Colli Bolognesi Cabernet Sauvignon
Pio Vannozzi 2000
Bonfiglio (Italia)
Uvaggio: Cabernet Sauvignon
Prezzo: € 20,00 Punteggio:
Questo vino, buon esempio di Cabernet Sauvignon dei Colli Bolognesi, si presenta con un colore rosso rubino profondo e sfumature rosso granato, poco trasparente. Al naso denota intensi e puliti aromi di frutta, di buona personalità. Si riconoscono buoni aromi di amarena, ciliegia matura e confettura di prugne su un piacevole fondo composto da aromi di cioccolato, pepe, terra bagnata, vaniglia e lieve tostatura di legno. In bocca ha una buona corrispondenza con il naso e un attacco tannico che è comunque equilibrato dall'alcol, di buona struttura. Il finale è persistente con piacevoli ricordi di amarena, confettura di prugne e vaniglia. Un vino ben fatto e che può essere bevuto sin d'ora, tuttavia saprà dare il meglio di sé con un ulteriore affinamento in bottiglia. Questo vino subisce un affinamento in barrique per 12 mesi a cui segue un ulteriore affinamento in bottiglia di 6 mesi.
Abbinamento: Stufati, Brasati, Formaggi stagionati, Grandi arrosti, Selvaggina






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  Produttori Numero 5, Febbraio 2003   
TrappoliniTrappolini Giornale di CantinaGiornale di Cantina  Sommario 
Numero 4, Gennaio 2003 Segui DiWineTaste su Segui DiWineTaste su TwitterNumero 6, Marzo 2003

Trappolini

Nel Lazio, a pochi chilometri dal confine con l'Umbria e nella zona di produzione dell'Orvieto, la cantina Trappolini produce ottimo vino nel pieno rispetto delle tradizioni e delle uve del luogo

 Nella generale tendenza della produzione vitivinicola, dove abbonda l'uso delle cosiddette uve “internazionali”, non è facile trovare una cantina che invece punta, con estrema certezza, nella ricchezza e nelle potenzialità delle uve del luogo, peraltro, con ottimi risultati. La cantina Trappolini è certamente fra queste; una produzione basata quasi completamente, se si esclude l'unico vino in cui viene fatto uso di Chardonnay, sulle uve locali e sulla ricchezza del patrimonio ampelografico delle loro terre. La cantina Trappolini si trova a Castiglione in Teverina, una caratteristica località in provincia di Viterbo, a pochi chilometri dal confine con l'Umbria e, enograficamente parlando, in piena zona di produzione DOC di Orvieto.


Il Sig. Roberto Trappolini nella sua
cantina
Il Sig. Roberto Trappolini nella sua cantina

 Al nostro arrivo in cantina incontriamo il Sig. Roberto Trappolini, amministratore delegato dell'azienda, il quale ci ha illustrato gli aspetti produttivi e storici della cantina. «La cantina nasce all'inizio degli anni sessanta e fu mio nonno ad avviare l'azienda al quale si affiancò anche mio padre. All'inizio della nostra attività la qualità, così come la intendiamo oggi, non era fra le strategie produttive dell'azienda, poi le cose sono cambiate e con il tempo siamo passati da commercianti a produttori di qualità. A distanza di quaranta anni abbiamo sviluppato una linea di produzione e commerciale propria ed è nostra convinzione di continuare su questa strada cercando di migliorare ogni aspetto qualitativo della produzione, dalla vigna alla vendita. La cantina si trova nel comune più grande della regione Lazio che produce una DOC Umbra, l'Orvieto, un vino che ha consentito inizialmente un buon sviluppo dell'enologia locale, tuttavia, in seguito, le cose sono cambiate in quanto le richieste principali di questo vino riguardavano l'Orvieto classico e noi, trovandoci al di fuori di questa zona di produzione, siamo stati costretti, in un certo senso, a tornare indietro e valorizzare le nostre origini e il nostro territorio. La nostra terra è vocata alla coltivazione di uve a bacca rossa e che sono tipiche di queste zone, come il Sangiovese e l'Aleatico, senza per questo rinunciare alle uve a bacca bianca, con cui produciamo anche il vino Orvieto, e fra queste, quella che sicuramente rappresenta l'uva più importante è il Grechetto. Poniamo anche la nostra attenzione sulle uve rosse che storicamente sono state sempre presenti in queste zone, come il Sangiovese, e altre che stanno, purtroppo, scomparendo e che oramai pochi propongono nei loro prodotti, come l'Aleatico e il Canaiolo. Queste uve fanno parte del nostro ricco patrimonio enologico e ci sembrava poco opportuno abbandonarle e non doverle valorizzare, e in particolare per l'Aleatico, che ci consente comunque di ottenere un vino da dessert molto particolare senza ricorrere all'uso di altre uve più famose e attuali. Proprio con queste uve abbiamo prodotto l'ultimo vino dolce della nostra cantina: Idea. La sua produzione è ottenuta con le stesse uve e utilizzando un processo piuttosto complicato: la vendemmia è svolta in due fasi, la prima di queste ci consente di portare in cantina delle uve integre e che ci consentono di conservare le caratteristiche aromatiche tipiche di quest'uva, la seconda fase prevede invece la vinificazione delle stesse uve appassite, per un periodo di 5 o 6 mesi, e che consentono di conferire corpo e struttura al vino, oltre alla dolcezza. Al termine delle due fasi provvediamo ad assemblare i due vini con il risultato di ottenere un prodotto molto aromatico e varietale oltre ad una buona struttura e colore.»


 

 Ci soffermiamo ora sulla produzione della cantina Trappolini e sulle caratteristiche dei suoi vini. «Il Paterno, un vino prodotto con uve Sangiovese in purezza, è certamente il vino rosso più importante della nostra cantina, al quale abbiamo affiancato un vino bianco di punta, il Brecceto, prodotto con uve Grechetto e Chardonnay, che subisce un medio affinamento in barrique a cui segue un ulteriore affinamento in bottiglia. Il Brecceto, che prende il nome dal luogo dove si trova la vigna da cui si raccolgono le uve con cui si produce questo vino, era precedentemente prodotto in due tipologie distinte, una da uve Grechetto in purezza e l'altro da uve Chardonnay, sempre in purezza. Dal 2001 abbiamo deciso di dare al Grechetto quello che invece aveva lo Chardonnay, e viceversa, e abbiamo deciso di produrre un solo “Brecceto” che è in realtà il vinaggio dei due prodotti. Il risultato è un vino più equilibrato, dove non viene evidenziato in modo netto l'irruenza tipica del Grechetto, al quale è stata data l'eleganza dello Chardonnay. Il vino subisce un affinamento di 12 mesi, divisi fra barrique e bottiglia. Il Paterno è certamente il nostro prodotto più importante, e che richiede, e continuerà a richiedere, la nostra massima attenzione in modo da assicurare sempre la stessa qualità. Questo vino è prodotto con uve Sangiovese provenienti da un vitigno tradizionale al confine fra Lazio e Umbria. Anche se il Sangiovese è stato sempre considerato come un vitigno non tipico della regione Lazio, in queste zone è sempre riuscito a dare grandi vini, tuttavia questo vitigno, come del resto qualunque altro, è capace di esprimere caratteristiche proprie a seconda del territorio in cui viene coltivato. Nelle nostre zone il Sangiovese si esprime, non per grande concentrazione e struttura, come avviene in altre zone, ma piuttosto per eleganza, una caratteristica che tende a migliorare con il tempo. La nostra filosofia nell'uso del legno è piuttosto moderata in quanto siamo convinti che un buon vino passato in barrique sia proprio quello dove la barrique non si percepisce in modo evidente. La barrique, secondo noi, serve a migliorare il vino, ma non a dare sapore al vino; la barrique è per noi uno dei tanti strumenti di cui facciamo uso in cantina e nulla più. Del resto siamo convinti che se un consumatore si avvicina al vino e apprezza un vino che non ha il sapore del vino, significa, forse, che non è abituato a bere vino o che comunque non voglia bere vino.

