![]() Cultura e Informazione Enologica dal 2002 - Anno XXI |
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Numero 6, Marzo 2003 |
Sommario |
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Lo Strapotere dei Rossi |
I tempi cambiano e con questi anche i gusti e le preferenze della gente. I tempi cambiano e con questi anche le mode e i costumi. Con il passare del tempo anche il vino risente di questi cambiamenti e necessariamente è costretto ad adattarsi ai gusti e alle preferenze della gente. Fino a poco meno di dieci anni fa, i vini bianchi erano quelli che incontravano, in termini generali, il gusto della gente, prima l'esplosione dello Chardonnay, poi è arrivato il turno del Sauvignon Blanc, quindi il Pinot Grigio, un moderato ritorno allo Chardonnay e poi, stranamente, l'interesse verso i vini bianchi è calato in modo considerevole. Adesso, se si parla di vino, in modo quasi implicito si fa riferimento al vino rosso. Anche le signore, che generalmente gradiscono i vini bianchi, aromatici e profumati, sono passati alla sponda più robusta e imponente dei vini rossi. I produttori di vino, sia perché hanno spinto questo tipo di vino, sia per adattarsi alle nuove preferenze dei consumatori e quindi per non rimanere fuori dal mercato, hanno introdotto nelle loro produzioni quantità rilevanti di vino rosso; anche quelli che storicamente erano legati alla produzione di vino bianco si sono adattati e hanno iniziato a produrre vino rosso. Ci avete fatto caso? Quando un'azienda vinicola annuncia l'uscita di un nuovo vino sul mercato, nella maggioranza dei casi si tratta di vino rosso. Anche nelle varie guide enologiche i vini che risultano essere migliori e ottengono i punteggi più alti sono generalmente vini rossi. Anche nei ristoranti si registra più o meno la stessa tendenza: uno sguardo alle carte dei vini spesso ci fa rendere conto che il rapporto delle quantità fra i vini bianchi e i vini rossi è il più delle volte a favore dei rossi. Che sia dovuto ad esigenze enogastronomiche e che le pietanze della cucina o della ristorazione moderna richiedono l'abbinamento con i vini rossi? Apparentemente non sembra essere questa la causa. Anche perché se si considerano i ristoranti dove viene servita esclusivamente cucina di pesce, notoriamente abbinata, prevalentemente per abitudine e per luogo comune, con i vini bianchi, dovrebbe farci convincere che questa non è la vera ragione. Di certo va notato che anche in alcuni ristoranti di cucina di pesce cominciano ad apparire in carta, anche se in quantità modeste, vini rossi, probabilmente per ragioni commerciali ma, forse, anche perché in certe preparazioni a base di pesce il vino rosso felicemente ben si accompagna con questi piatti. Una visita nelle enoteche, e nei negozi in cui si vende vino, conferma inoltre questa generale e nuova tendenza. Uno sguardo sommario agli scaffali del negozio e ci si accorge che il vino rosso è quello presente in quantità maggiore. Ma è proprio in declino la preferenza dei vini bianchi? Il mercato sembrerebbe confermare questa ipotesi. Se guardiamo poi l'abitudine, o forse la naturale tendenza di affinare il vino rosso in botte, conferendo aromi di legno più o meno accentuati, è curioso vedere che negli ultimi dieci anni siano stati creati vini bianchi dove l'aroma del legno è praticamente l'unico odore percepibile. Che sia un tentativo per fare apparire il vino bianco alla stregua di quello rosso e renderlo quindi più vendibile? Magari i consumatori non sono più attratti dai freschi aromi di frutta e fiori tipici dei vini bianchi? Magari è semplicemente una questione di gusto e il tipico sapore fresco di un vino bianco non è più gradito? Va comunque osservato che, generalmente, il vino rosso ha un prezzo superiore al vino bianco, spesso il confronto è quasi improponibile, che sia allora una questione di mercato dettata da ragioni puramente speculative e di opportunità? Ad onore del vero, la produzione del vino rosso, soprattutto quando viene fatto uso delle botti che notoriamente hanno un incidenza sui costi piuttosto rilevante, richiede generalmente investimenti maggiori e pertanto viene venduto a prezzi più alti. Esistono così tanti vini bianchi, così profumati, aromatici, di grande classe e raffinatezza, meravigliosamente gradevoli, che possono, in molti casi, risultare di primaria grandezza anche difronte ad una nutrita schiera di vini rossi. Eppure è il vino rosso che in questo momento è quello più venduto e quello che suscita maggiore interesse. Che il vino rosso sia generalmente più buono del vino bianco o che sia difficile fare vini bianchi veramente buoni e interessanti? Senza considerare le preferenze soggettive del gusto, difronte alle quali ogni altra ipotesi non trova nessun genere di conforto, è piuttosto azzardato dire che il vino rosso sia più buono di quello bianco o viceversa. Forse la ragione più probabile è che tutto questo non sia altro che il frutto di una moda, carica di pregiudizi e di speculazioni, che lasciano spazio sulla scena solamente ai vini rossi, in particolare a quelli corposi e robusti, quelli che generalmente si definiscono importanti. Forse è proprio l'uso frequente di questo aggettivo associato ai vini rossi che fa apparire quelli bianchi di minore pregio e meno interessanti. Forse, più semplicemente, si tratta dell'ennesima moda che circonda il mondo del vino e che sarà demolita e sostituita con un'altra, non appena ci si accorgerà della necessità di creare qualcosa di nuovo per mantenere vivo l'interesse per questa bevanda. Magari sarà quello il motivo che farà tornare, ancora una volta, il successo dei vini bianchi.
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La Posta dei Lettori |
In questa rubrica vengono pubblicate le lettere dei lettori. Se avete commenti
o domande da fare, esprimere le vostre opinioni, inviate le vostre lettere
alla redazione.
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In una bottiglia di spumante che ho recentemente bevuto, ho notato nell'etichetta la scritta Metodo Charmat. Che cosa significa? |
Luisa Giarrone -- Palermo (Italia) |
Si tratta di un metodo più rapido e meno costoso, rispetto al metodo classico, per la produzione di vini spumanti. Si ritiene che il metodo sia stato ideato dal Francese Eugène Charmat nel 1910 circa, tuttavia è probabile che si sia basato sul sistema ideato dall'Italiano Federico Martinotti. Il metodo prevede l'utilizzo di grandi contenitori pressurizzati (autoclavi) nei quali viene fatto fermentare il vino con lo scopo di trattenere l'anidride carbonica. Tutte le fasi del processo, dalla fermentazione all'imbottigliamento, vengono condotte sotto pressione. I vini spumanti prodotti in questo modo risultano in genere meno eleganti e complessi di quelli prodotti con il metodo classico, tuttavia non mancano buoni esempi di Metodo Charmat anche se la complessità e la qualità di quelli prodotti con il metodo classico è certamente superiore. |
Ho sentito dire che nel vino Châteauneuf-du-Pape vengono utilizzati 13 tipi di uve diverse. È vero? |
Manfred Weninger -- Eisenstadt (Austria) |
Châteauneuf-du-Pape è un'importante zona di produzione, appartenente alla Valle del Rodano, che si trova nelle vicinanze di Avignone di cui il vino più celebre è senz'altro quello rosso. Nella zona si producono, seppure in quantità modeste, anche vini bianchi. Il disciplinare di produzione di Châteauneuf-du-Pape AC prevede l'uso di 13 uve diverse e precisamente, per le uve a bacca rossa, Grenache, Cinsaut, Counoise, Mourvèdre, Muscardine, Syrah, Terret Noir e Vaccarese, e per le uve a bacca bianca, Bourboulenc, Clairette, Picardan, Roussanne e Picpoul. Tutte queste uve possono essere, almeno in teoria, utilizzate per la produzione dei vini della zona, uve bianche per la produzione dei vini bianchi, uve rosse e bianche per i vini rossi. La maggior parte dei vini rossi di Châteauneuf-du-Pape sono in realtà prodotti con Grenache e talvolta con aggiunta di Mourvèdre e Syrah. Esistono comunque produttori che coltivano tutte e tredici le specie di uve permesse e con le quali producono vini rossi. |
GermaniaNel paese della birra nascono grandi vini bianchi, spesso considerati come veri riferimenti dell'enologia mondiale. |
Se si associa una bevanda alla Germania, è quasi impossibile non pensare alla birra, eppure questo paese è da considerarsi, senza ombra di dubbio, fra i grandi produttori di vino bianco di qualità superiore. I vini bianchi tedeschi, grazie alla loro acidità, e spesso grazie all'alto contenuto di zuccheri, sono fra i pochi vini di questa categoria ad essere adatti ad un lungo e sorprendente affinamento in bottiglia. Parlare della coltivazione dell'uva in Germania sembrerebbe quasi paradossale; un clima freddo, apparentemente ostile alla vite, qui i vigneti si trovano in genere nella zona compresa fra il 49° e il 51° parallelo, una zona al limite della sopravvivenza della vite, farebbe pensare ad un vino prodotto in condizioni critiche e materie di qualità inferiore, eppure i migliori vini da uve Riesling del mondo si producono in questo paese e le sorprese non mancano nemmeno nell'ampia scelta dei vini dolci. In condizioni come queste è necessario sfruttare al massimo sia le condizioni del terreno, sia le condizioni climatiche; beneficiare al massimo del sole, per esempio, è un vantaggio al quale nessun viticoltore Tedesco non può permettersi il lusso di ignorare. Per questa ragione, i vigneti sono in genere piantati in colline o pendii rivolti verso sud, preferibilmente in prossimità di fiumi e corsi d'acqua in modo da beneficiare delle condizioni più miti e dei raggi del sole riflessi dall'acqua. Poco sole significa, prima di tutto, produrre vini meno alcolici, i vini tedeschi hanno in genere una gradazione alcolica compresa fra i 7° e gli 11°, ma con una buona e piacevole acidità, un fattore che consente ai vini bianchi della Germania di essere fra i più longevi del mondo.
Tuttavia, i vini della Germania, rispetto a quelli prodotti in altre zone del mondo, sono delicati, raffinati e pieni di eleganza, senza ombra di dubbio questo paese entra a pieno titolo fra i migliori produttori al mondo di vini bianchi di qualità. La Germania non significa solamente vini secchi, delicati e trasparenti, qui trovano ampio spazio anche i vini dolci, sciropposi, densi, carichi di affascinanti aromi e potenti sapori, prodotti in modo piuttosto inusuale lasciando appassire i grappoli d'uva nella vite e vendemmiandoli ad inverno inoltrato quando i vigneti sono coperti dalla neve e dal ghiaccio. La viticoltura in Germania è stata introdotta dai Romani intorno al I secolo a.C. e già a quell'epoca la coltivazione era prevalentemente svolta sulla riva sinistra del fiume Reno e lungo il corso del fiume Mosella. Secondo alcuni cronisti dell'epoca, sembra che i vini rossi fossero piuttosto diffusi in Germania durante il periodo Romano; una notizia piuttosto interessante se si considera l'attuale vocazione del paese alla produzione di vini bianchi. Fino all'epoca di Carlo Magno la coltivazione della vita era prevalentemente concentrata in tutta la zona occidentale del fiume Reno, dall'Alsazia fino alla zona dove attualmente si trova la città di Coblenza. La diffusione delle tradizioni enologiche fu continuata dai monaci Cristiani e si hanno notizie certe che nel 750 d.C. la viticoltura nella zona della Mosella era condotta da fondazioni monastiche che si rifacevano alle tradizioni Romane. I monaci introdussero inoltre la viticoltura nelle zone della Franconia e della Bavaria dove questa attività era fortemente praticata anche nel medio evo. Durante l'epoca dell'Impero Carolingio, Carlo Magno si operò in modo determinante alla diffusione e alla regolamentazione della viticoltura, prevalentemente a supporto della diffusione della religione Cristiana e, come in altri paesi Europei di quell'epoca, i principali coltivatori e produttori di vino erano i monasteri e le chiese. Fu proprio in questo periodo che furono piantati i vigneti più famosi di tutta la Germania, prevalentemente nella zona di Rheingau, e che sono ancora produttivi e rinomati. La viticoltura in Germania si sviluppò rapidamente dall'anno mille fino al XVI secolo, la produzione di vino era un'attività svolta sia nei monasteri e nelle chiese, sia nelle proprietà di nobili e di semplici borghesi. Le specie di uva che erano note e coltivate già da quei tempi erano Elbling, Räuschling, Silvaner, Moscato e Traminer. Le prime testimonianze scritte sulla coltivazione dell'uva Riesling, certamente la più celebre della Germania, risalgono al 1435, in modo particolare nelle zone di Rheingau. A partire dal 1500, la viticoltura e la produzione di vino in Germania iniziò il suo declino, in particolare a seguito della guerra dei trenta anni all'inizio del XVII secolo, che porto devastanti effetti sui vigneti. La viticoltura si riprese lentamente e in molte zone il recupero durò fino agli inizi del 1700. Durante questi anni furono promulgate diverse leggi a favore della produzione di vini di qualità imponendo ai viticoltori la coltivazione di specifiche specie di uva e in specifiche zone, addirittura ci furono editti che costrinsero i viticoltori ad espiantare le proprie viti e a sostituirli con uva Riesling. Nel 1800 il concetto di produzione di qualità divenne uno degli obiettivi principali dei produttori tedeschi. Proprio in questo periodo si iniziò a dare importanza al grado di maturazione dell'uva e al suo contenuto in zuccheri, una caratteristica che ancora oggi influisce in modo determinante sul sistema di qualità Tedesco, tanto da obbligare i produttori a vendemmiare le uve in periodi diversi a seconda del loro grado di maturazione. Verso la metà del 1800, la viticoltura era considerata un'attività importante tanto da istituire diverse scuole di enologia in diverse città della Germania, in questo periodo si fondarono inoltre molte associazioni di produttori che avevano l'esplicito scopo di promuovere una produzione di qualità. Lo slancio dell'enologia tedesca durante questo periodo fu bloccata, come in tutti gli altri paesi Europei, dall'arrivo della fillossera che fece ufficialmente la sua comparsa in Germania nella valle di Ahr nel 1881, diffondendosi successivamente in tutto il paese. La prima metà del XX secolo fu un periodo di profonda crisi per l'enologia tedesca, principalmente a causa delle due guerre mondiali che imposero severe restrizioni all'economia del paese. Tra il 1950 e il 1990, la viticoltura tedesca ha subito un profondo sviluppo, operando prevalentemente sulla diffusione e la ricollocazione dei vigneti oltre a promulgare leggi a favore della produzione di qualità.
