Negli ultimi mesi si è spesso parlato, suo malgrado, di un'uva italiana che -
secondo le rigide e spesso illogiche regole della burocrazia - era destinata a
scomparire dal panorama enologico, almeno nel suo nome. Parliamo,
ovviamente, del Tocai Friulano, la gloriosa uva del Friuli Venezia Giulia da
diversi mesi al centro dell'attenzione a causa di una diatriba giudiziaria
con il mondo enologico ungherese. Il finale della storia è noto a tutti. Il 12
maggio 2005, la Corte Europea stabilì che dopo il 31 marzo 2007 - come stabilito
nel 1993 in un accordo fra l'Ungheria e l'Unione Europea - era fatto divieto di
utilizzare la dicitura Tocai per alcuni vini italiani e, ovviamente,
europei. La perdita d'identità per il Tocai Friulano, un'uva e un vino così
chiamati e riconosciuti da secoli non solo in Italia, è certamente evidente. Per
molti aspetti, è un po' come ricominciare a scrivere da capo un'intera storia
con conseguenze non solo dal punto di vista dell'immagine, ma anche da quello
commerciale.
Dopo le pressoché infinite discussioni che sono emerse a seguito della decisione
della Corte Europea, molte sono state le manifestazioni a supporto della nobile
uva italiana, compresa la celebrazione - in chiave goliardica, ben s'intende -
del presunto funerale del Tocai Friulano. In tutto questo tempo, tante sono
state le proposte per ottemperare alla decisione della Corte Europea - di fatto,
cambiare il nome dell'uva - e molte sono state le alternative per procedere al
nuovo battesimo della gloriosa uva friulana. Molti furono i nomi proposti e
i più probabili furono Toccai (da notare, scritto con due c, in onore
del omonimo torrente che scorre nella regione e dal quale si suppone derivi il
nome dell'uva), Tai Friulano (Tai significa bicchiere nella lingua
locale) e Friulano, il nome che alla fine sembrava essere il vincitore.
Tutti erano quindi pronti a celebrare il battesimo del Friulano - con la
sua prima vendemmia del 2007 - quando, improvvisamente, arriva il colpo di scena
degno dei più avvincenti racconti.
La burocrazia, si sa, è sempre piena di regole spesso in contrapposizione fra
loro: quando una legge stabilisce qualcosa, molto spesso ci si accorge che
un'altra la smentisce in tutto o in parte. Proprio quando tutto era pronto per
iniziare la vendemmia e a dare il benvenuto al Friulano 2007, lasciando alle
spalle il Tocai Friulano, qualcuno continua a lavorare sulla tutela del nome
della gloriosa uva bianca. Prima del 31 marzo 2007, c'era chi aveva fatto notare
che l'accordo del 1993 sul quale si basa la sentenza della Corte Europea, era di
fatto sostituito dall'accordo TRIPS firmato nell'ambito WTO (World Trade
Organization) nel 1994 a Marrakech. Il paragrafo 6 dell'articolo 24 di questo
accordo attribuisce infatti agli stati firmatari la facoltà di riconoscere le
omonimie tra i vini nazionali e le denominazioni geografiche di altri stati.
Questa facoltà è concessa anche alle regioni, poiché competenti esclusive in
materia di agricoltura nei rapporti internazionali e con l'Unione Europea, anche
nei casi di eventuale contrasto con le norme dello Stato.
Lo scorso 25 settembre, non senza polemiche e pareri contrari, il Consiglio
della regione Friuli Venezia Giulia, avvalendosi di quanto stabilito
dall'accordo TRIPS, ha approvato una legge a testo unico che prolunga la
vita del Tocai Friulano. Nel testo della nuova legge 235 è infatti stabilito
che «Ai sensi dell'art. 117 quinto comma della Costituzione, in attuazione
dell'art. 24 par. 6 dell'Accordo relativo agli aspetti dei diritti di proprietà
intellettuale attinenti al commercio (Accordo TRIPS), ratificato in Italia con
legge 29 dicembre 1994, n. 747, la denominazione Tocai Friulano, patrimonio
della vitivinicoltura regionale ormai da secoli, può continuare ad essere
utilizzata dai produttori vitivinicoli della Regione Friuli Venezia Giulia,
anche dopo il 31 marzo 2007, per designare il vino, derivante dall'omonimo
vitigno, che viene commercializzato all'interno del territorio italiano.»
Secondo il testo di questa legge il Tocai Friulano sarebbe quindi salvo
solamente in Italia ma non negli altri paesi, poiché è espressamente stabilito
che la celebre e storica uva del Friuli Venezia Giulia potrà essere chiamata in
questo modo solamente nella natia patria. Una soluzione che - alla fine -
potrebbe accontentare tutti, probabilmente anche gli stessi viticoltori locali
poiché la maggioranza del vino Tocai Friulano è commercializzato in Italia.
Anche se questa legge sembrerebbe riaccendere delle speranze per il
mantenimento del nome e della storia del Tocai Friulano - nel solo territorio
italiano - molti sono i pareri scettici sull'efficacia di questo provvedimento.
Nonostante la maggioranza abbia approvato questa legge, alcuni sostengono che
questa legge regionale non sarà accolta in sede Europea e che pertanto non
servirà a molto per salvare le sorti del Tocai Friulano, anche se limitatamente
al mercato italiano.
Certamente la storia e la tradizione della celebre uva del Friuli Venezia Giulia
sono valori che si devono tutelare anche nel rispetto di un nome che da sempre
ha identificato l'uva e il vino con il loro territorio. Ma è anche vero che un
provvedimento di questo genere può essere causa di confusione, poiché lo stesso
vino sarebbe commercializzato, conosciuto e riconosciuto in Italia con il suo
storico nome Tocai Friulano, mentre la produzione destinata ai mercati
esteri sarebbe contraddistinta da un nome diverso, presumibilmente Friulano.
Nonostante i lodevoli sforzi delle istituzioni Friulane, forse un provvedimento
di questo tipo potrebbe favorire unicamente la confusione sulla reale identità
del Tocai Friulano. E poi resta sempre l'incognita di come la Commissione
Europea accoglierà la legge emanata dalla regione Friuli Venezia Giulia. La
partita è stata certamente riaperta e forse avrà bisogno ancora di altri colpi
di scena prima di potere scrivere la parola fine. Non resta che augurarsi un
lieto fine.
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