 Altri vini prodotti dalla nostra cantina includono il Cenereto e il Sartei, il primo è un vino rosso da uve Sangiovese e Montepulciano, il secondo un vino bianco da uve Trebbiano Toscano e Malvasia Bianca. Questi vini di collocano in una fascia di mercato ben diversa. Non tutti i consumatori sono alla ricerca di prodotti come il Paterno, il Brecceto o l'Idea, del resto la ristorazione stessa non è fatta di soli ristoranti di classe e pertanto esiste la necessità di avere dei prodotti sia di classe e più costosi, sia di prodotti più economici ma comunque di pregio. Il Cenereto è prodotto con uve Sangiovese e Montepulciano. Quest'ultima uva, seppure presente nella nostra zona, non produce vini importanti come quelli prodotti con Sangiovese, quindi lo utilizziamo in questo vino affiancato, appunto, dal Sangiovese, in parti uguali. Questo vino non è destinato al lungo affinamento ed è da considerarsi di pronta beva, possibilmente nell'annata corrente e comunque entro l'anno successivo. Il Sartei è un vino ottenuto da uve Malvasia Bianca e Trebbiano Toscano, due uve autoctone che ricoprono un'importanza fondamentale per l'enologia di quasi tutte le regioni d'Italia. Come il Cenereto, anche il Sartei è un vino piacevole e di pronta beva offerto a prezzi ragionevoli e per un consumo frequente capace di soddisfare le esigenze della tavola di tutti i giorni. Sia il Sartei, sia il Cenereto, sono due vini affinati in acciaio e per i quali non viene utilizzata la botte. Infine, conclude la nostra linea di produzione l'Orvieto, prodotto con uve Procanico, Verdello, Grechetto, Drupeggio e Canaiolo Bianco, e un Est! Est!! Est!!! di Montefiascone, prodotto con uve Trebbiano Toscano, Malvasia Bianca e Rossetto.»


Una veduta delle cantine di affinamento
Una veduta delle cantine di affinamento

 Diamo ora uno sguardo alla produzione passata della cantina Trappolini, in particolare al vino più adatto per l'affinamento in bottiglia: Paterno. Il Sig. Trappolini, a tal riguardo ci ricorda «il prodotto che vanta la storia più lunga della nostra azienda è certamente il Paterno, che fu prodotto per la prima volta nel 1989 in un periodo che il solo parlare di vini rossi nelle nostre zone, che storicamente sono sempre state dedite alla produzione dei vini bianchi, significava andare contro corrente. Tuttavia la nostra azienda possedeva delle vigne dove venivano prodotte uve a bacca rossa e che dovevamo quindi utilizzare nel modo migliore possibile. Produrre un vino da vendere sfuso, come era consuetudine di alcuni produttori di quei tempi, non rappresentata né una scelta conveniente né una scelta qualitativamente produttiva. La scelta fu quindi, anche in accordo ai suggerimenti del nostro consulente enologo di quei tempi, di produrre un vino rosso importante. Iniziammo quindi a fare degli esperimenti con le uve prodotte da questo vigneto in modo da valutarne le potenzialità e si decise infine di produrre un vino rosso: il Paterno. Il vino Paterno rappresentava in questa zona, un vino piuttosto noto degli anni 1960 prodotto dal padre di questo nostro consulente in un'azienda locale. Il Paterno era un vino di cui si era parlato molto ed era diventato quasi un “mito” dell'enologia locale. Si decise quindi di ridare lustro a questo vino e iniziammo a produrlo. Paterno era il nome della zona in cui si trova questo vigneto ed è pertanto divenuto anche il nome del vino, non da ultimo, grazie al significato di questa parola, riteniamo che sia il giusto riconoscimento a nostro padre che per primo si operò per la trasformazione alla produzione di qualità della nostra azienda e quindi dedicargli il nostro vino più importante ci è sembrato doveroso. La prima vendemmia del 1989 non fu molto incoraggiante, tuttavia decidemmo di continuare, grazie anche all'ausilio di nuove tecnologie. Nella prima vendemmia si produssero 2798 bottiglie e attualmente, a distanza di poco più di dieci anni, produciamo circa 30000 bottiglie di Paterno, tuttavia le previsioni per la vendemmia 2000 sarà di circa 40000 bottiglie. Recentemente abbiamo aperto delle bottiglie di Paterno di vendemmie passate e, con mia sorpresa, una delle annate che mi colpirono in modo favorevole fu proprio quella del 1989, non tanto per lo sviluppo delle sue qualità, ma piuttosto per il modo in cui aveva conservato le sue caratteristiche nel tempo. Il Paterno viene affinato in barrique di Allier e Nevers, cioè le essenze che, secondo noi, meglio si adattano a questo vino. L'affinamento avviene parte in botti grandi e parte in barrique di secondo passaggio, comunque mai nuove, proprio perché non vogliamo che gli aromi forti del legno nuovo vadano a coprire quelle che sono in realtà le caratteristiche del vino. Il primo passaggio delle botti lo riserviamo per i vini bianchi per poi utilizzarle, dal secondo passaggio, all'affinamento del Sangiovese.»

 Diamo uno sguardo ai mercati e ai paesi dove i vini della cantina Trappolini sono commercializzati. A tal proposito il Sig. Trappolini ci dice «il nostro mercato principale è la Germania, e siamo inoltre presenti in Svizzera, Danimarca, Svezia, Brasile, Giappone oltre che in Italia. La nostra produzione, certamente non elevata, non ci consente di essere presenti in ogni mercato e in ogni paese, pertanto preferiamo essere presenti in quei mercati più appropriati per i nostri vini.» La cantina Trappolini produce inoltre una raffinata grappa di cui il Sig. Trappolini ne illustra le caratteristiche «la nostra azienda produce la materia prima, cioè le vinacce d'uva, che consentono ad aziende di distillazione di produrre grappa. Era da molto tempo che comunque la nostra azienda sentiva la necessità di creare un distillato in modo da coprire le tutte le necessità enogastronomiche, dai vini abbinabili con le varie pietanze, fino ai distillati da offrire a fine pasto. La scelta delle vinacce da distillare per la produzione della nostra grappa ha richiesto un'attenta considerazione; a rigore di logica sarebbe stato più opportuno distillare le vinacce del nostro prodotto più importante, il Paterno, tuttavia eravamo consapevoli di disporre di vinacce molto particolari, vale a dire quelle di Aleatico con cui produciamo Idea. Abbiamo deciso quindi di utilizzare queste vinacce, in modo da creare una grappa aromatica e capace di essere apprezzare da chiunque. Abbiamo quindi individuato un distillatore che ci garantisse un'integrità e qualità del prodotto, e ci siamo affidati alle distillerie Berta di Nizza Monferrato, che producono appunto la nostra grappa.» Il distillato prodotta con le vinacce di Aleatico prende lo stesso nome del vino prodotto da queste uve: Grappa di Idea. Abbiamo degustato questa grappa e si presenta alla vista cristallina e limpidissima, un suadente aroma di fragola, noce, nocciola, miele, rosa appassita e una lieve nota di banana, molto elegante e raffinata. In bocca presenta una eccellente morbidezza dove il gusto di fragola e rosa appassita si fondono armoniosamente lasciando dei piacevoli e lunghi ricordi. La morbidezza, quasi vellutata, di questa grappa bilancia in modo magistrale l'alcolicità del distillato, conferendo un'eleganza, una raffinatezza e una piacevolezza di sicuro pregio.

