In questi giorni sono state diffuse due notizie che, a modo loro, fanno
riflettere. La prima è che i giovani preferirebbero vini semplici, freschi e
socializzanti, più diretti e con meno legno. La seconda è che il vino novello,
sia in Italia sia in Francia, sta registrando notevoli riduzioni di vendite e di
produzione, a causa di un drastico calo di richieste. Le due notizie, fanno
riflettere poiché, confrontando la prima con la seconda, sembrerebbero
contrastanti. È chiaro che non intendo mettere in discussione o dubitare della
veridicità delle due notizie - la prima frutto di un'inchiesta, la seconda frutto
di un dato di fatto - ma è bizzarro come i due aspetti si contraddicano a
vicenda. I giovani chiedono vini semplici, immediati, freschi, con meno legno
e, guarda il caso, il vino novello è uno di quei vini che maggiormente soddisfa
questi requisiti. E come si spiega, quindi, che il novello abbia perso gran
parte del suo successo, considerando, inoltre, che il suo prezzo varia in genere
dai 5 ai 10 euro, spesso anche meno, cioè un prezzo allettante per i giovani che
vivono - come tutti - tempi di crisi economica e precarietà?
Iniziamo dal novello. Questo stile di vino nasce nell'AOC Beaujolais, in
Francia, nella quale denominazione è previsto il cosiddetto Beaujolais
Nouveau, cioè il Beaujolais Nuovo. In questa zona l'uva Gamay è regina dei
vigneti, più precisamente, il Gamay Noir à Jus Blanc, da non confondere
con il Gamay Teinturier. Proprio con quest'uva si produce il vino
nuovo destinato a un pronto consumo e notoriamente posto in vendita il terzo
giovedì di novembre, al grido di Le Beaujolais est arrivé! (Il Beaujolais
è arrivato). Questo stile di vino - che in Italia prende il nome di novello
- è prodotto con una tecnica enologica specifica, detta macerazione carbonica,
che consente la produzione di vino in tempi piuttosto rapidi. Grazie alla
particolare tecnica - le uve sono poste in contenitori a tenuta stagna nei quali
si sviluppa naturalmente una saturazione di anidride carbonica - consente di
produrre vini dalla spiccata aromaticità di frutta, vini semplici, freschi e
immediati, proprio quello stile di vino che sembrerebbe essere così gradito ai
giovani. Un vino socializzante, senza dubbio: in Italia, per esempio, il novello
ha praticamente sostituito l'usanza consumare il vino ancora in fermentazione
con le caldarroste nelle spensierate sere fra amici.
Il vino novello ha visto il suo massimo splendore negli anni 1990 e nei primi
anni 2000, con picchi di produzione che hanno raggiunto anche 18 milioni di
bottiglie. A quei tempi era piuttosto difficile trovare una cantina che non
producesse novello - vino che assicurava un discreto profitto sul bilancio
annuale - mentre oggi il numero di produttori è decisamente ridimensionato.
Secondo le stime, nel 2012 in Italia sono state prodotte appena 4 milioni di
bottiglie, meno di un quarto rispetto al 2002. A nulla è valso l'aiuto e le
agevolazioni che sono state introdotte con un apposito decreto ministeriale che
- di fatto - ha semplificato la produzione di questo vino, compresa la
variazione della data dalla quale di può iniziare la commercializzazione. Com'è
noto, in Italia il novello poteva essere posto in vendita dalla mezzanotte del 6
novembre: con il nuovo decreto la vendita è stata - e sarà - anticipata al 30
ottobre. Certamente innegabile che negli ultimi anni la vendemmia è fortemente
anticipata rispetto al passato, pertanto anche il novello è pronto in
anticipo rispetto al passato. Di certo, anticipare la vendita, significa anche
anticipare il profitto. Un buon aiuto che, in questi tempi, è
provvidenziale.
