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Numero 14, Dicembre 2003
Sommario


Editoriale    Sommario della rubrica Editoriale
 Una Questione di Tappo
Tappi sintetici: un completo e valido sostituto del sughero naturale?
Nel mondo del vino emerge spesso una discussione che si ripresenta sempre con gli stessi dubbi e gli stessi timori, rimane in auge per qualche mese, producendo accesi dibattiti con tanto di vittime, feriti e vincitori, poi viene… [continua]
 La Posta dei Lettori



ABC Vino    Sommario della rubrica ABC Vino
 Grecia
La Grecia
Il paese Ellenico, padre della civiltà occidentale e moderna, ha avuto il merito di diffondere la cultura del vino in Europa e dopo i suoi gloriosi fasti del passato, offuscati nei secoli scorsi, l'enologia Greca riprende il suo cammino… [continua]



Gusto DiVino    Sommario della rubrica Gusto DiVino
 Riconoscere gli Aromi del Vino
Gli aromi della frutta sono molto frequenti in tutti i tipi di vino
La valutazione degli aromi di un vino è probabilmente l'esame più complesso della degustazione sensoriale che richiede una buona memoria olfattiva, pratica, esperienza e strategia… [continua]
 I Vini del Mese
Verdicchio dei Castelli di Jesi Classico Superiore Balciana 2001, Sartarelli (Italia)
Verdicchio dei Castelli di Jesi Classico Superiore Balciana 2001, Harmonium 2001, Granato 2001, Ritratto Bianco Vigneti delle Dolomiti 2000, Ribeca 2001, Myrto 2002, Cabernet Sauvignon Vigneto Belvedere 1999… [continua]



Produttori    Sommario della rubrica Produttori
 Mario Schiopetto
La famiglia Schiopetto. In basso a sinistra, Mario Schiopetto
Mario Schiopetto è uno di quei strepitosi personaggi che hanno reso grande il vino Italiano nel mondo. I suoi vini, frutto di vera passione, sono l'autentica immagine del loro territorio: il Collio… [continua]
 Giornale di Cantina


Eventi    Sommario della rubrica Eventi
 EnoGlass: il Nuovo Gioco di DiWineTaste
La pagina WEB di EnoGlass
Dopo EnoQuiz, il questionario sul vino, da oggi è disponibile sul nostro sito WEB EnoGlass, il nuovo gioco dedicato al vino e ai bicchieri… [continua]
 Notiziario



Il Cavatappi    Sommario della rubrica Il Cavatappi
 L'Abbinamento del Cibo con i Vini Fortificati
Due buoni compagni della tavola: Marsala e Gorgonzola
I vini fortificati, o liquorosi, vengono spesso considerati come prodotti da essere bevuti da soli, tuttavia offrono delle interessanti e insospettabili qualità anche nell'abbinamento con il cibo… [continua]



 La Mozzarella
La Mozzarella: un formaggio apprezzato dalla cucina Italiana
Tipico formaggio dell'Italia meridionale, viene classificato come formaggio a pasta filata di consistenza molle. È uno dei formaggi più famosi, reso ancora più famoso da molte preparazioni culinarie e soprattutto dalla pizza… [continua]
 Wine Parade



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  Editoriale Numero 14, Dicembre 2003   
Una Questione di TappoUna Questione di Tappo La Posta dei LettoriLa Posta dei Lettori  Sommario 
Numero 13, Novembre 2003 Segui DiWineTaste su Segui DiWineTaste su TwitterNumero 15, Gennaio 2004

Una Questione di Tappo


 Nel mondo del vino emerge spesso una discussione che si ripresenta sempre con gli stessi dubbi e gli stessi timori, rimane in auge per qualche mese, producendo accesi dibattiti con tanto di vittime, feriti e vincitori, poi viene dimenticata per qualche tempo e, puntualmente, si ripresenta a turbare gli animi degli appassionati di vino e dei produttori. Tuttavia il problema è serio e richiede certamente attenzione; i tappi utilizzati per la chiusura delle bottiglie di vino sono diventati negli ultimi dieci anni un argomento scomodo e dolente. Siamo tutti legati all'immagine romantica e tradizionale del tappo di sughero che solitamente troviamo sul collo delle bottiglie, la pomposa cerimonia della sua rimozione attrae sempre l'attenzione e il rispetto di chi si appresta a degustare il contenuto della bottiglia, ma quando il sughero sa “di tappo”, in un attimo viene spazzata via tutta la magia del momento e sostituita da una mera delusione.

 Ammettiamolo, in genere siamo convinti che una bottiglia sigillata con un tappo di sughero conservi al suo interno un vino migliore, quel piccolo cilindro di sughero sembra promettere un vino eccelso, uno di quelli “importanti”. Eppure anche nei sugheri esiste la qualità, ci sono sugheri di elevata qualità e sugheri di qualità decisamente scadente. Forse il vedere un blocco di sughero compatto e lindo è il segno promettente di un prodotto più costoso e ricercato, pertanto migliore. Certo, è una semplice questione legata alla cultura, la nostra cultura, che da sempre ci ha abituato a vedere “il vino buono” conservato in bottiglie sigillate da tappi di sughero, pertanto la presenza di un tappo di materiale diverso disattende questo principio di qualità. Tuttavia, chiunque conosce il vino in modo sufficiente sa che il tappo di sughero nasconde una temibile insidia e che si svela solamente dopo avere aperto la bottiglia: la possibilità di sviluppo di tricloroanisolo, un composto chimico noto come 2,4,6-tricloroanisolo e abbreviato con 246-TCA, cioè il principale responsabile del cosiddetto “odore di tappo”.


Tappi sintetici: un completo e valido
sostituto del sughero naturale?
Tappi sintetici: un completo e valido sostituto del sughero naturale?

 Il sughero è un materiale straordinario, dal punto di vista fisico e meccanico è un sorprendente miracolo della natura, a dire il vero, uno dei tanti. La sua struttura gli permette di avere qualità di elasticità notevoli, anche se sottoposto a forti compressioni è capace di riprendere la sua forma originale. Non solo, possiede ottime qualità ermetiche, in particolare per i liquidi, e la sua struttura gli consente di “respirare” facendo passare piccolissime ma preziose quantità di ossigeno da una parte all'altra: le sue indiscusse qualità sono senz'altro utili per la conservazione, la maturazione e lo sviluppo del vino conservato in una bottiglia. Rimane però la nota dolente dell'odore di tappo, un fatto che, secondo recenti stime, colpisce circa il 3-5% dell'intera produzione mondiale di vino. A conti fatti, non è poco, insomma rappresenta un danno economico per i produttori che non è trascurabile. Inoltre si dovrebbe considerare che i consumatori di vino poco esperti, non conoscendo l'odore di tappo, potrebbero confondere questo difetto come un segno di scarsa qualità del vino dando luogo a pregiudizi sul vino stesso e sul suo produttore.

 Da anni si stanno studiando soluzioni alternative a questo problema e in particolare sono stati introdotti sul mercato tappi sintetici, prodotti con diversi componenti chimici, e che possiedono buone qualità elastiche, come il sughero, e assicurano un'assoluta ermeticità della bottiglia. Insomma, se il sughero è capace a fare passare una minuscola quantità di ossigeno all'interno della bottiglia, un fatto utile per la maturazione di alcuni vini, il tappo sintetico non garantisce la stessa funzione. Probabilmente non è questo il problema principale legato ai tappi sintetici, ciò che limita la diffusione di questa soluzione è il pregiudizio dei consumatori, insomma, al tappo sintetico non si riconosce la stessa dignità del sughero e spesso si ritiene che venga utilizzato in vini di minore qualità. Di fatto molti produttori stanno già utilizzando i tappi sintetici in molti vini di qualità, pertanto, il pregiudizio legato alla minore qualità del prodotto non ha nessun fondamento. Riconosciamolo, la scarsa accettabilità dei tappi sintetici è solamente pregiudiziale: siamo ancora fortemente legati all'idea di associare il vino di qualità con il tappo di sughero dimenticando che ciò che apprezziamo nei nostri calici è il vino, non il tappo o l'etichetta.

 Questa sembra una guerra a favore del tappo sintetico e contro il tappo di sughero? Niente affatto. Caso mai, questa è una guerra a favore del buon senso. Il tappo di sughero offre un innegabile vantaggio rispetto a quello sintetico, grazie alla sua capacità di fare passare ossigeno consente una migliore maturazione del vino in bottiglia, mentre il tappo sintetico, che offre una maggiore tenuta ermetica, non consente passaggi di ossigeno. Ricerche condotte sullo sviluppo del vino in bottiglie sigillate con tappi sintetici, hanno evidenziato che dopo circa 18 mesi le qualità organolettiche del vino degradano, insomma, dopo due anni, pare, il vino non è più in buone condizioni. Per contro, i tappi di sughero possono dare origine al fastidioso “odore di tappo”, mentre quelli sintetici no. Si potrebbe concludere che i tappi di sughero sono eccellenti per i vini che si intendono maturare in bottiglia, con il rischio dell'odore di tappo, mentre quelli sintetici non sono adatti per i lunghi affinamenti. Se consideriamo attentamente il problema e i vini disponibili sul mercato, quanti di questi sono veramente adatti al lungo affinamento in bottiglia? Pochissimi.


 

 La maggior parte dei vini che vengono prodotti, in particolare quelli bianchi, hanno una “vita” piuttosto breve, anche molti rossi, che si credono più adatti all'affinamento in bottiglia, perdono le loro migliori caratteristiche dopo due o tre anni. Sappiamo che la quasi totalità dei vini bianchi è da consumarsi giovane, preferibilmente entro due anni dalla loro immissione sul mercato; vini bianchi veramente adatti al lungo affinamento in bottiglia sono pochi, molto pochi. I vini rossi adatti al lungo affinamento in bottiglia vengono espressamente creati dai produttori con questo specifico scopo, e certamente per questi si sceglieranno tappi di sughero. Gran parte dei vini rossi sono prodotti per un consumo rapido e non migliorano di certo con l'affinamento in bottiglia. Pertanto i tappi sintetici sono ottime scelte per tutti i vini che non sono adatti all'affinamento e questa è la scelta intelligente che molti produttori hanno già fatto nonostante non sia molto accettata dai consumatori. Da questo punto di vista, ci sembra una garanzia per l'integrità del prodotto diminuendo il rischio di contaminazioni a causa dell'odore di tappo. Onestamente preferiamo vedere nelle bottiglie dei vini più economici e non adatti all'affinamento, tappi sintetici piuttosto che pessimi e scarsi tappi di sughero di qualità decisamente discutibile. Nei vini destinati all'affinamento in bottiglia, in quelli no, in quelli pretendiamo che ci siano dei sugheri di alta qualità e che garantiscano le migliori condizioni per la loro maturazione.

 Se il tappo sintetico è ancora motivo di pregiudizio per molti consumatori, c'è da chiedersi che cosa pensano a riguardo di un'altra soluzione alternativa e che, pare, sia stata già adottata da diversi produttori: il tappo a vite. Se il tappo sintetico lascia ancora spazio alla cerimonia dell'apertura della bottiglia facendo uso del cavatappi, quello a vite non ha bisogno nemmeno di questo: un semplice gesto della mano e la bottiglia è aperta. Anche in questo caso l'odore di tappo non ha possibilità di svilupparsi e se l'accettabilità del tappo sintetico da parte dei consumatori è ancora piuttosto bassa, per il tappo a vite lo è ancora meno. I tappi di sughero sono costosi, soprattutto quelli di alta qualità e prodotti da un unico pezzo, cioè quelli che meglio si adattano alla conservazione e alla maturazione del vino per lungo tempo. I tappi sintetici sono meno costosi e il pregiudizio ancora esistente sulla loro accettabilità ne limita l'uso e la diffusione. Forse sarà perché i consumatori sono abituati e attratti dall'apparenza piuttosto che alla sostanza: una bottiglia con una bella etichetta e un tappo di sughero promette un vino eccellente, eppure l'esperienza e i nostri sensi ci insegnano che esistono tante bottiglie con delle bellissime etichette e tappi di sughero che contengono dei vini non proprio eccellenti, anzi, proprio deludenti.

 



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La Posta dei Lettori


 In questa rubrica vengono pubblicate le lettere dei lettori. Se avete commenti o domande da fare, esprimere le vostre opinioni, inviate le vostre lettere alla redazione oppure utilizzare l'apposito modulo disponibile nel nostro sito.

 

Desidererei farvi una domanda riguardo l'esame visivo di un vino e in particolare la valutazione della fluidità o consistenza. Nella vostra rivista ho letto che la valutazione degli archetti non è da collegarsi alla quantità di glicerolo contenuto nel vino, ma al contenuto di alcol e in particolare all'effetto prodotto dalla tensione superficiale. Si potrebbe quindi asserire che maggiore è la quantità di alcol contenuta nel vino e maggiore è il numero di archetti che si formano? La velocità con cui gli archetti scorrono verso il basso ha un significato preciso? Il glicerolo non ha nessuna relazione con questo fenomeno? Non si rischia inoltre, dalla semplice osservazione degli archetti, di pregiudicare la valutazione organolettica di un vino? In attesa di una vostra cortese risposta vi saluto cordialmente.
Claudio Olla -- Cagliari (Italia)
Gentile Signor Olla, la valutazione della consistenza e della fluidità di un vino basandosi esclusivamente sul cosiddetto fenomeno degli archetti, è una pratica che sempre meno viene utilizzata e considerata dai degustatori. La presenza di questo fenomeno è regolata da diversi fattori fisici e meccanici e che potrebbero pregiudicare l'attendibilità dell'esame, come giustamente anche lei ha osservato. Per esempio, si consideri che lo stato di pulizia del bicchiere, e in particolare l'uso di sapone per il lavaggio, modificano enormemente la scorrevolezza di un liquido nelle pareti vanificando quindi l'attendibilità dell'esame condotto con la semplice valutazione degli archetti. Questo esame è praticamente ignorato da chi degusta in modo professionale il vino e non lo utilizza per la valutazione delle sue qualità organolettiche proprio perché è condizionato da diversi fattori, gli stessi componenti del vino, oltre al glicerolo e all'alcol, e lo stato del bicchiere, che fanno perdere attendibilità all'esame. In tempi recenti questo esame costituiva per molti degustatori, e sono ancora in molti a sostenerlo, l'indiscutibile prova della qualità di un vino, ritenendo che la formazione degli archetti poneva in risalto “la grassezza di un vino” e quindi la sua struttura “corporea”, in particolare la quantità di glicerolo presente. In realtà il fenomeno degli archetti è prodotto da diversi eventi di natura fisica, noti come “effetto Marangoni”, in cui svolgono un ruolo fondamentale la tensione superficiale, l'effetto di capillarità e la volatilità dei liquidi, in particolare dell'alcol.



Gentile redazione, nel complimentarmi con voi per la rivista, vorrei un suggerimento per un giovane di 30 anni che da poco si è avvicinato all'affascinante mondo del vino. Dov'è preferibile acquistare le bottiglie di vino, in enoteca oppure al supermercato? Inoltre, dopo averne provate alcune, mi consigliate di acquistarne altre più raffinate? Mi consigliate di seguire un corso di degustazione? Leggo moltissimo ma di pratica ne ho ben poca. Ringraziandovi anticipatamente, porgo distinti saluti.
Bruno Bonelli -- Salerno (Italia)
Gentile Signor Bonelli, attualmente le possibilità di scelta sui luoghi dove acquistare il vino sono piuttosto ampie. Anche i supermercati, che fino a qualche anno fa disponevano di una modesta e discutibile scelta, stanno ponendo una maggiore attenzione al vino destinando a questo prodotto, addirittura, veri e propri reparti. Non è raro trovare nella grande distribuzione vini che fino a qualche anno fa si pensava di potere acquistare esclusivamente nei negozi specializzati e in enoteca: nei supermercati è oggi possibile anche l'acquisto dei “grandi vini”. Il problema principale non è il luogo in cui si acquistano i vini, piuttosto la serietà e il modo in cui vengono conservati nei luoghi di esposizione e nei luoghi di stoccaggio, una condizione critica sia per le enoteche, sia per i supermercati, pertanto la serietà e la cura di chi gestisce il negozio è fondamentale. La conoscenza del mondo del vino, per fortuna, non è fatta di sola teoria ma anche di pratica e in particolare, la volontà e la curiosità di scoprire cose nuove, rappresentano un fattore fondamentale per migliorare le proprie capacità e la propria cultura. A tal riguardo è certamente auspicabile seguire un corso serio di degustazione e valutazione organolettica del vino. Tuttavia è bene ricordare che quanto viene insegnato nei corsi è solo il primo passo, certamente fondamentale e prezioso, e che da solo non porta certamente lontano se non supportato da una proficua pratica svolta seriamente anche dopo il termine delle lezioni. Assaggiare quanti più tipi di vino possibile, siano ordinari o pregiati, è un esercizio prezioso per ogni degustatore e per ogni appassionato. Ma si badi bene: assaggiare non significa bere, peggio, in modo sconsiderato e distratto; la cultura del vino e il suo vero apprezzamento si riconoscono nella moderazione e non nell'abuso, un semplice principio che ogni appassionato di vino che può veramente definirsi tale conosce.