 




Legenda dei punteggi

Sufficiente    Abbastanza Buono    Buono
Ottimo    Eccellente
Vino eccellente nella sua categoria Vino eccellente nella sua categoria
I prezzi sono da considerarsi indicativi in quanto possono subire variazioni a seconda del paese
e del luogo in cui vengono acquistati i vini




Orvieto 2001, Trappolini
Orvieto 2001
Trappolini
Uvaggio: Trebbiano Toscano, Grechetto, Verdello,
Drupeggio, Malvasia Bianca
Prezzo: € 4,87 Punteggio: Vino eccellente nella sua categoria
Il vino si presenta con un colore giallo paglierino scarico e sfumature giallo verdolino, molto trasparente. Il profilo olfattivo è prevalentemente orientato sugli aromi fruttati, fra i quali si riconoscono mandorla, mela, pera e pesca su un piacevole fondo di acacia e ginestra. In bocca evidenzia una buona corrispondenza al naso, è fresco e ben equilibrato dall'alcol. Il finale è persistente, seppure con qualche cedimento, e con piacevoli ricordi di mela e pera.
Abbinamento: Aperitivo, Verdure, Crostacei bolliti, Paste e Risotti leggeri di pesce



Cenereto 2001, Trappolini
Cenereto 2001
Trappolini
Uvaggio: Sangiovese, Montepulciano
Prezzo: € 4,87 Punteggio: Vino eccellente nella sua categoria
Il vino si presenta con un colore rosso rubino, abbastanza trasparente. Al naso rivela aromi prevalentemente fruttati e una piacevole nota di felce. Si riconoscono aromi di amarena, ciliegia sotto spirito, mirtillo, prugna su un lieve fondo di salvia. In bocca denota una buona corrispondenza con il naso, buon equilibrio e struttura. Il finale è persistente, seppure con qualche cedimento, con ricordi di amarena e ciliegia sotto spirito. Questo vino viene affinato in vasche di acciaio prima di essere imbottigliato.
Abbinamento: Carne alla griglia, Formaggi di media stagionatura



Brecceto 2001, Trappolini
Brecceto 2001
Trappolini
Uvaggio: Grechetto, Chardonnay
Prezzo: € 7,89 Punteggio: Vino eccellente nella sua categoria
Alla vista si presenta con un colore giallo verdolino, molto trasparente. All'esame olfattivo rivela un elegante e ben definito profilo olfattivo, di buona personalità, dove spiccano aromi fruttati come banana, mela, pera e pesca seguito da un piacevole fondo di acacia. Nonostante il vino sia fermentato e affinato in botte, gli aromi di legno sono molto delicati e rispettano la personalità delle uve con cui è prodotto. In bocca rivela una buona struttura e un'attacco piacevolmente fresco, ben equilibrato dall'alcol. Il finale è persistente con piacevoli ricordi di pera e pesca. Un vino ben fatto, molto gradevole e piacevole che sicuramente invita a continui assaggi. Le uve utilizzate per la produzione di Brecceto fermentano separatamente in botte da cui si ricava successivamente un vinaggio che viene fatto affinare in botte per alcuni mesi.
Abbinamento: Pesce, Carni bianche, Pasta con pesce, Zuppe di funghi, Formaggi freschi



Paterno 1999, Trappolini
Paterno 1999
Trappolini
Uvaggio: Sangiovese
Prezzo: € 10,00 Punteggio:
All'esame visivo, il vino presenta un bel colore rosso rubino brillante con sfumature di rosso granato, abbastanza trasparente. Il naso rivela una decisa e interessante personalità con intensi aromi puliti ed eleganti. Si percepiscono buoni e intensi aromi di amarena, confettura di prugne, lampone, mora, violetta e tamarindo su un piacevole fondo di cacao, liquirizia, pellame e vaniglia. La presenza degli aromi del legno, seppure presenti, non invadono mai il profilo olfattivo, sono delicati e nel pieno rispetto degli altri aromi. In bocca si presenta di buona struttura, con buona corrispondenza al naso e un attacco lievemente tannico che è ben equilibrato dall'alcol e dalle altre parti morbide, e si percepiscono intensi e buoni sapori dei frutti già percepiti al naso. Il finale è persistente con netti e piacevoli ricordi di amarena, confettura di prugne e mora. Un vino ben fatto. Paterno viene affinato in barrique per circa due anni a cui segue un ulteriore affinamento in bottiglia per 6 mesi.
Abbinamento: Carne arrosto, Carne alla griglia, Brasati, Selvaggina, Formaggi stagionati



Idea 2000, Trappolini
Idea 2000
Trappolini
Uvaggio: Aleatico
Prezzo: € 10,40 (500 ml) Punteggio:
Eccellente interpretazione di Aleatico passito. Alla vista presenta un bellissimo colore rosso rubino intenso con sfumature di rosso granato, poco trasparente. Al naso denota una stupenda personalità e una buona ricchezza di aromi eleganti e raffinati, prevalentemente di confetture, fra cui si percepiscono intensi aromi di ciliegia sotto spirito, confettura di amarene, confettura di fragole, confettura di more, lampone, mirtillo, rosa appassita, violetta appassita su un piacevole fondo di anice e pepe rosa. Un naso decisamente piacevole e pulito. In bocca è morbido, con alcolicità e dolcezza ben equilibrati alla tannicità che, seppure lieve, non disturba affatto e contribuisce al buon equilibrio del vino. Denota sapori intensi con eccellente corrispondenza al naso. Il finale è persistente con lunghi e piacevoli ricordi di confettura di more, confettura di fragole e lampone. Un vino ben fatto e di assoluta piacevolezza che darà ricche emozioni anche degustato da solo. Idea è prodotto con uve Aleatico di cui metà subisce un appassimento e l'altra metà viene vinificata in rosso per poi essere infine assemblate.
Abbinamento: Dolci di frutta rossa, Formaggi stagionati e piccanti



Trappolini - Via del Rivellino, 65 - 01024 Castiglione in Teverina (Viterbo) Tel. e Fax 0761 948381 - Enologo: Paolo Trappolini - Anno fondazione: 1963 - Produzione: 160000 bottiglie - E-Mail: trappolini@tin.it


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Giornale di Cantina


 Questa rubrica è riservata ai produttori di vino che intendono rendere note particolari attività produttive, annunciare nuovi prodotti o semplicemente comunicare alla clientela informazioni e promozioni sulla propria attività e i propri prodotti. Inviare le notizie da pubblicare al nostro indirizzo e-mail.

 

Tosti annuncia il Brachetto d'Acqui DOCG

Dopo il Moscato d'Asti DOCG e il Prosecco Frizzante Marca Trevigiana, è stato creato da Tosti il Brachetto d'Acqui DOCG, il terzo vino della storica azienda vinicola di Canelli caratterizzato dalla legatura a spago. La legatura collo spago per ancorare il tappo secondo la tradizione vinicola Piemontese di inizio secolo e l'originale bottiglia creata dal designer Giacomo Bersanetti con la nicchia al centro, fanno del Brachetto d'Acqui DOCG di Tosti un prodotto unico. Ha un colore rosso rubino con dei riflessi dorati ed un intenso profumo floreale, con note di rosa bulgara e sottobosco. Il sapore è dolce, morbido, con aromi di frutti di bosco e muschiato, perfetto per accompagnare il dessert, i dolci di frutta e la pasticceria. Prezzo consigliato al pubblico € 9,50.

