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  Editoriale Numero 31, Giugno 2005   
Vino e Tappo: Un Argomento ComplessoVino e Tappo: Un Argomento Complesso La Posta dei LettoriLa Posta dei Lettori  Sommario 
Numero 30, Maggio 2005 Segui DiWineTaste su Segui DiWineTaste su TwitterNumero 32, Estate 2005

Vino e Tappo: Un Argomento Complesso


 Sembrerebbe difficile da credere, eppure nel mondo del vino quel piccolo elemento che si mette in cima alla bottiglia - e che ha la funzione di chiuderla - assume un'importanza fondamentale e strategica, non da ultimo, anche culturale e tradizionale. Quante discussioni si sviluppano intorno a un semplice cilindretto di sughero - o di altro materiale - spesso mettendo in secondo piano ciò che dovrebbe essere più importante e che dovrebbe essere considerato indipendentemente dal tipo di sigillo che si appone in una bottiglia. Eppure, anche se non ce ne rendiamo conto, quel sigillo condiziona spesso la nostra predisposizione verso quel vino che dovrebbe proteggere dalle insidie esterne: se il tappo soddisfa le aspettative del consumatore, allora si è maggiormente disposti a considerare di maggiore qualità il vino contenuto nella bottiglia. Possibile che un piccolo cilindretto di sughero o di altro materiale - il tappo - sia capace di influire in maniera così importante sul pregiudizio e sull'accettabilità di un vino?

 Secondo il parere di molti consumatori, sembrerebbe che il tappo svolga un ruolo importante nell'accettabilità di un vino, secondo i produttori, il suo ruolo sarebbe invece meno importante. Cercando di essere obiettivi, senza lasciarsi condizionare da fattori culturali e pregiudiziali, crediamo abbiano ragione i produttori. Non crediamo sia sufficiente chiudere una bottiglia con un tappo di sughero di elevata qualità per rendere migliore un vino. In altre parole, non è il tappo che fa il vino. Di sicuro il tappo assume un'importanza fondamentale in quei vini destinati a lunghi periodi di affinamento in bottiglia in cui l'essenziale scambio d'aria fra l'interno della bottiglia e l'esterno è assicurato dalle caratteristiche del sughero naturale. Questo non è così importante in quei vini destinati a un consumo più immediato, poiché l'affinamento in bottiglia, non solo è sconsigliato, ma peggiora anche le qualità organolettiche del vino. Inoltre, nei casi in cui questo è possibile, è sempre meglio vedere una bottiglia con un buon tappo sintetico che con un cattivo tappo di sughero.


 

 Dal punto di vista di un produttore, è assolutamente essenziale che un vino giunga nel calice dei consumatori esattamente nel modo in cui esce dalla cantina, con tutte le sue qualità organolettiche integre e inalterate. In questo senso, non è certamente il tappo l'unico fattore che consente di raggiungere questo obiettivo: un'errata temperatura di servizio, scelta del calice inappropriato, cattiva conservazione del vino, sono elementi parimenti importanti che svolgono ruoli fondamentali sull'apprezzamento di un vino. Anche il tappo, ovviamente. Basta infatti che il tappo sia difettoso, sia perché danneggiato dagli effetti del tricloroanisolo - noto anche come TCA o odore di tappo - sia a causa di una cattiva tenuta ermetica, il vino, anche nelle più opportune condizioni di servizio e conservazione, non esprime più le sue migliori qualità. Se è vero che i consumatori hanno accettato senza problemi l'introduzione delle più innovative tecnologie nella produzione di vini - riconoscendo inoltre il loro ruolo fondamentale e determinante nella produzione di vini di qualità - il progresso tecnologico dei tappi sembra avere una minore accettabilità.