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GreciaGrecia  Sommario 
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Grecia

Il paese Ellenico, padre della civiltà occidentale e moderna, ha avuto il merito di diffondere la cultura del vino in Europa e dopo i suoi gloriosi fasti del passato, offuscati nei secoli scorsi, l'enologia Greca riprende il suo cammino

 Quando si parla del vino Greco è praticamente impossibile non ricordare anche la sua gloriosa storia e il suo fondamentale contributo alla diffusione in Europa della bevanda di Bacco, ma visto che si parla della Grecia, sarebbe bene dire “la bevanda di Dioniso”. In antichità i vini Greci, in particolare quelli dolci, erano famosi ovunque, soprattutto nell'antica Roma, e gli antichi colonizzatori Greci introdussero la vite e il culto del vino nelle terre e nei luoghi in cui arrivavano. Da quei luoghi la diffusione fu ampia e imponente e ancora oggi, a distanza di decine di secoli, i risultati sono vivi e ben radicati nelle culture dei paesi Europei. Nonostante l'importanza del vino nella cultura dell'antica Grecia, un fattore che avrebbe fatto pensare ad uno sviluppo dell'enologia del paese senza pari in nessun altro luogo del mondo, la produzione di vino in Grecia ha vissuto nei secoli scorsi un lungo periodo di recessione. Mentre gli altri paesi Europei continuavano il loro sviluppo nelle tecniche enologiche, la Grecia non fece altrettanto, soprattutto durante il dominio degli Ottomani, e la strepitosa fama del vino Greco fu consegnata alla memoria del tempo. Solo in tempi piuttosto recenti, in particolare negli ultimi venti anni del secolo scorso, l'enologia Greca sta mostrando una nuova vita cercando di recuperare e riprendere il passo degli altri paesi produttori del mondo.


La Grecia
La Grecia

 La storia del vino in Grecia è certamente fra le più ricche e questa bevanda ha ricoperto un ruolo importante e fondamentale sin dai primi periodi della formazione e dello sviluppo di questa civiltà. La produzione di vino era a quei tempi già nota in altre popolazioni, come per esempio gli antichi Babilonesi in Mesopotamia e gli Egiziani, i quali preferivano la birra, mentre fu proprio nell'antica Grecia che il vino assunse un ruolo importante e da li si diffuse in tutto il bacino del Mediterraneo. I Greci svilupparono da subito efficaci tecniche di viticoltura le quali furono introdotte anche nei paesi da essi colonizzati, come per esempio il Sud dell'Italia, favorendo la coltivazione della vite e la produzione di vino fino a farli divenire parti integranti delle culture e dei riti dei popoli del Mediterraneo. Il vino era per i Greci una bevanda sacra alla quale attribuivano un'importanza e una dignità elevata: reperti archeologici precedenti alla cultura Micenea, che risalgono a prima del 1600 AC, testimoniano che il vino era già a quei tempi utilizzato come bevanda per scopi rituali e religiosi.

 La mitologia Greca riconosceva anche un dio del vino, Dioniso, che rivelò agli uomini i segreti della produzione della bevanda, l'iniziazione al culto di questa divinità prevedeva bere vino e in suo onore si celebravano le cosiddette “Orge Dionisiache”, delle vere e proprie feste dedicate al vino. Con molta probabilità il vino che si beveva nell'antica Grecia non era solamente quello prodotto nel paese; alcuni reperti archeologici, in particolare antichi vasi ritrovati a Micene non appartenenti all'arte e all'artigianato Greco, suggeriscono che già a quei tempi si importava vino prodotto in altri paesi. Durante il periodo classico la vite era ampiamente diffusa in tutto il paese e i Greci introdussero le loro specie di uve anche nei paesi che colonizzavano, in particolare in Italia, dove sono ancora diffuse diverse specie che si ritiene abbiano una diretta derivazione Greca. Così come il vino era parte essenziale della cucina e della cultura Greca, la bevanda divenne elemento essenziale nei paesi in cui i Greci estesero il loro influsso culturale. Anche il commercio del vino rappresentava un aspetto importante per la Grecia. Reperti archeologici scoperti nei vari paesi del Mediterraneo, ma anche nei paesi del Medio Oriente, testimoniano che il vino costituiva un prodotto molto importante per l'economia del paese ed era una preziosa merce di scambio.

 I Greci contribuirono enormemente alla viticoltura e all'enologia: già nell'antica Grecia si trovano in molti testi riferimenti precisi sulle pratiche di coltivazione dell'uva e sulle tecniche enologiche. Anche le decorazioni del ricco patrimonio di vasi e coppe di epoca antica testimoniano con le loro illustrazioni le varie scene della vendemmia e delle tecniche adottate nella produzione del vino. La frequenza delle citazioni letterarie e delle illustrazioni artistiche è così elevata che fa pensare al vino come un elemento quasi centrale nella vita e nella cultura degli uomini di quei tempi. Il vino era parte essenziale di uno dei più importanti eventi sociali dell'antica Grecia, il simposio (letteralmente “bere insieme”), che si svolgeva in una stanza in cui erano generalmente ospitati dai sette agli undici partecipanti sdraiati su dei sofà e ai quali veniva servito del vino. I simposi, considerati eventi sconvenienti per le donne rispettabili che in genere non vi partecipavano, si diffusero anche in Italia e la loro popolarità rimase intatta praticamente fino alla fine dell'era antica. Il vino servito durante il simposio seguiva solitamente un vero e proprio pasto ed era diluito con acqua: il delicato compito della diluizione spettava al simposiarca, il maestro della cerimonia, che aveva anche il compito di regolare lo svolgimento dell'evento e il momento in cui bere vino e la quantità. Lo scopo dei simposi era quello di creare un'occasione di piacere in cui il vino doveva contribuire alla piacevolezza dell'evento, tuttavia non era raro che i partecipanti si ubriacassero in conseguenza a vere e proprie competizioni e sfide sulla resistenza e la capacità di bere.

 Il vino prodotto nell'antica Grecia era piuttosto diverso dal vino che siamo soliti apprezzare ai giorni nostri. Normalmente i vini Greci erano considerati per il loro colore, proprio come si fa ancora oggi, e si classificavano come bianchi, neri o rossi, e mogano. Pare che i Greci ponessero particolare attenzione agli aromi del vino che spesso definivano come “floreali”, tuttavia nella letteratura dell'epoca si descrivono alcuni vini in modo più dettagliato e facendo riferimento esplicitamente a particolari fiori, come la violetta e la rosa. Il gusto del vino, o meglio, il gusto che si preferiva nel vino a quei tempi era dolce, anche molto dolce, e non a caso l'abitudine di produrre la bevanda facendo uso di uva appassita era molto frequente. I vini passiti erano molto apprezzati nell'antica Grecia e spesso la dolcezza veniva concentrata mediante l'ebollizione del vino che ne riduceva la quantità d'acqua. Tuttavia i vini dolci non erano gli unici ad essere prodotti nell'antica Grecia. Si hanno notizie di vini prodotti con uve acerbe e con un'acidità così pronunciata che facevano addirittura lacrimare gli occhi, così come vini secchi, sia bianchi sia rossi, a conferma che l'enologia dell'antica Grecia era piuttosto varia. Il problema principale dei vini di quell'epoca era la scarsa conservabilità a causa dei contenitori utilizzati e, soprattutto, alla loro scarsa tenuta all'aria. I vini si ossidavano piuttosto rapidamente e i Greci furono costretti ad adottare misure che garantissero una maggiore conservabilità del vino. L'aggiunta della resina di pino nel vino in fermentazione rappresentava uno di questi rimedi, e che troviamo ancora oggi in uno dei prodotti più celebri di Grecia, il Retsina, in quanto si riteneva che questo componente avesse delle qualità conservanti.


 

 Durante il periodo medievale la produzione di vino era svolta da privati e dai monasteri, esattamente come nel resto dell'Europa. Dopo i grandiosi fasti dell'antica Grecia, il paese divenne parte dell'impero Bizantino e pertanto il centro principale per il commercio del vino Greco divenne Costantinopoli dove venivano principalmente commercializzati vini proveniente dalle isole del mar Egeo. La produzione locale di vino subì una forte recessione quando l'imperatore Alessio I Comnenus, nel 1082, concesse ai Veneziani la possibilità di stabilire strutture commerciali a Costantinopoli, e in altre 32 città dell'Impero, con l'esenzione totale dal pagamento di qualsiasi imposta e tassa. Grazie a questa agevolazione fiscale i Veneziani potevano vendere il loro vino a prezzi molto più bassi rispetto agli altri: un vantaggio che rimase in vigore fino alla metà del XIV secolo. Il fiorente commercio del vino nell'impero Bizantino terminò verso la fine del XV secolo, dopo la fine dell'impero Bizantino, quando i Turchi occuparono il Peloponneso ed estero il loro dominio in tutta la penisola Greca.

 Durante il dominio degli Ottomani, l'enologia Greca subì un'ulteriore recessione che pregiudicò il suo sviluppo fino alla fine della dominazione. Nonostante la produzione di vino non fu proibita ai Cristiani, l'industria enologica fu duramente oppressa dalle tasse imposte dai Turchi e che scoraggiarono la produzione di vino limitandone sia la diffusione sia lo sviluppo. Il risveglio dell'enologia Greca può essere considerato a partire dall'inizio del 1900, quando il paese, finalmente, riconquistò la propria indipendenza. Tuttavia il vero interesse per lo sviluppo dell'enologia locale si ebbe solamente dopo la fine della seconda guerra mondiale, nonostante la maggioranza del vino prodotto era considerato di bassa qualità e venduto sfuso. Negli ultimi 20 anni la Grecia sta ponendo un'attenzione crescente allo sviluppo qualitativo del suo vino, forte anche del glorioso passato, e l'enologia del paese sta progressivamente recuperando il tempo anche attraverso l'adozione di tecnologie moderne e enologi competenti.

 

Il Sistema di Qualità Greco

 Il sistema di qualità dei vini Greci è regolamentato da apposite leggi emanate dal Ministero dell'Agricoltura nel 1971, tuttavia il sistema attualmente in vigore è il risultato di una revisione operata nel 1981 a seguito dell'entrata del paese nella Comunità Economico Europea. L'attuale sistema si basa, in termini generali, su quello Francese dell'Appellation d'Origine Contrôlée e sono riconosciute specifiche regioni vinicole, varietà di uve coltivabili, procedure di coltivazione e pratiche di vinificazione oltre a norme che regolano l'etichettatura delle bottiglie. Il sistema prevede tre categorie distinte come riportato di seguito:

 

  • Denominazione di Origine - Prevede due categorie distinte, Denominazione di Origine di Qualità Superiore (abbreviato in Greco come OPAP) e Denominazione di Origine Controllata (abbreviato in OPE), che comprendono vini regolati da norme simili al sistema AOC Francese. Le due categorie prevedono vini Riserva e Gran Riserva che si differenziano in accordo al tempo di maturazione. Per i vini bianchi Riserva il periodo di maturazione deve essere di due anni con un minimo di sei mesi in botte, mentre per la Gran Riserva il periodo è di tre anni con un minimo di 12 mesi in botte. Per i vini rossi Riserva il periodo di maturazione è di tre anni con un minimo di sei mesi in botte, mentre per il Gran Riserva il periodo è di quattro anni con un minimo di due anni in botte
  • Topikos Oenos - Comprendono vini prodotti in regioni estese ed equivalgono, in termini generali, ai vini Indicazione Geografica Tipica dell'Italia o ai Vin de Pays Francesi. Le qualità di uve permesse per la produzione di questi vini comprendono sia specie locali sia specie internazionali
  • Epitrapezios Oenos - Vino da Tavola. Questa categoria non prevede norme particolari e di fatto i vini possono essere prodotti con diverse uve anche provenienti da diverse regioni. La categoria prevede una denominazione particolare, Cava, che indica il periodo di maturazione del vino. I Cava bianchi devono maturare per due anni con un minimo di sei mesi in botte, mentre i Cava rossi devono maturare per tre anni con un minimo di sei mesi in botte nuova e per un anno in botti usate

 

Zone di produzione

 L'attuale produzione enologica della Grecia è prevalentemente svolta nelle stesse regioni che hanno reso celebre il vino Greco in tempi antichi. Il suolo della Grecia è particolarmente vocato alla coltura della vite, una caratteristica che era ben nota agli antichi abitanti del paese. In Grecia si coltivano prevalentemente uve autoctone, la cui stima è di circa 300 diverse varietà, oltre alle uve “internazionali” che ricoprono solamente una minima parte e spesso vengono miscelate con quelle locali. Fra le uve locali a bacca bianca si ricordano l'Assyrtiko, Moscophilero, Moscato Bianco, Robola, Roditis e Savatiano, l'uva principalmente utilizzata per la produzione del celebre Retsina. Fra le uve locali a bacca rossa troviamo l'Agiorgitiko, Kotsifali, Limnio, Mandelari, Mavrodaphne, Negoska, Stavroto, Krassato e Xynomavro. La produzione riguarda per il 75-80% vini bianchi, circa il 15% è rappresentato da vini rossi e la parte restante è relativa ai vini dolci. Fra le uve bianche più importanti troviamo l'Assyrtiko e il Savatiano, che oltre ad essere utilizzato per la produzione di Retsina è anche l'uva più diffusa nel paese. Fra le uve bianche troviamo anche la Robola, da molti considerata come la Ribolla tipica del Friuli Venezia Giulia e che pare sia stata introdotta nel paese dai Veneziani nel XIII secolo. Fra le uve rosse più importanti troviamo il Mavrodaphne, Agiorgitiko e Xynomavro.

 Fra le regioni vinicole più importanti della Grecia vanno ricordate la Macedonia, Tessaglia, Peloponneso, le isole dell'Egeo e l'isola di Creta. In queste regioni si producono probabilmente i vini più celebri del paese e sono quelle che storicamente hanno identificato la Grecia con il vino. A nord del paese troviamo la Macedonia che prevede due importanti distretti vinicoli: Naoussa e Goumenissa. Naoussa, fra le zone più celebri di tutta la Grecia, è famosa per i suoi vini rossi prodotti con uve Xynomavro, corposi e imponenti, mentre a Goumenissa la stessa uva è miscelata con il Negoska producendo quindi vini meno corposi. Nella regione di Tessaglia, nella parte centrale della penisola Greca, si trova l'area di Rapsani dove si producono vini rossi, nei pressi del monte Olimpo, con uve Xynomavro, Stavroto e Krassato. Nel Peloponneso, a sud del paese, si trovano tre importanti aree vinicole: Nemea, Mantinia e Patrasso. I vini di Nemea sono prevalentemente prodotti con Agiorgitiko, un'uva a bacca rossa molto diffusa, mentre i vini di Mantinia sono generalmente prodotti con Moscophilero, un uva aromatica e dalla buccia colore rosa con la quale si producono vini bianchi. L'area vinicola più celebre del Peloponneso è Patrasso dove si producono tre tipi diversi di vino, di cui due sono di primario interesse. Il primo di questi è il celebre Moscato di Patrasso, un vino dolce e aromatico prodotto con uva Moscato Bianco, mentre il secondo è un vino rosso dolce prodotto con uva Mavrodaphne lungamente affinato in botte e spesso fortificato e caratterizzato da una lieve ossidazione che ricorda il Porto Tawny.

