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  Cavatappi Numero 50, Marzo 2007   
Fare il Vino: Dopo la FermentazioneFare il Vino: Dopo la Fermentazione  Sommario 
Numero 49, Febbraio 2007 Segui DiWineTaste su Segui DiWineTaste su TwitterNumero 51, Aprile 2007

Fare il Vino: Dopo la Fermentazione

Al termine della fermentazione alcolica, è giunto ora il momento di procedere con la svinatura e si prepara il vino per l'indispensabile viaggio della maturazione

 La fermentazione alcolica - o fermentazione primaria - è un processo essenziale che consente di trasformare il mosto in vino. Al termine della fermentazione, nonostante quello che si ottiene può essere già definito “vino”, la nostra bevanda ha ancora bisogno di ulteriori procedure prima di potere essere pienamente apprezzata. Al termine della fermentazione è necessario eseguire alcuni controlli sulla stabilità del vino e sull'assenza di eventuali difetti, così da prepararlo nelle migliori condizioni possibili alla fase successiva: la maturazione. Nella produzione di vino, ogni operazione ricopre un ruolo fondamentale e importante, e la maggioranza dei difetti che si ritrovano in un vino dipendono largamente dalle fasi che seguono la fermentazione alcolica, in particolare nella produzione casalinga. Le alterazioni e le malattie che possono colpire un vino durante la maturazione sono infatti diverse, sarà pertanto opportuno adottare specifiche precauzioni così da non danneggiare il lavoro fin qui svolto.

 

Durante la Fermentazione dei Vini Rossi


La botte è il contenitore più utilizzato per
la maturazione dei vini rossi
La botte è il contenitore più utilizzato per la maturazione dei vini rossi

 La fermentazione dei vini rossi richiede una maggiore cura rispetto a quella dei vini bianchi. Le bucce lasciate in macerazione con il vino, per effetto dell'anidride carbonica che si sviluppa durante la fermentazione, tendono a muoversi verso l'alto galleggiando letteralmente sulla superficie. Una volta raggiunta la superficie - e quindi in contatto con l'aria - le bucce costituiscono un serio fattore di rischio per la sanità del vino e per lo svolgimento della fermentazione. A contatto con l'aria le bucce tendono a seccarsi e, ancor peggio, si possono sviluppare fenomeni di acescenza e componenti negativi, come la muffa, danneggiando quindi il vino. Per questo motivo è di fondamentale importanza che le bucce siano sempre immerse completamente nel vino, mantenendole costantemente bagnate ed evitando il contatto con l'ossigeno. Per ovviare a questo inconveniente, sarà necessario provvedere periodicamente - due o tre volte al giorno, a intervalli regolari e per tutto il periodo delle fermentazione - all'utile operazione della “follatura”, che consiste nell'affondare le bucce nel vino per mezzo di un bastone o di un altro utensile utile allo scopo. Questa operazione assicura una migliore estrazione delle sostanze coloranti e dei polifenoli dalle bucce, favorendo inoltre l'ossigenazione dei lieviti, rendendoli quindi più attivi.

 Le sostanze estratte durante la macerazione delle bucce nel mosto, sono essenziali per il colore del vino e, in particolare, l'estrazione delle sostanze polifenoliche - i tannini - conferiscono al vino un'adeguata struttura. La quantità di sostanze estratte dalle bucce dipende dal tipo di uva, dalla temperatura e dal tempo di macerazione, pertanto si farà attenzione, durante la fermentazione, di controllare la quantità di colore e di polifenoli, così da separare le bucce in tempo opportuno. Quando si sarà raggiunta la quantità di colore e di polifenoli desiderata per il proprio vino - anche prima del termine della fermentazione alcolica - si provvederà a separare le bucce dal vino. Le bucce saranno quindi pigiate con un torchio e il vino ottenuto sarà aggiunto alla massa in fermentazione. Si ricorda che questa operazione è svolta quando il vino raggiunge la quantità desiderata di colore e di sostanze polifenoliche, una condizione che può verificarsi anche al termine della fermentazione alcolica oppure durante il suo svolgimento.

 

Dopo la Fermentazione

 La fermentazione alcolica è giunta al termine e il tumultuoso gorgogliare del vino ha raggiunto oramai la sua quiete, un po' come il mare dopo la tempesta. Nonostante l'apparenza suggerisca che il processo di fermentazione sia concluso, in realtà il tumulto è ora sostituito da altri fenomeni fermentativi, parimenti importanti, esattamente come la fermentazione primaria. Il vino è una bevanda “viva”, pertanto in continua evoluzione e in continuo cambiamento. Prima di potere assaggiare il risultato del nostro lavoro, sarà necessario eseguire altre e indispensabili operazioni, delle quali la prima è la cosiddetta “svinatura”, cioè la separazione del vino dalle parti solide che si sono depositate durante la fermentazione. Queste parti solide, composte dai residui dei lieviti e dalle sostanze solide presenti nel mosto, vanno separate dopo la fermentazione alcolica così da evitare la loro degradazione con il conseguente rischio di danneggiare la stabilità e la sanità del nostro vino.