L'indagine sul vino e i giovani, che non metto di certo in dubbio, è stata
condotta dal professor Gabriele Micozzi dell'Università Politecnica delle
Marche, sembrerebbe mettere in discussione, o meglio, non giustificherebbe il
calo delle vendite del novello. Secondo questa indagine, la maggioranza dei
giovani, di età compresa fra 18 e 35 anni, vorrebbe un vino più fresco,
immediato, semplice, spiritoso, senza legno e socializzante. Fra i vini che,
secondo i giovani, rientrano in questi criteri, troviamo Prosecco, Lambrusco,
Chianti, Montepulciano d'Abruzzo e i vini prodotti con le uve Sangiovese,
Chardonnay e Moscato. Ma non il novello. Il vino segue delle mode - e questa non
è una scoperta - e certamente il novello è stata una grande moda e, nonostante
abbia molte delle qualità apprezzate dai giovani, non rientra nelle loro
preferenze. Segno della crisi o segno che si è esagerato in qualche modo? Oppure
segno che i produttori di vini e uve oggi apparentemente apprezzate dai giovani,
sono stati capaci di conquistare gli interessi dei giovani in modo più efficace
rispetto a quelli che producono novello? Eppure molti di questi, producono anche
il novello.
Altro aspetto che emerge da questa indagine, è il fatto che i giovani
sembrerebbero gradire poco l'intermediazione di esperti del vino, colpevoli
- a quanto pare - di avere reso il vino difficile e poco comprensibile,
preferendo un approccio decisamente più semplice. Anche questo fa molto
riflettere. Sarà forse il segno di tempi fin troppo leggeri, nei quali la
gente preferisce riflettere poco - o per niente - lasciando ad altri la fatica
di pensare e scegliere al posto loro. Questo lo ritengo pericoloso, molto
pericoloso. Per anni abbiamo raccontato e sostenuto l'importanza di tutti quegli
elementi fondamentali ed essenziali per la produzione di vino di qualità, di
espressioni territoriali uniche e irripetibili. Ogni vino è diverso da ogni
altro. Ogni bottiglia è diversa da qualunque altra. Se non si ha la volontà e la
curiosità di comprendere questi importanti aspetti, significa che il futuro sarà
molto agevolato per tutti quei produttori - in maggioranza di fattura
squisitamente industriale - che potranno offrire vini semplici, freschi,
diretti, senza complicazioni e spiritosi, ma di dubbia qualità. Una pericolosa
strada verso il ritorno dell'omologazione, un periodo già visto e rivisto, non
solo per il vino.
Non sto sostenendo che il vino debba essere difficile e per pochi, perché
anche questo è parimenti pericoloso, molto pericoloso oltre che sciocco. Il vino
è cultura, espressione di tradizioni profonde e solide, è la bevanda sulla quale
è cresciuta la nostra civiltà, un patrimonio di inestimabile valore, storia e
significato. Sempre in accordo a questa indagine, i giovani preferirebbero che
siano a vignaioli a parlare del loro vino. Giusto, giustissimo, ineccepibile. Ma
è bene fare attenzione: essere vignaioli non significa necessariamente fare vino
o fare vino di qualità. Non tutti i vignaioli, in quanto tali e comunque
encomiabili, sanno fare vino buono e genuino. Le storie sono belle e
affascinanti, ma a volte nascondono insidie. Cari giovani, non permettete che vi
usino per soddisfare interessi per i quali non riceverete nessun beneficio.
Quando vi accostate a un vino, fatelo con consapevolezza e responsabilità: non
solo evitando il deplorevole eccesso della quantità, ma soprattutto per
l'apprezzamento della qualità e della cultura che il vino esprime. Perché
spetterà a voi prendere in mano il testimone e continuare la storia del vino
verso il futuro - che è vostro - ricordando che, se mancate di rispetto al vino,
il vino non vi rispetterà. Se lo tratterete con superficialità, anche il vino vi
tratterà con superficialità. E lo stesso faranno certi produttori senza
scrupoli, pronti a produrre vini semplici e freschi - come piacciono a voi - ma
non proprio salubri. Avvicinatevi al calice e ascoltatelo, sempre. Andate oltre
l'apparenza di chi sa infiocchettare una bella storia speculando sulle
emozioni e sui sentimenti e puntate alla sostanza. La vostra. Che è solo
vostra e che nessuno ha il diritto di calpestarla. E questo dipende solo da voi.
Antonello Biancalana
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