 Fra le numerose isole Greche sparse nel Mare Egeo, ce ne sono due celebri per i loro vini: Santorini e Samos. L'uva tipica di Santorini è l'Assyrtiko che nell'isola viene utilizzata sia per la produzione di vini bianchi secchi sia per il suo celebre Visánto. Questo particolare vino è prodotto con uve appassite di Assyrtiko e una parte di uva Mandelari. Il visánto matura generalmente per circa 10 anni in botte sviluppando aromi complessi, ricchi e suadenti. Anche l'isola di Samos è famosa per un suo vino dolce, il celebre Moscato di Samos, prodotto con uva Moscato Bianco appassita e talvolta fortificato, caratterizzato da intensi e ricchi aromi dell'uva e di albicocca. Fra le isole Greche va ricordata anche Creta, di antiche e nobili origini enologiche, che ancora oggi è legata alle sue uve locali, in particolare alla Kotsifali e Mandelari, e che sono utilizzate per la produzione dei vini di Archarnes. Fra i vini Greci va inoltre ricordato il celeberrimo Retsina, e nonostante sia considerato un vino aromatizzato piuttosto che un vino nel senso stretto del termine, è ancora oggi il vino più conosciuto e diffuso prodotto nel paese. Il Retsina, particolarmente apprezzato dalla popolazione locale e vera attrazione per i turisti, occupa una posizione di rilievo nello scenario produttivo del paese e rappresenta il 30% della produzione totale. Attualmente il Retsina è prodotto quasi ovunque in Grecia, tuttavia la sua zona principale di produzione è Attica, la regione in cui si trova Atene. Questo vino è prodotto con uva Savatiano e durante la sua fermentazione viene aggiunto al mosto una piccola quantità di resina di pino di Aleppo con lo scopo di aromatizzare il prodotto finale.

 




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Riconoscere gli Aromi del Vino

La valutazione degli aromi di un vino è probabilmente l'esame più complesso della degustazione sensoriale che richiede una buona memoria olfattiva, pratica, esperienza e strategia

 La valutazione organolettica e sensoriale di un vino è composta di diverse fasi e fra queste una in particolare presenta un grado di difficoltà più alto rispetto alle altre: la valutazione olfattiva degli aromi. La difficoltà di questo esame è spesso dovuta alla scarsa attenzione che in genere gli uomini moderni dedicano al senso dell'olfatto e al riconoscimento consapevole degli aromi, una disattenzione che si ritrova spesso anche nella qualità dei loro cibi. L'olfatto, oltre ad essere un essenziale fattore del gusto, è anche un'indispensabile capacità sensoriale che aiuta a garantire la sopravvivenza e grazie al quale è possibile accorgersi di situazioni di pericolo o di cibi nocivi. La consapevolezza del senso dell'olfatto è diminuita nell'uomo moderno, spesso distratto dall'apparenza e da ciò che gli occhi gli comunicano in modo più esplicito. Questa diminuzione non è dovuta ad una regressione, ma piuttosto allo scarso uso e alla disattenzione come conseguenza della sicurezza “garantita” dalle condizioni di vita moderne e che probabilmente richiedono un uso più limitato, o per meglio dire, meno consapevole dell'olfatto. La maggioranza delle persone che si avvicinano alla valutazione sensoriale del vino incontrano maggiore difficoltà proprio nell'esame olfattivo, non perché il loro senso dell'olfatto è insufficiente, ma semplicemente perché non sono abituati a riconoscere gli aromi in modo consapevole e dedicano poca attenzione agli aromi e agli odori in generale.

 

L'Importanza dell'Esame Olfattivo

 Nella degustazione organolettica del vino, l'esame olfattivo assume un'importanza piuttosto alta, la qualità degli aromi e la loro finezza rappresentano in larga parte la sua eleganza e la sua classe. Inoltre, è bene ricordarlo, il gusto è in gran parte determinato dagli aromi di un cibo o di una bevanda, non solo dai sapori fondamentali. Grazie al riconoscimento degli aromi è possibile individuare la natura e la qualità di un cibo, grazie all'olfatto è possibile riconoscere il gusto dell'arancia da quello dell'ananas. Non a caso, quando si è raffreddati, si dice di non essere nella condizione di sentire i sapori, in realtà la capacità delle papille gustative non è compromessa o diminuita: la minore capacità olfattiva unita alla congestione delle vie aeree limita in modo sostanziale il riconoscimento degli aromi e pertanto non consente una completa determinazione del gusto.

 L'olfatto è un senso istintivo e consente di valutare un cibo o una condizione in pochissimo tempo e senza la valutazione cosciente degli aromi: in pochi attimi e capace di comunicare la presenza di sostanze nocive nell'aria o di segnalare cibi e bevande sgradevoli e potenzialmente velenose, evitando quindi la conseguente ingestione. In effetti il lavoro svolto dal senso dell'olfatto è di tipo preventivo, cioè consente di valutare anticipatamente una condizione in modo da evitare conseguenze negative, ma può diventare anche una sorgente di piacere quando vengono percepiti aromi gradevoli. Le stesse valutazioni sono valide anche nell'analisi olfattiva del vino: è sufficiente annusare in modo sommario il contenuto del bicchiere per capire, con un buon grado di approssimazione, la qualità di un vino e la presenza di eventuali difetti. Tuttavia l'esame olfattivo del vino non termina dopo la prima e sommaria valutazione, ma richiede un'ulteriore attenzione per comprendere la qualità, la riconoscibilità e la natura degli aromi: fattori che determinano anche il reale pregio e valore di un vino. Insomma un buon vino deve convincere, prima di tutto, il naso.

 Gli aromi di un vino e la loro qualità assumono generalmente un'importanza piuttosto elevata in tutti i sistemi di valutazione sensoriale in cui si esprime il valore di un vino per mezzo di un punteggio. Analizzando le schede di valutazione sensoriale di questi sistemi, la quota di punteggio determinata dall'esame olfattivo è normalmente più elevata di tutti gli altri: un giusto e chiaro segnale dell'importanza del ruolo degli aromi nella determinazione della qualità e del pregio di un vino. Nella valutazione olfattiva di un vino effettuata mediante i vari sistemi di analisi organolettica, l'esame degli aromi è svolto in modo da individuare le singole caratteristiche in cui si esprimono gli aromi e non solo la loro natura o definizione. Si valutano, per esempio, l'intensità, la qualità, e quindi l'assenza di difetti, la finezza complessiva degli aromi e la loro armonia, cioè il modo in cui tutti gli aromi si legano l'uno all'altro. Oltre a questo tipo di valutazione, l'esame olfattivo prevede anche l'individuazione specifica degli aromi, cioè si definiscono e si descrivono per analogia associandoli ad aromi noti e comunemente riconoscibili, come ad esempio aromi di frutti o fiori specifici.


Gli aromi della frutta sono molto
frequenti in tutti i tipi di vino
Gli aromi della frutta sono molto frequenti in tutti i tipi di vino

 L'importanza dell'esame olfattivo è inoltre essenziale per il riconoscimento di eventuali difetti e malattie del vino che si sono sviluppati nel corso del processo di produzione o di conservazione. La percezione complessiva degli aromi, del loro equilibrio e della loro qualità, sono spesso significativi per l'esame organolettico seguente, quello gustativo, in cui le buone o cattive premesse aromatiche possono essere rafforzate dal gusto. La valutazione degli aromi del vino consente inoltre di stabilire la tipicità delle caratteristiche relative alle uve con cui è prodotto, non solo, ma anche preziose informazioni sul loro stato di maturazione o di appassimento, oltre a particolari condizioni climatiche legate all'annata e alle caratteristiche tipiche del luogo di produzione. Infine, l'esame olfattivo di un vino consente di valutare la genuinità del prodotto e il suo grado di “sofisticazione”, in altri termini, la qualità della vinificazione e delle pratiche di coltivazione delle uve, se si è fatto uso di tecniche enologiche “estreme”, con lo scopo di coprire la scarsa qualità dell'uva e nascondere carenze organolettiche, come per esempio, un uso esagerato degli aromi conferiti dalla botte.

 

Strategie per l'Esame Olfattivo del Vino

 Come si è già detto, l'esame olfattivo di un vino presenta spesso maggiori difficoltà rispetto agli altri, tuttavia la sua importanza è elevata per la determinazione della qualità e del pregio di un vino. Ovviamente la qualità di un vino non è solamente definibile attraverso i suoi aromi, certamente anche gli altri esami, visivo e gustativo, sono fondamentali e consentono di apprezzare e definire altri importanti aspetti organolettici. Dei tre esami sensoriali quello che richiede una maggiore esperienza e pratica è comunque la valutazione olfattiva, sia per la vastità degli aromi che virtualmente possono essere percepiti, sia per la difficoltà di isolarli singolarmente e riconoscerli. In questo senso la pratica e l'esperienza costituiscono un aiuto fondamentale, più vini si degustano e maggiori saranno gli aromi incontrati, tuttavia un importante ruolo viene svolto anche dalla memoria olfattiva, cioè dalla capacità di sapere riconoscere e descrivere un aroma dopo la sua percezione. La capacità di sapere riconoscere gli aromi non è solamente legata al numero di vini degustati, ma anche ad una sana curiosità nella valutazione di ogni stimolo olfattivo, circostanza che si può verificare in ogni momento della giornata e nelle diverse situazioni e che dovrebbe essere caratteristica di ogni buon degustatore. Un aroma che non si è mai percepito non può essere riconosciuto e descritto, al limite, può essere percepito e classificato come aroma “sconosciuto” e comunque indefinibile.

 La quantità degli aromi che sono virtualmente riconoscibili è essenziale per ogni degustatore, tuttavia l'esame olfattivo di un vino presenta una difficoltà ulteriore che rende più complesso il processo del riconoscimento degli aromi. Consideriamo, per esempio, l'aroma della mela, un'aroma che è generalmente conosciuto e riconoscibile da molti. Chiunque conosce questo aroma ogni volta che si trova ad annusare questo frutto, anche ad occhi chiusi, può riconoscerlo con facilità. L'aroma della mela è piuttosto frequente nei vini bianchi, tuttavia la capacità di sapere riconoscere questo aroma non è sufficiente. Nel vino i singoli aromi sono percepiti insieme a tanti altri che potrebbero anche confonderli, addirittura coprirli, e la capacità del degustatore consiste anche nel sapere isolare e individuare l'aroma della mela, così come di altri aromi, in mezzo a tanti altri. Nella valutazione olfattiva di un vino si rilevano aromi che sono più intensi e che sono più facilmente riconoscibili, mentre altri emergono solamente solo dopo un'attenta valutazione e dopo che si sono riconosciuti e “isolati” gli aromi predominanti. Questo processo che all'inizio può sembrare complesso e difficile, sarà semplificato dall'esperienza e dalla pratica, quando cioè si eseguiranno in modo “istintivo” quei processi di isolamento e di riconoscimento dei singoli aromi.


 

 Il riconoscimento degli aromi consente inoltre di individuare in moltissimi casi anche il tipo delle uve utilizzate per la produzione di un vino. Ci sono aromi che sono piuttosto tipici in certe qualità di uve e assenti in altre, pertanto la percezione di questi aromi può dare un'indicazione piuttosto precisa sul vino preso in esame. La tipicità di certi aromi nelle uve è inoltre determinato da diversi fattori che comprendono anche il luogo di coltivazione, l'andamento climatico e il grado di maturazione. Se prendiamo, per esempio, l'uva Cabernet Franc, spesso caratterizzata da un'impronta aromatica definita come vegetale, cioè che ricorda le essenze tipiche di certe piante, l'aroma più comunemente associato a quest'uva è quello del peperone verde. Questo aroma è molto evidente quando l'uva è stata raccolta non ancora pienamente matura: infatti nell'uva Cabernet Franc, ma anche nel Cabernet Sauvignon, l'aroma di peperone verde è meno evidente, talvolta anche assente, nel caso in cui sia perfettamente matura; in questo caso saranno gli aromi di frutti a bacca nera, come il ribes e l'amarena, ad essere predominanti.

 Il riconoscimento degli aromi tipici delle uve è una capacità utile per il degustatore e che dovrebbe essere propriamente sviluppata. A questo scopo si possono svolgere appropriati esercizi che consentiranno di migliorare e affinare le proprie capacità nel riconoscimento dei vari aromi tipici delle uve e quindi del vino. Un'esercizio che risulta utile, soprattutto al degustatore neofita, è quello di individuare e riconoscere la differenza fra un'uva aromatica e un'uva non aromatica. Questo esercizio può essere svolto confrontando le differenze aromatiche di un vino prodotto con uva Gewürztraminer e uno prodotto con Trebbiano Toscano: la caratteristica predominante che si percepisce nel Gewürztraminer è ciò che definisce un'uva come aromatica, cioè un forte e chiaro aroma che ricorda direttamente quello dell'uva fresca. Si confronti ora il vino prodotto con Gewürztraminer con uno prodotto con Moscato Bianco: nonostante i due vini abbiano sfumature aromatiche diverse, sarà possibile riconoscere in entrambi il forte e predominante aroma di uva. Sia il Moscato Bianco sia il Gewürztraminer sono considerate uve aromatiche proprio a causa di questa loro primaria caratteristica.

 Lo stesso esercizio può essere svolto con vini prodotti da uve rosse. Si prendano in esame due vini di cui uno prodotto con Cabernet Sauvignon e l'altro prodotto con Pinot Nero. L'impatto aromatico dei due vini dovrebbe essere piuttosto diverso e distinguibile. Mentre nel vino prodotto con Cabernet Sauvignon si troveranno aromi che ricordano direttamente l'amarena e il ribes, in quello prodotto con Pinot Nero si percepiranno aromi di ciliegia, lampone e probabilmente anche di fragola. Si prenda ora in esame un vino prodotto con uva Sangiovese e si confronti il suo aroma con gli altri due vini. In questo caso si percepirà un aroma di amarena, che abbiamo già trovato nel Cabernet Sauvignon, e si percepirà inoltre anche l'aroma di un fiore: la violetta. I tre vini presentano aromi piuttosto diversi fra loro e dovrebbe essere relativamente semplice riconoscere le loro differenze, una capacità che sarà certamente resa più agevole con la pratica e l'esperienza. L'esempio che abbiamo fornito non ha ovviamente un valore assoluto e serve unicamente ad aiutare il degustatore neofita per allenare le proprie capacità olfattive e per sviluppare una buona strategia nel riconoscimento degli aromi. Questo significa che l'aroma di ciliegia non è una caratteristica esclusiva del Pinot Nero, si può trovare anche nella Barbera, così come la violetta non è caratteristica esclusiva del Sangiovese e che troviamo, per esempio, anche nel Nebbiolo. Tuttavia il giusto riconoscimento degli aromi tipici aiuta a restringere il numero delle possibili uve che si prenderanno in esame nella determinazione di un vino: nel caso in cui si percepisce un chiaro e forte aroma di violetta la possibilità che si tratti di un Sangiovese o di un Nebbiolo sarà piuttosto alta e si potrà escludere, con buona certezza, il Pinot Nero.

 L'associazione univoca fra gli aromi e le uve non è sufficiente per determinare il tipo specifico. La presenza di determinati aromi può indirizzare il degustatore verso determinate uve, escludendone quindi altre, tuttavia il riconoscimento di una specifica uva deve essere generalmente supportato da altri aromi tipicamente riconducibili e caratteristici di quell'uva. Una buona strategia per il riconoscimento dei vari aromi è quello di escludere progressivamente tutti gli aromi che si sono isolati e individuati per poi procedere al riconoscimento degli altri. Un'altra buona pratica consiste nel classificare gli aromi, non appena sono stati rilevati, in base a famiglie generiche, come per esempio frutti, fiori o vegetali, e poi procedere con un'ulteriore classificazione fino ad arrivare all'aroma specifico. Questo sistema consente una migliore e più rapida identificazione degli aromi e consente di eliminare progressivamente classi e categorie di aromi fino ad arrivare alla completa identificazione. Se applicato in modo sistematico, ci si accorgerà che questo processo diventerà con il tempo e la pratica una strategia quasi istintiva e naturale.