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Il sistema di qualità Tedesco è per molti aspetti particolare, con regole e norme che difficilmente si trovano nei regolamenti di altri paesi vinicoli. Data la sua posizione geografica, molto a nord al limite della sopravvivenza della vite, uno dei principali problemi per la produzione di vino in Germania è il clima e questo, ovviamente, influisce direttamente sul grado maturazione dell'uva e quindi sul suo contenuto di zuccheri. L'alcol, com'è noto, viene prodotto dalla fermentazione dello zucchero, pertanto, maggiore la quantità dello zucchero, maggiore la quantità di alcol. Un'uva poco matura, quindi povera in zuccheri, produrrà un vino poco alcolico, non a caso i vini Tedeschi sono fra i meno alcolici del mondo. Per questa ragione il sistema Tedesco per la produzione di vini di qualità è strettamente legata al concetto di grado di maturazione delle uve, una caratteristica che rende unico questo sistema. Il sistema di qualità Tedesco è regolamentato da un'apposita legge del 1971, modificata nel 1994 con lo scopo di renderla conforme alle direttive dell'Unione Europea, prevede specifiche categorie e precisamente: vini da tavola, divisi in tafelwein (vini da tavola) e landwein (vini regionali), e vini di qualità, divisi in Qualitätswein bestimmter Anbaugebiete (vini di qualità da regione determinata) abbreviato con QbA, e Qualitätswein mit Prädikat (vini di qualità con predicato) abbreviato con QmP. In Germania la vendemmia viene solitamente svolta in tempi diversi in modo da consentire all'uva di raggiungere diversi gradi di maturazione in accordo alla tipologia di vino che si intende produrre. Un viticoltore potrebbe raccogliere certi grappoli di uva, con lo scopo di fare uno specifico tipo di vino, e lasciare gli altri nella vite con lo scopo di farli maturare ulteriormente ed essere raccolti successivamente per la produzione di altre tipologie di vino. Le uve meno mature producono in genere vini più leggeri e meno alcolici, mentre quelle più mature producono vini più strutturati e più alcolici, per effetto della maggiore quantità di zucchero. Il sistema di qualità Tedesco prevede sei livelli di maturazione delle uve corrispondenti ad altrettante categorie di vini. Un produttore può, vendemmiando l'uva in periodi diversi, produrre dallo stesso vigneto vini che possono appartenere a tutte e sei le categorie. I livelli di maturazione delle uve sono previsti per i soli vini di qualità, tuttavia va osservato che il livello di maturazione, e quindi la quantità di zuccheri, non ha un legame diretto con la dolcezza del vino; questo significa che un vino, appartenente ad una delle sei categorie di maturazione dell'uva, può anche essere secco o semisecco, a seconda di come è stato prodotto. I vini secchi riportano nell'etichetta il termine trocken, mentre quelli semisecchi riportano il termine halbtrocken. Il grado di maturazione delle uve viene misurato secondo il sistema Oechsle, ideato nel 1830 dal fisico Tedesco Ferdinand Oechsle. Il sistema consiste nel misurare la gravità specifica del mosto prima della sua fermentazione. La gravità specifica indica il rapporto della densità di una sostanza, come per esempio il mosto d'uva, con la densità dell'acqua misurata con uno strumento detto idrometro. Un liquido avente la densità dell'acqua avrà un valore di 1, se è più denso avrà valori maggiori di uno, se meno denso avrà valori compresi fra 0 e 0,999. Un sistema analogo viene usato in Francia (Baumé) e negli Stati Uniti d'America (Brix). La maggioranza del vino prodotto in Germania, circa il 95%, appartiene alle categorie di qualità (QbA e QmP) mentre il restante quota è destinata ai vini da tavola. I vini appartenenti alle categorie Qualitätswein bestimmter Anbaugebiete, o QbA, e Qualitätswein mit Prädikat, o QmP, devono provenire da una delle 13 zone di denominazione delle Germania. I vini QbA possono essere corretti mediante lo zuccheraggio, cioè si può aggiungere dello zucchero al mosto non ancora fermentato con lo scopo di produrre più alcol, un processo che, va ricordato, non ha nessun legame con la dolcezza del vino in quanto dipende esclusivamente dalla pratica enologica utilizzata. I vini appartenenti alla categoria Qualitätswein mit Prädikat, o QmP, rappresentano il livello qualitativamente più alto della produzione Tedesca per i quali lo zuccheraggio non è permesso. I vini QmP possono appartenere ad una delle seguenti categorie, dal grado di maturazione dell'uva più basso al più alto:
Nelle annate poco favorevoli, poco assolate e calde, l'alta acidità delle uve coltivate in Germania può rappresentare un serio problema. Com'è noto, uno dei fattori fondamentali che definisce la qualità di un vino è l'equilibrio. Un vino troppo acido, cioè carente di alcol e zuccheri, risulterebbe piuttosto sgradevole al gusto, cioè poco equilibrato in quanto la spiccata acidità non sarebbe giustamente bilanciata da quei elementi di contrapposizione. Per questo motivo ai produttori Tedeschi è consentito effettuare opportune correzioni sul vino finale, in modo da renderlo equilibrato e mitigare gli effetti dell'acidità, aggiungendo piccole quantità della cosiddetta süssreserve, un succo d'uva proveniente dallo stesso raccolto, opportunamente conservato, chiarificato e non fermentato in modo da mantenere la sua naturale dolcezza. La süssreserve non è utilizzata per rendere dolce un vino, ma semplicemente per equilibrare l'eccessiva acidità; la quantità aggiunta è tale da non influire con il gusto secco del vino. Va inoltre osservato che la süssreserve viene aggiunta al vino solamente in annate particolarmente sfavorevoli; nelle migliori annate, quando il vino presenta un equilibrio naturale e non necessita di correzioni, la süssreserve non viene utilizzata. Il sistema di qualità Tedesco prevede inoltre l'utilizzo di termini speciali nelle etichette in modo da indicare specifiche caratteristiche dei vini. L'elenco seguente riporta i termini più comuni che possono apparire nelle etichette:
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Nonostante la Germania sia considerata un piccolo produttore, la superficie coltivata a vite è circa l'8% di quella Francese, e nonostante la posizione geografica, vicino al 51° parallelo, al limite della sopravvivenza e dell'adattabilità della vite, in questo paese si producono fra i migliori vini bianchi del mondo, caratterizzati dalla finezza e dall'eleganza, ed è proprio questa la terra in cui l'uva Riesling, particolarmente pregiata e prestigiosa, riesce a dare il meglio di sé. La coltivazione della vite è praticata in Germania prevalentemente lungo il corso del fiume Reno, a partire da poco più a sud di Bonn fino al confine Francese per poi giungere al confine Svizzero nelle vicinanze di Basilea. Altre zone di coltivazione sono localizzate lungo il corso del fiume Mosella, ad ovest da Coblenza, nella zona ad est di Francoforte, in prossimità di Stoccarda e, infine, piccole zone di produzione si trovano anche nei pressi delle città di Dresda e Lipsia, ad est della zona principale. Le uve coltivate in Germania sono principalmente bianche, le uve rosse costituiscono un'eccezione soprattutto perché in queste condizioni climatiche difficilmente giungono a piena maturazione. Le uve bianche principalmente coltivate in Germania sono il Müller-Thurgau, il Riesling e il Silvaner. Altre uve bianche includono Bacchus (incrocio fra Silvaner e Riesling), Ehrenfelser (incrocio fra Riesling e Silvaner), Elbling, Faber (incrocio fra Pinot Bianco e Müller-Thurgau), Gewürztraminer, Gutedel (nome con cui è noto in Germania lo Chasselas), Huxelrebe (incrocio fra Gutedel e Courtillier Musqué), Kerner (ibrido prodotto da Trollinger e Riesling), Morio-Muskat (incrocio fra Silvaner e Pinot Bianco), Optima (incrocio di Silvaner e Riesling con Müller-Thurgau), Ortega (incrocio fra Müller-Thurgau e Siegerrebe), Rieslaner (incrocio fra Silvaner e Riesling), Rülander (Pinot Grigio), Scheurebe (incrocio fra Silvaner e Riesling) e Weissburgunder (Pinot Bianco). Le principali uve a bacca rossa sono il Portugieser, Spätburgunder (nome con cui è noto in Germania il Pinot Nero) e Trollinger (nome con cui è nota in Germania la Schiava). La produzione vinicola Tedesca è prevalentemente orientata ai vini bianchi, tuttavia si registrano anche modeste quantità di vini rosati e vini rossi, non da ultimo, vini spumanti, i cosiddetti sekt, generalmente prodotti con il metodo Charmat. La Germania prevede 13 regioni di produzione di qualità (anbaugebiete) e precisamente: Ahr, Baden, Franken, Hessische-Bergstrasse, Mittelrhein, Mosel-Saar-Ruwer, Nahe, Pfalz, Rheingau, Rheinhessen, Württemberg, Saale-Unstrut e Sachsen.
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Questa tipica regione di produzione si trova ad est di Francoforte, al confine nord della Bavaria, e la coltivazione della vite viene praticata prevalentemente lungo le rive del fiume Meno. L'uva più coltivata in questa zona è il Silvaner che qui riesce a dare i migliori esempi di vini prodotti da quest'uva di tutta la Germania. Anche il Riesling viene coltivato in Franconia, tuttavia sono poche le zone di questa regione, a causa della difficoltà di maturazione, capaci di produrre eccellenti vini da quest'uva. Un'uva a bacca bianca tipica di questa regione è il Rieslaner con il quale si producono interessanti vini con buoni aromi e che spesso ricordano il Riesling. In Franconia si producono inoltre vini rossi da uve Spätburgunder e Portugieser. Un segno distintivo dei vini di questa regione è la tipica bottiglia bocksbeutel che per legge deve essere utilizzata per l'imbottigliamento dei vini di questa regione.
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Questa regione, certamente fra le più famose di tutta la Germania per l'eleganza e la raffinatezza dei suoi vini da uve Riesling, si estende lungo il corso del fiume Mosella, dal confine con la Francia fino al punto in cui la Mosella si unisce al fiume Reno. La regione comprende anche le zone intorno ai due fiumi affluenti della Mosella: il Saar e il Ruwer. L'uva che principalmente è coltivata in questa regione è il Riesling, che da sola raggiunge oltre il 50% della superficie coltivata a vite, seguito dal Müller-Thurgau e Elbling. La coltivazione della vite in questa regione è piuttosto difficoltosa e qui si trovano i vigneti fra i più ripidi del mondo, pendii scoscesi con pendenze di addirittura il 70%. I vigneti sono generalmente piantati in pendii rivolti verso sud in modo da sfruttare completamente l'effetto del sole e consentire all'uva di giungere a maturazione. Nonostante la coltivazione e la raccolta delle uve sia piuttosto difficoltoso, i vini Riesling della Mosella sono caratterizzati da un eccellente equilibrio, una spiccata e bilanciata acidità, un fattore che consente a questi vini di essere affinati in bottiglia per molti anni con risultati sorprendenti nella complessità degli aromi e del gusto. Una caratteristica dei vini della Mosella è che sono imbottigliati nelle bottiglie cosiddette flauti o Renane il cui vetro è di colore verde, mentre in altre zone della Germania, il vetro di queste bottiglie è marrone.