 Se prendiamo in considerazione i dati statistici che sono oramai noti a chiunque, il 4-5% delle bottiglie di vino è danneggiato dagli effetti dell'inquinamento del tricloroanisolo nei tappi di sughero, con la conseguenza del noto e disgustoso odore di tappo. A queste cifre va inoltre aggiunto circa un 10% di vini che, a causa di una scarsa tenuta ermetica dei tappi di sughero, si ossida prematuramente danneggiando quindi il vino. Se consideriamo queste cifre, le perdite derivate da fattori accidentali a causa dei tappi non sono irrilevanti. Questo significa che in una produzione di 100.000 bottiglie, si verifica una perdita di oltre 10.000 bottiglie di vino. Queste perdite, innegabilmente, si riflettono anche sui prezzi di vendita del vino: è fin troppo evidente che queste perdite per i produttori significano un aumento dei costi. Le soluzioni proposte a questo genere di problemi includono gli oramai noti tappi sintetici - non ancora pienamente accettati dai consumatori - oltre alla più recente novità dei tappi a vite, da tempo usati per i vini ordinari di largo consumo, per le bevande gassate e le acque minerali.

 Se è vero che i tappi sintetici soffrono ancora di una forte resistenza da parte dei consumatori, per la maggioranza di questi, i tappi a vite sono addirittura inaccettabili. I risultati degli studi condotti sull'argomento assicurano che questo tipo di tappi consentono di conservare la freschezza e l'integrità degli aromi e dei sapori dei vini in cui sono usati: un fattore che dovrebbe garantire la loro accettabilità e preferenza. Tuttavia è anche innegabile che la maggiore tenuta ermetica di questi tappi accelerano i processi di riduzione, tanto che in soli 18 mesi le qualità del vino sono seriamente compromesse. Quest'ultima considerazione consiglierebbe quindi di non usare i tappi sintetici o a vite nei vini destinati all'affinamento in bottiglia. Questo lo sanno anche i produttori che - infatti - utilizzano i tappi sintetici e a vite esclusivamente nei loro vini destinati a un consumo immediato, come i bianchi, i rosati e i rossi giovani. Non è solamente una questione economica: è innegabile che è nell'interesse primario del produttore assicurare ai propri prodotti le migliori condizioni di consumo possibili. Questo dovrebbe essere anche l'interesse dei consumatori.

 Eppure il tappo è ancora una questione complessa e delicata, tanto da irritare i consumatori quando vedono una bottiglia chiusa con un tappo sintetico. Una questione così sensibile tanto da fare pensare che il vino nella bottiglia sia meno importante e che è proprio il tappo ciò che si versa nei calici. D'accordo, è una questione legata alla tradizione e alla cultura. Ma ha proprio senso - in onore della tradizione - consentire il danneggiamento di un vino quando questo può essere evitato? È pure vero che un tappo a vite priva il consumatore di quell'appagante cerimonia dell'apertura della bottiglia fatta di cavatappi e premure: un semplice e rapido gesto e il vino è pronto per essere versato nel calice. Tuttavia questa è una barriera culturale difficile da abbattere. Nonostante gli sforzi dei produttori nel fare accettare questi tappi, molti consumatori hanno ancora il pregiudizio che i tappi sintetici e a vite sono usati nei vini di minore qualità. Un cambiamento culturale difficile da attuare, a meno che i consumatori non prestino maggiore attenzione a quello che hanno nei propri calici anziché a quello che vedono in una bottiglia. In fin dei conti, l'attenzione verso il tappo è limitata unicamente all'apertura della bottiglia: il piacere dell'apprezzamento di vino ha una durata decisamente superiore, indipendentemente se il tappo è di sughero o sintetico.

 



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La Posta dei Lettori


 In questa rubrica vengono pubblicate le lettere dei lettori. Se avete commenti o domande da fare, esprimere le vostre opinioni, inviate le vostre lettere alla redazione oppure utilizzare l'apposito modulo disponibile nel nostro sito.