 



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I Vini del Mese


 

Legenda dei punteggi

Sufficiente    Abbastanza Buono    Buono
Ottimo    Eccellente
Vino eccellente nella sua categoria Vino eccellente nella sua categoria
I prezzi sono da considerarsi indicativi in quanto possono subire variazioni a seconda del paese
e del luogo in cui vengono acquistati i vini




Lithos Nero d'Avola 2001, Vinci Vini (Italia)
Lithos Nero d'Avola 2001
Vinci Vini (Italia)
Uvaggio: Nero d'Avola
Prezzo: € 10,20 Punteggio:
Alla vista si presenta con un colore rosso rubino brillante e sfumature di rosso rubino, poco trasparente. Al naso esprime aromi intensi, puliti, gradevoli ed eleganti di amarena, mirtillo, prugna e violetta a cui seguono piacevoli accenni di carruba, liquirizia, pepe nero e vaniglia. In bocca ha buona corrispondenza con il naso, un attacco equilibrato e con tannini in evidenza, buon corpo e sapori intensi. Il finale è persistente con buoni ricordi di prugna, amarena e mirtillo. Un vino ben fatto. Lithos matura per almeno 6 mesi in barrique a cui seguono almeno 2 mesi di affinamento in bottiglia.
Abbinamento: Carne alla griglia, Carne arrosto, Stufati con funghi, Formaggi stagionati



Zibibbo Vigna Moresca, Vinci Vini (Italia)
Zibibbo Vigna Moresca
Vinci Vini (Italia)
Uvaggio: Moscato d'Alessandria
Prezzo: € 6,00 Punteggio: Vino eccellente nella sua categoria
Il vino si presenta con un colore giallo paglierino intenso e sfumature di giallo dorato, molto trasparente. Al naso rivela aromi intensi, puliti, gradevoli e raffinati di uva passa, albicocca secca, canditi, confettura di fichi, mandorla, marmellata d'arance e scorza d'agrume seguito da un piacevole aroma di caramello. In bocca ha buona corrispondenza con il naso, un attacco leggermente alcolico e morbido comunque equilibrato, sapori intensi, buon corpo e piacevolmente dolce. Il finale è persistente con buoni ricordi di uva passa e confettura di fichi. Questo Zibibbo matura in bottiglia per almeno 2 mesi.
Abbinamento: Formaggi stagionati e piccanti, Pasticceria secca, Crostate di frutta secca



Ritratto Bianco Vigneti delle Dolomiti 2000, La Vis (Italia)
Ritratto Bianco Vigneti delle Dolomiti 2000
La Vis (Italia)
Uvaggio: Chardonnay, Pinot Grigio, Riesling
Prezzo: € 12,00 Punteggio: Vino eccellente nella sua categoria
Questo vino presenta un colore giallo paglierino intenso e sfumature di giallo dorato, molto trasparente. Al naso rivela aromi intensi, puliti, eleganti e gradevoli che si aprono con aromi di banana e legno tostato seguiti da buoni aromi di ananas, biancospino, acacia, ginestra, melone, pera e vaniglia. In bocca ha buona corrispondenza con il naso, un attacco fresco e comunque ben equilibrato, sapori intensi e buon corpo. Il finale è persistente con ricordi di tostato, pera e banana. Un vino ben fatto. Ritratto Bianco matura per 8 mesi in barrique a cui seguono 10-12 mesi in bottiglia.
Abbinamento: Pesce arrosto, Pasta e risotto con pesce e funghi, Pesce saltato



Trentino Cabernet Sauvignon Ritratti 2000, La Vis (Italia)
Trentino Cabernet Sauvignon Ritratti 2000
La Vis (Italia)
Uvaggio: Cabernet Sauvignon
Prezzo: € 9,75 Punteggio:
Questo vino si presenta con un colore rosso rubino intenso e sfumature di rosso rubino, poco trasparente. Al naso rivela aromi intensi, puliti, gradevoli, eleganti e raffinati che si aprono su note di amarena, mirtillo e violetta seguiti da buoni aromi di ribes, prugna, liquirizia, cacao, vaniglia e un piacevole accenno di timo. In bocca ha buona corrispondenza con il naso, un attacco leggermente tannico ma comunque ben equilibrato dall'alcol, corpo pieno e sapori intensi. Il finale è persistente con buoni ricordi di amarena, prugna e ribes. Un vino ben fatto. Questo Cabernet Sauvignon matura per 14 mesi in barrique a cui seguono 6 mesi di affinamento in bottiglia.
Abbinamento: Brasati, Stufati, Selvaggina, Carne arrosto, Formaggi stagionati



Harmonium 2001, Firriato (Italia)
Harmonium 2001
Firriato (Italia)
Uvaggio: Nero d'Avola
Prezzo: € 18,00 Punteggio:
Questo vino si presenta con un colore rosso rubino cupo e sfumature di rosso rubino, poco trasparente. Il naso esprime buona personalità e aromi intensi, puliti, gradevoli, eleganti e raffinati che si aprono con aromi di mora, amarena e mirtillo seguiti da carruba, ciliegia, liquirizia, prugna e violetta oltre a piacevoli accenni di vaniglia, cacao e mentolo con apporto del legno molto equilibrato e per niente invadente. In bocca ha ottima corrispondenza con il naso, un attacco leggermente tannico comunque ben equilibrato, rotondo, sapori intensi, corpo pieno e molto gradevole. Il finale è molto persistente con lunghi ricordi di mora, prugna e mirtillo. Un vino molto ben fatto. Harmonium matura in barrique per 10 mesi.
Abbinamento: Selvaggina, Carne arrosto, Brasati e stufati, Formaggi stagionati



Ribeca 2001, Firriato (Italia)
Ribeca 2001
Firriato (Italia)
Uvaggio: Nero d'Avola (60%), Perricone (40%)
Prezzo: € 18,00 Punteggio: Vino eccellente nella sua categoria
Alla vista si presenta con un colore rosso rubino cupo e sfumature di rosso rubino, poco trasparente. Al naso esprime aromi intensi, puliti, gradevoli, eleganti e raffinati che si aprono con aromi di amarena, prugna e mirtillo seguiti da buoni aromi di lampone, liquirizia e violetta oltre a piacevoli aromi di cacao, eucalipto, vaniglia e legno tostato. In bocca ha buona corrispondenza con il naso, un attacco tannico ma comunque equilibrato, sapori intensi, corpo pieno. Il finale è persistente con buoni ricordi di prugna, amarena e mirtillo. Un vino ben fatto. Ribeca matura per 9 mesi in barrique.
Abbinamento: Selvaggina, Carne arrosto, Brasati e stufati, Formaggi stagionati



Verdicchio dei Castelli di Jesi Classico Superiore Tralivio 2002, Sartarelli (Italia)
Verdicchio dei Castelli di Jesi Classico Superiore Tralivio 2002
Sartarelli (Italia)
Uvaggio: Verdicchio
Prezzo: € 7,10 Punteggio:
Questo vino si presenta con un colore giallo paglierino intenso e sfumature di giallo dorato, molto trasparente. Al naso esprime aromi intensi, puliti, gradevoli ed eleganti che si aprono su aromi di biancospino, sambuco, pera e mela seguiti da buoni aromi di ananas, litchi, pesca, pompelmo e mandorla. In bocca ha buona corrispondenza con il naso, un attacco fresco e comunque ben equilibrato dall'alcol, buon corpo e sapori intensi. Il finale è persistente con piacevoli ricordi di pesca, pera e pompelmo.
Abbinamento: Crostacei, Pesce fritto, Pesce saltato, Pasta e risotti con pesce, Formaggi freschi



Verdicchio dei Castelli di Jesi Classico Superiore Balciana 2001, Sartarelli (Italia)
Verdicchio dei Castelli di Jesi Classico Superiore Balciana 2001
Sartarelli (Italia)
Uvaggio: Verdicchio
Prezzo: € 16,80 Punteggio:
Alla vista si presenta con un bel colore giallo paglierino intenso e sfumature di giallo dorato, molto trasparente. Il naso esprime personalità e aromi intensi, puliti, gradevoli, eleganti e raffinati che si aprono su aromi di miele, biancospino e albicocca seguiti da buoni aromi di ananas, camomilla, mela cotogna, nocciola, pera, pesca, pompelmo e mandorla oltre ad un piacevole accenno di aromi da muffa nobile. In bocca ha eccellente corrispondenza con il naso, un attacco morbido, rotondo e fresco comunque ben bilanciato dall'alcol, buon corpo, sapori intensi e molto gradevole. Il finale è molto persistente con lunghi ricordi di camomilla, pera, miele e mandorla. Un vino molto ben fatto. Balciana è prodotto con uve da vendemmia tardiva.
Abbinamento: Pasta e risotti con pesce e funghi, Pesce arrosto, Carne bianca arrosto, Formaggi



Taurasi 1997, Montesolae - Colli Irpini (Italia)
Taurasi 1997
Montesolae - Colli Irpini (Italia)
Uvaggio: Aglianico
Prezzo: € 14,80 Punteggio:
Questo vino si presenta con un colore rosso rubino brillante e sfumature di rosso rubino, abbastanza trasparente. Al naso esprime aromi intensi, puliti, gradevoli ed eleganti che si aprono su note di confettura di prugne, confettura di amarene e violetta seguiti da buoni aromi di ciliegia, carruba, mirtillo, liquirizia e vaniglia oltre ad un piacevole accenno di cuoio. In bocca ha buona corrispondenza con il naso, un attacco leggermente tannico comunque ben equilibrato dall'alcol, buon corpo e sapori intensi. Il finale è persistente con buoni ricordi di prugna, amarene e mirtillo. Un vino ben fatto. Questo Taurasi matura per 8 mesi vasche d'acciaio, 8 mesi in barrique, 16 mesi in botte e per altri 6 mesi in bottiglia.
Abbinamento: Selvaggina, Stufati e brasati, Carne arrosto, Formaggi stagionati



Sussurro 2002, Montesolae - Colli Irpini (Italia)
Sussurro 2002
Montesolae - Colli Irpini (Italia)
Uvaggio: Greco Bianco (50%), Fiano (50%)
Prezzo: € 10,80 Punteggio:
Alla vista si presenta con un colore giallo paglierino chiaro e sfumature di giallo paglierino, molto trasparente. Al naso esprime buona personalità con aromi intensi, puliti, eleganti e gradevoli che si aprono con note di biancospino, mela, pera e ginestra seguiti da aromi di agrumi, ananas, mandorla, limone e pesca. In bocca ha buona corrispondenza con il naso, un attacco fresco e leggermente morbido comunque ben equilibrato, sapori intensi, buon corpo, gradevole. Il finale è persistente con ricordi di mela, mandorla e limone. Sussurro matura per 4 mesi in vasche d'acciaio e per 3 mesi in bottiglia.
Abbinamento: Pasta e risotti con pesce, Zuppe di verdure e funghi, Pesce saltato



Myrto 2002, Foradori (Italia)
Myrto 2002
Foradori (Italia)
Uvaggio: Sauvignon Blanc (60%), Incrocio Manzoni (20%), Pinot Bianco (20%)
Prezzo: € 13,50 Punteggio: Vino eccellente nella sua categoria
Questo vino si presenta con un colore giallo paglierino brillante e sfumature di giallo dorato, molto trasparente. Il naso esprime personalità con aromi intensi, puliti, eleganti, gradevoli e raffinati che si aprono su aromi di pesca, litchi e frutto della passione seguiti da buoni aromi di ananas, banana, ginestra, mela, pera e vaniglia oltre ad un piacevole aroma di sambuco. In bocca ha buona corrispondenza con il naso, un attacco fresco e comunque ben equilibrato, buon corpo, sapori intensi e molto gradevole. Il finale è persistente con buoni ricordi di pesca, frutto della passione e ananas. Un vino ben fatto. Myrto fermenta parte in vasche d'acciaio e parte in barrique.
Abbinamento: Crostacei, Pasta e risotto con pesce e verdure, Zuppe di funghi, Pesce arrosto



Granato 2001, Foradori (Italia)
Granato 2001
Foradori (Italia)
Uvaggio: Teroldego
Prezzo: € 36,00 Punteggio:
Questo vino si presenta con un colore rosso rubino cupo e sfumature di rosso porpora, poco trasparente. Al naso esprime personalità con aromi intensi, puliti, gradevoli, eleganti e raffinati che si aprono su aromi di amarena e mirtillo seguiti da buoni e intensi aromi di mora, prugna e violetta oltre a piacevoli aromi di cacao, caramella mou, chiodo di garofano, liquirizia, pepe nero, vaniglia, tostatura di legno e un piacevole accenno di rosmarino. In bocca ha buona corrispondenza con il naso, un attacco leggermente tannico comunque ben equilibrato, sapori intensi, corpo pieno. Il finale è persistente con piacevoli e buoni ricordi di amarena, prugna e mirtillo. Un vino molto ben fatto. Granato matura per 18 mesi in botte.
Abbinamento: Selvaggina, Carne arrosto, Brasati e stufati, Formaggi stagionati



Cabernet Sauvignon Vigneto Belvedere 1999, Vallarom (Italia)
Cabernet Sauvignon Vigneto Belvedere 1999
Vallarom (Italia)
Uvaggio: Cabernet Sauvignon
Prezzo: € 14,50 Punteggio: Vino eccellente nella sua categoria
Il vino si presenta con un colore rosso rubino brillante e sfumature di rosso granato, abbastanza trasparente. Il naso esprime aromi intensi, puliti, eleganti, gradevoli e raffinati che si aprono su aromi di viola appassita, confettura di amarene e confettura di prugne seguiti da buoni aromi di confettura di lamponi, mirtillo, liquirizia, rosa appassita e piacevoli accenni di vaniglia, mentolo e cuoio. In bocca ha buona corrispondenza con il naso, un attacco leggermente tannico comunque ben equilibrato dall'alcol, corpo pieno e sapori intensi. Il finale è persistente con buoni ricordi di confettura di prugne, confettura di amarene e mirtillo. Un vino ben fatto. Questo Cabernet Sauvignon matura per 12 mesi in barrique e per 12-18 mesi in bottiglia.
Abbinamento: Brasati, Stufati, Selvaggina, Carne arrosto, Formaggi stagionati



Vadum Caesaris 2002, Vallarom (Italia)
Vadum Caesaris 2002
Vallarom (Italia)
Uvaggio: Pinot Bianco (50%), Chardonnay (30%), Sauvignon Blanc (10%), Riesling (10%)
Prezzo: € 7,50 Punteggio:
Questo vino si presenta con un colore giallo verdolino brillante e sfumature di giallo verdolino, molto trasparente. Al naso esprime aromi intensi, puliti, gradevoli ed eleganti che si aprono con note di biancospino e mela seguiti da aromi di ananas, banana, ginestra, limone, litchi, mandorla, pera e pompelmo. In bocca ha buona corrispondenza con il naso, un attacco fresco e comunque ben equilibrato dall'alcol, sapori intensi, buon corpo, gradevole. Il finale è persistente con ricordi di limone, mela e pera. Vadum Caesaris matura in vasche d'acciaio per 7-8 mesi e per circa 6 mesi in bottiglia.
Abbinamento: Carne bianca saltata, Pasta e risotto con pesce, Pesce arrosto



Colli del Trasimeno Piovano 2002, Pieve del Vescovo (Italia)
Colli del Trasimeno Piovano 2002
Pieve del Vescovo (Italia)
Uvaggio: Sangiovese (85%), Canaiolo, Gamay e Ciliegiolo (15%)
Prezzo: € 8,40 Punteggio:
Questo vino si presenta con un colore rosso rubino intenso e sfumature di rosso rubino, poco trasparente. Al naso denota aromi intensi, puliti, gradevoli, eleganti e raffinati che si aprono su note di prugna, mirtillo e amarena seguiti da intensi aromi di lampone, violetta e liquirizia oltre a piacevoli aromi di cannella, pepe nero e eucalipto. In bocca ha buona corrispondenza con il naso, un attacco leggermente tannico ma comunque ben equilibrato dall'alcol, corpo pieno e sapori intensi. Il finale è persistente con intensi ricordi di prugna, amarena e mirtillo. Un vino ben fatto. Piovano matura per 12 mesi in vasche d'acciaio e in bottiglia.
Abbinamento: Carne arrosto, Stufati e brasati, Carne alla griglia, Formaggio stagionato



