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  Editoriale Numero 217, Maggio 2022   
E Se il Vino Dovesse Cambiare?E Se il Vino Dovesse Cambiare?  Sommario 
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E Se il Vino Dovesse Cambiare?


 Nulla è per sempre. Il tempo scorre, le cose cambiano – e con queste, anche le vicende e le abitudini degli umani – spesso costrette all'adattamento delle nuove condizioni e necessità. Il cambiamento, inoltre, è spesso indispensabile per garantire che tutto resti come prima. Qualcosa che, notoriamente, fu suggerito anche nel magnifico capolavoro “Il Gattopardo” di Giuseppe Tomasi di Lampedusa: «Se vogliamo che tutto rimanga com'è, bisogna che tutto cambi». In fin dei conti, chi teme il futuro, quindi il cambiamento, è condannato a rimpiangere il passato, temendo il presente, escluso dal tempo che sarà. Tuttavia, chi si concede al futuro cancellando l'esperienza del passato e il frutto del presente, è inevitabilmente condannato alla disgraziata sciagura della ripetizione dei propri errori – senza mai comprendere le cause – prigioniero di una fallimentare regressione priva di ogni speranza. Poi, è anche vero che la storia non insegna nulla agli uomini – oppure ben poco – con effetti ignobili e deplorevoli per il futuro, accecati solo dalla propria inutile arroganza e la presunzione di credere che il futuro debba essere necessariamente la ripetizione ostinata degli errori del passato.


 

 Repetiva iuvant, (le cose ripetute, aiutano) recita un celebre adagio latino, tuttavia, a ben guardare l'ostinata ripetizione di certe cose nel futuro, non sembrerebbe giovare granché, anzi. Poi, è anche vero che, in certi casi, le azioni e gli accadimenti del futuro – anche quelli assolutamente nuovi e inediti – risultano essere fallimentari e per nulla convenienti, costringendo, per così dire, a tornare indietro e ricominciare dal passato, forti dell'esperienza acquisita dagli errori appena commessi, possibilmente evitando di ripeterli. Il vino, evidentemente, non è immune alle vicende che si susseguono nel corso del tempo, dal confrontarsi con il suo passato, compreso guardare al futuro. Non da meno, tornare al passato e restare ancorati a quell'era, quello stile, indiscutibilmente eletto come futuro del vino, semplicemente perpetuando tempi e modi che sono tutto meno che progresso. Questo accade non solo per il vino, soprattutto in quei paesi – come l'Italia – così fortemente ancorati al passato e alle proprie tradizioni, spesso sacre, perfino inviolabili e immutabili, forse anche per la paura di affrontare il futuro, il proprio futuro.

 In questi tempi, così bizzarri, così lontanamente inimmaginabili solamente tre anni fa, il vino – dopo avere conseguito, almeno in Italia, un risultato clamoroso in termini economici e di mercato – si appresta ad affrontare il futuro prossimo con qualche difficoltà e incertezza. Non solo quelle che si stanno determinando per le nuove condizioni economiche a livello globale, ma anche – e soprattutto – per la situazione che si sta creando nella produzione e reperibilità delle materie prime. A preoccupare maggiormente in questo momento i produttori, è la scarsa disponibilità di bottiglie, materiale fondamentale per la commercializzazione del vino. Senza la bottiglia di vetro, il vino resta nei recipienti di conservazione e maturazione, impossibilitato nel lasciare la cantina con destinazione i calici dei consumatori. Si tratta – evidentemente – di un ostacolo non esattamente semplice, viste le implicazioni che questo comporta nell'intero comparto vitivinicolo e, più in generale, in qualunque settore produttivo che necessita del vetro e della bottiglia come elementi indispensabili.

 Le bottiglie disponibili sul mercato – intese come materiale di base, quindi vuote – o sono state acquistate nei mesi scorsi e in cospicui lotti da grandi cantine con disponibilità economiche e capacità di trattativa enormi, oppure, quelle disponibili, sono vendute a prezzi elevati. Nella seconda ipotesi, qualora il produttore riuscisse ad acquistarle – sia per opportunità, sia per disponibilità economica – questo si traduce direttamente in un aumento dei costi di produzione, quindi del prezzo di vendita finale. Il problema, inoltre, non è solamente il vetro per le bottiglie, ma anche le altre materie prime e servizi che – nel loro insieme – consentono al produttore di “finire” il proprio prodotto e venderlo. Tuttavia, in accordo a quanto è stato dichiarato dai produttori in diverse occasioni recenti, sarebbe proprio la difficoltà a reperire le bottiglie di vetro a rendere critica la commercializzazione del vino.