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La regione di Pfalz si estende lunga la riva occidentale del fiume Reno fino al confine con l'Alsazia, a sud di Francoforte. La regione non risente dell'influsso del fiume Reno, contrariamente alle altre zone, poiché i vigneti si trovano in genere a circa 5 chilometri dalla sua riva. Data la sua posizione geografica e climatica, l'uva giunge a maturazione senza eccessivi problemi, come invece può accadere in altre parti della Germania. Come risultato, i vini di questa zona hanno un'acidità più bassa e l'uva più matura consente la produzione di auslese, beerenauslese e trockenbeerenauslese, qui prodotti in quantità rilevanti. L'uva più coltivata della regione è il Riesling che in questa zona produce vini dagli aromi fruttati e spesso speziati. Nella regione di Pfalz si coltivano diverse specie d'uva a bacca bianca, una caratteristica che la differenzia dalle altre regione della Germania che sono, in genere, vocate a poche varietà. In questa zona troviamo il Gewürztraminer, Weissburgunder, Rülander, Spätburgunder, Müller-Thurgau, Kerner, Morio-Muskat e Scheurebe, quest'ultimo da considerarsi certamente come una delle migliori uve della regione capace di produrre interessanti vini.
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Questa regione è considerata come la migliore zona del mondo per la produzione di vini da uve Riesling che qui rappresentano oltre l'80% delle uve coltivate. Questa piccola zona si trova ad ovest di Francoforte e di estende lungo le rive nord e est del fiume Reno. I vini Riesling prodotti in questa regione sono molto diversi da quelli prodotti nella Mosella o nel Pfalz: molto aromatici, generalmente di frutta e fiori, più rotondi e corposi, ricchi e ben bilanciati, con un'acidità meno spiccata. Il segreto del successo del Rheingau, molto spesso considerato come unico riferimento da tutti gli altri produttori di vini Riesling del mondo, consiste nelle sue favorevoli condizioni climatiche e geografiche, oltre ai provvidenziali effetti del fiume Reno capace di riflettere la luce e il calore del sole, garantendo una maggiore affidabilità e costanza nella maturazione delle uve. Queste favorevoli condizioni di maturazione delle uve consentono la produzione di straordinari vini auslese, beerenauslese e trockenbeerenauslese. L'uva più importante della regione, dopo il Riesling, è lo Spätburgunder con cui si producono buoni vini rossi con aromi tendenzialmente speziati e di mandorla amara.
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Il Rheinhessen è la regione vinicola più estesa della Germania e si trova a sud del Rheingau e si estende lungo il corso del fiume Reno. La produzione di questa regione è generalmente orientata a vini ordinari e poco costosi, in genere prodotti da cooperative con uve Müller-Thurgau o altri incroci Tedeschi, come per esempio, il Bacchus, Kerner, Morio-Muskat e Huxelrebe. Tuttavia nella regione si producono anche eccellenti esempi di vini da uve Riesling, seppure in modeste quantità.
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Fra le regioni di qualità della Germania, oltre a quelle già citate, se ne trovano altre che, pur non essendo molto conosciute, riescono spesso a sorprendere per i loro vini. La regione di Ahr, fra le zone vinicole più a nord della Germania, produce principalmente buoni vini da uve Spätburgunder. La regione di Baden, divisa in due parti, una nella zona centrale della Germania, ad est dell'Alsazia, e l'altra nelle vicinanze del lago di Costanza, al confine con la Svizzera, beneficia di un clima più caldo e produce vini molto alcolici e poco acidi, molto diversi da quelli prodotti nella Mosella. Le uve più coltivate in questa regione sono il Müller-Thurgau, Rülander, Gutedel, Silvaner, Weissburgunder, Gewürztraminer, Spätburgunder e Riesling. Un'altra zona di interesse è il Mittelrhein e si trova a nord, nelle vicinanze di Bonn, e la sua migliore produzione si registra nelle vicinanze di Coblenza. La regione produce vini ordinari da uve Müller-Thurgau e non mancano buoni esempi di vini da uve Riesling e vini spumanti sekt. Infine va ricordata la regione di Nahe, che si estende lungo il corso dell'omonimo fiume, a sud della Mosella, viene spesso considerata come il punto d'unione fra i vini della Mosella e del Rheingau. Le uve principalmente coltivate nel Nahe sono il Riesling, il Silvaner e il Müller-Thurgau, e i migliori vini sono quelli prodotti da uve Riesling.
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I Segreti della QualitàAl termine dei tre esami organolettici, si hanno elementi sufficienti per definire la reale qualità di un vino |
La valutazione organolettica di un vino si svolge in fasi distinte in modo da potere identificare propriamente, e con la dovuta attenzione, le sue caratteristiche in relazione all'esame visivo, olfattivo e gustativo. In ognuna di queste fasi il degustatore valuta i singoli aspetti del vino e da questi determina il suo grado di qualità e la sua tipicità. Il vino è composto da un insieme di centinaia di elementi chimici ed organolettici, dove ogni elemento deve essere presente nella giusta quantità, in accordo alla tipologia di vino, senza prevalere, coprire o svilire tutti gli altri. La qualità del vino è essenzialmente determinata dai sottili equilibri che si verificano fra i singoli elementi, un sottile confine che rende un vino grandioso oppure modesto. L'armonia e l'equilibrio degli elementi che costituiscono le cose, non solo il vino, è una caratteristica che, seppure da considerarsi come soggettiva, influisce in modo determinante sull'apprezzabilità e la piacevolezza. Gli elementi inadeguati, carenti o eccessivi, conferiscono alle cose un aspetto meno gradevole e meno armonioso, pertanto verrà giudicato in modo più o meno negativo proprio a causa di queste condizioni peggiorative. L'equilibrio nei vini, espressa dalla giusta quantità degli elementi gustativi, è considerato come uno dei fattori fondamentali che costituiscono la qualità. Nonostante questa caratteristica sia determinante, da sola non è sufficiente a rendere gradevole, piacevole, e quindi di qualità, un vino. Altri fattori che concorrono alla determinazione della qualità sono anche l'equilibrio aromatico, cioè l'eleganza e la raffinatezza del profilo olfattivo, la corrispondenza gusto-olfattiva, cioè la percezione dei sapori relativi agli aromi percepiti al naso, la persistenza, cioè la quantità di tempo in cui le percezioni gusto-olfattive continuano ad essere percepite dopo la deglutizione del vino e, infine, l'armonia esistente fra le singole caratteristiche del vino.
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La valutazione degli aromi di un vino anticipa il suo livello di qualità e, non a caso, i degustatori si soffermano in modo attento sull'esame di questo importante aspetto organolettico. Un vino che possiede un aroma gradevole, oltre a predisporre positivamente alla valutazione delle altre caratteristiche, viene considerato di qualità, a patto che anche le altre caratteristiche organolettiche siano altrettanto di qualità. Le caratteristiche aromatiche di un vino dipendono dall'uva o dalle uve utilizzate per la sua produzione, l'area di coltivazione, le condizioni climatiche e meteorologiche, le metodologie di produzione e dallo stato di maturazione. Ogni uva possiede caratteristiche aromatiche proprie, più o meno intense e più o meno gradevoli, e i suoi aromi possono essere accentuati, attenuati o coperti da diversi fattori, primo fra tutti, le scelte e il processo di produzione. Quando si valuta il profilo olfattivo di un vino, difficilmente si percepirà un unico aroma, nella maggioranza dei casi si percepiscono un insieme di aromi e con intensità diverse. Spesso la quantità e l'intensità degli aromi vengono considerati come indice di qualità, tuttavia è necessario che i singoli aromi siano in armonia con tutti gli altri, in particolare non ci devono essere aromi invadenti che tendono a coprire in modo netto gli altri. Vini che mettono in evidenza un unico, seppure gradevole, aroma, soprattutto nel caso in cui questo aroma non ha legami con l'uva di origine, non può essere considerato un fattore di qualità. Un esempio tipico di questa condizione è rappresentato dall'esagerato uso degli aromi provenienti dal legno. A prescindere dalle preferenze personali, certamente indiscutibili, un vino il cui aroma prevalente è unicamente di legno, coprendo palesemente gli aromi primari e secondari del vino, non può essere considerato né equilibrato né di qualità. L'equilibrio in questo genere di vini è compromesso proprio dall'eccesso di una specifica caratteristica che, inoltre, non appartiene a quelle dell'uva. Gli aromi di legno nei vini sono certamente gradevoli e l'uso della botte è sicuramente utile in enologia, tuttavia, come spesso si dice, i migliori vini affinati in legno sono proprio quelli dove il legno non si nota, cioè sono quelli che hanno aromi di legno in perfetto equilibrio con tutti gli altri profumi. Una considerazione particolare va fatta per i vini prodotti da uve cosiddette aromatiche, come per esempio il Moscato Bianco e il Gewürztraminer. La nota aromatica caratteristica di queste uve, quando sono vinificate in purezza, è sempre intensa e riconoscibile in ogni vino. Tuttavia, il degustatore attento si accorgerà che la nota aromatica non è l'unica ad essere percepita, in realtà nei grandi vini prodotti da uve aromatiche è possibile rilevare anche altri aromi, seppure di minore intensità, ma che contribuiscono ad equilibrare e a rendere più elegante e interessante un vino aromatico. Infine va ricordato che è proprio la ricchezza e l'equilibrio degli aromi che rende interessante la valutazione olfattiva di un vino e che lo rende certamente elegante. Un vino che presenta unicamente una tipologia di aromi non viene considerato interessante proprio perché non suscita curiosità; dopo averlo annusato alcune volte, si perde l'interesse verso i suoi profumi.
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Quando si parla di equilibrio in un vino, senza fare uso di altre indicazioni, ci si riferisce unicamente all'equilibrio gustativo, cioè all'equilibrio fra determinate sensazioni gustative. La determinazione dell'equilibrio nei vini dipende principalmente dalla categoria presa in esame, pertanto la determinazione dell'equilibrio dei vini bianchi è diversa dai vini rossi così come dai vini dolci. L'equilibrio è determinato dalla giusta quantità dei singoli elementi in modo da non risultare troppo eccessiva o troppo carente nel quadro complessivo del profilo gustativo. Le sostanze che vengono prese in considerazione nella determinazione dell'equilibrio in un vino sono gli zuccheri, l'alcol, gli acidi, i sali minerali e, nel caso dei vini rossi, i tannini. Queste sostanze hanno la proprietà di accentuare, neutralizzare o contrapporre determinate sensazioni gustative ed è proprio il risultato di questi effetti che determinano l'equilibrio. Per meglio comprendere la relazione e gli effetti delle singole sostanze nella determinazione dell'equilibrio, si consideri quanto segue:
La considerazione di queste regole consente di definire l'equilibrio gustativo di un vino in relazione alle sostanze in esso contenute. Va osservato che l'alcol, oltre a produrre una sensazione pseudocalorica, ha un sapore tendenzialmente dolce e pertanto contribuisce all'equilibrio come qualunque altra sostanza dolce. La temperatura alla quale viene servito un vino influisce sulla percezione delle qualità organolettiche e pertanto anche sull'equilibrio. Va comunque osservato che un vino carente di equilibrio può apparire migliore se degustato ad una temperatura adeguata, tuttavia questo accorgimento non lo renderà di certo migliore. La temperatura può influire nell'equilibrio di un vino in relazione ai seguenti fattori:
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L'equilibrio nei vini bianchi è più semplice da determinare che nei vini rossi in quanto è essenzialmente definito da due fattori: acidità e dolcezza. Considerando la minore quantità di fattori che determinano l'equilibrio nei vini bianchi è consigliabile, per i principianti, esercitarsi sullo studio dell'equilibrio proprio su queste tipologie di vini prima di passare ai vini rossi.
I vini bianchi vengono prodotti in diverse tipologie (secco, dolce e spumante) e benché la regola dell'equilibrio per questi vini è praticamente valida in tutti i casi, è necessario valutare singolarmente le diverse tipologie e le sostanze in esse contenute nonché il loro effetto nell'equilibrio. Il grafico riportato in figura illustra il rapporto degli elementi in relazione all'equilibrio nei vini bianchi. Le sostanze presenti nei vini bianchi si riconducono essenzialmente a quattro: zuccheri, alcol, acidi e sali minerali. Queste sostanze sono idealmente disposte in posizioni opposte, zuccheri e alcol da una parte, acidi e sali minerali dall'altra, e al centro si trova il punto di equilibrio rappresentato dalla esatta quantità di sostanze dolci capaci di contrastare l'acidità e la mineralità. Una quantità eccessiva, dall'una o dall'altra parte, tende a mettere in evidenza la posizione dominante attenuando quella opposta e in minoranza, dando quindi luogo ad uno squilibrio. Si ricorda che la dolcezza contrasta, cioè equilibra, l'acidità e viceversa. Nei vini bianchi secchi, o comunque con una quantità di zuccheri residui minima, l'equilibrio è determinato dall'alcol e dagli acidi. Va comunque osservato che i vini bianchi, tipicamente più acidi di quelli rossi, devono avere una quantità comunque tollerabile di acidità al fine di non irritare eccessivamente l'apparato gustativo e quindi l'equilibrio; un vino aspro, con una quantità di acidi molto alta, non migliora con l'aggiunta di una quantità di alcol tale da equilibrarlo, il risultato sarà comunque un vino fortemente alcolico e, ancora peggio, aspro e duro. Nei punti seguenti vengono riportati i vari casi, e le relative qualità organolettiche, in relazione all'eccedenza (+) o alla mancanza (-) di una delle due sostanze. Va osservato che maggiore sarà l'eccesso e la mancanza e maggiormente l'effetto sarà accentuato.