Monte Rossa festeggia 30 anni di bollicine

Monte Rossa, azienda fra le più prestigiose della Franciacorta, ha compiuto 30 anni. L'anniversario - “storico” per una zona come la Franciacorta nata enologicamente 41 anni fa, con l'avvio della prima produzione di Metodo classico - è stato festeggiato nella tenuta di Bornato, che abbraccia con i suoi 40 ettari di vigneti la cima del colle di Monte Rossa. Ad accogliere gli ospiti, Paola Rovetta (“Donna del vino”, fra i primi produttori a credere e specializzarsi nel Franciacorta fin dagli Anni Settanta), con il marito Paolo e il figlio Emanuele che, con spirito innovativo, ne ha raccolto il testimone e continua oggi a garantire gli alti livelli qualitativi che negli ultimi anni hanno fatto guadagnare all'azienda il prestigioso riconoscimento dei “3 Bicchieri”. Per l'occasione Emanuele Rabotti ha fatto realizzare un CD di musica jazz “30 anni di Bollicine”. Eseguito dal Jazzy Atmosphere Quintet, raccoglie brani indimenticabili, quali Night and Day di Porter e Someone to watch over me di Gershwin. La musica, armonia fra le cose, ben esprime infatti la filosofia dell'azienda, che ha sviluppato in modo armonico - in 30 anni di lavoro di tutta la famiglia - un'intera gamma di prodotti e persegue convinta la strada della ricerca dell'eccellenza. Musica jazz ha fatto da accompagnamento al pranzo a base di ostriche, pesce, prodotti del territorio (quali coppa e pancetta doppia) abbinati ai Franciacorta, di cui sono state sboccate alla volée dal cantiniere annate particolari. Nel pomeriggio, Monte Rossa ha aperto le porte per ricevere i visitatori con Jazz fra le vigne, musica dal vivo, suonata fra la cantina e i filari di viti, per uno spumeggiante pomeriggio fra note e Franciacorta.



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  Eventi Numero 5, Febbraio 2003   
La Guida dei Vini di DiWineTaste CresceLa Guida dei Vini di DiWineTaste Cresce NotiziarioNotiziario  Sommario 
Numero 4, Gennaio 2003 Segui DiWineTaste su Segui DiWineTaste su TwitterNumero 6, Marzo 2003

La Guida dei Vini di DiWineTaste Cresce

Dopo l'ampio successo riscosso da parte dei produttori e dei nostri lettori, a distanza di un mese è in arrivo un'altra novità

 Lo scorso mese abbiamo introdotto un nuovo servizio per i nostri lettori, la Guida dei Vini di DiWineTaste, e, con nostra soddisfazione, ha suscitato subito un notevole interesse e le lettere giunte in redazione, sia da parte dei lettori, sia da parte degli stessi produttori, ci hanno ampiamente ripagato di ciò che abbiamo fatto, fiduciosi di migliorare continuamente la qualità di ciò che offriamo ai nostri lettori e a chi produce vino. Ringraziamo tutti quelli che ci hanno inviato i loro commenti sulla Guida e il loro apprezzamento, è un incoraggiamento concreto che premia i nostri sforzi e per questo vi ringraziamo.

 A distanza di un solo mese dalla sua introduzione, abbiamo deciso di migliorare e arricchire i contenuti della nostra Guida. I vini che vengono recensiti nella rubrica “I Vini del Mese”, così come quelli pubblicati per la cantina del mese, vengono inviati dai produttori stessi alla nostra redazione e questo è l'unico impegno che chiediamo loro. La nostra pubblicazione è disponibile e aperta ad ogni produttore di vino, nessuno escluso, e riceviamo ogni settimana campioni di vini che sottoponiamo al nostro comitato di degustazione e i cui risultati vengono pubblicati su DiWineTaste.


 

 La regola che seguiamo è quella di pubblicare un massimo di tre vini per produttore nella rubrica “I Vini del Mese” e un massimo di sei per le cantine recensite. La scelta di pubblicare un massimo di tre vini per produttore nella rubrica “I Vini del Mese” è dettata principalmente da motivi di opportunità che vogliamo offrire a tutti oltre che scelte editoriali e di spazio. Spesso i produttori, che vengono avvertiti in anticipo di questa regola, ci inviano più di tre campioni di vino e pertanto pubblichiamo quelli che, secondo noi, sono i più meritevoli o comunque più interessanti. Questa scelta ci costringe a non pubblicare i risultati delle degustazione degli altri campioni, cosa che comunque non ci sembra giusta ma dobbiamo comunque operare delle scelte, e i risultati di queste valutazioni rimangono, per così dire, in attesa di essere pubblicate nei mesi successivi e in accordo alle disponibilità e necessità editoriali.

 Il consenso che abbiamo riscosso da parte dei produttori, cosa che senza ombra di dubbio ci fa estremamente piacere e ci onora, è anche testimoniato dalla quantità di campioni dei loro vini che riceviamo ogni settimana e che difficilmente, sempre per dare pari opportunità a tutti, nessuno escluso, ci consentirà in futuro di pubblicare i risultati di quei vini che non sono stati recensiti. Abbiamo deciso di includere questi vini nella Guida, disponibile nel nostro sito, in modo che siano comunque disponibili ai nostri lettori e che abbiano pertanto il loro giusto riconoscimento e spazio. Nelle rubriche della rivista continueremo a pubblicare quei vini che riteniamo più interessanti e meritevoli, mentre nella Guida pubblicheremo tutti i vini valutati che riceviamo dai produttori, inclusi quelli pubblicati nelle rubriche di DiWineTaste.

 Speriamo con questa novità di aumentare la qualità dei nostri servizi e di mantenere fede al nostro obiettivo primario, quello di fare cultura e informazione enogastronomica. Ricordiamo a tutti i nostri lettori e a tutti i produttori che siamo sempre disponibili e lieti di ricevere commenti e suggerimenti su ciò che offriamo e, come sempre, vi invitiamo a scriverci le vostre opinioni al nostro indirizzo E-Mail.

 



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  Eventi Numero 5, Febbraio 2003   
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Notiziario


 In questa rubrica verranno pubblicate notizie e informazioni relativamente ad eventi e manifestazioni riguardanti il mondo del vino e dell'enogastronomia. Chiunque sia interessato a rendere noti avvenimenti e manifestazioni può comunicarlo alla nostra redazione al nostro indirizzo e-mail.

 

Il carnevale di Sauris e la notte delle lanterne

A Sauris, il 1 Marzo 2003, si festeggia uno dei più antichi Carnevali dell'arco alpino, specchio dei particolari riti e costumi di questa sperduta e suggestiva vallata della Carnia, isola alloglotta tedesca a 1.200 metri d'altezza, dove si sono conservate immutate tradizioni secolari. Protagonisti della festa - che si svolge ogni anno il sabato precedente il Martedì Grasso - sono alcune figure tradizionali: il “Rolar” e il “Kheirar”. Il “Rolar” è una figura magica e demoniaca armata di una scopa: suo è il compito di avvertire la gente che si prepari per la mascherata. Il suo nome deriva dai “rolelan”, i campanelli che porta legati attorno alla vita e che agita in continuazione. La sua faccia è annerita dalla fuliggine, così come le sue mani; indossa abiti molto rozzi ed ha la testa fasciata con un fazzoletto a frange. Con lui c'è il “Kheirar”, il re delle maschere che orchestrerà lo svolgimento della festa: il volto celato da una maschera di legno, ha i vestiti laceri e una scopa in mano, che usa per battere alle porte delle abitazioni in cui vuole entrare. Le due figure percorrono le vie di Sauris e delle sue frazioni, accompagnate da un corteo di maschere, che possono essere brutte (“Schentana schemblin”) o belle (“Scheana schemblin”): l'importante è che chi vi partecipa sia irriconoscibile e quindi abbia il volto coperto. Le maschere che coprono il volto sono rigorosamente di legno: chi non è di Sauris, e quindi non ne possiede una antica, ne può acquistare bellissime copie, realizzate da abili artigiani sul modello di quelle conservate nel Museo di Arti e tradizioni Popolari di Tolmezzo, una tappa da non perdere per chi vuole conoscere da vicino usi e tradizioni della Carnia. Il “Kheirar” dunque bussa con la scopa alla porta delle case e dei locali pubblici e, dopo aver spazzato il pavimento, introduce a turno coppie di maschere che intrecciano antiche danze al suono della fisarmonica. Col buio, ecco la Notte delle lanterne: il corteo, al lume delle lanterne, si inoltra nel bosco per seguire un suggestivo percorso notturno alla volta di un grande falò propiziatorio innalzato in una radura. Sulla via del ritorno maschere e musici si fermano negli stavoli (le caratteristiche baite di pietra e legno della vallata) per riscaldarsi con vin brulè e rifocillarsi con i piatti della gastronomia locale, ad iniziare dall'ottimo prosciutto. Per informazioni: Aiat Sauris, tel. 0433 86076 - aiat@carnia.org