 

Vi faccio i miei complimenti per la vostra interessante pubblicazione, sempre ricca di cose nuove da imparare per noi appassionati di vino. Spesso sento parlare di “vini a tutto pasto” e personalmente credo sia difficile trovare un vino così versatile da essere abbinato a tutte le pietanze di un pasto. Mi piacerebbe conoscere la vostra opinione in merito e, se possibile, sapere i tipi di vino che meglio si adattano a questo scopo.
Annamaria Gregori -- Bologna (Italia)
In effetti la definizione di vino a tutto pasto è piuttosto vaga e spesso anche inopportuna. Se prendiamo, per esempio, un pasto in cui sono serviti una minestra e un arrosto, è piuttosto difficile trovare un vino che riesca a soddisfare i requisiti oggettivi di abbinabilità per entrambi i cibi. Se per la minestra si potrebbe scegliere un vino bianco oppure un rosato, difficilmente questo vino sarà abbinabile all'arrosto, salvo alcuni casi in cui si tratti di carne bianca. Lo stesso problema si pone qualora si scegliesse un vino rosso di buon corpo per l'arrosto con la conseguenza di penalizzare la minestra che sarebbe coperta dalla personalità del vino. In realtà con il termine vino a tutto pasto si intende un vino adatto a un pasto non eccessivamente elaborato o comunque composto da pietanze piuttosto simili per natura o per preparazione. Molto più spesso con questo termine si indica un vino capace di soddisfare, seppure con le dovute eccezioni e compromessi, le necessità dei normali pasti consumati quotidianamente. Seguendo il celebre detto In Medio Stat Virtus, probabilmente i vini a tutto pasto più indicati potrebbero essere i rosati: più robusti dei vini bianchi e meno corposi dei vini rossi, pertanto più adatti a questo tipo di compromesso poiché generalmente offrono buona freschezza, buona aromaticità e una “sufficiente” struttura.



Ho letto nel vostro mensile che i distillati non dovrebbero essere serviti nei calici balloon perché esaltano troppo l'alcol. Inoltre ho letto che anche la pratica di scaldare il distillato con una fiamma sarebbe da evitare. Visto che queste due abitudini non sono consigliabili, perché si continua a servire i distillati in questo modo? Complimenti per la vostra pubblicazione.
Philip Baker -- Chicago, Illinois (USA)
Servire un distillato in un calice balloon significa, in primo luogo, esaltare eccessivamente la qualità volatile ed eterea dell'alcol penalizzando invece lo sviluppo di tutti gli altri aromi. L'alcol è una sostanza altamente volatile e non ha certamente bisogno di quantità elevate di ossigeno per potersi esprimere. Scaldare il distillato con una fiamma prima del suo consumo, potrebbe fare sviluppare aromi e sapori di bruciato a causa dell'alta temperatura. Inoltre, scaldare un distillato con una fiamma favorisce l'esaltazione eccessiva del carattere etereo dell'alcol con il risultato di rendere pungente il distillato durante la valutazione degli aromi: una condizione che può anche provocare fastidio e una reazione dolorosa. Il motivo per il quale i distillati sono spesso serviti in questo modo è da ricercarsi nella tradizione e in quelle abitudini oramai consolidate e comunemente accettate. Grazie anche alla migliorata tecnica della distillazione e della maturazione, generalmente i distillati possiedono oggi una maggiore finezza e una migliore qualità organolettica, tanto da richiedere l'uso di bicchieri più modesti nelle dimensioni e capaci di esaltare i tratti eleganti e raffinati degli aromi. Se si considera il moderno calice da Cognac - dalla forma a tulipano e di dimensioni ridotte - si comprende come la degustazione di questo distillato si sia evoluta nel tempo. Infatti il classico calice balloon era in passato tradizionalmente associato al Cognac e rappresentava una regola indiscutibile per il suo servizio. Oggi gli intenditori evitano questo tipo di calice preferendo invece il più adatto calice a tulipano.



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