Nella determinazione dell'equilibrio nei vini bianchi dolci, o con residui zuccherini, si segue sostanzialmente quanto detto per i vini bianchi secchi, tuttavia la maggiore quantità di zucchero necessita di un adeguato equilibrio in modo da non apparire come pastoso o stucchevole. L'equilibrio può essere raggiunto, in questo caso, da un'adeguata quantità di acidi oppure da una quantità di alcol maggiore tale da contrastare quella che altrimenti diventerebbe una sensazione troppo dolce e squilibrata. Per questa ragione, in genere, i vini bianchi dolci e i passiti hanno un grado alcolico piuttosto alto. La presenza di anidride carbonica nei vini frizzanti e spumanti, a causa della sua naturale tendenza ad accentuare l'acidità e ad attenuare la dolcezza e oltre ad avere un sapore tendenzialmente acidulo, avrà bisogno di un'adeguata quantità di alcol, come nel caso di spumanti secchi, oppure di un'adeguata quantità di zuccheri, come nel caso di spumanti dolci.
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La determinazione dell'equilibrio nei vini rossi è fondata sulla presenza di un'ulteriore sensazione generalmente assente nei vini bianchi: l'astringenza. Questa qualità sensoriale è provocata dai tannini la cui presenza è determinata sia dalla macerazione delle bucce nel mosto sia dall'eventuale affinamento in botte. L'equilibrio nei vini rossi segue pertanto uno schema diverso dai vini bianchi e, invece di contrapporre le componenti in due posizioni opposte, le varie sostanze comuni dei vini rossi vengono idealmente schierate in tre posizioni antagoniste dove al centro troviamo il punto di equilibrio, cioè la presenza delle sostanze in quantità tali da bilanciare tutte le altre nel giusto modo. Il grafico di figura illustra il rapporto esistente fra le varie sostanze nell'equilibrio dei vini rossi.
In termini pratici, la quantità di alcol si contrappone all'acidità e all'astringenza, in quanto, lo ricordiamo, acidità e astringenza si esaltano a vicenda, pertanto un vino molto astringente non può essere anche molto acido e viceversa. In ogni caso è l'alcol a determinare l'equilibrio in opposizione a questi due elementi. L'acidità nei vini rossi è tollerabile solamente quando l'astringenza è bassa, come nel caso dei vini novelli, mentre i vini più robusti e austeri, affinati in legno e sottoposti a lunga macerazione sulle bucce, hanno un'astringenza chiaramente percettibile e un'acidità piuttosto bassa, con una gradazione alcolica adeguata, in entrambi i casi, alla determinazione del giusto equilibrio. Allo stesso modo, un vino rosso poco acido e poco tannino avrà bisogno di una quantità di alcol molto modesta per potere risultare equilibrato. Un'ultima considerazione va fatta per i vini rossi fortificati e dolci. Rimanendo comunque valide le indicazioni fornite sull'equilibrio, in particolare, la dolcezza, oltre ad attenuare l'astringenza, rallenta lievemente la percezione di questa caratteristica organolettica.
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La persistenza gustativa è uno di quei fattori che determinano, come l'equilibrio, la qualità di un vino. Questa caratteristica, definita talvolta come lunghezza o finale, è definibile come la quantità di tempo in cui le sensazioni gusto-olfattive del vino continuano ad essere chiaramente percepibili dopo il momento della sua deglutizione o espulsione. La persistenza è determinata in larga parte dalla qualità e dalla quantità degli aromi percepiti durante l'esame gustativo, la loro tenacità di permanenza nella bocca, e quindi nelle papille gustative, consente la stimolazione e la percezione di gusti e aromi anche quando il vino non è più presente in bocca. La persistenza viene misurata in secondi, spesso indicati con il termine Francese caudalie, ed è proprio la quantità di secondi in cui è possibile la percezione gusto-olfattiva che ne determina la qualità. Un vino è definito persistente quando questa quantità di tempo è compresa fra i 10 e i 12 secondi, talvolta anche 15, un tempo superiore a questo appartiene esclusivamente ai grandi vini e, com'è facile immaginare, è piuttosto difficile da incontrare. Le premesse per la valutazione della persistenza iniziano non appena il vino viene immesso nella bocca; durante la valutazione delle caratteristiche del vino si individuerà l'aroma e i sapori più intensi e su questi si concentrerà l'attenzione al momento in cui il vino viene deglutito o espulso dalla bocca. In questo caso per sapori si intendono esclusivamente quelli di origine aromatica, come per esempio sapori di frutta, e non i sapori fondamentali, come acidità o dolcezza, e nemmeno le sensazioni tattili come l'astringenza o l'alcolicità, fattori che in genere hanno sempre una durata, quindi una persistenza, maggiore a qualunque altro sapore aromatico del vino. Se un vino lascia in bocca una sensazione di acidità, dolcezza, astringenza o pseudocaloriche, invece di altri sapori aromatici, questo non può essere considerato persistente. Si dovrà invece porre l'attenzione sul sapore aromatico più intenso e valutare la quantità di tempo in cui questo è percepibile prima che svanisca completamente.
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L'armonia è ciò che rende le cose gradevoli e piacevoli. Nella valutazione sensoriale del vino l'armonia è espressa dalla giusta relazione e corrispondenza fra le tre fasi che costituiscono l'esame: visivo, olfattivo e gustativo. Un vino armonico dovrà quindi presentare un bell'aspetto, un'eleganza e qualità degli aromi, un ottimo equilibrio, sia aromatico, sia gustativo, e, non da ultimo, una buona corrispondenza dei sapori aromatici con gli aromi percepiti al naso. Ogni elemento del vino dovrà risultare adeguato alla sua struttura, in un certo senso, deve essere vestito con l'abito che meglio gli si addice, senza pesanti o leggeri dettagli che risulterebbero essere solamente degli elementi di disturbo. Per rendere più chiaro il concetto, sarebbe come vedere una persona robusta vestita con abiti strettissimi oppure una persona esile e magra vestita con abiti larghi. L'armonia nei vini, così come l'equilibrio e la persistenza, è una prerogativa dei grandi vini e richiede l'uso di materie di qualità, oltre ad una notevole capacità e abilità dell'enologo, per essere espressa in modo corretto e compiuto.
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I Vini del Mese |
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Legenda dei punteggi![]() ![]() ![]() ![]() ![]() ![]() ![]() ![]() ![]() ![]() ![]() ![]() ![]() ![]() ![]() ![]() I prezzi sono da considerarsi indicativi in quanto possono subire variazioni a seconda del paese e del luogo in cui vengono acquistati i vini |
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Alhué Sauvignon Blanc Chardonnay 2002 |
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Finca Alma (Argentina) | |
Uvaggio: Sauvignon Blanc (60%), Chardonnay (40%) | |
Prezzo: $9,50 | Punteggio: ![]() ![]() ![]() |
Il vino si presenta con un colore giallo paglierino scarico e tonalità giallo verdolino, molto trasparente. Al naso è molto elegante e raffinato con evidente tipicità delle uve con cui è prodotto. L'orientamento olfattivo è prevalentemente fruttato con riconoscimenti di ananas, litchi, pera, pesca, pompelmo oltre a sambuco, salvia e acacia. In bocca si riscontra una buona corrispondenza con il naso, è intenso, giustamente fresco e ben bilanciato dall'alcol. Il finale è persistente con piacevoli ricordi di pesca e sambuco. Un vino ben fatto. Questo vino è prodotto con fermentazione e macerazione a temperatura controllata. | |
Abbinamento: Pesce speziato, risotti e pasta in genere |
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COF Chardonnay Ronc di Juri 2000 |
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Girolamo Dorigo (Italia) | |
Uvaggio: Chardonnay | |
Prezzo: € 36,80 | Punteggio: ![]() ![]() ![]() ![]() ![]() |
Alla vista si presenta con un bel colore giallo paglierino brillante con sfumature giallo verdolino, molto trasparente. Al naso rivela una grande personalità con aromi eleganti, puliti e raffinati oltre ad una nota di legno in evidenza che comunque non disturba eccessivamente la percezione degli altri aromi. Si percepiscono intensi e puliti aromi di mela, pera, pesca, banana, limone, pompelmo, lievito e vaniglia oltre ad accenni di pietra focaia e caffè. In bocca denota una buona freschezza ben bilanciata dall'alcol, è intenso e di corpo, molto equilibrato e ottima corrispondenza con il naso. Il finale è persistente con piacevoli ed eleganti ricordi di pera, mela, vaniglia e pompelmo. Un vino ben fatto. Questo Chardonnay viene fermentato in barrique e affinato sui lieviti fino a pochi giorni prima dell'imbottigliamento. | |
Abbinamento: Pasta e Risotti di pesce, Pesce arrosto, Crostacei, Carni bianche |
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Ghiaie della Furba 1999 |
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Tenuta di Capezzana (Italia) | |
Uvaggio: Cabernet Sauvignon (60%), Merlot (30%), Sirah (10%) | |
Prezzo: € 25,00 | Punteggio: ![]() ![]() ![]() ![]() ![]() |
Il vino si presenta alla vista con un bellissimo colore rosso rubino intenso e con sfumature rosso granato, poco trasparente. Il naso preannuncia una spiccata e imponente personalità: aromi intensi, puliti e ben definiti di amarena, confettura di prugne, lampone e mirtillo sono piacevolmente seguiti da aromi di cacao, eucalipto e vaniglia. In bocca si fa notare per la sua struttura e per la sua intensità, possente e imponente, con tannini piacevoli e ben bilanciati dall'alcol, anch'esso ben presente. Piena corrispondenza con il profilo olfattivo. Il finale è persistente con puliti e netti ricordi di amarena, confettura di prugne, mirtillo su un piacevole fondo di vaniglia. Un vino molto ben fatto. Ghiaie della Furba è vinificato in contenitori di acciaio e viene elevato per 16 mesi in barrique a cui segue un ulteriore affinamento in bottiglia per almeno 6 mesi. | |
Abbinamento: Formaggi stagionati, Grandi arrosti, Selvaggina, Brasati, Stufati |
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Vino Nobile di Montepulciano 1999 |
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Fattoria di Palazzo Vecchio (Italia) | |
Uvaggio: Sangiovese (87%), Canaiolo Nero (10%), Mammolo (3%) | |
Prezzo: € 13,00 | Punteggio: ![]() ![]() ![]() ![]() ![]() |
Alla vista si presenta con un colore rosso rubino brillante, poco trasparente. Al naso è elegante, raffinato e di buona personalità con intensi aromi di amarena, ciliegia matura, mirtillo, prugna e ribes seguito da aromi di cioccolato, finocchio, timo e violetta su un fondo di vaniglia. In bocca rivela una buona corrispondenza con il naso, è intenso, robusto e un attacco tannico equilibrato dall'alcol. Il finale è persistente con ricordi di amarena, prugna e mirtillo. Un vino ben fatto. | |
Abbinamento: Carne arrosto, Carne alla griglia, Selvaggina, Formaggi stagionati |
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Amarone della Valpolicella Classico Le Balze 1997 |
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Novaia (Italia) | |
Uvaggio: Corvina (50%), Corvinone (20%), Rondinella (30%) | |
Prezzo: € 31,20 | Punteggio: ![]() ![]() ![]() ![]() ![]() |
Interessante interpretazione di Amarone. Alla vista si presenta con un bel colore rosso rubino intenso e sfumature di rosso granato, poco trasparente. Al naso si presenta con una decisa personalità e una ricchezza di aromi eleganti e puliti. Si riconoscono netti e intensi aromi di confettura di amarena, confettura di more, confettura di pesche, confettura di prugne, frutta matura, rosa appassita e violetta appassita a cui seguono aromi di pepe rosa, vaniglia, cacao, confetto e noce moscata. In bocca rivela un attacco decisamente alcolico, tuttavia ben equilibrato dai tannini e dalla possente struttura. Buona corrispondenza con il naso con intensi e piacevoli sapori di confetture. Il finale è persistente con piacevoli e lunghi ricordi di confettura di amarena, confettura di prugne e confettura di more. Un vino ben fatto che regalerà ancora grandi emozioni con un ulteriore affinamento in bottiglia. Questo Amarone è affinato in barrique per 27 mesi a cui seguono 7 mesi in bottiglia. | |