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  Cavatappi Numero 5, Febbraio 2003   
La BottigliaLa Bottiglia  Sommario 
Numero 4, Gennaio 2003 Segui DiWineTaste su Segui DiWineTaste su TwitterNumero 6, Marzo 2003

La Bottiglia

Il contenitore per eccellenza usato per il trasporto del nettare di Bacco rivela segreti e forme che raccontano le tradizioni e la storia dei popoli produttori di vino

 Al termine della vinificazione, il lavoro del produttore, la bravura e l'abilità dell'enologo, l'anima e il calore delle terre da cui proviene un uva, si realizzano nella bevanda di Bacco, il vino, che viene sigillato in un contenitore di vetro e affidato al suo destino, spesso intraprende un viaggio verso mete lontane dai luoghi di provenienza, spesso, quando giunge a destinazione, viene riposto in un tranquillo ambiente nella speranza che il tempo lo migliori e lo renda più nobile. Tutto questo è reso possibile da quell'oggetto che da alcuni secoli è un fidato compagno del vino: la bottiglia.

 Il problema di conservare il vino in un contenitore capace di mantenerlo il più possibile integro e di consentirne anche il trasporto, ovviamente per ragioni puramente commerciali, è una necessità che da sempre è stata legata alla produzione di vino. La scelta più moderna, la cui origine è da ricondursi a qualche secolo fa, è la bottiglia di vetro che, nonostante la sua apparente fragilità e la sua certa solidità, si è confermato oramai come un affidabile contenitore, unitamente ad altri essenziali fattori ambientali, ideale per la conservazione e l'affinamento del vino.


 

 I primi esempi di pratici contenitori adatti al trasporto del vino furono le anfore, contenitori generalmente di terracotta di forma allungata e con due manici adatti al trasporto, molto utilizzati in tempi antichi dagli Etruschi, dai Greci e dai Romani. L'enorme quantità di anfore ritrovate nei vari paesi dell'Europa testimoniano che questi contenitori erano ampiamente e massicciamente utilizzati per il trasporto di vino, non da ultimo, testimoniamo che il commercio del vino era un aspetto dell'economia piuttosto rilevante. Le anfore avevano in genere un corpo piuttosto ampio che si restringeva verso l'alto per formare il collo sul quale si trovavano sia la stretta apertura, sia i due manici. Una volta riempite con il vino, le anfore venivano chiuse con dei tappi, in genere di legno, sughero o argilla, e sigillate con della malta. Pare che i primi ad utilizzare il sughero per la chiusura delle anfore furono gli Etruschi. Data la natura porosa delle anfore, spesso venivano rivestite completamente con resina di pino con lo scopo di sigillarle in modo ottimale.

 Un altro contenitore che fu inventato per il trasporto del vino, e solo successivamente utilizzato come strumento di cantina, fu la botte di legno, ideata probabilmente nella zona di Bordeaux, e che consentiva di trasportare grandi quantità di vino assicurando anche una buona conservazione, almeno fino a quando dalla botte non veniva prelevato vino, condizione che favoriva l'ingresso dell'ossigeno con la conseguente ossidazione del suo contenuto.

 Contenitori di terracotta furono utilizzati per la mescita e il trasporto del vino fino a quando, nel XVII secolo, l'industria della lavorazione del vetro migliorò le proprie tecnologie produttive e il vetro divenne disponibile in quantità commerciali, prevalentemente assumendo forme di bottiglie. Le prime bottiglie di vetro avevano forme molto diverse rispetto a quelle attualmente in uso, erano piuttosto basse e larghe; questo suggerisce che non si considerava ancora la possibilità di conservare il vino mantenendo coricata la bottiglia. La forma delle bottiglie di quei tempi assomigliavano più a “cipolle” e “vesciche”, piuttosto che avere le forme tipiche dei giorni nostri. Forme tozze, larghe, basse e con colli corti e conici tali da suggerire anche un poco pratico e comodo utilizzo durante la mescita. La trasparenza del vetro di quei tempi non era perfetta e spesso si notavano impurità e colori “verdastri” più o meno intensi che indirettamente beneficiavano alla conservazione del vino e lo proteggevano dall'azione della luce solare.

 Con il tempo, le forme delle bottiglie hanno subito dei cambiamenti, abbandonando progressivamente le forme basse e larghe e assumendo invece forme sempre più slanciate e strette. Questi nuovi stili produttivi diede la possibilità agli appassionati di vino di scoprire un fattore fondamentale per la conservazione del vino: mantenere la bottiglia coricata consentiva, non solo di conservare più a lungo il contenuto, ma anche e soprattutto di migliorare il gusto e gli aromi del vino. Un dettaglio fondamentale che ha rivoluzionato il commercio e il valore economico del vino. Mantenere la bottiglia coricata significava anche mantenere bagnato il sughero, quindi prevenire il suo restringimento e la conseguente ossidazione del vino, un fattore fondamentale e noto per la buona conservazione e l'affinamento del vino in bottiglia. Mantenere la bottiglia coricata consentiva, inoltre, un migliore e semplice stoccaggio nelle cantine ottimizzando enormemente l'uso degli spazi.

 La forma delle bottiglie si è evoluta anche in accordo alle tradizioni e alle usanze dei popoli che le costruivano, la maggioranza delle bottiglie, nonostante siano ampiamente diffuse in tutto il mondo, portano ancora il nome della zona di provenienza.

 

Forme e Dimensioni

 La forma delle bottiglie moderne, se si escludono quelle di certi vini tradizionali provenienti da zone ristrette, è alta e slanciata. Le forme delle bottiglie vengono modellate in modo da conferire loro particolari caratteristiche fisiche adatte sia allo stoccaggio, sia al servizio e alla mescita del vino. Ogni bottiglia è composta dalle seguenti parti: base, corpo, spalla e collo.

 La base, oltre ad avere l'evidente funzione di consentire alla bottiglia di rimanere in posizione verticale, è spesso modellata con una forma piuttosto concava, caratteristica che non è presente in tutti i tipi di bottiglia. La ragione di questa “rientranza” è probabilmente dovuta a ragioni produttive storiche. Quando le bottiglie venivano prodotte soffiando una massa di vetro incandescente e senza fare uso di stampi, la parte che doveva fungere da base assumeva una forma tondeggiante e che avrebbe reso impossibile la posizione verticale. Questa parte tondeggiante veniva quindi spinta verso l'interno della bottiglia, ovviamente quando il vetro era sufficientemente caldo e modellabile, in modo da formare una base. Questa rientranza, che ancora oggi è presente in molti tipi di bottiglie, svolge un'utile funzione nei vini affinati e che hanno prodotto sedimenti. Per effetto della sua forma, quando la bottiglia viene mantenuta in posizione verticale, i sedimenti del vino si depositeranno nella base, disponendosi lungo l'anello creato dalla rientranza, piuttosto che essere cosparsi nell'intera superficie della base, nel caso in cui la bottiglia fosse sprovvista della rientranza. La concentrazione dei sedimenti in una zona così ristretta faciliterà la decantazione del vino evitando in modo considerevole ai sedimenti di tornare in sospensione e quindi rovinare l'aspetto del vino.

