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Numero 44, Settembre 2006
Sommario


Editoriale    Sommario della rubrica Editoriale
 Vino ai Trucioli? No, Grazie!
Non bastavano le mode a rendere uniforme e omologato il mondo del vino. Non bastavano le mode a svilire ulteriormente l'immagine del vino e a sacrificare per l'ennesima volta un prodotto unico, espressione di una cultura millenaria.… [continua]
 La Posta dei Lettori



ABC Vino    Sommario della rubrica ABC Vino
 Chablis
Le aree vinicole di Chablis
Spesso definito come lo Chardonnay che viene dal freddo, il vino di Chablis è stato per anni il modello di riferimento per la produzione dei vini con questa celebre uva bianca… [continua]



Gusto DiVino    Sommario della rubrica Gusto DiVino
 Sangiovese a Confronto
I tre Sangiovese della nostra degustazione comparativa
Regina dei vigneti del centro Italia, nelle sue numerose varietà clonali, il Sangiovese è un'uva non sempre facile da coltivare e da vinificare, tuttavia capace di grandi vini… [continua]
 I Vini del Mese
Valtellina Superiore Sassella Riserva Rocce Rosse 1996, AR.PE.PE. (Lombardia, Italia)
Valtellina Superiore Sassella Riserva Rocce Rosse 1996, Valtellina Superiore Sassella Riserva Stella Retica 1998, Morsi di Luce 2003, Marsala Vergine Baglio Florio 1992, Cignale 2001, Chianti Classico Riserva Il Picchio 2001… [continua]



Produttori    Sommario della rubrica Produttori
 Giorgio Lungarotti
La Cantina Giorgio Lungarotti
La storia recente del vino in Umbria è indissolubilmente legata a Giorgio Lungarotti, un nome che ha contribuito al rilancio del prestigio della qualità dell'enologia italiana nel mondo… [continua]
 Giornale di Cantina


Eventi    Sommario della rubrica Eventi
 Notiziario



Il Cavatappi    Sommario della rubrica Il Cavatappi
 La Cucina Italiana e il Vino
Spaghetti al pomodoro, capperi e origano: profumi del mediterraneo della cucina italiana
Fra le più celebri e ricche del mondo, la cucina italiana esalta la semplicità degli ingredienti in un trionfo di sapori dove il vino è sempre un eccellente compagno della tavola… [continua]



 Gli Agrumi
Le varietà di agrumi più famose nel mondo: arance e limoni
Profumati e deliziosi, gli agrumi sono diffusi in tutta l'area del Mediterraneo, conosciuti e utilizzati da secoli sia come alimento sia per la produzione di cosmetici… [continua]
 Aquavitae
Grappa di Moscato Rosa 2004, Zeni (Trentino, Italia)
Rassegna di Grappe, Distillati e Acqueviti, Grappa di Moscato Rosa 2004, Grappa di Grignolino 1999, Mandamara 2005, Grappa Giovane… [continua]
 Wine Parade



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  Editoriale Numero 44, Settembre 2006   
Vino ai Trucioli? No, Grazie!Vino ai Trucioli? No, Grazie! La Posta dei LettoriLa Posta dei Lettori  Sommario 
Numero 43, Estate 2006 Segui DiWineTaste su Segui DiWineTaste su TwitterNumero 45, Ottobre 2006

Vino ai Trucioli? No, Grazie!


 Non bastavano le mode a rendere uniforme e omologato il mondo del vino. Non bastavano le mode a svilire ulteriormente l'immagine del vino e a sacrificare per l'ennesima volta un prodotto unico, espressione di una cultura millenaria. L'ultima novità è che adesso ci si mette anche la legge. In questo modo saremo quindi tutti felici di avere nei calici un vino prodotto con metodi non condivisibili da molti, tuttavia perfettamente legale, poiché sopra le teste di noi umili mortali potrebbe vigilare la saggezza di una legge che stabilisce per noi tutti un nuovo modello di produzione enologica. L'Unione Europea - su proposta del Comitato di Gestione dei Vini a Bruxelles - sta valutando la possibilità di utilizzare i trucioli di legno nei vini prodotti nella comunità. Fra qualche mese, l'Unione Europea potrebbe infatti consentire ai viticoltori dell'Unione l'impiego dei trucioli di rovere nella produzione dei vini, esattamente come avviene già in altri paesi del cosiddetto “Nuovo Mondo”, una misura che, francamente, lascia senza parole e molto perplessi. Si tratta di un'ennesima minaccia al mondo del vino a vantaggio esclusivo dei soliti “furbi”, che avranno così un mezzo perfettamente legale per vendere ai consumatori l'illusione di degustare un vino maturato in botte di legno.