Abbinamento: Selvaggina, Brasati, Stufati, Grandi arrosti di carne, Formaggi stagionati |
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Barbera d'Alba Superiore I Filari de I Maschi 2000 |
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Le Vigne di Canova (Italia) | |
Uvaggio: Barbera | |
Prezzo: € 9,60 | Punteggio: ![]() ![]() ![]() |
Il vino si presenta con un bell'aspetto di colore rosso rubino e sfumature di rosso porpora, abbastanza trasparente. Al naso si fa notare per i suoi aromi intensi e di spiccata personalità, in prevalenza di frutta, fra cui si riconoscono aromi di lampone, mirtillo e prugna seguiti da eleganti e accattivanti aromi di caffè, camomilla, cioccolato su un fondo di leggera tostatura. In bocca l'uva Barbera si fa ben riconoscere dal suo ingresso fresco che è comunque ben bilanciato dai tannini, ben equilibrati dall'alcol. Buona corrispondenza con il naso e buona intensità dei sapori. Il finale è persistente con piacevoli ricordi di prugna e lampone su un lieve fondo di camomilla. Questo vino è prodotto con macerazione sulle bucce per 14 giorni a cui segue un affinamento in botte per circa un anno. | |
Abbinamento: Arrosti di carne, Carni alla griglia, Formaggi stagionati |
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Radici Taurasi 1998 |
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Mastroberardino (Italia) | |
Uvaggio: Aglianico | |
Prezzo: € 16,55 | Punteggio: ![]() ![]() ![]() |
Il vino presenta un colore rosso rubino con evidenti sfumature rosso granato, abbastanza trasparente. Il naso si apre con una serie di aromi fruttati fra cui si riconoscono amarena, ciliegia, mirtillo e prugna seguiti da piacevoli note di pepe, rosa appassita, tostato e vaniglia. Un naso decisamente gradevole e pulito. In bocca si fa subito notare per la sua piacevole tannicità ben equilibrata dall'alcol e da una lieve sensazione di pepe, molto piacevole. Il finale è persistente con evidenti ricordi di amarena, prugna e mirtillo oltre ad un accenno di pepe. Radici Taurasi viene affinato per 24 mesi in botte a cui segue un ulteriore affinamento in bottiglia di almeno 12 mesi. | |
Abbinamento: Formaggi stagionati, Brasati, Carne alla griglia, Carne arrosto |
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Moscato TerrAntica |
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Casano (Italia) | |
Uvaggio: Moscato Bianco | |
Prezzo: € 5,00 ($5.00) | Punteggio: ![]() ![]() ![]() ![]() |
Il vino presenta un colore giallo ambrato carico con sfumature giallo ambrato, trasparente. Il naso esprime le note caratteristiche dell'uva con intensi e gradevoli aromi di albicocca secca, anice stellato, canditi, caramello, fico secco, marzapane e uva passa. In bocca corrisponde con gli aromi del naso e rivela una piacevole morbidezza e dolcezza oltre a buona alcolicità. Il finale è molto persistente con lunghi e piacevoli ricordi di albicocca secca, fico secco, canditi e note aromatiche dell'uva Moscato. | |
Abbinamento: Pasticceria, Formaggi piccanti |
CastelinhoNella regione del Douro, patria dei famosi ed eccellenti vini Porto, Castelinho dedica la sua passione all'uva e alla terra, producendo vini eccellenti, da straordinari vini fermi a magnifici Porto |
Se si pensa al Portogallo è praticamente impossibile non pensare ai vini di Porto, i famosi vini fortificati conosciuti per la loro eccellente eleganza. I vini del Portogallo non sono solamente Porto e Porto significa anche Douro, une delle migliori zone vinicole del Portogallo. In questa zona, oltre al Porto, si producono anche eccellenti vini con uve autoctone e spesso risultano essere ricchi, robusti ed eleganti. Castelinho Vinhos è dedita alla produzione sia di vini Porto, sia di vini fermi, una combinazione capace di provare l'alta qualità di questa cantina.
Quinta do Castelinho, il vecchio nome della cantina che è ancora utilizzato per i vini Porto, è sempre stata famosa come produttore di alta qualità ed è attualmente condotta dalla famiglia Saraiva. La cantina è oggi guidata da Manuel António Crúzio Saraiva, di cui è presidente, continuando il lavoro iniziato da suo padre, negli anni 1960, nel nome della grandezza dei vini di Porto. Oggi Quinta do Castelinho è uno dei più grandi produttori di vino Porto ed è il risultato degli innumerevoli sforzi compiuti per la promozione del proprio marchio aziendale. Castelinho Vinhos si trova vicino a Cachão da Valeira e beneficia di condizioni geografiche privilegiate, con un micro clima influenzato dalle condizioni sia dell'Atlantico, sia del Mediterraneo, in suoli scistosi che consentono una costante concentrazione di calore, ben posizionati nei pendii della regione con generosi ed equilibrati periodi di sole oltre ad un'accurata selezione delle migliori varietà di uve Portoghesi come la Touriga Nacional, la Touriga Francesa, la Tinta Barroca e la Tinta Roriz. I vigneti e la cantina Castelinho sono situati nella zona di S. João da Pasqueira, nel cuore del Cima Corgo, classificata come A, la più alta classificazione riconosciuta dalle autorità competenti. Riparata da un naturale bacino formato nella regione, la regione di Quinta do Castelinho consiste approssimativamente di 120 acri, 50 dei quali sono destinati a vigneti. Quinta do Castelinho si trova all'interno della valle del Douro, la prima regione delimitata del mondo ad opera del Marchese de Pombal, il quale ordinò nel 1757 che i confini della valle fossero delimitati da blocchi solidi di granito. Il passato di Quinta do Castelinho accompagna la storia del vino Porto; gli albori della cantina coincidono con la venuta dei cavatori di pietra che attraversarono il fiume Douro e lo resero navigabile da Oporto fino a Barca d'Alva. A partire dal 22 ottobre 1789, tutte le fattorie situate prima di Cachão da Valeira, incluso Castelinho, poterono finalmente progredire. Nel 1848 Quinta do Castelinho si unì a Quinta do Padrão, Quinta da Azenha, Quinta do Vau e Quinta do Pelão, tutte indicate e riportate nella mappa del Barone Forrester. Nel 1903 Quinta do Castelinho apparteneva ad A. P. Ferreira Múaze e a quei tempi, con un perimetro di 11 Km, era considerata piuttosto grande. Intorno al 1939 la Signora Berta Damasceno Ribeiro Meda era la responsabile della proprietà che nel frattempo era divenuta di proprietà di Mário Alberto Milhano e, infine, a Manuel António Saraiva, padre dell'attuale presidente della cantina. Quando Quinta do Castelinho fu acquistata nel 1969, Manuel António Saraiva (padre) era responsabile per il trasporto del vino Porto per mezzo della sua compagnia di trasporti con sede a Pinhão. A quei tempi, tutto il vino prodotto nelle proprietà della regione del Douro veniva trasportato alle compagnie di esportazione che di trovavano a Vila Nova de Gaia. Nel 1986, con la fondazione del Centro per il Commercio del Douro, Quinta do Castelinho lanciò il proprio marchio aziendale e a tutt'oggi ricopre una posizione ben consolidata nel mercato del vino Porto. Nel 1990 la cantina cambiò il proprio nome in Quinta Castelinho e nello stesso decennio lo cambiò nuovamente in Castelinho Vinhos. Tre anni dopo Castelinho Vinhos S.A. divenne uno dei primi produttori di vino Porto ad esportare direttamente dalla zona delimitata di Douro e, negli anni seguenti, acquisì Quinta de S. Domingos, dove venne costruita una cantina di affinamento oltre agli uffici amministrativi principali e un centro ricettivo per il turismo.
Riconosciuto come il simbolo dell'eccellenza del Portogallo, il vino Porto, così come lo conosciamo, fece la sua comparsa nel mercato nel 1820. Grazie al suo gusto unico, questo vino dolce ed elegante conquistò la borghesia Inglese all'inizio del secolo, diventando uno dei vini più apprezzati del mondo. Il vino Porto è un vino fortificato e viene prodotto interrompendo il processo di fermentazione aggiungendo acquavite d'uva. Ci sono due tipi di Porto: rosso e bianco. I Porto bianco sono esclusivamente prodotti con uve bianche e seguono procedure di produzione simili a quelle del Porto rosso. Con una gradazione alcolica compresa fra i 9° e i 22°, questi vini sono caratterizzati da diversi livelli di dolcezza, da molto dolci (i cosiddetti Lágrima), ai dolci (Doces), semi dolci (Meios Doces), secchi (Secos) e gli extra secchi (Extra Secos). Relativamente ai Porto rossi, esistono due gruppi principali: quelli prodotti da lotti non millesimati, costituiti da lotti di vino vari (Ruby, Tawny, 10, 20, 30, 40 anni e anche più vecchi) e i Porto millesimati (Vintage, Late Bottled Vintage, abbreviato con LBV, e i Porto con Millesimo). Grazie al numero di anni in cui il Porto viene lasciato ad affinare in contenitori (botti di legno o bottiglie), acquisisce una grande varietà di aromi e sapori, ricchi e complessi.
Quinta do Castelinho produce una completa gamma di vini Porto, dai vini standard alle categorie speciali. Le categorie standard consistono in vini giovani delicatamente fruttati, ideali per essere bevuti ogni giorno. I vini Porto standard prodotti dalla cantina includono Porto Bianco, Tawny, ottenuto da lotti di vino affinati in botte in un periodo medio di tre anni, e i Ruby, vini Porto giovani e fruttati ottenuti da miscele di vini di produzione recente. I Porto di categoria speciale, cioè i Porto di qualità superiore, includono i Porto Tawny, prodotti in Riserva, 10, 20, 30 e 40 anni e i millesimati, Porto dal colore rubino, disponibili come Vintage Character, LBV e Vintage. Fra i vini Porto, quelli che sono certamente considerati come i migliori sono gli eccezionali Vintage che sono prodotti solamente nelle migliori annate, in quantità limitate, con le migliori uve. Quinta do Castelinho ha prodotto grandi Vintage per tutto il decennio del 1990, precisamente nel 1991, 1994, 1996 e, in modo particolare, nel 1997. I Porto Vintage sono destinati ad essere conservati nelle cantine in modo da consentire loro il migliore sviluppo possibile, una delizia che può essere degustata solamente da coloro che sono pazienti e che vogliono solamente il meglio dai Porto Vintage. Quinta do Castelinho produce anche eccellenti vini fermi. Benché la fama e il prestigio dei vini Porto ha messo in ombra la qualità dei vini da tavola del Douro, oggi i vini fermi del Douro, riconosciuti come Denominação de Origem Controlada (Denominazione d'Origine Controllata), rappresentano la grande sfida della regione ed è proprio da questi vini che Castelinho procura i maggiori profitti. Per raggiungere questa qualità, Quinta do Castelinho seleziona le migliori uve delle sue proprietà, così come selezionando le migliori uve dalle fattorie della confinante regione del Cima Corgo. La cantina dispone delle migliori condizioni enologiche tali da produrre vini del Douro di alta qualità, bianchi e rossi, compresa una zona specifica dove si esegue l'affinamento dei vini in botti di rovere Francese e Americano. I vini seguenti, prodotti da Quinta do Castelinho, hanno riscosso grandi successi sia a livello nazionale che internazionale: Douro Castelinho Colheita, Castelinho Reserva e Lagar dos Saraivas. Recentemente Castelinho ha esteso la sua attività in altre zone fra le migliori del Portogallo, imbottigliando vini provenienti da Alentejo, Dão e Vinho Verde e commercializzandoli con il proprio marchio. Allo stesso modo ha esteso la propria linea di produzione introducendo il Bagaceira Brandy, un'acquavite di vino molto invecchiata, affinata in botti di rovere per oltre 35 anni.
