Il rapporto del vino con i locali di mescita è spesso difficile e controverso.
Non mi riferisco solamente ai ristoranti, ma anche all'intero settore che – a
vario titolo e modo – si occupa della produzione e vendita di cibo, quindi di
cucina, senza escludere le categoria che, almeno all'apparenza, avrebbero come
principale scopo commerciale la vendita di altri bene e nei quali il cibo
sembrerebbe svolgere un ruolo accessorio e complementare. Mi riferisco pertanto
anche a quelle attività commerciali che vedrebbero nel vino il primario scopo
commerciale, cioè – come variamente si definiscono nelle varie regioni
italiane – bottiglierie, fiaschetterie, canove, mescite di vario tipo, taverne e
vinerie. Compresi i wine bar, nei quali, spesso, credono basti sfoggiare un
nome in lingua inglese oppure, nella mania italiana recente (vorrei dire,
italiota, inteso nella sua accezione moderna), un inglesismo
– spesso a caso, intraducibile e inesistente – per essere collocati di
diritto nell'olimpo dell'eccellenza. Ben oltre quei poveracci di connazionali
che – miseri sempliciotti – azzardano ancora l'uso della volgarissima, vetusta
e squalificante lingua italiana.
Parlo, inoltre, elle enoteche che, molto spesso, oltre a vendere le bottiglie di
vino, svolgono attività di mescita e ristorazione. Non c'è nulla di male in
questo, in fin dei conti, qualsiasi attività commerciale ha come finalità
il conseguimento di un profitto, anche attraverso la diversificazione o
ampliamento dell'offerta. Indipendentemente dalla categoria e finalità
dell'attività commerciale, noto ancora oggi – con disappunto – che molto
spesso, la mescita del vino non gode di ottima salute, anzi, molto spesso è
mortificato e bistrattato, sia con le parole, sia nella pratica del servizio.
Questa generalizzazione, per fortuna, è contraddetta da eccezioni e capita di
vedere il vino servito in modo appropriato, sotto ogni aspetto. Si tratta,
almeno per quello che posso dire personalmente, di eccezioni, purtroppo
sempre più rare. Sono consapevole di risultare supponente, ma da lungo tempo noto
una triste correlazione fra l'inadeguatezza e insufficienza del servizio, oltre
all'arrogante presunzione di chi, a vario titolo, è addetto a servire il vino.
Temperature completamente errate, calici inadatti e inutili, carte dei vini
incomplete e tristi, errate nella costruzione, composizione e presentazione,
spesso accompagnate da un'inopinata eloquenza blaterata a caso sui malcapitati
avventori. Ma anche palese impreparazione, tecnica, teorica e pratica, che – a
seguito di qualsivoglia richiesta o chiarimento – la risposta è sempre la
stessa: vado a chiedere, devo controllare, ammettendo quindi la propria
incapacità e preparazione professionale, anche quando si qualificano pomposamente
come sommelier. Lo ammetto: la superficialità e l'approssimazione sono
atteggiamenti – soprattutto in ambito professionale – che non tollero, in
particolare quando sono mostrate con supponenza e presunzione, pretendendo, non
da meno, che siano considerate normali e accettabili. Il rispetto per chi lavora
– qualunque lavoro – è sempre e comunque condizione irrinunciabile e
indiscutibile, tuttavia questo si deve meritare e non pretendere come atto
dovuto, soprattutto quando si mostrano atteggiamenti irrispettosi e
superficiali.
Quando un professionista non si comporta come tale, è certamente un atteggiamento
irrispettoso nei confronti di chi paga per ottenere un servizio che dovrebbe
essere svolto con competenza e coerente con quello che si chiede quando si
presenta il conto. Sono certamente disposto a pagare, ma pretendo altrettanto
in termini di valore e qualità in accordo a quello che pago. Quando è richiesto
il pagamento di una somma elevata, pretendo indiscutibilmente che la qualità di
quello che ho acquistato sia parimenti elevato. In altre parole, se il conto
è, per così dire, modesto, sono certamente disposto a perdonare certe
imprecisioni e soprassedere a certi errori; viceversa se il conto è elevato, non
sono disposto a perdonare o eccepire nulla. Mi chiedi tanto, voglio e pretendo
altrettanto; mi chiedi poco, so già che non posso aspettarmi molto, ne sono
consapevole e non lo pretendo. Se poi ti atteggi in modo arrogante e presuntuoso,
oltre che superficiale, allora – davvero – non sono disposto a perdonare nulla,
indipendentemente da quanto mi chiedi.