Lucciaio 2000, Pieve del Vescovo (Italia)
Lucciaio 2000
Pieve del Vescovo (Italia)
Uvaggio: Merlot (45%), Cabernet Sauvignon (40%), Sangiovese (15%)
Prezzo: € 19,00 Punteggio:
Alla vista si presenta con un colore rosso rubino intenso e sfumature di rosso rubino, poco trasparente. Al naso rivela aromi intensi, puliti, gradevoli ed eleganti che si aprono su note di amarena, mirtillo e vaniglia seguiti da piacevoli aromi di prugna, ribes, violetta e liquirizia oltre a buoni accenni di cacao e tabacco. In bocca ha buona corrispondenza con il naso, un attacco leggermente tannico ma comunque ben equilibrato dall'alcol, buon corpo e sapori intensi. Il finale è persistente con buoni ricordi di prugna, amarena e mirtillo. Un vino ben fatto. Lucciaio matura per 12 mesi in barrique a cui seguono 12 mesi di affinamento in bottiglia.
Abbinamento: Brasati e stufati con funghi, Carne arrosto, Selvaggina, Formaggi stagionati



Castel del Monte Aglianico Riserva Cappellaccio 2000, Rivera (Italia)
Castel del Monte Aglianico Riserva Cappellaccio 2000
Rivera (Italia)
Uvaggio: Aglianico
Prezzo: € 8,00 Punteggio: Vino eccellente nella sua categoria
Il vino si presenta con un colore rosso rubino intenso e sfumature di rosso rubino, poco trasparente. Al naso esprime aromi intensi, puliti, gradevoli ed eleganti che si aprono con note di amarena e prugna seguiti da buoni aromi di carruba, mirtillo, violetta e piacevoli accenni di vaniglia e liquirizia. In bocca ha buona corrispondenza con il naso, un attacco leggermente tannico e comunque equilibrato, buon corpo e sapori intensi. Il finale è persistente con piacevoli ricordi di amarena, prugna e mirtillo. Cappellaccio matura per circa 12 mesi in barrique.
Abbinamento: Brasati con funghi, Carne arrosto, Formaggi stagionati



Castel del Monte Riserva Il Falcone 2000 , Rivera (Italia)
Castel del Monte Riserva Il Falcone 2000
Rivera (Italia)
Uvaggio: Nero di Troia (70%), Montepulciano (30%)
Prezzo: € 14,00 Punteggio:
Questo vino si presenta con un colore rosso rubino cupo e sfumature di rosso rubino, poco trasparente. Al naso esprime aromi intensi, puliti, gradevoli, eleganti e raffinati che si aprono con aromi di amarena, mirtillo e prugna seguiti da buoni e intensi aromi di carruba, tabacco, violetta, liquirizia, vaniglia e piacevoli accenni di pepe nero. In bocca ha buona corrispondenza con il naso, un attacco leggermente tannico e comunque ben equilibrato dall'alcol, corpo pieno, sapori intensi. Il finale è persistente con ricordi di amarena, mirtillo e prugna. Un vino ben fatto. Il Falcone matura per 12-14 mesi in barrique e per un anno in bottiglia.
Abbinamento: Selvaggina, Brasati e stufati di carne, Carne arrosto, Formaggi stagionati






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  Produttori Numero 14, Dicembre 2003   
Mario SchiopettoMario Schiopetto Giornale di CantinaGiornale di Cantina  Sommario 
Numero 13, Novembre 2003 Segui DiWineTaste su Segui DiWineTaste su TwitterNumero 15, Gennaio 2004

Mario Schiopetto

Mario Schiopetto è uno di quei strepitosi personaggi che hanno reso grande il vino Italiano nel mondo. I suoi vini, frutto di vera passione, sono l'autentica immagine del loro territorio: il Collio

 Parlare di Mario Schiopetto significa, oltre che parlare dei grandi vini del Collio, raccontare la storia della moderna enologia Italiana. Grazie a grandi personaggi, proprio come Mario Schiopetto che ha lavorato e creduto nelle sue idee, il vino Italiano è oggi tornato ad essere grande attraverso un formidabile processo di innovazione e di miglioramento qualitativo. Mario Schiopetto proviene da una famiglia che produce vino da tre generazioni. Figlio di Giorgio, titolare della storica osteria “Ai Pompieri” di Udine, Mario Schiopetto eredita da suo padre la grande passione per il vino, il buon vino, che lo porterà ad essere giustamente riconosciuto come il vero padre dell'enologia Friulana. Mario Schiopetto viaggia nei principali paesi vinicoli dell'Europa, nelle storiche cantine Francesi e Tedesche con il chiaro intento di apprendere i segreti dei grandi vini di qualità: un'esperienza che gli sarà utile per realizzare il suo progetto, quello di rendere grande il vino Friulano. Nei suoi viaggi all'estero apprende le moderne e importanti tecniche utili alla produzione di vini eccellenti e di qualità, tuttavia è ben consapevole che questo non è sufficiente per produrre grandi vini.


La famiglia Schiopetto. In basso a
sinistra, Mario Schiopetto
La famiglia Schiopetto. In basso a sinistra, Mario Schiopetto

 Il territorio dove Mario Schiopetto intende realizzare il suo ambizioso sogno è il Collio Goriziano, uno dei grandi territori da vino del Friuli Venezia Giulia, e comprende da subito che le nozioni tecniche apprese all'estero devono essere pazientemente adattate alla natura della sua terra, un luogo unico e particolare. Mario Schiopetto è un autodidatta dotato di un'eccellente capacità di intuizione, e nel 1965 riesce finalmente a concretizzare le sue aspirazioni affittando una vecchia azienda vinicola di Gorizia dalla Curia Arcivescovile che acquisterà successivamente nel 1989. Nella sua azienda applica da subito principi di semplicità, tecnologia e sensibilità per il suo territorio migliorando continuamente le conoscenze acquisite durante i suoi viaggi all'estero. La sua innegabile e profonda esperienza è trasmessa ai figli Maria Angela, Carlo e Giorgio che oggi conducono con successo l'azienda, ubicata nelle colline di Capriva del Friuli, in provincia di Gorizia. L'azienda dispone attualmente di 30 ettari coltivati a vigneto e ubicati intorno allo storico palazzo Arcivescovile, oltre al podere dei Blumeri che si trova poco lontano nella zona dei Colli Orientali del Friuli, a Oleis, sulle colline di Rosazzo.

 La produzione della cantina è basata su una filosofia in cui si ritiene che non ci sia niente da inventare, ma tutto da capire. Secondo Mario Schiopetto «Il buon vino è l'espressione più sincera del territorio e anche l'espressione degli uomini che lo creano. Per produrre del buon vino il rispetto per la natura e per gli uomini è il primo e fondamentale requisito». La sensibilità, secondo la filosofia dell'azienda, «nasce da un antico e ininterrotto dialogo con la natura. Un tesoro unico, una ricchezza dell'anima», un principio in cui Mario Schiopetto ha sempre creduto ancora prima di fondare la sua famosa cantina nel 1965 e fatto proprio quando era bambino e ascoltava il vino che “gorgogliava” nelle botti dell'osteria paterna. Questo principio si è poi sviluppato negli anni cinquanta dello scorso secolo viaggiando attraverso tutta l'Europa e visitando le migliori cantine. In Francia e in Germania Mario Schiopetto ha accumulato un patrimonio di esperienze unico che poi nel 1965 ha deciso di donare al Friuli, la sua amata terra, avviando la propria cantina. Iniziò così a mettere in pratica quanto aveva appreso nei suoi viaggi applicandolo alla realtà unica del Collio Goriziano, sostenendo di non avere inventato nulla e cercando unicamente di capire la terra, il clima e il carattere delle sue colline semplicemente osservando l'armonia della natura. Su questi semplici principi si basa ancora oggi l'attività dell'azienda di Mario Schiopetto. Applicando e facendo tesoro della grande esperienza del padre Mario, non solo fondatore dell'azienda ma anche grande padre della cultura del vino in Friuli, ancora prima di lui, suo padre Giorgio, oste molto apprezzato nella Udine dei primi del Novecento, oggi sono i suoi figli che ereditano l'immenso e prezioso patrimonio dell'azienda. Maria Angela, Carlo e Giorgio proseguono oggi la grandiosa opera di loro padre Mario che affonda le proprie radici nel tempo antico e che riserva sempre storie nuove da raccontare, fatte di sensibilità e rispetto, di amore per la tradizione e di quella passione genuina per il vino che ha sempre contraddistinto Mario Schiopetto.


Una veduta dei vigneti di Mario
Schiopetto
Una veduta dei vigneti di Mario Schiopetto

 L'azienda si trova fra le colline di Capriva del Friuli e la nuova cantina è stata realizzata seguendo i suggerimenti e la sensibilità dell'architetto Tobia Scarpa, dando origine ad un connubio di tecnica, ordine e razionalità. La nuova cantina è stata ideata personalmente da Mario Schiopetto e la sua costruzione iniziò nel 1989, dando priorità alla migliore gestione degli spazi di lavoro, cercando quindi di attuare una logica di praticità piuttosto che di estetica. La struttura è stata progettata in modo da consentire un pratico svolgimento delle fasi della produzione del vino, dall'uva al prodotto finito. La nuova cantina fu terminata nel 1992 e il suo “cuore” è rappresentato dalla sala lieviti, un tassello fondamentale della filosofia aziendale e del processo produttivo. Qui si procede alla moltiplicazione, in accordo alle varie tipologie di vino, dei lieviti autoctoni necessari ad avviare il processo di fermentazione. Sono state inoltre adottate moderne tecnologie con lo scopo di ridurre drasticamente le possibilità di errore e facilitare quindi l'antica arte della produzione di vini eccellenti.

 I vigneti storici dell'azienda di Mario Schiopetto si trovano a Capriva del Friuli, in provincia di Gorizia, ed è qui che crescono le uve Tocai, Pinot Bianco, Pinot Grigio e Sauvignon trovando un ambiente ideale per esprimersi al meglio. Nel 1996 l'azienda ha acquistato il podere dei Blumeri, che si trova a qualche chilometro a nord-ovest dalla sede storica, sulle fertili colline di Rosazzo, a Oleis. Questo luogo, dal nome dolce e magico, ha una particolare vocazione storica sia alla vite sia all'olivo. Il nuovo podere fu scelto da Maria Angela, Giorgio e Carlo, figli di Mario Schiopetto, perché il terreno presentava una composizione molto simile a quelli di Capriva del Friuli, tuttavia il microclima è ovviamente diverso, ma ideale per esaltare la maturazione delle uve rosse. I vigneti di Oleis sono stati ristrutturati e destinati alla produzione di vini importanti e il suo nome, podere del Blumeri, deriva da un'antica tradizione carnevalesca dei Colli Orientali del Friuli.


 

 La selezione di vini dell'azienda agricola Mario Schiopetto è piuttosto vasta e la produzione è fatta sia con uve autoctone sia con uve internazionali. Fra le uve tipiche troviamo anche il Tocai Friulano, la famosa uva bianca del Friuli Venezia Giulia vinificata in purezza per i vini Tocai Friulano e Pardes, quest'ultimo fermentato e affinato in botte per circa 10 mesi. Fra i vini bianchi monovarietali troviamo il Pinot Bianco, il Pinot Grigio e il Sauvignon, tutti fermentati e affinati in vasche d'acciaio. Fra gli altri vini bianchi Mario Schiopetto propone il Blanc des Rosis, “storico” assemblaggio da uve Tocai Friulano, Pinot Grigio, Sauvignon Blanc, Malvasia e Ribolla; il Mario Schiopetto Bianco, prodotto con uve Chardonnay e Tocai Friulano di cui una parte fermenta in botte; l'Amrità Pinot Bianco, prodotto con l'omonima uva in purezza, fermentato e affinato per circa 10 mesi in botte; il Tarsia Sauvignon, fermentato e affinato in botte per circa 10 mesi. Fra i vini rossi dell'azienda troviamo il Rivarossa, da uve Cabernet Sauvignon, Cabernet Franc e Merlot, affinato per 14-15 mesi in barrique; e il Blumeri Rosso, prodotto con uve Merlot, Cabernet Sauvignon e Refosco dal Peduncolo Rosso, affinato per 14-15 mesi in barrique.

 




Legenda dei punteggi

Sufficiente    Abbastanza Buono    Buono
Ottimo    Eccellente
Vino eccellente nella sua categoria Vino eccellente nella sua categoria
I prezzi sono da considerarsi indicativi in quanto possono subire variazioni a seconda del paese
e del luogo in cui vengono acquistati i vini




Rivarossa 2001, Schiopetto (Italia)
Rivarossa 2001
Schiopetto (Italia)
Uvaggio: Cabernet Sauvignon (35%), Cabernet Franc (35%), Merlot (30%)
Prezzo: € 16,00 Punteggio: Vino eccellente nella sua categoria
Il vino si presenta con un colore rosso rubino brillante e sfumature di rosso rubino, abbastanza trasparente. Il naso denota aromi intensi, puliti, gradevoli ed eleganti che si aprono su piacevoli aromi di frutta come amarena, mora, mirtillo, lampone, ribes e prugna seguiti da piacevoli accenni di vaniglia e carruba. In bocca ha buona corrispondenza con il naso, un attacco leggermente tannico e comunque ben equilibrato dall'alcol, sapori intensi e buon corpo. Il finale è persistente con buoni ricordi di amarena, prugna e mirtillo. Rivarossa matura in barrique per circa 14-15 mesi.
Abbinamento: Brasati con funghi, Carne arrosto, Formaggi stagionati



Collio Tocai Friulano 2002, Schiopetto (Italia)
Collio Tocai Friulano 2002
Schiopetto (Italia)
Uvaggio: Tocai Friulano
Prezzo: € 16,00 Punteggio: Vino eccellente nella sua categoria
Questo vino si presenta con un colore giallo paglierino brillante e sfumature di giallo paglierino, molto trasparente. Al naso denota aromi intensi, puliti, eleganti e gradevoli di mela, pera, pesca, mandorla e biancospino seguiti da piacevoli accenni di ginestra e sambuco. In bocca ha buona corrispondenza con il naso, un attacco fresco e piacevole comunque ben equilibrato, buon corpo e sapori intensi. Il finale è persistente con piacevoli ricordi di mandorla, pesca e pera. Questo Tocai Friulano fermenta in vasche d'acciaio e matura per 7-8 mesi sui lieviti.
Abbinamento: Pesce arrosto, Crostacei, Pasta e risotto con pesce, Carne bianca saltata



Blanc des Rosis 2002, Schiopetto (Italia)
Blanc des Rosis 2002
Schiopetto (Italia)
Uvaggio: Tocai Friulano (40%), Pinot Grigio (20%), Sauvignon Blanc (15%), Malvasia Istriana (15%), Ribolla Gialla (10%)
Prezzo: € 16,00 Punteggio:
Alla vista si presenta con un bel colore giallo paglierino brillante e sfumature giallo paglierino, molto trasparente. Al naso esprime aromi intensi, puliti, eleganti e gradevoli che si aprono con sensazioni di frutta come pera, pesca, mela e limone seguiti da piacevoli aromi di biancospino, ginestra, mandorla e nocciola. In bocca ha buona corrispondenza con il naso, un attacco piacevolmente fresco e comunque ben equilibrato, buon corpo e sapori intensi. Il finale è persistente con buoni e puliti ricordi di pesca, pera e mandorla. Un vino ben fatto. Blanc des Rosis fermenta in vasche d'acciaio e il 5% della Malvasia Istriana fermenta in botte.
Abbinamento: Pesce arrosto, Crostacei, Pasta e risotto con pesce, Formaggi freschi



Azienda Agricola Mario Schiopetto - Via Palazzo Arcivescovile, 1 - 34070 Capriva del Friuli (Gorizia) Tel. 0481 80332 Fax 0481 808073 - Enologo: Giorgio Schiopetto e Stefano Menotti - Anno fondazione: 1965 - Produzione: 210.000 bottiglie - E-Mail: azienda@schiopetto.it - WEB: www.schiopetto.it


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Giornale di Cantina


 Questa rubrica è riservata ai produttori di vino che intendono rendere note particolari attività produttive, annunciare nuovi prodotti o semplicemente comunicare alla clientela informazioni e promozioni sulla propria attività e i propri prodotti. Inviare le notizie da pubblicare al nostro indirizzo e-mail.