 

 Quando la fermentazione alcolica diminuisce visibilmente la sua attività tumultuosa, le parti solide cominciano a depositarsi sul fondo ed è pertanto giunto il momento di procedere con la svinatura. In genere si procede con la svinatura quando nel vino sono rimasti circa 1-2% di zuccheri - che saranno successivamente fermentati durante la cosiddetta “fermentazione lenta” - tuttavia il momento della svinatura è scelto in funzione del tipo di vino da produrre. I vini giovani, destinati al consumo immediato e fatti macerare per quattro o cinque giorni nelle bucce, si svinano prima del termine della fermentazione, quando nel vino sono ancora presenti circa 3-5% di zuccheri non fermentati. Per i vini rossi di qualità - comunque destinati a un consumo immediato - e i vini prodotti con uve surmature, si preferisce eseguire la svinatura al termine della fermentazione alcolica, cioè quando non si rileva più la presenza di zuccheri residui. I vini destinati alla lunga maturazione o comunque i vini robusti e strutturati, si svinano solitamente dopo alcuni giorni dal termine della fermentazione, consentendo al vino di macerare ulteriormente con le bucce - nel caso dei vini rossi - e con le fecce, conferendo quindi una maggiore struttura.

 Durante la fermentazione si possono produrre aromi sgradevoli - come quello di idrogeno solforato, tipicamente associato all'odore di “uova marce” - pertanto è sempre consigliabile eseguire la svinatura “a contatto con l'aria”, favorendo quindi una decisa ossigenazione. L'ossigenazione del vino svolta durante la svinatura sarà inoltre utile alla “riattivazione” dei lieviti, favorendo quindi la cosiddetta “fermentazione lenta”, cioè la fermentazione degli zuccheri residui e che si svolge nei giorni successivi alla svinatura. Per eseguire la svinatura sarà sufficiente disporre di un tubo flessibile in gomma, con il quale si trasferirà il vino dal contenitore di fermentazione a quello di conservazione e maturazione, evitando di trasferire le parti solide e le fecce. Durante il travaso, per effetto del contatto con l'aria, parte dell'anidride solforosa volatile si dissolverà e - nonostante questa sia sostituita dall'anidride solforosa combinata - la quantità di SO2 totale contenuta nel vino diminuirà, aumentando quindi i rischi di degradazione e di ossidazione.

 Per questo motivo, al termine della svinatura è sempre consigliabile aggiungere una piccola quantità di anidride solforosa - da 4 a 6 grammi di metabisolfito di potassio ogni 100 litri di vino - così da reintegrare quella persa. Nel caso in cui gli odori sgradevoli fossero ancora presenti dopo la svinatura, è consigliabile procedere con un ulteriore travaso - sempre a contatto con l'aria - così da favorire la dispersione dei cattivi odori. Prima di procedere con la svinatura - e prima di ogni travaso - è sempre opportuno controllare la stabilità e la resistenza del vino, così da potere adottare le eventuali prevenzioni. Il sistema più semplice che si può utilizzare nella produzione casalinga del vino è la cosiddetta “prova dell'aria”, che consiste di lasciare un piccolo campione di vino esposto all'aria, lasciandolo cioè esposto agli effetti di una condizione critica. Sarà sufficiente versare il vino da esaminare in un bicchiere - metà bicchiere è sufficiente - e lo si lascia per uno o due giorni all'aria a temperatura ambiente.

 Dopo uno o due giorni si osserva e si valuta il vino: nel caso in cui il colore non è cambiato, non si osservano fenomeni di intorbidimento e il gusto non è svanito, allora il vino ha ottime qualità di stabilità ed è resistente, pertanto si può procedere con la svinatura - o con il travaso - senza particolari rischi. Nel caso in cui il colore del vino sia cambiato o intorbidito, perdendo la sua limpidezza, allora si tratta di un vino affetto da “casse ossidasica”. In questo caso è opportuno rimandare il travaso e aggiungere al vino 10-20 grammi di metabisolfito di potassio per ogni 100 litri a seconda dell'intensità del difetto, e ripetere la prova dell'aria dopo due o tre giorni. Se nel vino si notano ancora delle alterazioni, sarà opportuno ripetere il trattamento a dosi dimezzate e ripetere la prova dell'aria fino a quando il vino non sarà stabile. In questo caso sarà opportuno eseguire la svinatura con il minore contatto con l'aria possibile - salvo i casi in cui nel vino siano presenti cattivi odori - poiché un contatto eccessivo con l'aria potrebbe causare alterazioni piuttosto importanti.