 Il corpo, che costituisce la parte più estesa della bottiglia, si estende dalla base fino alla spalla, cioè quella parte che si restringe in modo più o meno accentuato in modo da formare il collo. La forma delle spalle di una bottiglia svolge una funzione molto importante sia per la mescita sia per la decantazione del vino. Spalle accentuate, come per esempio quelle della bottiglia Bordolese (figura ), costituiscono un'efficace barriera per gli eventuali sedimenti prodotti dall'invecchiamento. Durante il travaso del vino in un bicchiere o in una caraffa, i depositi verranno trattenuti dalle spalle consentendo quindi un migliore controllo delle operazioni di travaso. Per questa ragione, i vini che tendono a produrre sedimenti più o meno abbondanti, vengono imbottigliati in bottiglie che hanno spalle accentuate, come la Bordolese, mentre i vini bianchi, che in genere non vengono affinati in bottiglia e quindi non producono sedimenti, o comunque vini rossi che producono una quantità ridotta di sedimenti, vengono imbottigliati in bottiglie con spalle slanciate o addirittura senza spalle, come la Borgognona, usata anche per i vini rossi, o il Flauto, usata esclusivamente per i vini bianchi. (figura)


Tipi di bottiglie. Da sinistra verso destra: Bordolese, Borgognona, Flauto, Champagnotta,
Albeisa
Tipi di bottiglie. Da sinistra verso destra: Bordolese, Borgognona, Flauto, Champagnotta, Albeisa

 Il collo è la parte più stretta della bottiglia sulla quale si trova l'apertura che consente la mescita del vino. In prossimità dell'apertura, si trova un anello sporgente detto “cercine”. La presenza di questo anello è dettata da ragioni storiche e veniva utilizzato per ancorare il tappo alla bottiglia mediante corde o fili di metallo, o per consentire una migliore presa della ceralacca o della pece spesso utilizzata per sigillare le bottiglie. La funzione essenziale del cercine può essere ancora osservata in tutte le bottiglie di spumante: le gabbiette di metallo, che trattengono il tappo contrastando la forza della pressione interna, sono saldamente ancorate su questo robusto anello di vetro.

 La forma delle bottiglie deriva principalmente dalle tradizioni dei luoghi dove queste venivano prodotte e alcune di queste sono pressoché diffuse in tutto il mondo e utilizzate in modo massiccio per l'imbottigliamento del vino. L'elenco seguente riporta le bottiglie più utilizzate per l'imbottigliamento dei vini oltre ad alcune bottiglie strettamente legate a particolari vini prodotti in determinate zone.

 

  • Bordolese Originaria della zona di Bordeaux, questa bottiglia ha una forma cilindrica, spalle molto accentuate e un collo corto, ed è tra le bottiglie più utilizzate al mondo per l'imbottigliamento dei vini sia bianchi sia rossi. Può essere incolore per i vini bianchi, soprattutto nella zona di Bordeaux, mentre è di colore verde e marrone per i vini rossi e spesso anche per i vini bianchi.
  • Borgognona Questa bottiglia, originaria della Borgogna, ha forma cilindrica, spalle slanciate e collo lungo, è molto utilizzata nel mondo prevalentemente per i vini bianchi. In Borgogna è indifferentemente utilizzata sia per i vini bianchi sia per quelli rossi.
  • Flauto o Renana o Alsaziana Questo tipo di bottiglia è originaria della zona del Reno e dell'Alsazia ed è utilizzata per i vini bianchi. La forma slanciata, senza spalle e senza rientranza sulla base, suggerisce l'uso per i vini bianchi che non lasciano deposito e che vanno consumati in breve tempo.
  • Champagnotta Originaria della zona della Champagne, questa bottiglia è utilizzata in tutto il mondo per i vini spumanti. La forma è molto simile alla bottiglia Borgognona, tuttavia la Champagnotta è di vetro più spesso e ha un cercine molto sporgente per consentire un sicuro ancoraggio della gabbietta.
  • Albeisa Tipica bottiglia della zona di Alba e tradizionalmente utilizzata per l'imbottigliamento dei vini sia bianchi sia rossi della provincia di Cuneo. Ha forma cilindrica, spalle slanciate e collo lungo e la sua forma ricorda quella della Borgognona.
  • Marsalese Ha forma cilindrica, spalle pronunciate e collo leggermente rigonfiato. Tipica della zona di Marsala, viene utilizzata per l'imbottigliamento del celebre vino fortificato che porta lo stesso nome della città di origine.
  • Porto Questa bottiglia è utilizzata per l'imbottigliamento del vino Porto. Bottiglie di forma molto simile a questa vengono utilizzate anche per l'imbottigliamento dei celebri vini di Jerez (Sherry) e Madeira. La sua forma è cilindrica, non molto alta, e con spalle piuttosto pronunciate.
  • Ungherese Questa bottiglia, di forma cilindrica e vetro incolore, è utilizzata per l'imbottigliamento del celebre vino Ungherese Tokaji Aszú. La sua capacità è di 0,500 litri.
  • Bocksbeutel Originaria della Franconia, questa bottiglia assomiglia ad una fiasca schiacciata ed è utilizzata per l'imbottigliamento di qualunque vino della zona di origine.

 Le forme di queste bottiglie sono riportate nelle figure.


Tipi di bottiglie. Da sinistra verso destra:
Marsalese, Porto, Ungherese, Bocksbeutel
Tipi di bottiglie. Da sinistra verso destra: Marsalese, Porto, Ungherese, Bocksbeutel

 Il volume tipico delle bottiglie da vino è di 0,750 litri e questa capacità viene definita semplicemente “una bottiglia”. Le dimensioni e i volumi delle bottiglie variano in genere in accordo a questa capacità, assumendo multipli o frazioni di questa misura. Le varie dimensioni delle bottiglie vengono identificate con dei nomi specifici piuttosto che con la misura della loro capacità. La tabella riporta i nomi e i volumi dei vari formati di bottiglia attualmente in uso sia per i vini fermi sia per lo Champagne e gli spumanti. I nomi scelti per le bottiglie di Champagne di grande formato sono quelli di alcuni re delle grandi civiltà medio-orientali del passato. La ragione della scelta di questi nomi è da attribuire ad alcuni mercanti di Champagne che, alla fine del XIX secolo, consapevoli che il consumo principale di Champagne era in occasione di festività e momenti importanti di celebrazione, decisero di associare alle grandi bottiglie i nomi di alcuni grandi re delle antiche civiltà medio-orientali in modo da fare ricordare e associare l'uso e il consumo di questi formati in momenti importanti e significativi. I grandi formati hanno da sempre suscitato un grande fascino sia fra gli appassionati di vino sia fra i collezionisti. Va comunque osservato che gli spumanti contenuti nelle bottiglie di capacità superiore ai 3 litri (Jéroboam) difficilmente hanno subito la seconda fermentazione, tipica del metodo classico, in queste bottiglie. Spesso le bottiglie di grande formato vengono riempite con bottiglie più piccole al termine del processo di spumantizzazione.

 

Colore e Conservazione

 Uno dei fattori che consentono una buona conservazione del vino è la protezione dalla luce. Il colore della bottiglia rappresenta quindi un fattore di estrema importanza che consente di prolungare la vita di un vino nel corso del tempo. Bottiglie di vetro con colori più o meno scuri offrono infatti una buona protezione all'azione della luce e ne prevengono, in buona parte, i negativi effetti che questa esercita nel vino. Tuttavia si ritiene che il colore delle bottiglie sia in effetti una conseguenza delle metodologie di lavorazione del passato, quando la produzione di vetri dava colori tendenti al verde e talvolta al marrone a causa della non perfetta purezza dei componenti utilizzati.