 

“Terre Alte” compie 20 anni

“Terre Alte” nel Mondo: questo il leit motiv che ha fatto da filo conduttore alla festa organizzata al Gambero Rosso Città del Gusto di Roma per celebrare i 20 anni di “Terre Alte”, uno dei vini simbolo della prestigiosa azienda vitivinicola Friulana Livio Felluga, da sempre segnalato per la sua eccezionalità dalle più autorevoli guide del settore e recentemente premiato con i 3 bicchieri Gambero Rosso Slow Food nonché con i 5 grappoli Ais. In occasione del ventennale Daniele Cernilli, Stefano Bonilli e Maurizio Felluga hanno presentato una degustazione verticale di otto tra le migliori annate del “Terre Alte”, dal '91 all'anteprima del 2002. Presenti all'avvenimento Vip, giornalisti, artisti, quali gli attori Ricky e Gian Marco Tognazzi, Simona Izzo, Andrea Pezzi, il sassofonista Amedeo Bianchi nonché il direttore del Tg5 Enrico Mentana accompagnato dalla moglie, Michela Rocca di Torrepadula. A fare gli onori di casa il patriarca Livio Felluga, fondatore dell'azienda oltre cinquant'anni fa e oggi, a 89 anni, mito e leggenda vivente dell'enologia Friulana di qualità. Accompagnavano Livio la moglie Bruna e i figli Elda (presidente della Delegazione Friulana del Movimento Turismo Vino), Maurizio, Andrea e Filippo.
Alla verticale è seguita una vera e propria gioiosa festa, nel corso della quale il pregiato vino friulano è stato esaltato da un allestimento del wine bar della Città del Gusto assolutamente inedito ideato per l'occasione da Wine Art, grazie alla creatività di Andrea Pezzi, Filippo Polidori e Giorgio Meszely. Se un'intera parete del locale era stata rivestita di preziose bottiglie di “Terre Alte”, in un'atmosfera soft ma allegra e informale creata grazie a raffinati giochi di luci, forme e suoni, un'altra fungeva da maxischermo per una rutilante serie di immagini. Tradizione e innovazione: suggestivi scorci della terra Friulana, dei vigneti, della cantina, ritratti dei Felluga sono stati abbinati ad immagini di paesi di tutto il mondo, da cui provenivano i piatti creati per l'occasione dal famoso chef napoletano Alfonso Montefusco, ideatore di Food Context, filosofia in cui lo spazio e il cibo si esaltano a vicenda. Montefusco si è ispirato alla grande versatilità del “Terre Alte” e ha preparato il “Menù dei Tre” dove lo stesso ingrediente è stato interpretato in tre differenti cotture e differenti tradizioni culinarie, esaltando l'armonia tra cucina mediterranea e forti influenze esotiche: ed ecco allora i sapori antichi d'Oriente, le avvolgenti sensazioni del Sud Pacifico, i decisi gusti Sudamericani fusi con la più autentica cucina mediterranea. Ad esaltare l'atmosfera “internazionale” della serata, la musica del Visual Dj Joey Skye e del percussionista Antonio Testa.
Fil rouge di questo giro attorno al mondo dei sapori è stato il “Terre Alte”, un vino che per la sua eleganza e struttura, grazie alle sue infinite sfumature, ben si adatta a cotture e culture culinarie anche molto differenti e distanti dalla nostra. Terre Alte è nato nel 1981 e da subito si è imposto all'attenzione degli esperti, tanto da essere considerato uno dei più prestigiosi vini bianchi italiani. L'armonico assemblaggio di uve Tocai friulano, Pinot bianco e Sauvignon, coltivate a Rosazzo, proprio negli storici vigneti delle “Terre Alte”, crea un vino elegante e ricco, dagli intensi profumi fruttati e floreali. È un vino di grande struttura che, con l'invecchiamento, acquisisce una evoluzione terziaria di notevole complessità.

O'Feo Rosso 2001 Foraci segnalato alla rassegna internazionale del vino biologico

O'Feo Rosso 2001 di Cantine Foraci (Mazara del Vallo), vino da agricoltura biologica, è stato l'unico vino Siciliano tra i segnalati della 9ª edizione della Rassegna internazionale del Vino Biologico, organizzato dalla Cooperativa Ottomarzo di Sant'Ambrogio Valpolicella (VR). O'Feo Rosso 2001 ha ottenuto quest'anno 3 premi di prestigio: una medaglia d'argento al concorso di Bruxelles, un bronzo al Japan Wine Challenge e una menzione al Vinitaly.
O'Feo Rosso 2001 IGT Sicilia, prodotto con uve Nero d'Avola e Nerello Mascalese da agricoltura biologica, è un rosso dal colore rosso rubino con nuance violacee, dal bouquet elegante e persistente con sentori di frutti rossi, dal palato vellutato e pieno. L'abbinamento ideale è con formaggi stagionati e piatti di carne. La Rassegna ha una collaborazione con Critical Wine/Terra e libertà, iniziativa nata da un'idea di Luigi Veronelli e una collaborazione con lo stilista Pierre Cardin.



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EnoGlass: il Nuovo Gioco di DiWineTasteEnoGlass: il Nuovo Gioco di DiWineTaste NotiziarioNotiziario  Sommario 
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EnoGlass: il Nuovo Gioco di DiWineTaste

Dopo EnoQuiz, il questionario sul vino, da oggi è disponibile sul nostro sito WEB EnoGlass, il nuovo gioco dedicato al vino e ai bicchieri

 Da oggi nel nostro sito WEB noterete qualcosa di diverso: nel menu di navigazione, nella posizione occupata da EnoQuiz, troverete una più generica funzione “EnoGiochi”. Niente paura, non abbiamo rimosso o eliminato EnoQuiz, lo abbiamo semplicemente collocato in una sezione più adatta ed espressamente dedicata al lato ludico del vino, dando la possibilità ai nostri lettori di imparare cose nuove e verificando le proprie conoscenze divertendosi. Il primo esperimento in questo senso è stato EnoQuiz, un questionario sulla cultura generale del vino, che ha riscosso sin dalla sua uscita un largo consenso e centinaia di visitatori lo usano ogni giorno per mettere alla prova le loro conoscenze. Il progetto di realizzare strumenti interattivi legati al vino era, e rimane, uno dei servizi che intendiamo offrire ai visitatori del nostro sito e la Guida dei Vini e EnoQuiz sono stati i nostri primi due passi.

 Per questo motivo, e nella logica dell'evoluzione dei nostri servizi, oggi vi proponiamo un nuovo gioco per mettere alla prova le vostre conoscenze relative ad un importante aspetto del servizio del vino: la scelta del calice adatto per un determinato vino. EnoGlass è il nuovo questionario interattivo disponibile nel nostro sito WEB e che trovate all'interno della nuova pagina EnoGiochi. EnoGlass propone 10 vini, scelti fra quelli presenti nella nostra guida vini, e a fianco di questi mostra alcuni calici e dai quali scegliere quello più appropriato. I vini utilizzati per EnoGlass sono tutti presenti nella Guida dei Vini consentendo quindi un ulteriore approfondimento qualora fosse necessario chiarire o studiare i vini proposti dal questionario. I vini proposti dal questionario vanno considerarsi “pronti”, cioè sono da considerarsi nell'età e nello stato relativo al momento in cui i rispettivi produttori li rilasciano sul mercato. Per questo motivo EnoGlass non indica mai a fianco dei vini il millesimo della vendemmia.


La pagina WEB di EnoGlass
La pagina WEB di EnoGlass

 Dopo avere risposto a tutte le domande del questionario, EnoGlass visualizzerà il punteggio relativo alle risposte fornite. Ogni domanda esatta farà guadagnare un punto, mentre nessun punto sarà assegnato per le risposte errate. Il punteggio massimo che si può conseguire con EnoGlass è 10. L'obiettivo di EnoGlass è quello di migliorare la conoscenza e la preparazione relativamente al servizio del vino e all'importanza del bicchiere, oltre a promuovere una migliore conoscenza dei diversi vini e le loro uve. La scelta di un bicchiere è determinata anche dalle caratteristiche organolettiche dell'uva con cui è prodotto un vino oltre al tempo di maturazione, le tecniche di vinificazione utilizzate e, talvolta, anche la zona di provenienza. Ci auguriamo che EnoGlass incontri l'interesse dei nostri lettori così come è già accaduto per EnoQuiz e, come sempre, i vostri commenti e i vostri suggerimenti sono sempre i benvenuti: sono per noi un essenziale e fondamentale contributo che ci consentono di migliorare la qualità della nostra pubblicazione, del nostro sito e dei servizi che offriamo ai nostri lettori. Buon divertimento!

 



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Notiziario


 In questa rubrica verranno pubblicate notizie e informazioni relativamente ad eventi e manifestazioni riguardanti il mondo del vino e dell'enogastronomia. Chiunque sia interessato a rendere noti avvenimenti e manifestazioni può comunicarlo alla nostra redazione al nostro indirizzo e-mail.

 

Banco di assaggio del Franciacorta a Crema

Prezioso ed elegante gemellaggio tra le bollicine di Franciacorta e la cucina Cremonese, propiziato dalla Terza edizione del Premio Associazione Italiana Sommelier, Ais, di Cremona. Le splendide sale di Villa Toscanini di Ripalta Guerina, nei pressi di Crema, sono state la cornice di un avvenimento di particolare fascino, all'insegna dell'alta cucina e del felice abbinamento della stessa al nobile Franciacorta. Inoltre, ben ventinove Aziende Franciacortine hanno dato vita ad un apprezzato Banco di Assaggio. Alla manifestazione hanno preso parte oltre 300 persone, invitate dalla Delegazione Ais di Cremona, presieduta da Delfina Piana.
La degustazione di una così ampia varietà di Franciacorta ha fatto da degno preludio alla cena e alla cerimonia di assegnazione del Premio AIS Cremona 2003, ha detto il direttore del Consorzio per la Tutela del Franciacorta, Adriano Baffelli, sottolineando che “si tratta di un riconoscimento sempre più ambito dai ristoratori della provincia di Cremona, che edizione dopo edizione assume notevole prestigio anche a livello regionale”. “Vini da tutto pasto per eccellenza, ha proseguito Adriano Baffelli, i Franciacorta si caratterizzano anche per la loro versatilità in tema di abbinamento alle diverse cucine regionali: riteniamo quindi che il matrimonio tra le bollicine Franciacortine e i piatti, classici o rielaborati, della cucina Cremonese siano destinati a essere di sicura riuscita”. Le Aziende presenti a Villa Toscanini erano: Antica Cantina Fratta, Barone Pizzini, Bonomi Tenuta Castellino, Bredasole, Ca' del Bosco, Cantine Berardi, Castel Faglia, Cavalleri, Cola Battista, Contadi Castaldi, Cornaleto, Faccoli Lorenzo, Ferghettina, Fratelli Berlucchi, Fratelli Muratori, Gatti Enrico, il Mosnel, La Boscaiola, La Montina, Le Marchesine, Lo Sparviere, Majolini, Mirabella, Monte Rossa, Monzio Compagnoni, Ricci Curbastro, Ronco Calino, Tenuta Ambrosini, Villa.
Il Premio Ais Cremona riconosce persone che hanno fatto della ricerca enogastronomica una filosofia di vita. La terza edizione, che ha registrato di numerose autorità, ad iniziare dal Prefetto di Cremona Oreste Iorino, ha premiato Gentilia e Gian Paolo Fenocchio, ristoratori dell'Aquila Nera di Cremona, e Ambrogio Saronni, presidente Amici della Cucina Cremonese.

La Rosa di Montalcino assegnata a Claudia Koll andrà in Kosovo

Si è conclusa la seconda edizione di Montalcino al Femminile raggiungendo l'obiettivo di sensibilizzare l'opinione pubblica sul tema dello sviluppo umano e trovare sostenitori per realizzare insieme progetti di solidarietà. Durante l'evento, che ha visto la partecipazione di oltre 400 persone, sono stati presentati i due progetti, entrambi dedicati alla cultura, che il Comitato Montalcino al Femminile intende realizzare nei prossimi tre anni.
A Montalcino sorgerà un centro polivalente con annessa biblioteca dell'infanzia, un luogo dove i bambini e le loro famiglie possono incontrarsi. E proprio dai bambini Montalcinesi, che hanno lavorato alla mostra di disegni dal tema “La biblioteca che vorrei”, sono arrivate le proposte più interessanti. Il secondo progetto è dedicato alle ragazze Kosovare del Centro Pilota “Qendra Sociale Edukative Don Bosko” di Pristina del VIS, alle quali verrà portata da Claudia Koll “La Rosa di Montalcino”. Per sostenere la scuola molti produttori vitivinicoli hanno donato oltre 300 esemplari del pregiato Brunello di Montalcino che saranno battuti all'asta presso la Città del Gusto di Roma da una importante casa d'aste toscana.
Durante la manifestazione, alla quale hanno partecipato tra gli altri Marco Astarita, produttore del Festival Internazionale Cartoons on the Bay; Malcolm Einaudi, presidente della Fondazione Giulio Einaudi; Maresa Magini, Assessore alla Cultura del Comune di Montalcino e Antonio Raimondi, presidente del VIS, si è discusso sul significato profondo della solidarietà e di come la formazione dei bambini e dei giovani rappresenti una soluzione per lo sviluppo umano. Parole di elogio sono arrivate anche da Massimo Ferretti, Sindaco di Montalcino, che nell'occasione ha consegnato una preziosa pergamena ala signora Koll per l'importante impegno nei confronti di milioni di persone che soffrono nel Sud del mondo e rendendosi disponibile a collaborare per realizzare il centro polivalente nella piccola cittadina toscana.
«Sono contenta di poter contribuire a questa magnifica iniziativa, mi recherò presto in Kosovo per consegnare personalmente “La Rosa di Montalcino” alle ragazze di Pristina perché bisogna sostenere le persone non solo economicamente, ma anche moralmente e questo gesto è il simbolo dell'impegno che queste signore hanno assunto nei confronti di chi vive situazioni di disagio.» Ha dichiarato Claudia Koll durante la cerimonia. «Questo appuntamento è stato importante perché ci ha permesso di conoscere la realtà di paesi lontani, bisogna che ognuno di noi faccia la sua parte, dobbiamo tutti impegnarci affinché si costruisca un futuro migliore per ogni essere umano. E siamo convinte che, proprio attraverso i bambini, questo cambiamento è possibile. La biblioteca dell'infanzia che vogliamo realizzare a Montalcino vuole essere un mattone di questa costruzione, abbiamo l'obbligo di conservare quei valori umani universali che ci appartengono come la solidarietà, l'integrazione tra i popoli, l'impegno a favore di chi è meno fortunato di noi.» - Ha sottolineato Rosalba Vitanza presidente del Comitato Montalcino al Femminile.



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  Cavatappi Numero 14, Dicembre 2003   
L'Abbinamento del Cibo con i Vini FortificatiL'Abbinamento del Cibo con i Vini Fortificati  Sommario 
Numero 13, Novembre 2003 Segui DiWineTaste su Segui DiWineTaste su TwitterNumero 15, Gennaio 2004

L'Abbinamento del Cibo con i Vini Fortificati

I vini fortificati, o liquorosi, vengono spesso considerati come prodotti da essere bevuti da soli, tuttavia offrono delle interessanti e insospettabili qualità anche nell'abbinamento con il cibo

 I vini fortificati, conosciuti anche come vini liquorosi, vengono prodotti mediante l'aggiunta di una determinata quantità di alcol, sia nel mosto in fermentazione sia nel prodotto finito, e questa pratica prende il nome di fortificazione. Questi importanti vini, dal passato glorioso e preziosi prodotti commerciali nei secoli scorsi, sono spesso dimenticati e poco considerati nel panorama enologico, forse perché i consumatori non riescono a dargli un'identità propria, divisi fra l'essere vino o l'essere liquore. Forse è l'aggiunta di alcol a non farli accettare come veri e propri vini e a fare nascere in molti il pregiudizio sulla loro identità, tuttavia la fortificazione è per questi vini un processo che contribuisce alla loro stabilizzazione e conservazione oltre a contribuire al loro equilibrio. La degustazione dei vini fortificati, o vini liquorosi, a seconda di come si preferisce chiamarli, rimane comunque uno degli esercizi più complessi, ma anche interessanti, della valutazione sensoriale e organolettica.