In certi casi, poi, ordinare un vino in un ristorante o locale con cucina, è
qualcosa che arrivo perfino a evitare proprio a causa della qualità del servizio.
Al limite, ordino un vino adatto allo stile e al tipo di servizio di quel locale,
anche perché – in tutta verità – l'idea di godere di un pasto senza
accompagnarlo al vino, mi procura sempre una strana sensazione di
incompletezza. Per esempio, se noto una carenza o un difetto nella scelta o
nella disponibilità dei calici, non ordino mai vini che so già non essere adatti
e apprezzabili con quei calici. Ammetto che accade abbastanza spesso, poiché la
disponibilità di calici è spesso limitata a due o tre tipi, confidando, per così
dire, all'universalità del calice, cosa che, notoriamente, non accade mai. In
altre parole, spesso nei locali hanno un solo tipo di calice da usare per
qualunque bianco o rosato, uno per tutti i rossi, a volte un altro più piccolo
per i vini da dessert che, talvolta, è perfino servito nella flûte piccola,
utile anche per quelli che ordinano qualunque vino spumante.
C'è tuttavia una condizione che mi fa passare qualsiasi voglia o interesse a
ordinare un vino: la superficialità della carta dei vini. Semplicemente penso
che, se in quel locale la carta dei vini è scritta in modo superficiale e
incompleto, errata in ogni forma e modo, sicuramente il servizio del vino è ben
peggiore, la qualità dei vini sicuramente scarsa. Parlo di quei casi nei quali la
carta dei vini è presentata sporca, sgualcita e lisa – e questo vale anche per
il menu – con i nomi dei vini approssimativi o incompleti, spesso senza annata o
produttore, denominazioni incomplete o errate. Non faccio, ovviamente,
riferimento alla quantità dei vini presenti in una carta: non è certo il
numero a determinare la sua qualità e funzionalità. Se una carta è
composta da pochi vini, ma assolutamente adatti alla cucina di quel locale,
completa nella sua forma, costruzione e descrizione, anche se ci sono solamente
cinque vini, il suo valore comunicativo è compiuto e completo. Il vino lo ordino,
ma – ammetto – non prima di essermi assicurato sui quali calici sono
disponibili nel locale, anche semplicemente osservando come il vino è stato
servito negli altri tavoli.
Comprendo benissimo che l'acquisto e la gestione dei calici rappresenti un costo
significativo per qualunque attività di ristorazione, senza poi contare
dell'incidenza rappresentata dai calici che, durante l'uso e il servizio, si
rompono e vanno sostituiti. Sono consapevole la gestione dei calici non sempre è
semplice e pratica, tuttavia comprendo, da cliente, la pari importanza di godere
di un vino servito in modo corretto. A tale proposito, cito due episodi che mi
sono capitati personalmente, quando un vino dolce da uve passite mi fu servito
– in due ristoranti diversi – in una flûte piccola e in un piccolo calice da
grappa. Dopo avere manifestato il mio disappunto al personale di sala, in
entrambe le occasioni la risposta è stata pressoché la stessa noi lo serviamo
così, non si è mai lamentato nessuno. Una chiara ammissione della scarsa
professionalità del ristorante oltre al desolante livello culturale dei loro
clienti. Fanno sorridere, poi, le lamentele degli stessi locali per il fatto di
non vendere molto vino, in particolare quelli più pregiati, venduti a prezzi più
alti e con i quali possono avere maggiori margini e ricavi. Si lamentano senza
riflettere che, molto probabilmente, la colpa è esclusivamente loro, poiché
incapaci di vendere vino. I clienti che potrebbero essere eventualmente
interessati e disposti ad acquistare quei vini di pregio, evidentemente non sono
gli stessi che si accontentano di un infimo vino dolce servito nel calice da
grappa e a temperatura completamente errata. Servire il vino è un'arte e la
vendita non è da meno.
Antonello Biancalana
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