VolumeVini FermiSpumanti
0,187 l (¼ bottiglia)quarto o splitquarto o split
0,375 l (½ bottiglia)mezza o demimezza o demi
0,75 l (1 bottiglia)normalenormale
1,5 l (2 bottiglie)magnummagnum
2,25 l (3 bottiglie)Marie-Jeanne--
3 l (4 bottiglie)doppio magnumJéroboam
4,5 l (6 bottiglie)--Réhoboam (1)
5 lJéroboam--
6 l (8 bottiglie)ImpérialeMathusalem
9 l (12 bottiglie)--Salmanazar
12 l (16 bottiglie)--Balthazar
15 l (20 bottiglie)--Nabuchodonosor

(1) Il Réhoboam non è più utilizzato

Formati e volumi delle bottiglie

 Il colore delle bottiglie è inoltre una caratteristica tradizionale di certe zone. Il flauto, per esempio, è in genere di colore verde nell'Alsazia e assume un colore marrone nella zona del Reno. Un altro esempio è dato dalla bottiglia Bordolese. Per l'imbottigliamento dei vini bianchi si preferisce quella incolore, mentre per i vini rossi si utilizza quella di colore verde o marrone. Un altro colore che è legato strettamente ad una particolare zona è il cosiddetto “foglia morta”, un colore verde-giallo, tipico di alcune bottiglie Borgognone utilizzate sia per lo Chardonnay che per il Pinot Nero, e che è piuttosto diffuso anche in altre parti del mondo. A prescindere dalle ragioni tradizionali e produttive che determinano il colore del vetro delle bottiglie, è sempre preferibile utilizzare quelle di colore scuro, soprattutto per quei vini che sono destinati all'affinamento. Appare piuttosto curiosa l'abitudine di certi produttori, anche se dettate da ragioni storiche e tradizionali, di imbottigliare il vino bianco in bottiglie incolore. Questo tipo di vino, più di ogni altro, necessita di una maggiore protezione contro gli effetti della luce e appare poco appropriata la scelta di questo tipo di bottiglia. Va comunque osservato, ad onore del vero, che i vini bianchi non sono in genere adatti all'affinamento e che probabilmente quest'abitudine sia semplicemente un'indicazione del produttore a consumare il vino prima possibile.

 Anche la dimensione della bottiglie influisce in larga parte sulla conservabilità e sullo sviluppo dei processi di affinamento del vino. Nelle bottiglie di dimensioni piccole, come per esempio la mezza bottiglia o il quarto, il vino matura più in fretta ed è quindi poco adatta per l'affinamento. La ragione di questa accelerata maturazione è dovuta dalla maggiore quantità di ossigeno in rapporto al vino all'interno della bottiglia, e pertanto il processo di ossidazione si svolgerà più rapidamente. La condizione è invece più favorevole con l'aumentare della capacità della bottiglia in quanto la quantità di ossigeno sarà minore se rapportata alla quantità di vino. Per questa ragione il vino nelle bottiglie di grande formato matura più lentamente e consente un migliore sviluppo delle qualità organolettiche del vino.

 Un altro fattore determinante per la conservazione del vino nella bottiglie è il cosiddetto `livello di riempimento” cioè il livello raggiunto dal vino all'interno della bottiglia. Minore sarà il livello di riempimento e maggiore sarà lo spazio destinato all'ossigeno con la conseguenza di accelerare i processi ossidativi. Il livello di riempimento può variare durante l'affinamento del vino in bottiglia a causa di cambiamenti repentini di temperatura che producono espansioni del vino e che lo forzano ad uscire dalla bottiglia aumentando, per contro, lo spazio libero che verrà occupato dall'ossigeno. Controllare il livello di riempimento delle bottiglie è sempre una buona abitudine quando si acquista vino: è buona norma diffidare di quelle bottiglie, soprattutto se si tratta di vini affinati per lungo tempo, che presentano livelli di riempimento bassi.

 




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Il Rum

Scopriamo il distillato che da sempre evoca assolate e rilassanti spiagge esotiche, frutto della maestria e della passione dei suoi produttori

 Il rum è un'acquavite, di colore giallo bruno più o meno intenso o incolore, ottenuto dalla fermentazione e dalla successiva distillazione della canna da zucchero o della melassa (un sottoprodotto della lavorazione dello zucchero) al quale possono essere aggiunte erbe o sostanze aromatiche.

 Negli anni '20 e '30 del secolo scorso, gli anni del proibizionismo in America, L'Avana diventò il centro mondano delle celebrità, fu una meta frequentata da molti scrittori, politici ed attori. In particolare bisogna citare Ernest Hemingway, nell'immaginario collettivo, da sempre, unito al rum, che trascorse molti anni a L'Avana, amava trascorrere interi pomeriggi sorseggiando cocktail a base di rum nei locali che, secondo lui, meglio sapevano interpretare l'arte del bere miscelato.

 Il nome rum sembra derivare dall'abbreviazione di “saccharum” (zucchero), nome che gli fu attribuito dai primi distillatori, i monaci, ma poi troncato nell'uso dai bucanieri oppure da una parola del gergo dei bucanieri stessi, “rumbullion”, l'atmosfera di tumulto nelle loro vittorie. Si trova anche come Ron Rhum. In ogni modo l'origine è incerta ma sembra appurata l'origine caraibica.

 

Cenni Storici

 La canna da zucchero, di origine asiatica, coltivata in Cina duemila anni prima di Cristo, fu introdotta in Medio Oriente da Alessandro Magno, ma fu Cristoforo Colombo a farla conoscere al nuovo mondo. In Porto Rico, Cuba, Haiti ed in Giamaica si diffusero le prime piantagioni di canna da zucchero ed è qui che i coloni notarono che la fermentazione dello sciroppo, residuo della produzione dello zucchero, produceva un liquido grezzo e dolce. Il successivo processo di distillazione portò alla nascita di quel liquido alcolico, divenuto immediatamente popolare: era nato il rum.

 Le prime distillazioni della canna da zucchero, probabilmente risalgono al XVI secolo a Porto Rico, anche se le leggende parlano dei fiamminghi nell'isola della Martinica. Tuttavia è vero che i maggiori produttori di Rum al mondo sono concentrati nella zona caraibica.

 Principalmente sono: Antille, Barbados, Cuba, Giamaica, Isole Vergini, Porto Rico, Martinica, Messico, Santo Domingo, Venezuela e Brasile (anche se qui si chiama cachaca e ha un odore completamente diverso). In origine il rum era un prodotto secondario della lavorazione della canna da zucchero, ottenuto distillando la melassa, cioè la parte residua del sugo zuccherino.

 La bevanda prediletta dai bucanieri e di pirati, chiamata “kill devil” (ammazza diavolo) dai marinai inglesi, che avevano diritto a mezza pinta al giorno, era considerata un valido rimedio per la polmonite e un eccellente anestetico.

 Il rum fu chiamato anche sangue di Nelson che, morto in battaglia, fu messo sotto rum per essere riportato in patria il più intatto possibile.

 

Produzione

 Come già detto il rum è prodotto esclusivamente dalla fermentazione e dalla successiva distillazione del succo della canna da zucchero, della melassa e degli sciroppi derivati dalla lavorazione dello zucchero.


 

 Il processo per la distillazione del Rum tradizionale inizia con la diluizione della melassa, residuo generato dalla fabbricazione dello zucchero, e l'aggiunta di lievito di fermentazione. Ventiquattro ore dopo, per alcuni 48 ore o 5 giorni per altri, si ottiene un succo dai 5 ai 6 gradi di alcool. Il liquido viene portato ad ebollizione all'interno di una prima colonna da distillazione per mezzo di una caldaia a vapore: l'alcool evaporando sale verso l'alto mentre il residuo rimane sulla parte inferiore pronto per essere raccolto ed eliminato.

 All'interno di una prima colonna da distillazione ci sono 21 piattaforme sovrapposte, il liquido viene portato ad ebollizione quindi l'alcool evapora e giunge alle piattaforme superiori, dette “flegme”, mentre il liquido residuale, chiamato vinaccia è raccolto sulle piattaforme inferiori pronto per essere eliminato.