 Nei secoli scorsi i vini fortificati erano altamente valorizzati e considerati dalle nobiltà dei paesi Europei, e in particolare quella Inglese, che importava ingenti quantità di Porto, Madeira e Jerez, noto in Inghilterra come Sherry, e più tardi anche forti quantità di Marsala. Il consumo di questi vini era piuttosto diffuso e spesso erano compresi fra le bevande ufficiali e indispensabili degli equipaggi di navi: anche oggi, pare, sia ancora viva la tradizione della Marina Inglese di consumare a bordo il celebre Marsala. Nei secoli scorsi i vini fortificati erano consumati prevalentemente da soli, a fine pasto e durante le discussioni nei salotti dei gentiluomini, e si arrivò perfino a creare delle vere e proprie cerimonie sull'apertura delle bottiglie e il modo in cui si dovevano mescere, come nel caso del Porto in Inghilterra. La bottiglia, una volta aperta, addirittura ricorrendo anche a pinze roventi con lo scopo di spezzare il collo e senza rimuovere il fragile sughero degradato dal tempo, viene passata fra i partecipanti facendola scorrere sul tavolo e senza alzarla, in modo da non intorbidare il vino ricco di sedimenti prodotti nel corso di decine di anni di maturazione.


Due buoni compagni della tavola: Marsala e
Gorgonzola
Due buoni compagni della tavola: Marsala e Gorgonzola

 Anche oggi i vini fortificati sono in genere consumati da soli, spesso offerti come aperitivi, e soprattutto a fine pasto serviti in luogo dei distillati. Questi vini sono anche considerati come vini da meditazione, cioè vini da sorseggiare lentamente contemplando la finezza e qualità del prodotto durante momenti tranquilli e sereni. Forse il loro grado alcolico, in genere fra i 14° e i 20°, li fa probabilmente escludere dall'abbinamento con il cibo perché sono vini che vanno consumati, giustamente, in piccole quantità. L'alta gradazione alcolica non consente il tipo di rapporto che si potrebbe avere con un altro vino “normale”: il calice in cui sono generalmente serviti sono piccoli e invitano ad un consumo ridotto e oculato. Va però osservato che in questi vini l'intensità degli aromi e dei sapori è molto forte e la loro persistenza gusto-olfattiva è piacevolmente lunga, pertanto una quantità minore è sufficiente per poterli apprezzare, soprattutto con certi cibi che hanno caratteristiche organolettiche tali da coprire quelle di molti vini “normali”.

 

Vini Forti e Potenti che Scaldano l'Anima

 Fra i vini fortificati sono particolarmente famosi quelli prodotti in Spagna, Portogallo, Italia e Francia. Nonostante sia meno frequente, i vini fortificati sono prodotti anche in Australia, in Sud Africa e in altri paesi del mondo, tuttavia sono proprio quelli tipici degli storici paesi Europei a ricoprire un ruolo fondamentale nella categoria. La Spagna produce due eccellenti vini fortificati conosciuti ovunque: il Jerez, noto anche con i nomi di Sherry e Xérès, e il Málaga. Il Jerez è uno straordinario vino fortificato che grazie ai suoi diversi stili offre ampie e interessanti possibilità nell'abbinamento con il cibo. La produzione del Jerez consiste in un processo affascinante dal quale si ricavano diversi stili di vino. Le uve tipicamente utilizzate per la sua produzione sono il Palomino, impiegato per i Jerez secchi, il Pedro Ximenéz e Muscatel per i Jerez dolci o semisecchi. La produzione inizia con la vinificazione del mosto delle uve e al termine di questo processo si esegue una prima valutazione del vino in modo da scegliere il suo “futuro” più adatto, cioè se evolversi in Fino oppure in Oloroso, le due grandi categorie di Jerez. La differenza fra fino e Oloroso consiste nel modo in cui la maturazione e l'affinamento si svilupperanno con il tempo. I vini base usati per la produzione dello Jerez maturano in botti non completamente piene, in genere riempite per circa quattro quinti, e immediatamente fortificati, cioè si procede ad aggiungere alcol, fino ad ottenere una gradazione di 15° per i Jerez Fino e 18° per i Jerez Oloroso. Grazie al grado alcolico più basso, nei Jerez Fino si svilupperà un prezioso ed essenziale strato di microrganismi, lieviti della specie saccharomyces, che coprirà interamente la superficie del vino nella botte scolma, un fenomeno che non si verifica nei Jerez Oloroso a causa della maggiore quantità di alcol.


 

 Questo strato di lieviti, detto flor, protegge il vino dall'ossigeno, prevenendo quindi l'ossidazione, e la sua attività altererà le qualità organolettiche del vino conferendo un carattere complesso assolutamente unico. Nell'Oloroso, in cui non si sviluppa il flor, si verifica il fenomeno dell'ossidazione che altererà le sue qualità organolettiche, molto diverse da quelle che si sviluppano nel fino, e gli effetti di questo evento sono anche ben visibili nel colore. Il Jerez Fino ha un colore giallo paglierino, tipico dei vini bianchi, mentre i Jerez Oloroso hanno un colore ambra intenso: dallo stesso vino base e grazie ai singoli fenomeni che si sviluppano, si ottengono due prodotti molto diversi ma entrambi molto interessanti e complessi. La maturazione del Jerez viene svolta con un sistema particolare detto Solera y Criaderas (figura ), utilizzato anche per la maturazione di altri vini fortificati, come per esempio il Marsala. Il sistema consiste nel sovrapporre file di botti, ogni fila viene detta escala e contiene vino di una particolare età media, la fila più bassa e che poggia al suolo viene detta solera e contiene il vino più vecchio. Le file al di sopra della solera prendono il nome di criaderas e contengono vino di età inferiore. La fila subito sopra la solera prende il nome di 1ª criadera, quella ancora sopra prende il nome di 2ª criadera e così via fino ad arrivare alla fila più in alto che prende il nome di ultima criadera. Il sistema consiste nel prelevare una quantità di vino dalla solera, in genere non oltre un terzo della capacità delle botti, che verrà poi imbottigliato: questa operazione prende il nome di saca e viene svolta generalmente due o tre volte l'anno. La parte prelevata dalla solera viene sostituita con il vino della fila superiore, la 1ª criadera, che a sua volta è riempita con il vino della 2ª criadera, ripetendo il processo fino ad arrivare all'ultima criadera che viene riempita con vino giovane e nuovo. Queste operazioni di riempimento prendono il nome di rocio.

 Il sistema Solera y Criaderas assicura una qualità del vino costante nel tempo e si basa sul principio che il vino giovane acquisisce i caratteri del vino più vecchio quando viene propriamente miscelato. Nei Jerez prodotti con questo metodo, ma anche in altri vini fortificati, spesso si trova a fianco del termine solera il millesimo, in genere molto vecchio, e questo non ha nessun legame con l'annata del vino contenuto nella bottiglia, indica semplicemente l'anno in cui è stato avviato il sistema Solera y Criaderas. Pertanto se in una bottiglia si legge “Solera 1870”, significa che il vino contenuto è stato prelevato da una solera avviata nel 1870 e di cui, ovviamente, non si può determinare l'esatta annata proprio perché contiene vini che sono stati miscelati a partire da quell'anno. Fra i Jerez stile “Fino” troviamo la Manzanilla, prodotta a Sanlúcar de Barrameda, tipica per il suo sapore molto secco. Fra gli altri stili di Jerez vanno ricordati l'Amontillado, un Jerez Fino maturato per lungo tempo dopo la scomparsa del flor; il Medium, un amontillado più dolce; il Palo Cortado, l'Oloroso e il Cream, più dolce rispetto agli altri due; il Pedro Ximenéz, dolce e denso, prodotto con l'omonima uva appassite al sole; e infine il Pale Cream, un Jerez Fino dolce. Gli Jerez sono generalmente secchi, tuttavia sono piuttosto celebri anche quelli dolci grazie all'aggiunta di vini prodotti con uve Pedro Ximenéz e Muscatel. Ad est di Jerez si produce l'altro famoso fortificato di Spagna: il Málaga. Prodotto nella città omonima, questo vino utilizza in genere le tecniche del Jerez e le uve che lo compongono sono Pedro Ximenéz, Muscatel e Airèn. Il Málaga è prodotto sia secco sia dolce, in cui la dolcezza è ottenuta aggiungendo mosto cotto.

 Anche il Portogallo produce due vini fortificati famosi: il Porto e il Madeira. La produzione del Porto consiste nell'interrompere il processo di fermentazione del mosto aggiungendo alcol. Esistono due tipi di Porto: il bianco, prodotto esclusivamente da uve a bacca bianca fra cui la Malvasia Bianca e il Verdelho, e il rosso, prodotto da uve a bacca rossa, fra cui la Tinta Roriz, Touriga Francesa e Touriga Nacional. Il Porto bianco è un vino leggero e aromatico prodotto sia secco sia dolce. Fra i Porto rossi più “semplici” troviamo il Ruby, un vino giovane con evidenti ricordi di frutta fresca, e il Tawny, generalmente maturato in botte per circa 3 anni e che assume un colore tendente all'arancio per effetto dell'ossidazione. I Porto di qualità superiore sono caratterizzati da periodi di maturazione piuttosto lunghi. Il Reserve è un Porto con un tempo di maturazione medio di 7 anni, tuttavia i tempi di maturazione possono essere anche molto più lunghi: per i Tawny di qualità possono arrivare anche a 40 anni e oltre. Fra i Porto più ricercati vanno certamente ricordati i Vintage, vini millesimati espressamente creati per dare il meglio di sé dopo un paziente e lungo periodo di maturazione in bottiglia, spesso decine di anni. Di particolare interesse anche i Late Bottled Vintage (LBV), generalmente maturati in botte per circa 5 anni, e i Crusted Port, prodotti dall'unione di diverse annate e successivamente maturati in botte per circa 4 anni. L'isola di Madeira è famosa per l'eccellente e omonimo vino fortificato che si differenzia dagli altri per il metodo in cui viene prodotto. Questo vino deve le sue eccellenti qualità grazie al metodo estufagem, un processo che consiste nello scaldare il vino per un minimo di 90 giorni, oltre agli effetti dell'ossidazione. In Francia i cosiddetti Vin Doux Naturel sono prodotti mediante la fortificazione del mosto in fermentazione con lo scopo di interrompere questo processo e mantenendo quindi lo zucchero. Celebri sono i Vin Doux Naturel del Languedoc-Roussillon prodotti con uva Moscato Bianco, come ad esempio il Muscat de Frontignan e il Muscat de Rivesaltes, e il Banyuls, un vino rosso prodotto principalmente con uva Grenache Noir nella zona dei Pirenei, che può essere sia secco sia dolce.


Il metodo \emph{``Solera y Criaderas''
Il metodo “Solera y Criaderas”

 In Italia il vino fortificato più rappresentativo è il celebre Marsala. La produzione dei vini a Marsala risale a tempi molto antichi, tuttavia la sua notorietà crebbe verso la fine del 1700 quando un commerciante inglese, John Woodhouse, rimase sorpreso da quel vino e decise di esportarlo nella sua patria. Con lo scopo di fare meglio sopportare al vino i rischi di un lungo viaggio nella stiva della nave, decise di aggiungere alcol, forse memore di ciò che veniva fatto per i vini fortificati Spagnoli e Portoghesi, tanto famosi e apprezzati in Inghilterra. Il successo fu enorme e Woodhouse iniziò a produrre il Marsala e a esportarlo nel Regno Unito. Sulla scia del successo si unirono altri produttori che nel corso del tempo hanno contribuito a migliorare questo grande vino e che anche oggi meriterebbe ben altra considerazione. Il Marsala è un vino fortificato bianco prodotto con uve Grillo, Inzolia, Catarratto e Damaschino, tuttavia esiste anche nella versione rosso prodotto con uve Pignatello, Nero d'Avola e Nerello Mascalese. La produzione del Marsala consiste nella fortificazione di un vino base, bianco o rosso, al quale può essere aggiunto, a seconda dei tipi, mosto concentrato, mosto mutizzato, cioè mosto reso infermentescibile con aggiunta di alcol, o mosto cotto. I Marsala si dividono nelle seguenti categorie: Marsala Ambra, Marsala Oro e Marsala Rubino. Il Marsala Ambra è prodotto aggiungendo mosto cotto al vino base, il Marsala Oro è prodotto unicamente con uve a bacca bianca ed è vietato l'uso del mosto cotto, mentre il Marsala Rubino è prodotto con uve a bacca rossa ed è vietato l'uso del mosto cotto. La fortificazione dei Marsala Oro e Rubino viene fatta aggiungendo acquavite di vino affinata per 5 anni in botte anziché alcol. I Marsala si classificano come: Marsala Fine, con maturazione non inferiore ad un anno; Marsala Superiore, con maturazione non inferiore a due anni; Marsala Superiore Riserva, con maturazione non inferiore a quattro anni; Marsala Vergine e/o Soleras, con maturazione non inferiore ai cinque anni; Marsala Vergine Stravecchio o Riserva, con maturazione non inferiore ai dieci anni. La denominazione Vergine deriva dal modo in cui viene preparato questo tipo di vino. Il Marsala Vergine è ottenuto unicamente dalla fortificazione del vino base con alcol o acquavite ed è fatto divieto di aggiungere gli altri componenti permessi negli altri tipi, come il mosto cotto o il mosto concentrato. Il Marsala è talvolta affinato con il metodo Solera y Criaderas (figura ) e in tal caso riporta in etichetta la dicitura “soleras”. Infine, il Marsala è prodotto nelle versioni secco, semisecco e dolce, a seconda della quantità di mosto cotto o mosto concentrato aggiunto al vino base. Considerando il modo in cui viene prodotto il Marsala Vergine, ritenuto il più pregiato fra i Marsala, questo può esistere unicamente nella versione secco.

 

L'Abbinamento dei Vini Fortificati

 I vini fortificati sono generalmente degustati soli senza l'abbinamento di cibi, tuttavia questi straordinari vini risultano essere molto versatili e adatti all'abbinamento enogastronomico. Prima di valutare le caratteristiche utili all'abbinamento con il cibo, è opportuno considerare il modo in cui dovrebbero essere serviti. Il calice generalmente utilizzato ha una dimensione piccola proprio per favorire il servizio in quantità ridotte. I produttori dei vari vini fortificati hanno proposto forme e dimensioni diverse per i loro vini, come nel caso del Jerez, tradizionalmente servito nella copita, che ricorda nella forma il calice da degustazione ISO, una scelta che esalta certamente la finezza e la ricchezza aromatica di questi vini. Se non si dispone di copite o di calici piccoli da vini fortificati, la scelta migliore è certamente il calice da degustazione ISO. La temperatura nei vini fortificati è, come per quelli passiti e muffati, piuttosto ampia, generalmente fra i 10° e i 18° C, tuttavia c'è anche chi sostiene che questi vini andrebbero serviti molto più freddi, anche a 6° C. Le considerazioni sulla temperatura rimangono le stesse: temperature alte accentuano l'alcol, la dolcezza e gli aromi, temperature basse le attenuano mentre accentuano l'astringenza. Un vino fortificato molto alcolico e dolce può essere quindi servito ad una temperatura più bassa, facendo attenzione a non penalizzare troppo gli aromi.

 L'abbinamento con il cibo dei vini fortificati deve considerare innanzitutto le qualità del vino. I fortificati hanno un grado alcolico generalmente compreso fra i 15° e i 22°, pertanto la loro azione di contrasto sulla succulenza e il potere di detergere l'untuosità dei cibi sarà piuttosto evidente. L'alcol attenua inoltre la percezione relativa della dolcezza, quindi un fortificato dolce apparirà meno dolce di quanto sia in realtà, e i due componenti uniti contribuiscono alla morbidezza complessiva del vino. Anche l'acidità sarà valutata attentamente: nonostante l'alcol svolgerà una netta funzione di equilibrio abbassando la percezione relativa dell'acidità, questa sensazione è comunque una caratteristica dei vini bianchi. Infine l'astringenza, soprattutto nei vini fortificati rossi, aumentata dagli effetti della maturazione in botte, è una caratteristica che troviamo molto frequentemente anche nei fortificati bianchi. I vini fortificati dolci sono eccellenti compagni per la pasticceria, soprattutto per i dolci a pasta compatta e arricchiti con ingredienti complessi, come la frutta secca e le confetture di frutta. Grazie all'apprezzabile morbidezza e dolcezza, unitamente all'alcol e all'acidità, questi vini sono magnifici compagni per i formaggi stagionati, in particolare per quelli a pasta erborinata, come il Gorgonzola o il Roquefort, celebri sono gli stupendi abbinamenti fatti con il Marsala Superiore Riserva e il Gorgonzola, così come il Porto e lo Stilton.