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Legenda dei punteggi![]() ![]() ![]() ![]() ![]() ![]() ![]() ![]() ![]() ![]() ![]() ![]() ![]() ![]() ![]() ![]() I prezzi sono da considerarsi indicativi in quanto possono subire variazioni a seconda del paese e del luogo in cui vengono acquistati i vini |
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Quinta do Castelinho Porto Vintage 1999 |
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Castelinho Vinhos (Portogallo) | |
Uvaggio: Touriga Nacional, Tinta Roriz, Tinta Barroca, Touriga Francesa | |
Prezzo: € 13,57 | Punteggio: ![]() ![]() ![]() ![]() |
Il vino si presenta con un colore rosso rubino e sfumature rosso porpora, poco trasparente. Al naso rivela piacevoli aromi di frutta rossa come amarena, ciliegia sotto spirito, mirtillo e mora oltre ad un intenso e piacevolissimo aroma di violetta su un fondo di vaniglia. In bocca presenta un buon equilibrio, intenso, di buon corpo e molto corrispondente con il naso, giusta tannicità ben bilanciata dall'alcol e una buona morbidezza. Il finale è persistente con netti e piacevoli ricordi di violetta e amarena. Ottimo Porto che migliorerà senz'altro con ulteriore affinamento in bottiglia. | |
Abbinamento: Formaggi erborinati e stagionati, Crostate di frutta rossa, Pasticceria |
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Quinta do Castelinho Porto LBV 1997 |
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Castelinho Vinhos (Portogallo) | |
Uvaggio: Touriga Nacional, Tinta Roriz, Tinta Barroca, Touriga Francesa | |
Prezzo: € 5,93 | Punteggio: ![]() ![]() ![]() ![]() ![]() |
Alla vista si presenta con un colore rosso rubino e sfumature di rosso granato, abbastanza trasparente. Al naso rivela intensi e persistenti aromi, puliti, molto eleganti e di sicura personalità. Si riconoscono aromi di amarena, confettura di ciliege, confettura di fragole, mirtillo e mora oltre ad un intenso e piacevole aroma di violetta. In bocca è rotondo, morbido, equilibrato e corrispondente al naso, ottimo equilibrio fra alcol e tannini. Il finale è molto persistente con netti e lunghissimi ricordi di violetta e ciliegia. Eccellente Porto che regalerà ancora grandi emozioni con ulteriore affinamento in bottiglia. | |
Abbinamento: Formaggi erborinati e stagionati, Crostate di frutta rossa, Pasticceria |
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Quinta do Castelinho Porto Tawny 10 Anos |
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Castelinho Vinhos (Portogallo) | |
Uvaggio: Touriga Nacional, Tinta Roriz, Tinta Barroca, Touriga Francesa | |
Prezzo: € 7,40 | Punteggio: ![]() ![]() ![]() ![]() ![]() |
Eccellente Porto di 10 anni. Alla vista si presenta con un colore rosso aranciato carico e sfumature rosso aranciato, trasparente. Al naso è ricco, intenso e di grande personalità, con puliti ed eleganti aromi di confettura di amarene, confettura di ciliege, mandorla, liquirizia, cacao, cuoio, fico secco e un elegante tocco di violetta appassita e vaniglia. In bocca è ricco, complesso e molto corrispondente con il naso, con tannini morbidi e ben equilibrati dall'alcol. Il finale è molto persistente con lunghissimi, eleganti e piacevoli ricordi di violetta appassita, fico secco e confettura di ciliege. Un grande Porto molto ben fatto ed elegante e che saprà dare ricche emozioni anche degustato da solo. | |
Abbinamento: Formaggi erborinati e stagionati, Frutta secca |
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Quinta do Castelinho Porto Tawny 20 Anos |
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Castelinho Vinhos (Portogallo) | |
Uvaggio: Touriga Nacional, Tinta Roriz, Tinta Barroca, Touriga Francesa | |
Prezzo: € 10,34 | Punteggio: ![]() ![]() ![]() ![]() ![]() |
Magnifico Porto di 20 anni. Alla vista si presenta con un colore giallo ambra carico e sfumature giallo ambra, trasparente. Il naso è ricco, elegante e di grande personalità con intensi aromi puliti, complessi e armoniosi. Si riconoscono aromi di caramello, confettura di fichi, confettura di prugne, cioccolato, cuoio, funghi, mandorla, rabarbaro e china su un elegante aroma di zucchero a velo. In bocca si presenta con un'eccellente corrispondenza al naso, ricco, intenso e complesso, armonico e ben equilibrato. Il finale è molto persistente con piacevoli, eleganti e lunghissimi ricordi di caramello, confettura di fichi e confettura di prugne. Un grandissimo e magnifico Porto ricco di emozioni da degustare anche da solo in completa meditazione. | |
Abbinamento: Formaggi erborinati e stagionati, Frutta secca |
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Douro 1999 |
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Castelinho Vinhos (Portogallo) | |
Uvaggio: Tinta Roriz, Touriga Francesa, Tinta Barroca | |
Prezzo: € 1,84 | Punteggio: ![]() ![]() ![]() ![]() |
Il vino si presenta con un colore rosso rubino e sfumature rosso porpora, abbastanza trasparente. Al naso esprime aromi gradevoli, puliti ed eleganti, in prevalenza di frutta, come amarena, fragola, lampone e mora seguiti da eucalipto, violetta e vaniglia. In bocca è corrispondente al naso, di corpo ed equilibrato con tannini ben bilanciati dall'alcol. Il finale è persistente con netti ricordi di lampone, fragola e amarena. | |
Abbinamento: Selvaggina, Brasati, Stufati, Carne arrosto, Formaggi stagionati |
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Douro Reserva 1999 |
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Castelinho Vinhos (Portogallo) | |
Uvaggio: Touriga Nacional, Tinta Roriz, Tinta Barroca, Touriga Francesa | |
Prezzo: € 3,24 | Punteggio: ![]() ![]() ![]() ![]() ![]() |
Il vino si presenta con un colore rosso rubino brillante e sfumature rosso porpora, poco trasparente. Al naso esprime eleganza, con aromi raffinati, puliti e intensi di amarena, lampone, mirtillo, prugna e ribes a cui seguono liquirizia, violetta e vaniglia. In bocca rivela una struttura robusta con ottima corrispondenza al naso. L'attacco è piuttosto alcolico tuttavia ben bilanciato dai tannini. Il finale è persistente con ricordi di amarena, prugna e ribes. Questo vino viene affinato in botti di rovere Americano fino al suo imbottigliamento. | |
Abbinamento: Selvaggina, Brasati, Stufati, Carne arrosto, Formaggi stagionati |
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Douro Lagar dos Saraivas 1999 |
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Castelinho Vinhos (Portogallo) | |
Uvaggio: Touriga Nacional, Touriga Francesa | |
Prezzo: € 13,28 | Punteggio: ![]() ![]() ![]() ![]() ![]() |
Semplicemente un grande vino. Alla vista si presenta con un colore rosso rubino intenso e sfumature rosso porpora, poco trasparente. Al naso rivela una grandissima personalità con aromi puliti, netti, eleganti e raffinati. Si percepiscono aromi di confettura di amarene, mirtillo e ribes seguiti da liquirizia, eucalipto, caffè, vaniglia e tostato. In bocca esprime un'eccellente corrispondenza con il naso, molto equilibrato e robusto. Il finale è molto persistente con lunghi e piacevoli ricordi di confettura di amarene e ribes. Un vino eccezionale. | |
Abbinamento: Selvaggina, Brasati, Stufati, Carne arrosto, Formaggi stagionati |
Castelinho Vinhos S.A. - Quinta de S. Domingos, Apartado 140 - 5054-909 Peso da Régua (Portogallo) Tel. +351 254 320 100 Fax +351 254 320 109 - Enologo: - Anno fondazione: - Produzione: bottiglie - E-Mail: castelinho@castelinho-vinhos.pt - WEB: www.castelinho-vinhos.pt |
Giornale di Cantina |
Questa rubrica è riservata ai produttori di vino che intendono rendere note particolari attività produttive, annunciare nuovi prodotti o semplicemente comunicare alla clientela informazioni e promozioni sulla propria attività e i propri prodotti. Inviare le notizie da pubblicare al nostro indirizzo e-mail.
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Notiziario |
In questa rubrica verranno pubblicate notizie e informazioni relativamente ad eventi e manifestazioni riguardanti il mondo del vino e dell'enogastronomia. Chiunque sia interessato a rendere noti avvenimenti e manifestazioni può comunicarlo alla nostra redazione al nostro indirizzo e-mail.
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Work-shop internazionale del vino e del turismo |
Venerdì 7 e sabato 8 marzo 2003 si svolgerà a Cividale (Ud) VINO & TERRITORIO 2003, work-shop internazionale del vino e del turismo organizzato dal Movimento Turismo del Vino - Friuli Venezia Giulia. Si tratta di giornate dedicate ai vini delle 8 zone DOC regionali (Collio, Colli Orientali del Friuli, Friuli Grave, Friuli Isonzo, Friuli Latisana, Friuli Aquileia, Carso, Friuli Annia) e al loro territorio. Un binomio indissolubile, che il Movimento Turismo Vino - Friuli Venezia Giulia, presieduto da Elda Felluga, sta contribuendo da tempo a valorizzare con una serie di iniziative rivolte al largo pubblico, che vanno dall'ideazione di itinerari enoturistici, alla realizzazione di un ricco calendario di eventi. Tra le iniziative di maggior spicco il Torneo di Golf Cantine Aperte, il Concorso per giovani vignettisti e fumettisti Spirito di Vino (la cui giura è presieduta da Giorgio Forattini), Cantine Aperte, ormai tradizionale e atteso appuntamento dell'ultima domenica di maggio. Con VINO & TERRITORIO 2003, il Movimento Turismo del Vino intende rivolgersi agli addetti al lavoro e a quanti, nel settore dell'enologia e del turismo, abbiano interesse verso il Friuli Venezia Giulia, che arriveranno in regione da martedì 4 marzo. La convention d'affari - organizzata in collaborazione con l'ICE, la Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia, l'Assessorato regionale al Turismo, le Camere di Commercio regionali e l'Agenzia Regionale per lo sviluppo Rurale/Ersa, con il patrocinio del Comune di Cividale , in collaborazione con la Banca Popolare di Cividale - vedrà infatti riunite a Cividale una settantina fra le più prestigiose aziende vinicole della regione, affiancate dalle principali strutture e associazioni turistiche locali, che si incontreranno con un centinaio di buyer stranieri provenienti da tutto il mondo, ed in particolare dal Nord Europa, dai Paesi dell'Est, dagli Stati Uniti e dal Canada. Con loro, saranno ospiti giornalisti italiani e stranieri, invitati dal Movimento Turismo del Vino a conoscere gli eccellenti vini e le ricchezze storiche, artistiche ed ambientali di questo estremo lembo d'Italia, che nel raggio di un centinaio di chilometri racchiude vette alpine, colline e pianure tappezzate di vigneti, litorali marini. VINO & TERRITORIO 2003 permetterà alle aziende partecipanti di sviluppare il volume delle vendite, promuovendo in contemporanea l'immagine della Regione Friuli Venezia Giulia. Sede della manifestazione sarà la suggestiva cornice della chiesa di San Francesco (oggi Centro San Francesco, adibito ad ospitare mostre e manifestazioni di rilevo), uno dei più significativi esempi di architettura gotica in Friuli, le cui pareti sono decorate da pregevoli affreschi che vanno dal '300 al '500. Qui, venerdì 7 e sabato 8 marzo, si svolgeranno gli workshop (che saranno affiancati da visite a luoghi d'arte e cantine) e sarà allestita una mostra di mosaici della famosa Scuola Mosaicisti Friulana di Spilimbergo, con la dimostrazione in diretta di questa antichissima tecnica da parte di due giovani mosaicisti. Per gli enoturisti e i semplici appassionati di vino e gastronomia , VINO & TERRITORIO 2003 sarà l'occasione per trascorrere un week-end in Friuli, visitando le cantine aderenti al MTV, dove saranno organizzate degustazioni guidate e si potranno acquistare i vini direttamente dai produttori. Il tutto, su prenotazione, telefonando allo 0432-289540 (e-mail: info@mtvfriulivg.it, Internet: www.mtvfriulivg.it), dove si riceveranno informazioni sulle aziende aperte e sulle eventuali iniziative organizzate per quei giorni. |
Vinum Loci, Insieme per salvare un patrimonio dimenticato e preziosissimo |
L'autoctono è un valore. I vitigni autoctoni e antichi sono infatti alcuni tra i più preziosi gioielli del mondo enologico italiano: circa 350 sono quelli già conosciuti e catalogati, ma si stima che ne esistano oltre un migliaio. Sempre più rari e dimenticati, vitigni e vini autoctoni e antichi da oggi hanno un paladino, il Comitato Vinum Loci, recentemente costituitosi a Gorizia, che vede come soci fondatori Gorizia Fiere (che da due anni organizza l'omonima rassegna nazionale, Vinum Loci, dedicata ai vini autoctoni), l'Associazione Nazionale Città del Vino, Slow Food, il Movimento Turismo vino, il Dipartimento di Viticoltura dell'Università degli Studi di Milano, la Facoltà di Agraria dell'Università degli Studi di Udine, Pro-Vites, Ersa-Agenzia Regionale per lo Sviluppo Rurale del Friuli Venezia Giulia, con il sostegno della Banca FriulAdria - Gruppo Bancaintesa. Per informazioni: Gorizia Fiere tel. 0481-520430 fax 0481-520279 e-mail: info@goriziafiere.it |
Bicchieri da VinoL'apprezzamento di un vino si esprime anche attraverso un corretto uso dei bicchieri, un insostituibile elemento che, unito a tutti gli altri, riesce a fare esprimere le qualità del vino |
Il bicchiere è quel prezioso contenitore di vetro o cristallo che consente di apprezzare e valutare tutti gli aspetti organolettici di un vino, dal suo aspetto ai suoi aromi, oltre ad esaltare nel giusto modo il suo sapore. Ogni vino ha caratteristiche diverse da qualunque altro e ognuno, per potere esprimere il meglio di sé, ha bisogno sia di condizioni di servizio adeguate, come la temperatura, così come di adeguati bicchieri aventi forme e caratteristiche specifiche per la valorizzazione di specifici aspetti.