 All'uscita di questa tappa, le flegme, cioè le parti evaporate, iniziano il loro raffreddamento e la loro condensazione in una seconda colonna, più stretta. Passate al vapore dolce, le 18 piattaforme di questa colonna di concentrazione permettono di separare i diversi esteri aromatici dell'alcol: gli olii bassi si raccolgono sulle piattaforme inferiori, gli olii alti sulle piattaforme del mezzo mentre le teste, componenti leggeri di cui certe hanno un profumo di mela verde, raggiungono i piani superiori.

 Qui entra in gioco l'abilità, l'esperienza, il gesto esperto dei distillatori chiamati a dosare e miscelare i vari componenti grazie alla dosatura sottile dei diversi componenti. Artisti, gente che conserva un'arte, un sapere maturato in ore e ore passate immersi nel calore prodotto dai vari tipi di distillatori, capaci di ascoltare, capire e dominare la materia prima.

 Una differenza tra il rum industriale ed il rum agricolo consiste nel fatto che per distillare il primo si utilizza un distillatore continuo mentre per il secondo viene utilizzato un distillatore discontinuo.

 

Tipologie di Rum

 Il rum si divide in due grandi famiglie: Rum industriale e Rum agricolo. Il Rum industriale deriva dalla distillazione della melassa, mentre quello agricolo viene prodotto esclusivamente dal succo puro della canna da zucchero e che prende il nome di “vesou”.

 Tutti i rum così ottenuti, al pari dei prodotti derivanti dalla distillazione, risultano privi di colore, che gli verrà conferito in seguito attraverso l'invecchiamento in botti di quercia o di rovere o tramite l'aggiunta di caramello. A questo punto il distillato ha una gradazione alcolica molto elevata e per questo verrà allungato con acqua distillata che porterà il suo tenore alcolico intorno ai 40 gradi.

 I rum più diffusi sono quelli ottenuti dagli sciroppi e dalle melasse derivanti dalla trasformazione della canna da zucchero, cioè i rum industriali. Questi sono meno pregiati, mentre quelli ottenuti dalla fermentazione e distillazione della canna da zucchero, cioè i rum agricoli, sono senz'altro i più difficili da trovare e più pregiati, stanno alla pari con i migliori distillati europei. La fermentazione del succo di canna consente di ottenere nel distillato sensazioni organolettiche complesse, con sentori floreali e fruttati i quali, durante l'invecchiamento in botti di rovere, si arricchiranno fondendosi con gli aromi balsamici donati dal legno. I rum agricoli rispetto a quelli industriali sono più adatti all'invecchiamento grazie alla loro particolare struttura ed alla loro complessità aromatica, infatti, la “Denominazione di origine controllata” viene attribuito solo ai rum agricoli.

 Generalmente i rum bianchi o rum leggeri subiscono un invecchiamento di un anno prima di essere messi in commercio, sono distillati attraverso un alambicco continuo, si presentano delicati, con un leggero e secco aroma di melassa. Per queste loro caratteristiche vengono utilizzati per la preparazione di cocktail e long drink. I rum invecchiati serbano sensazioni organolettiche più complesse e danno maggiore soddisfazione sia lisci, sia miscelati.

 Per l'invecchiamento del rum non si utilizzano botti nuove, ma si preferiscono quelle di secondo passaggio, quelle che contenevano bourbon e whiskey Americano, proprio perché i tannini di un legno “usato” sono più eleganti, leggeri e delicati e si integrano bene con l struttura del rum, senza coprire la personalità e la delicatezza del rum agricolo. Questo “matrimonio” tra rum e legno genera note di frutta matura, caramello, vaniglia, tabacco e le tipiche note balsamiche del rovere americano.

 Non esiste un disciplinare che regoli l'invecchiamento del rum. In base all'invecchiamento distinguiamo i rum da uno a tre anni per quelli commerciali, seguita da quelli da cinque a sette anni e spesso etichettati con la dicitura “dorado” o “anejo”.

 Il clima caldo delle isole caraibiche influisce sull'invecchiamento del rum, agendo come un catalizzatore accelerando questo processo di due o tre volte. Un invecchiamento di dieci anni sul rum può essere paragonato a oltre venti anni per un whisky scozzese, prodotto ed invecchiato in climi freddi.

 I rum scuri, talvolta addizionati di caramello per poterne intensificare il colore ed aumentarne la densità, sono molto aromatici e non sono adatti come basi dei cocktail ma dovrebbero essere usati solo come ingrediente secondario.

 Il rum Cubano, distinto in “Carta blanca” e “Carta de oro”, risulta essere fortemente raffinato, è un prodotto di elevata qualità, leggero, di colore chiaro e secco, prevalentemente utilizzato nei cocktail diverso da quello Giamaicano dal lungo invecchiamento (almeno cinque anni) e scuro, dal gusto pieno e pungente, eccellente se gustato liscio. Quelli prodotti nella Martinica, alcuni Giamaicani, Haiti e Gujana, risultano essere molto robusti, scuri e di maggior corpo, possono invecchiare fino dodici anni o più. Un distillato da meditazione, e viste le sue caratteristiche organolettiche, non ha nulla da invidiare ai celebri distillati di vino. Molto forte è quello venezuelano che addirittura viene “alleggerito” con acqua pura prima della stagionatura.

 Dal rum agricolo otteniamo la “grappa bianca”, distillato incolore e di corpo, che può essere invecchiato in botti di quercia per più di tre anni. Dal Rum industriale otteniamo il “rum giovane”, colorato con caramello e zucchero, distillato leggero, pallido e neutro, il “rum vecchio”, invecchiato in fusti per più di tre anni, il “rum gran aroma”, utilizzato per la miscelazione e il “rum doppio aroma”, utilizzato per l'alimentazione.

 Tra i rum commerciali esistono anche i rum speziati (spiced rum) dove vengono aggiunte spezie o erbe quali ad esempio cannella o anice.

 Può essere interessante sapere che nelle Indie Occidentali e nell'arcipelago di Giava si producono vari tipi di distillati ottenuti con il medesimo procedimento del rum ma utilizzando materie prime diverse, come per esempio noci di cocco, riso ed altro ancora.

 

La Degustazione

 Per la degustazione, il rum va servito a una temperatura compresa tra i 12° e i 14° C, preferibilmente in un balloon, almeno di mezzo cristallo, o in alternativa le “copite” da sherry, mentre la tipologia del bicchiere ufficiale da degustazione è quella “tipo ISO”. Talvolta l'aggiunta di acqua naturale permette di sprigionare alcuni aromi nascosti. In genere si beve liscio, nei cocktail o long-drink.

 È un vero peccato che pochi conoscano il calore di un bicchierino di rum centellinato liscio, anche perché sembra che oggi questo distillato sia gradito prevalentemente come base in succhi di frutta, spremute, sciroppi, insomma nei drink, dal lieve sapore esotico, oppure nelle macedonie di frutta o in innumerevoli cocktail.

 



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Wine Parade


 

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Posizione Vino, Produttore
1 Masseto 1998, Tenuta dell'Ornellaia
2 Semillon Sauvignon 2001, Cape Mentelle
3 Chardonnay 2000, Planeta
4 Muffato della Sala 1999, Castello della Sala
5 Château Pontet-Canet Pauillac 2000
6 Château Lynch-Bages Pauillac 2000
7 Rioja Reserva “Pagos Viejos” 1997, Bodega Artadi - Cosecheros Alavares
8 Capo di Stato 1998, Conte Loredan Gasparin
9 Teroldego Rotaliano Granato 1998, Foradori
10 Château Laroque Saint-Émilion Grand Cru Classè 1998
11 Gevrey Chambertin DB Boillot 1998
12 Brunello di Montalcino Riserva 1995, Fattoria dei Barbi
13 Zinfandel Barrel Select Mendocino County 1999 - Fetzer Vineyards
14 Trentino Müller Thurgau “Pendici del Baldo” 2001 - Mori Colli Zugna
15 Cabernet Sauvignon Reserve Maipo Valley 1999, Carmen

 in salita    in discesa    stabile    nuova entrata


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