 E se la soluzione più semplice fosse quella di sostituire il vetro con altro materiale, magari in questo momento più facile da reperire e che, condizione primaria, garantisca la buona conservazione del vino fino a quando non è versato nel calice? Già mi immagino, in verità, la reazione perplessa e forse anche sdegnata di molti nel pensare di versare il vino nei propri calici da qualcosa di diverso che non sia una bottiglia di vetro. Si tratta – immagino per molti – di un cambiamento anche di tipo culturale e non solo legato all'inamovibile sacralità della tradizione, perché così è sempre stato e non si deve cambiare. Eppure, prima che si “inventasse” il vetro, il vino si commercializzava e si spediva dovunque trasportandolo in recipienti prodotti con i materiali disponibili del tempo. Sì, certo, il vetro è un eccellente materiale in questo senso, decisamente migliore – per esempio – delle anfore di terracotta che si utilizzavano agli albori delle civiltà occidentali. Ma cosa fare, però, se le bottiglie di vetro non sono così facilmente reperibili? Si smette di produrre e commercializzare il vino?

 Che poi, a dirla tutta, un cambiamento “culturale” di questo tipo l'abbiamo già visto e, in molti si ricorderanno, suscitò non poche polemiche, compreso lo sdegno di molti, gridando allo scandalo e ponendosi come irriducibili baluardi a difesa della tradizione e del “perché così si è sempre fatto, così deve essere per sempre”. Mi riferisco alla questione dei tappi, quando iniziarono a essere impiegati quelli prodotti con materiali sintetici, così come in vetro oppure a vite. All'inizio – e lo ricordo fin troppo bene – fu un putiferio esagerato, poi, con il passare del tempo, la novità è stata accettata e oggi pochissimi fanno caso al fatto che, aprendo una bottiglia, si ritrovino nelle mani un tappo sintetico oppure a vite. Non solo: questa novità ha consentito un notevole risparmio nei costi, destinando l'impiego dei migliori sugheri ai vini che veramente lo richiedono e per i quali – almeno per il momento – è insostituibile. Un cambiamento che, nonostante abbia sfidato la sacra tradizione, oggi è un fatto accettato. Del resto, cos'è la tradizione se non un evento di successo e che, come tale, si perpetua nel tempo? E quanti eventi del passato non sono diventati parte della tradizione proprio perché si sono rivelati fallimentari?

 Sono consapevole il suggerimento di sostituire la bottiglia di vetro con un altro recipiente e costruito con un materiale diverso è una provocazione, certamente fastidiosa per molti. Vi rassicuro: sostituire la bottiglia di vetro con altro contenitore non è così semplice. Innanzitutto, sarebbe necessario cambiare tutti i disciplinari di produzione dei vini a denominazione poiché la bottiglia di vetro è espressamente indicata come requisito stabilito per legge. E i disciplinari di produzione dei vini sono leggi dello Stato Italiano a tutti gli effetti. Vista la situazione attuale, per la quale è difficile – in questo momento – prevedere quando si assisterà a una ripresa, probabilmente è necessario pensare ad alternative funzionali. Sicuramente la bottiglia di vetro – esattamente come per il sughero naturale – risulta essere indispensabile, quindi insostituibile, per determinati stili vini, come per esempio quelli destinati al lungo affinamento. I vini da consumare dopo pochi mesi o anni dalla produzione, sicuramente possono essere commercializzati in contenitori diversi dal vetro, probabilmente anche più economici. Tutto cambia: è solo questione di tempo e di adattamento. Esattamente come per i tappi di “non sughero”, prima o poi anche le bottiglie di “non vetro” diventeranno consuete e accettate. Questione di tempo e, forse, non saranno nemmeno bottiglie. In fin dei conti, ciò che rende un vino buono e apprezzabile è quello che versiamo nel calice, esattamente in quel momento in cui ci dimentichiamo della bottiglia di vetro o qualsiasi altra cosa essa sia.

Antonello Biancalana



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