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Bicchieri per il servizio del vino esistono in diverse forme e materiali, con caratteristiche diverse e, spesso, con inutili decorazioni estetiche che rendono sicuramente più gradevoli alla vista i bicchieri a scapito dell'apprezzamento del vino. Una delle caratteristiche fondamentali di un buon bicchiere è che deve consentire il giusto apprezzamento dell'aspetto del vino, pertanto deve essere assolutamente incolore, trasparente, senza decorazioni e sfaccettature. Il bicchiere dovrà essere preferibilmente di cristallo, tuttavia è più che accettabile anche il mezzo cristallo e il vetro sonoro superiore. Per quanto siano attraenti e affascinanti, i bicchieri di cristallo, data la loro tipica fragilità, unitamente al loro alto costo, spesso vengono acquistati o regalati per essere lasciati a fare bella mostra nelle case degli appassionati di vino: il pensiero che questi possano rompersi, soprattutto durante il lavaggio, è una preoccupazione che hanno molte persone. Indipendentemente dal tipo di materiale con cui sono stati prodotti i bicchieri, cristallo o vetro superiore, è importante che il suo spessore sia piuttosto fine, possibilmente inferiore al millimetro. Uno spessore maggiore, oltre ad essere fastidioso per il tatto delle labbra, finirebbe anche per alterare la percezione di alcune sensazioni tattili. I bicchieri da vino dovrebbero avere sempre la forma di calice, una base sufficientemente larga per mantenerli stabilmente in piedi, un lungo gambo e una forma del corpo tale da esaltare le diverse tipologie di vino. L'importanza della presenza di queste caratteristiche è essenziale in quanto consentono di apprezzare e di alterare il meno possibile il vino. Il lungo gambo evita, per esempio, che la mano si trovi in prossimità del corpo del bicchiere con il rischio di alterare la temperatura del vino oltre a trovarsi più vicina al naso e alterare la percezione degli aromi. Per questa ragione il bicchiere va sempre mantenuto per la base, al limite nella parte inferiore del gambo, mai per il corpo. Si ricorda, infine, che un bicchiere va riempito al massimo fino ad un terzo del suo volume.
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Ogni vino ha caratteristiche organolettiche proprie e diverse da ogni altro, per questa ragione, ogni vino dovrebbe essere servito in un bicchiere adeguato e capace di valorizzare le sue caratteristiche. I bicchieri da vino sono disponibili in diverse forme e caratteristiche, spesso così estreme che certi produttori tendono a produrre forme e tipologie specifiche, non solo per determinati vini, ma anche per determinati vini fatti con certe uve o provenienti da specifiche zone. Se si dovesse seguire realmente tutto ciò che viene proposto dai produttori di bicchieri e dal mercato, ogni appassionato di vino avrebbe bisogno di un apposito locale solamente per la conservazione dei bicchieri, una condizione che, probabilmente, solamente in pochi si possono permettere. Si deve comunque riconoscere che la forma del bicchiere aiuta a valorizzare un vino e in genere è il risultato di studi e ricerche specifiche, sia sulla percezione organolettica degli aromi e dei sapori, sia su caratteristiche e condizioni fisiche che consentono di favorire la loro percezione. Le figure , , e riportano alcune delle forme di bicchieri da vino più comunemente utilizzate per il servizio. Questo non significa che ogni appassionato di vino che si rispetti debba possedere tutte questi tipi di bicchieri, la disponibilità di quattro o cinque tipi per le diverse tipologie di vino è più che sufficiente.
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Nella figura sono riportate alcune tipologie di bicchieri adatti per il servizio dei vini bianchi e rosati.
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Nella figura sono riportate alcune tipologie di bicchieri adatti per il servizio dei vini rossi.
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Nella figura sono riportate alcune tipologie di bicchieri adatti per il servizio dei vini dolci, passiti e liquorosi.
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Nella figura sono riportate alcune tipologie di bicchieri adatti per il servizio dei vini spumanti.
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I bicchieri, una volta lavati e asciugati, vanno mantenuti in posizione verticale al riparo da polvere e aromi intensi, è essenziale che il bicchiere, al momento del suo uso, non deve avere odori estranei ed essere pulito senza macchie, pelucchi o polvere. A tale proposito, e in caso di necessità, sarà opportuno pulirli con un canovaccio da cucina prima di disporli sul tavolo. Il lavaggio dei bicchieri può essere anche fatto in lavastoviglie, a patto che non si usino detergenti e saponi dagli odori molto forti e che siano ben risciacquati in modo da eliminare residui di sapone che comprometterebbero la valutazione visiva e olfattiva del vino. Particolare attenzione va inoltre fatta quando si lavano bicchieri di cristallo in lavastoviglie: assicurarsi che siano ben distanti l'un l'altro in modo da evitare qualsiasi contatto che possa romperli. La cosa migliore, se si desidera usare la lavastoviglie, sarebbe quella di non usare sapone, ma non tutte le circostanze, prevalentemente igieniche e nei locali pubblici, lo consentono. Il modo migliore di lavare i bicchieri rimane comunque il lavaggio a mano, con acqua calda e risciacquati con acqua fredda, prontamente asciugati con un canovaccio che non lasci pelucchi.
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La PastaL'alimento per eccellenza delle popolazioni mediterranee consente la creazione di appetitose preparazioni gastronomiche ed è essenziale per una corretta e bilanciata alimentazione |
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Molti secoli prima di Cristo, quando l'uomo abbandonò la vita nomade, iniziò a seminare e raccogliere. Qui la storia dell'uomo sposa quella del grano, così di generazione in generazione l'uomo ha imparato a lavorare sempre meglio la terra, ad utilizzare il grano, macinandolo, impastandolo con acqua, cuocendolo sul fuoco. Etruschi e Greci già consumavano i primi tipi di pasta. Leganon era la parola greca che stava ad indicare una sfoglia di pasta tagliata a strisce, da cui deriva il latino Laganum, citato negli scritti di Cicerone e Orazio già 100 anni prima di Cristo. Piano piano la novità cominciò a conquistare l'impero. Per poter avere riferimenti più precisi, ossia delle date, bisogna attendere il 1154, quando il geografo arabo Al-Idrin, in una sua sorta di guida turistica menziona un cibo di farina a forma di fili chiamato `Triyah' (dall'arabo Itrija) che da Palermo si esportava in botti in tutta la penisola. Tra gli scritti del Notaio genovese Ugolino Scarpa che descrivono l'inventario di un marinaio defunto troviamo scritto, tra l'altro, bariscela plena de macaronis, siamo nel 1279. La data è importante perché si sa che Marco Polo tornò dal suo viaggio in Cina nel 1295, questo rende non credibile la leggenda che lo vuole colui che ha introdotto la pasta in occidente. Inoltre la faccenda è poco credibile anche considerando che la pasta conosciuta in Cina non aveva niente in comune con quella diffusa in Italia, fatta con grano duro. Si pensa che la pasta, sotto forma di maccheroni, sia originaria della Sicilia dove veniva preparato un cibo a forma di fili. Il fatto che nella lingua araba esistesse un termine per indicare questo cibo, fa pensare che sia stata un'invenzione araba. Purtroppo nessun documento ci può essere d'aiuto, tant'è vero che la parola maccheroni non ha un'etimologia precisa. Fino al 700 esiste una gran confusione, diversi tipi di pasta vengono classificati come maccheroni, finché i napoletani, grandissimi consumatori, si appropriarono del termine e lo utilizzano per identificare paste lunghe trafilate. Le prime fotografie dell'800 testimoniano i maccaronari ai crocicchi delle strade concentrati su enormi pentoloni mentre cuociono e vendono pasta condita con formaggio e pepe. Da questo momento in poi i maccheroni intesi come pasta lunga, tonda e piena, cominceranno ad essere chiamati spaghetti e ad identificare non più soltanto i napoletani, ma tutto il popolo italiano. Bisogna riconoscere che nella sua formulazione più semplice la pasta è cibo antichissimo, che ebbe origini del tutto indipendenti. Non sembra corretto parlare di invenzione ma piuttosto di un normale sfruttamento di una materia prima. Gli inventori della tecnica di essiccazione la pasta furono gli arabi del deserto, in quanto non avendo a disposizione abbastanza acqua per confezionare la pasta tutti i giorni, inventarono il modo di confezionarla in cilindretti e di essiccarla, così da prolungarne il periodo di conservazione. Uno dei più antichi libri di cucina è senz'altro quello scritto da 'Ibn 'al Mibrad, siamo nel IX secolo, qui compare una piatto comunissimo tra le tribù berbere, ancora oggi in uso in Siria e Libano, si tratta della Rista, una sorta di pasta condita con lenticchie. Nel 1474 Bartolomeo Sacchi, storiografo e prefetto della Biblioteca Vaticana scrisse un ricettario dove si accenna alla tecnica di essiccazione per meglio conservare la pasta. Mentre nelle regioni dal clima secco e ventilato la pasta veniva fatta essiccare all'aria, nelle regioni del nord Italia furono costretti ad inventare la giostra, uno strumento di legno, situato in un locale riscaldato e fatto girare con l'ausilio di forza idraulica o animale proprio per essiccare la pasta. Nel '500 i maestri di paste alimentari cominciarono a riunirsi in sodalizi nelle città dove tale attività era meno prosperosa e i pastai potevano allearsi con i fornai; queste corporazioni divennero tanto potenti da far prevedere, a chiunque vendeva pasta senza essere un fornaio, forti multe e pene caporali. Un'altra informazione storica, per capire la diffusione e l'importanza di tale alimento, la troviamo in una bolla papale dove Urbano VIII impone una distanza minima di 24 metri tra un negozio di pasta e l'altro. Era il 1641. Fino al 1700 la pasta veniva prodotta senza l'ausilio di macchinari, i piedi erano lo strumento per impastare l'acqua e la semola, finché Ferdinando II, re delle due Sicilie, incaricò lo scienziato Cesare Spadaccini di ideare un processo meccanico. Intorno alla seconda metà del 1800 cominciarono ad entrare in scena torchi idraulici, macchine a vapore, ad energia idraulica, ma solo nel 1930 si vide la prima macchina che poteva coprire tutte le fasi del processo produttivo. Con il passare degli anni il processo di produzione è notevolmente cambiato ma il prodotto è rimasto pressoché invariato. In Italia la pasta fresca si continua a fare prevalentemente con il grano tenero, mentre la pasta secca viene fatta esclusivamente con farina di grano duro. La differenza tra farina di grano tenero e semola di grano duro è fondamentale, perché solo la semola di grano duro contiene quel glutine che permette alla pasta secca di mantenere la cottura e di restare al dente. La letteratura menziona spesso la pasta, fra tutte: … ed eravi una montagna tutta di formaggio parmigiano grattato, sopra la quale stavano genti che niuna altra cosa facevano che fare maccheroni e cuocergli in brodo di capponi, e poi gli gittavan quinci giù… tratto dal Decamerone di Boccaccio, inoltre, Buone creanze a parte, però, l'aspetto di quei monumentali pasticci era ben degno di evocare fremiti di ammirazione. L'oro brunito dell'involucro, la fragranza di zucchero e cannella che ne emanava, non erano che il preludio della sensazione di delizia che si sprigionava dall'interno, quando il coltello squarciava la crosta: ne erompeva dapprima un fumo carico di aromi e si scorgevano poi i fegatini di pollo, le ovette dure, le sfilettature di prosciutto, di pollo e tartufi nella massa untuosa, caldissima, dei maccheroni corti, cui l'estratto di carne conferiva un prezioso color camoscio tratto da Il Gattopardo di Giuseppe Tomasi di Lampedusa. Un'opera rilevante è senz'altro Li maccheroni di Napoli di Antonio Viviani. Il poema risale al 1824, in esso, tra l'altro, sono narrate, in linguaggio poetico, le varie fasi della lavorazione della pasta e rende abbastanza bene l'idea della reale situazione napoletana dell'epoca. É importante sottolineare che in quest'opera troviamo per la prima volta la parola spaghetti. Con i primi del Novecento la letteratura assiste ad un decadimento dei maccheroni, sia come argomento letterario, sia come termine, comunemente sostituito dai vocaboli come pastasciutta o spaghetti. Dal '500 la pasta valica il confine italiano per diffondersi all'estero. Per primo in Francia, grazie a Caterina de' Medici ed il Platina che contribuirono a diffondere la tradizione culinaria italiana. Non è chiaro come sia arrivata in Inghilterra, ma si trovano tracce in un dizionario tecnico dell'epoca. Tuttavia nel '700 era già così ampiamente diffusa da dare il titolo ad una commedia The macaroni, appunto. Nel '700 la pasta compare anche in America, si dice che lo statista Jefferson, dopo un viaggio in Italia, volle acquistare i macchinari necessari alla produzione della pasta per poterla far conoscere nel suo pese. Molto più probabilmente però furono gli emigranti che caricarono le stive delle navi di spaghetti e maccheroni. La diffusione fu assai rapida tant'è che il protagonista della ballata del '700 Yankee Doodle, figura con un maccherone sul cappello. Oggi non si contano più le Spaghetti House Americane e le ricette a base di pasta.