 

Scelta dei Contenitori

 Il tipo di contenitori utilizzati per la fermentazione, per la conservazione e la maturazione del vino, ricoprono un ruolo fondamentale. In accordo al tipo di vino da produrre, nelle diverse fasi di vinificazione si utilizzeranno infatti tipi di contenitori diversi, dove il volume e il materiale di costruzione svolgeranno un ruolo importante. Altro punto essenziale relativamente ai contenitori impiegati nella vinificazione è l'igiene. È di fondamentale importanza che tutti i contenitori, prima di essere utilizzati, offrano condizioni igieniche tali da non alterare negativamente le qualità organolettiche vino, la sua stabilità e sanità. I contenitori utilizzati in enologia si dividono in due categorie: contenitori inerti e contenitori porosi, costruiti in legno. I contenitori inerti - come le vasche d'acciaio, di cemento e i contenitori di vetro - non alterano le qualità organolettiche del vino poiché non consentono lo scambio di aria con l'esterno, una caratteristica che è invece tipica dei contenitori porosi, come le botti, barrique e tini.

 Tutti i tipi di contenitori sono adatti alla fermentazione del vino, mentre solo alcuni di questi possono essere utilizzati per la conservazione e la maturazione del vino. Per la fermentazione alcolica dei vini bianchi si preferiscono in genere i contenitori inerti, mentre per i vini rossi si possono utilizzare sia i contenitori inerti sia botti o tini in legno. La fermentazione in botte o in tino - che può essere utilizzata anche per i vini bianchi - a causa del calore e dell'attività fermentativa, favorisce l'estrazione dei tannini e dei componenti aromatici del legno, che saranno quindi ceduti al vino. La quantità di componenti estratti dal legno dipende anche dall'età della botte e dal numero di volte che è stata utilizzata: più le botti sono nuove e maggiore sarà la quantità di componenti estratta. Con il tempo e con l'uso, le botti, le barrique e i contenitori in legno influiscono sempre meno sulle qualità organolettiche del vino. Per questo motivo nella produzione commerciale di vino si tendono a sostituire completamente - o a destinare ad altri usi - le botti e i contenitori in legno ogni due-quattro anni.

 Ogni tipo di contenitore offre dei vantaggi e degli svantaggi che saranno considerati al momento della scelta in funzione del tipo di vino da produrre. I contenitori di legno - botti, barrique e tini - oltre ad assicurare l'essenziale scambio d'aria con l'esterno, fattore indispensabile per la maturazione dei vini, conferiscono le proprie qualità organolettiche al vino e assicurano un maggiore isolamento ai cambiamenti di temperatura. Un ottimo isolamento ai cambiamenti di temperatura è offerto anche dalle vasche di cemento, che hanno inoltre il vantaggio di essere poco costose e di essere costruire secondo le esigenze di spazio della cantina, tuttavia non consentono lo scambio d'aria con l'esterno e sono pertanto consigliate per i vini da consumarsi giovani o comunque entro due o tre anni dalla produzione. Le vasche d'acciaio sono più costose, offrono ottime condizioni igieniche, tuttavia risentono dei cambiamenti di temperatura e per questo necessitano di sistemi di termoregolazione. I contenitori di vetroresina, molto diffusi nella produzione casalinga, offrono il vantaggio di essere economici, tuttavia risentono - seppure in quantità minore - dei cambiamenti di temperatura. Per le piccole quantità si possono utilizzare le damigiane di vetro, sia per la fermentazione, sia per la conservazione.

 Prima di potere essere utilizzati, i contenitori vanno accuratamente lavati così da assicurare una buona condizione igienica. Le vasche di cemento, che devono essere rivestite all'interno di materiale inerte, si lavano con una soluzione di acqua bollente con il 2% di soda. Le botti di vetroresina e le vasche d'acciaio si lavano con acqua bollente. In tutti i casi si provvederà alla rimozione degli eventuali depositi di tartrati. Le botti di legno nuove, mai usate o con doghe rifatte, si lavano con una soluzione di acqua bollente e soda al 5%, quindi vanno accuratamente risciacquate, fatte asciugare e si provvede a bruciare all'interno uno o due dischi di zolfo, a seconda del volume. Le botti già utilizzate, si puliscono con una spazzola dalle eventuali incrostazioni di tartrati, quindi lavate con una soluzione d'acqua e metabisolfito di potassio al 10%. Quindi si sciacqua accuratamente e si provvede a bruciare dei dischetti di zolfo, come già descritto. Se le botti sono rimaste vuote per lungo tempo, prima di utilizzarle è necessario verificare la perfetta tenuta. Si riempono completamente con una soluzione di acqua e metabisolfito di potassio al 10%: in questo modo si consente alle doghe di gonfiarsi e di stagnare le eventuali perdite. Trascorsi alcuni giorni, si svuota la botte e si usano gli stessi trattamenti previsti per le botti già utilizzate.

 




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