 L'abbinamento dei vini fortificati con il cibo è generalmente destinato a pasticceria e formaggi, in realtà, se si valutano attentamente le loro caratteristiche organolettiche, in particolare la dolcezza, si possono realizzare interessanti e straordinari abbinamenti anche con altri e insospettabili cibi. Questa ipotesi è testimoniata dalla lunga tradizione Spagnola di abbinare i Jerez secchi con le gustose “tapas”, le celebri preparazioni culinarie offerte negli aperitivi o come antipasti. I vini fortificati secchi ben si accompagnano alle più svariate preparazioni di carne e di pesce, ma anche di pasta e riso, così come la selvaggina. In questo caso specifico è bene scegliere vini fortificati secchi o semisecchi con adeguata gradazione alcolica, molto vasta in questi vini, che in genere varia fra i 15° e i 22°. Un esempio può essere fatto con il Jerez Fino o la Manzanilla, in genere meno alcolici, molto versatili nell'abbinamento con il cibo, perfetti con il pesce, in particolare i crostacei ma anche con gli affettati. I ricchi Jerez Oloroso o Palo Cortado sono, per esempio, ben abbinabili con le carni rosse e la selvaggina. Le stesse considerazioni possono essere fatte anche per i Marsala secchi e il Marsala Vergine. I vini fortificati dolci sono ottimi compagni per la pasticceria e con i formaggi, stagionati o erborinati, e nel caso in cui la gradazione alcolica sia sufficientemente alta, fra i 18°-22° gradi, si possono ben accompagnare con il cioccolato, cibo complesso e notoriamente poco abbinabile con il vino. A titolo di esempio si può provare un Jerez Pedro Ximenéz, un Porto o un Marsala Superiore Dolce con il cioccolato fondente o con una torta a base di cioccolato.

 




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  Non Solo Vino Numero 14, Dicembre 2003   
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Numero 13, Novembre 2003 Segui DiWineTaste su Segui DiWineTaste su TwitterNumero 15, Gennaio 2004

La Mozzarella

Tipico formaggio dell'Italia meridionale, viene classificato come formaggio a pasta filata di consistenza molle. È uno dei formaggi più famosi, reso ancora più famoso da molte preparazioni culinarie e soprattutto dalla pizza

 Il termine “mozzarella” deriva dal verbo “mozzare” e descrive l'operazione, eseguita ancora oggi, di tagliare con le mani la pasta filata stringendola tra il dito pollice e l'indice, detta appunto “mozzatura”.

 

La Storia

 La mozzarella ha una storia antichissima e un'origine incerta. La storia di questo formaggio è strettamente legata alla comparsa del bufalo in Campania, nell'Italia meridionale, che alcuni fanno risalire al sesto secolo, altri ritengono sia stato introdotto in Italia da Annibale. Tornando indietro nel tempo si trovano notizie certe da uno storico della Chiesa Metropolitana di Capua, Monsignore Alicandri. In un suo lavoro cita un documento in cui si legge che presso il Monastero di S. Lorenzo in Capua - siamo nel XII secolo - i frati offrivano come ristoro ai pellegrini un pezzo di pane e una mozza o provatura. Lo scritto recita testualmente: “…una mozza o provatura con un pezzetto di pane era la prestazione che i monaci del monastero di S. Lorenzo in Capua davano in agnitionem dominii al Capitolo Metropolitano il quale ogni anno, per antica tradizione, nella quarta fiera delle legazioni, recavasi processionalmente in quella Chiesa…”. Il termine “mozzarella” è strettamente legato alla locuzione “mozza” che non è altro che la provatura, ovvero la provola, come si può intuire nel testo citato di Monsignore Alicandri.


 

 Curiosando tra i contratti per l'appalto del prodotto della “Reale Industria della Pagliara delle bufale”, era disposto che la mozzarella doveva restare nella salsa 24 ore mentre la provola 48. Sembra sempre più evidente che la mozzarella era un sottoprodotto della preparazione della provola, sottoprodotto non per qualità, ma per la sua evidente difficoltà nel mantenere la freschezza durante il trasporto, condizione indispensabile per la mozzarella. Al contrario la provola veniva affumicata in modo da poterla conservare più a lungo. La mozzarella dunque doveva essere un prodotto usato nell'ambito familiare dei produttori o ad un mercato ristretto di palati raffinati.

 Il termine “mozzarella” lo troviamo nel XVI secolo, e precisamente nel 1570, citato in un libro di cucina scritto da Bartolomeo Scappi, cuoco presso la corte papale dove specialità d'ogni parte d'Europa erano sempre presenti. Il testo cita “…capo di latte, butirro fresco, ricotte fiorite, mozzarelle fresche et neve di latte…”. Anche se dal 1500 si sente parlare di mozzarelle ed altri formaggi, non sembra che questi prodotti fossero ampiamente diffusi, infatti da documenti dell'epoca si parla di provature affumicate e fresche. Solo più tardi si verificherà un episodio fondamentale e che farà aumentare la diffusione della mozzarella. Grazie ad un impianto d'allevamento di bufale e di trasformazione del latte nella Tenuta Reale, meglio conosciuta con “Reggia di Carditello”, la mozzarella comincia ad acquistare notorietà e diffusione. Compare nel mercato verso il 1720 per poi diffondersi fino diventare conosciuta a partire dal 1780.

 Con l'Unità d'Italia si crea ad Aversa un mercato all'ingrosso delle mozzarelle e di altri formaggi dove l'incontro tra la domanda e l'offerta stabiliscono e guidano i prezzi che verranno poi applicati. La mozzarella ha sempre legato le sue radici alla bufala, inizialmente utilizzata come animale da lavoro, ma poi divenuta preziosa per la produzione del latte. Dal 1600 si inizia ad avere notizia delle “bufalare”: costruzioni in muratura di forma circolare dove si lavorava il latte di bufala producendo caciocavalli, burro, ricotta e, naturalmente, mozzarella. All'inizio la mozzarella, vista la sua deperibilità, era destinata ad un mercato prevalentemente locale.

 

La Produzione della Mozzarella

 Tecnicamente si definisce mozzarella un formaggio fresco, a pasta molle, cruda e filata a sfoglie sovrapposte dalla crosta sottilissima. Oggi viene prodotta in forme tondeggianti di diverse dimensioni, bocconcini, pani o trecce.

 La prima fase della lavorazione della mozzarella parte dal latte, filtrato per togliere tutte le impurità e pastorizzato per eliminare gli eventuali germi patogeni, quindi viene fatto coagulare mediante l'aggiunta di caglio di vitello. Successivamente il composto viene scaldato alla temperatura ottimale di 34-38° C. Anticamente si aggiungeva latte bollente ma oggi viene riscaldato mediante getti di vapore. Il tempo necessario per la coagulazione del latte è di circa trenta minuti e talvolta si può arrivare anche ad un'ora. La massa che costituisce la cagliata viene quindi spezzata in parti piuttosto grandi e posta a riposare. L'operazione seguente consiste nella rottura della cagliata, utilizzando bastoni alla cui estremità è fissato un disco di legno oppure utilizzando un attrezzo metallico, fino ad ottenere dei frammenti dalle dimensioni di 3-6 centimetri. Questa operazione, apparentemente semplice, viene eseguita con molta cura ed attenzione dagli operatori, anche perché durante la rottura viene generalmente persa una piccola quantità di grasso (circa l'1%) nel siero.


La Mozzarella: un formaggio apprezzato
dalla cucina Italiana
La Mozzarella: un formaggio apprezzato dalla cucina Italiana

 Dopo la rottura la cagliata viene lasciata acidificare sotto siero. Questa fase della lavorazione è fondamentale per la qualità del prodotto finale e la durata dell'acidificazione rappresenta un fattore che darà un contributo importante alle caratteristiche della mozzarella. La cagliata si pone, a questo punto, su un tavolo a spurgare e a maturare per circa 20-30 minuti. Generalmente nel Sud dell'Italia è preferita una mozzarella dal sapore acidulo, più adatta per il periodo invernale. Il giusto grado di maturazione della mozzarella viene determinato nel seguente modo: si prendono circa 100 grammi di pasta matura, viene fatta fondere in acqua calda e fatta filare con l'ausilio di un bastoncino. Se si allunga in filamenti di almeno un metro e senza spezzarsi, la mozzarella si può considerare “pronta”. Questa operazione, apparentemente semplice, richiede in realtà l'esperienza e l'abilità del casaro competente per potere superare questa fase critica della lavorazione. Una cagliata immatura o surmatura produrrà una mozzarella di bassa consistenza e ad un abbassamento nella resa della lavorazione. Il siero rimanente dalla lavorazione, ricco di proteine, sarà utilizzato per la produzione della ricotta.

 La fase di lavorazione successiva prende il nome di “filatura” ed è la fase che incide maggiormente sulla consistenza della mozzarella. Nella lavorazione tradizionale quest'operazione viene eseguita ancora manualmente e consiste nel tagliare a fette sottili la cagliata, inserirla in un tino di legno e, con l'aggiunta di acqua bollente ad 80 gradi, viene fatta fondere. Utilizzando strumenti tradizionali, una ciotola ed un bastone di legno, la cagliata viene sollevata e tirata fino ad ottenere un impasto omogeneo dall'aspetto lucido, lasciando drenare il siero in eccesso. Proprio da questo tipo di processo deriva la classificazione della mozzarella come formaggio a pasta “filata”. Si procede quindi con la “formatura”, cioè con l'operazione che determinerà la porzionatura della pasta. Sono necessarie due persone per poter manipolare, con gesti sapienti e ricchi di esperienza, nonché per “mozzare” la pasta stringendola tra il dito pollice e l'indice, isolando i pezzi della grandezza desiderata per poi immergerli in acqua fredda. In questa fase nascono le varie forme di mozzarelle, tra cui la caratteristica forma di treccia, foggiate attorcigliando tre segmenti di pasta. Nei caseifici artigianali questa fase viene fatta ancora manualmente, in quelli industriali saranno appositi macchinari a svolgere questo lavoro.

 L'ultima fase della preparazione consiste nella salatura immergendo le forme di mozzarella in una soluzione salina al 10-18%. La durata dell'operazione varia da caseificio a caseificio e dipende dalla concentrazione della salamoia e dalla pezzatura. La salatura può essere fatta anche durante il processo di filatura. Durante questa fase il sale penetra nella parte superficiale della mozzarella, per poi diffondersi uniformemente fino all'interno durante la permanenza nel liquido di governo. Questo liquido serve a conservare la mozzarella fino al consumo finale ed è costituito tradizionalmente da acqua di filatura, sale e siero acido diluito, tuttavia può essere sostituita con acqua salata e acido citrico e/o acido lattico. Quest'ultimo liquido viene ritenuto più idoneo poiché consente di prolungare la vita della mozzarella.

 

La Conservazione

 Il periodo di conservazione di una mozzarella dipende dalla qualità della materia prima e dalla lavorazione. Generalmente si conserva immersa nel liquido di governo per 3 o 4 giorni ad una temperatura di circa 10-15°C senza perdere le sue caratteristiche. Dopo tale periodo il prodotto inizia a perdere consistenza, la parte esterna comincia a sfaldarsi, perde la sua caratteristica struttura a sfoglie e comincia ad avere una consistenza più “burrosa”, di conseguenza va consumata cotta. Nel caso in cui viene conservata in frigo, per meglio apprezzare le sue caratteristiche si consiglia di tenerla a temperatura ambiente per almeno mezz'ora, poi immergerla per cinque minuti in acqua calda a 35-40° C, tuttavia essendo un prodotto fresco è consigliabile consumarla nel minore tempo possibile. Al contrario, se deve essere cucinata è buona regola toglierla dal liquido di governo e lasciarla in frigo per alcune ore cosi che possa separarsi dal liquido in eccesso e guadagnare in consistenza.

 

Tipi di Mozzarella

 Le principali differenze derivano dal latte con cui si produce la mozzarella. La differenza principale tra il latte di bufala ed il latte vaccino è data dal contenuto di grasso e proteine, caratteristiche fondamentali per l'industria casearia. Normalmente nel latte di bufala sono più concentrati alcuni ceppi di lattobacilli, responsabili della differenza di sapore e di aroma e, a quanto pare, influirebbero anche sull'acidificazione della cagliata. Il fior di latte è un termine moderno, nella lingua napoletana non esiste la distinzione “mozzarella fior di latte” ma solo il termine generico mozzarella, senza alcuna distinzione. Il termine fior di latte pare abbia avuto origine in Toscana. In accordo alle leggi di tutela sulla produzione di questo formaggio, la mozzarella viene classificata come segue:

 

  • Mozzarella di bufala Campana - La commissione Europea ha creato un logo che consente di identificare i prodotti alimentari previsti dal sistema di tutela, meglio noto come DOP, ovvero Denominazione di Origine Protetta. Questo garantisce che le caratteristiche del prodotto sono legate strettamente all'ambiente geografico da cui proviene. La mozzarella di bufala Campana ha ottenuto il riconoscimento del marchio DOP per effetto del regolamento CEE n. 1107 del 12 giugno 1996. Per ambiente geografico non si intende solo la zona geografica, ma anche il clima, il suolo, i fattori umani e le tradizioni locali. La mozzarella di bufala Campana DOP è un formaggio derivato da latte intero di bufala e regolamentato dal disciplinare contenuto nel DPR 28/9/1979. Per meglio tutelare e valorizzare in tutto il mondo la mozzarella è nato il “Consorzio per la tutela del formaggio mozzarella di bufala Campana”. Il consorzio si preoccupa di promuovere, valorizzare, assistere le aziende produttrici, salvaguardare la tipicità e le caratteristiche peculiari, nonché vigilare sulla produzione e sul commercio affinché venga sempre rispettata la normativa di tutela. La mozzarella di bufala Campana deve essere prodotta esclusivamente con latte di bufala, munto da animali che vivono nelle zone previste della Campania e del basso Lazio, e prodotta nella stessa zona. È l'unica che può fregiarsi del logo giallo/blu e del logo con la testa di bufala
  • Mozzarella di latte di bufala - Si tratta di mozzarelle che derivano da latte di bufale non campane o del basso Lazio, o comunque secondo un procedimento non conforme al disciplinare
  • Mozzarella con latte di bufala - Si tratta di una denominazione molto rara, ma possibile, secondo la normativa. In questo caso dovrebbe essere nota la percentuale di latte di bufala utilizzato nella produzione, in caso contrario si intende che il latte di bufala sia anche l'ingrediente principale
  • Mozzarella tradizionale - Viene prodotta con latte di vacca. Questo marchio garantisce che il ciclo di lavorazione rispetta l'attestazione di specificità dell'Unione Europea. La confezione deve riportare la scritta “Specialità tradizionale garantita”
  • Mozzarella o fior di latte - Prodotto ottenuto con le stesse modalità delle precedenti utilizzando come base il latte vaccino. Esistono due varianti la “magra”, con una quantità di grasso inferiore al 20%, e “leggera”, contenente grasso in misura del 20-35%

 






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Posizione Vino, Produttore
1 Franciacorta Cuvée Annamaria Clementi 1996, Ca' del Bosco (Italia)
2 Colli Bolognesi Pignoletto Superiore “Prova d'Autore” 2001, Bonfiglio (Italia)
3 Fumé Blanc Napa Valley 2001, Grgich Hills (USA)
4 Masseto 1998, Tenuta dell'Ornellaia (Italia)
5 Alto Adige Gewürztraminer Kolbenhof 2002, Hofstätter (Italia)
6 Château Laroque Saint-Émilion Grand Cru Classè 1998 (Francia)
7 Teroldego Rotaliano Granato 1998, Foradori (Italia)
8 Capo di Stato 1998, Conte Loredan Gasparin (Italia)
9 Margaux 2000, Ségla (Francia)
10 Sauvignon Blanc 2000, Cakebread (USA)
11 Barolo Brunate 1999, Enzo Boglietti (Italia)
12 Shiraz 2000, Plantaganet (Australia)
13 Turriga 1998, Argiolas (Italia)
14 Syrah Winemaker's Lot Vic 3, Concha y Toro (Cile)
15 Sauvignon Blanc Reserve Marlborough 2002, Kaituna Hills (Nuova Zelanda)

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