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Le specie di grano utilizzate per produrre la pasta sono due: il grano duro (Triticum durum) ed il grano tenero (Triticum vulgare). Il primo viene macinato per produrre la semola da cui si produce la pasta. Il secondo viene macinato e la farina così ottenuta viene utilizzata per produrre la pasta casalinga all'uovo, così come altre preparazioni gastronomiche. Alla vista i due tipi di grano non presentano grandi differenze, il chicco di grano duro è leggermente più oblungo e di aspetto quasi traslucido, mentre il chicco di grano tenero è opaco e tondeggiante. Il grano duro cresce nei terreni assolati del Sud Italia, quello tenero gradisce il clima più umido e tranquillo della Pianura Padana. Questo spiega quindi l'origine della differenza dei consumi tra pasta secca al Sud e pasta all'uovo al Nord. Fino al '700 i mulini rimasero pressoché identici, veniva usata una macina composta da due pietre a forma piatta, una inferiore fissata sul terreno ed una superiore mobile fatta girare, forata al centro. Si versavano le granaglie sul foro centrale dell pietra superiore, veniva fatta girare e sui bordi laterali si vedeva uscire la farina. La macchina più importante del pastificio era la gramola. Era costituita da una vasca rotonda di legno ed un mola verticale fatta ruotare, all'interno veniva inserita la semola unita all'acqua tiepida poi di iniziava ad impastare, inizialmente a mano poi entrava in azione la preziosa macchina. Questo tipo di macchina aveva un difetto: schiacciava, ovvero stritolava, i chicchi di semola così tanto da rendere l'impasto troppo elastico e poco resistente. A Napoli si usava un'altra tecnica: la semola posta insieme ad acqua bollente veniva inizialmente impastata con i piedi, poi si proseguiva con la gramolazione. La successiva fase consisteva nel mettere l'impasto in un contenitore dove attraverso un bastone lungo, la cui estremità veniva posta sull'impasto e sull'altra si sedevano 2 o 3 uomini, che al tempo ritmato di un canto si sedevano e si alzavano, alzando ed abbassando il bastone che dall'altra parte premeva e rilasciava l'impasto. Questo bizzarro metodo consentiva di saldare i granelli di semola senza recare loro danno, dando all'impasto quella granulosità e morbidezza che ne faceva un prodotto di qualità senz'altro superiore. L'impasto ottenuto, nell'uno o nell'altro modo, veniva prelevato in piccole parti ed introdotto nel torchio dove veniva spinto a forza contro la trafila, un disco in bronzo forato in vario modo, a seconda del formato di pasta desiderato, attraverso cui l'impasto è forzato ad uscire e dal quale prende forma. L'aumento di consumo stimolò fertili menti brillanti a trovare nuove soluzioni per coadiuvare l'uomo nel processo di produzione. Così nell'800 circa vennero introdotte le prime impastatrici meccaniche, che sostituirono il calpestio degli operai. I vecchi torchi fatti girare a mano vennero presto sostituiti da quelli azionati a forza idraulica. Tuttavia rimaneva un problema: il torchio, una volta svuotato, quindi giunto a fine corsa doveva essere riportato indietro e ricaricato. Il problema rimase irrisolto fino al 1917, quando un certo Sandragné, ispirandosi alla tecnica usata per produrre i mattoni costruì un macchina che, anzichè utilizzare un pistone per pressare la pasta contro la trafila faceva uso di un vite senza fine che, lavorando all'interno dell'impasto poteva prelevarlo e pressarlo senza interruzioni. Ma fu la pressa continua la vera rivoluzione nella tecnica di lavorazione della pasta, che comparve solo nel 1930, che consentiva di impastare, gramolare e pressare la pasta contro la trafila senza interrompere il ciclo di lavorazione. Anche dopo tutte queste rivoluzioni e migliorie il processo rimaneva sempre a livello artigianale. Il processo di essiccazione veniva svolto da operai esperti, i quali esponevano o ritiravano, a seconda della clemenza del tempo, gli spaghetti appena estrusi, appesi in lunghi bastoni. Naturalmente i pastifici siti in regioni climatiche favorevoli erano avvantaggiati rispetto agli altri. Per poter attraversare il confine tra il processo artigianale e quello industriale bisogna attendere l'invenzione del processo di essiccazione artificiale. Solo a questo punto la pasta poteva essere prodotta in tutte le regioni d'Italia. Gramole, torchi, bastoni, sono ormai comparsi dai moderni pastifici. Un moderno pastificio si presenta asettico, con enormi macchinari e poche persone che si aggirano controllando il processo di produzione orami affidato a moderni robot che prendono in carico il chicco di grano ed attraverso un processo di produzione programmati, otteniamo spaghetti e maccheroni pronti per essere consumati. I moderni processi di produzione ricalcano a malapena quelli vecchi. La semola proveniente dal mulino viene idratata con acqua purissima, quindi il processo di gramolazione avviene in un ambiente sotto vuoto, questo per evitare la formazione di bolle d'aria nell'impasto, per ottenere una pasta più morbida e brillante. In questo modo l'amido e le proteine si legano all'acqua ed inizia a formarsi il glutine, una rete proteica che lega i granuli d'amido idratati. L'impasto assume così il suo aspetto caratteristico. Da qui l'impasto viene spinto contro i dischi (le trafile) da dove escono finalmente gli spaghetti, i quali vengono raccolti in canne (gli ex bastoni) pronti per essere trasferiti nelle celle di essiccazione. Qui resteranno per circa otto ore, fino a ridurre il tasso di umidità al 12,5%. Il processo di essiccazione, varia a seconda del tipo di pasta che deve essere prodotta, è molto importante perché dona alla pasta un'elevata conservabilità, inoltre ne stabilizza la qualità delle materie prime esaltandone i valori organolettici, nonché permette di ottimizzare quei valori per la tenuta in cottura. Praticamente consiste nel ventilare la pasta con aria calda, seguita da un procedimento di raffraddamento che riporta la pasta a temperatura ambiente. A questo punto non rimane altro che confezionarla. Con la crescente diffusione della pasta ogni regione ha sviluppato proprie ricette, con condimenti che spaziano tra il semplice e leggero a quello più elaborato e ricco. La pasta fondamentalmente neutra si addice bene ad essere sposata con i condimenti di ogni genere, dal dolce al salato, tuttavia ci sono delle regole da rispettare: le paste lunghe, sottili e tonde meglio si addicono a condimenti decisi, a base di olio; le paste corte o all'uovo stanno bene con salse ben legate per esempio con besciamella o panna. Cuocere in modo corretto la pasta non è difficile, basta rispettare alcune semplici regole. Scegliere la pentola giusta che deve essere grande abbastanza. L'altezza dovrebbe essere maggiore della larghezza e grande abbastanza da contenere la giusta quantità d'acqua, minimo un litro d'acqua per ogni 100 grammi di pasta, tuttavia è senz'altro meglio aumentare la quantità d'acqua perché la pasta possa aprirsi e non restare ammassata, inoltre quando cuoce necessita di una quantità costante di calore, ed è più facile da ottenere con un'adeguata quantità d'acqua. Per quanto riguarda il sale, la dose standard è di 10 grammi per 1 litro d'acqua, da aggiungere solamente quando l'acqua inizia a bollire. Prima di versare la pasta attendere che il sale sia disciolto completamente e che l'acqua riprenda a bollire. Per quanto riguarda i tempi di cottura, oltre che dai gusti personali, dipendono dal formato e dallo spessore della pasta. La pasta deve essere immersa tutta in un volta ed al centro dell pentola, e mescolata di tanto in tanto con un mestolo di legno o con un forchettone. Quando la pasta è al giusto punto di cottura, prima di scolarla versare nella pentola un bicchiere di acqua fredda in modo da fermarne la cottura. Servire la pasta al dente perché è più digeribile, ed è preferibile condirla quando è ancora molto calda. Da sconsigliare vivamente l'abitudine di cuocere la pasta in due tempi: una prima scottatura per poi riprendere la cottura al momento di servirla perché perderebbe in elasticità e brillantezza. Come valutare la pasta? I fattori qualitativi sono: l'igiene nella conservazione, il tipo di provenienza della semola, eventuali additivi, le caratteristiche della semola e la lavorazione. Una semola di buona qualità deve avere particelle di dimensioni uniformi e non eccessivamente fini, poiché durante la lavorazione, con l'aggiunta di acqua, un'eccessiva finezza comprometterebbe la struttura proteica e di conseguenza la consistenza e la tenuta in cottura. Una fase di lavorazione apparentemente legata solo ad un aspetto puramente estetico è la trafilatura e che in realtà rappresenta un processo importantissimo. Oggi alcuni produttori tendono a sostituire le classiche trafile in bronzo con quelle più moderne in acciaio o teflon. Il risultato finale è che una pasta trafilata in bronzo mantiene una ruvidità adatta a trattenere il condimento, caratteristica assente nelle trafile in acciaio o teflon, che tendono a dare risalto alla brillantezza del prodotto. I tempi e i modi di essiccazione variano dalle sei alle ventotto ore, dai 40 agli 80 gradi. Attualmente si tende ad alzare la temperatura di essiccazione in quanto si è notato che il prodotto migliora sotto il profilo strutturale e ne guadagna in consistenza durante la cottura. Prima di procedere all'acquisto bisogna tener presente che una buona pasta secca deve essere conservata in una confezione integra, deve avere un colore giallo paglierino, non devono essere presenti macchie né bianche né nere, l'aspetto deve essere omogeneo, non ci devono essere bolle d'aria, deve avere un sapore e un odore gradevole, devono essere assenti muffe, larve o parassiti, devono essere assenti corpi estranei, la confezione di pasta va conservata in un ambiente fresco ed asciutto. Una certa collosità può essere indice di un tecnologia di produzione imperfetta o di farina miscelata composta da grano duro e grano tenero.
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Cento grammi di pasta forniscono un apporto energetico pari a circa 360 kcal e contengono circa il 73% di carboidrati complessi (amidi), circa il 12% di proteine, circa il 12% di acqua, 2-3% di fibre, un contenuto in grassi trascurabile, nonché vitamine B1, B2 e PP oltre a sali minerali. La pasta non contiene grassi e questa caratteristica fa di questo alimento una fonte di energia pulita per il nostro organismo. Altri elementi assenti sono le vitamine A, C e D, e questo lo avevano notato anche i nostri antenati che avevano rimediato associando alla pasta i legumi, come i fagioli e i ceci, pesce ed erbe aromatiche ricche di vitamina C. É consigliata anche a chi deve perdere peso poiché induce sazietà ed è una buona regolatrice delle funzioni intestinali. La pasta è l'alimento ideale prima di sostenere un impegno fisico poiché essendo ricca di carboidrati fornisce l'energia necessaria per le funzioni dell'intero organismo, ed è un alimento facilmente digeribile.
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Wine Parade |
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Posizione | Vino, Produttore | |
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1 |
![]() | Semillon Sauvignon 2001, Cape Mentelle |
2 |
![]() | Masseto 1998, Tenuta dell'Ornellaia |
3 |
![]() | Chardonnay 2000, Planeta |
4 |
![]() | Château Lynch-Bages Pauillac 2000 |
5 |
![]() | Capo di Stato 1998, Conte Loredan Gasparin |
6 |
![]() | Teroldego Rotaliano Granato 1998, Foradori |
7 |
![]() | Muffato della Sala 1999, Castello della Sala |
8 |
![]() | Château Pontet-Canet Pauillac 2000 |
9 |
![]() | Rioja Reserva Pagos Viejos 1997, Bodega Artadi - Cosecheros Alavares |
10 |
![]() | Château Laroque Saint-Émilion Grand Cru Classè 1998 |
11 |
![]() | Zinfandel Barrel Select Mendocino County 1999 - Fetzer Vineyards |
12 |
![]() | Sauvignon Blanc 2000, Cakebread |
13 |
![]() | Trentino Bianco Villa Margon 2000, Fratelli Lunelli |
14 |
![]() | Shiraz 2000, Plantaganet |
15 |
![]() | Brunello di Montalcino Riserva 1995, Fattoria dei Barbi |
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