 

 Molte sono le “giustificazioni” formulate da chi è a favore di questa nuova legge, molte delle quali, in tutta onestà, sono piuttosto discutibili. Senza entrare nel merito di queste opinioni, che lasciano spesso il tempo che trovano, è opportuno comprendere il ruolo della botte in enologia e se questa può essere sostituita dai “trucioli di legno”. Nonostante sia vero che per la maggioranza dei consumatori la sensazione organolettica tipica dei vini maturati in botte produce la convinzione che nei calici è stato versato un vino “importante”, ogni appassionato degno di questo nome sa benissimo che la botte è molto di più. A cominciare dal benefico effetto della lenta ossidazione che il vino subisce in botte e che con nessun truciolo si può ottenere. Probabilmente è proprio su questa “ignoranza” diffusa che l'uso dei trucioli di legno trova il suo maggiore sostegno: se si percepisce l'odore e il sapore del legno, allora il vino è senza ombra di dubbio buono, importante e di qualità. Questo “inganno” si può facilmente ottenere attraverso l'uso dei trucioli di legno, il quale costo - fra l'altro - è decisamente inferiore anche della peggiore delle botti. Uno dei motivi a supporto di questo provvedimento è infatti rappresentato dai costi.

 La possibilità di impiegare i trucioli di legno nella produzione di vino dovrebbe aiutare - dicono - a contrastare l'attacco spietato al mercato europeo condotto dai vini provenienti da quei paesi nei quali l'uso di questa tecnica è permessa. Poiché il vino prodotto con i trucioli di legno ha innegabilmente un costo inferiore, e visto anche che i consumatori prediligono i vini “importanti” dal sapore di legno, in questo modo si possono immettere sul mercato i cosiddetti “vini del falegname”, con buona pace dei portafogli e dei palati dei consumatori più sprovveduti. D'accordo, il prezzo del vino ha raggiunto livelli piuttosto insostenibili e accessibili solamente a pochi, dove spesso la speculazione si sostituisce a una presunta e discutibile qualità. Ma si doveva arrivare a un provvedimento simile, che certamente umilia la dignità sia dei consumatori sia del vino, per fare contenta una massa di consumatori che, per l'ennesima volta, sono ignari di quello che il mercato propone? Consumatori che saranno beffati due volte, sia per il fatto che i vini prodotti in questo modo non hanno l'obbligo di riportare in etichetta questa discutibile pratica enologica, sia per la mancanza di correttezza da parte dei produttori che faranno dei trucioli il loro strumento principale in cantina.

 D'accordo, non tutti i consumatori di vino sono alla ricerca o apprezzano la qualità nella bevanda di Bacco, del resto non tutti apprezzano l'arte e non tutti percepiscono allo stesso modo le emozioni di un quadro. Ma almeno sia lasciata la libertà, o meglio, la consapevolezza, di scegliere, specificando chiaramente in etichetta di quale vino si tratta. Se ci sono consumatori che preferiscono i vini ai trucioli, sono liberissimi di acquistarlo e di apprezzarlo, ma non riteniamo corretto che questa misura possa in qualche modo essere motivo di inganno nei confronti di tutti. Anche se è vero che solo l'enologo conosce esattamente tutti i miracoli che accadono nella sua cantina - grazie alla chimica e alle sue magie spesso si può trasformare un vino scadente in qualcosa di “dignitoso” - non crediamo si debba in questo modo approfittare della tecnologia a scapito della correttezza. Se è vero che in alcuni paesi è obbligatorio, per esempio, riportare in etichetta la presenza di solfiti, ebbene, si dovrebbe altrettanto riportare con chiarezza anche l'uso dei trucioli nel vino e non con descrizioni ridicole che elogiano eventualmente il suo aroma o sapore di legno, solo per trasformarlo in quello che non è, in virtù della speculazione.

 A peggiorare ulteriormente la situazione, si sono sentite assurde opinioni - un modo ridicolo per “indorare la pillola” - le quali credono che l'uso dei trucioli di legno sia un modo “alternativo” per fare invecchiare il vino. I sostenitori di queste opinioni, crediamo, farebbero meglio a comprendere i complessi fenomeni chimici e fisici che portano un vino conservato nella botte a invecchiare - o per meglio dire, a maturare - qualcosa che non si può ottenere in nessun caso con i trucioli di legno. Sarebbe molto meglio, oltre che onesto, definire questi vini semplicemente per quello che sono realmente: vini aromatizzati al legno. Questa sì che sarebbe chiarezza e onestà! Altro che un modo alternativo per fare “invecchiare” un vino! Dopo tutto, in cosa consiste la tecnica dell'uso dei trucioli di legno nel vino? Mettere il vino in una vasca inerte - in genere acciaio - e tuffare dentro un sacco pieno di trucioli di legno e lasciarlo macerare per un po' di tempo. Questo significa fare maturare un vino? Questo significa renderlo più “importante”? Senza nulla togliere ai vini aromatizzati, riteniamo che i vini prodotti con i trucioli di legno debbano necessariamente appartenere alla categoria dei vini aromatizzati, qualcosa che dovrebbero riportare anche in etichetta.

 Con questo non intendiamo dire di essere contrari all'uso di questa tecnica - del resto se ci sono consumatori a cui piacciono i vini aromatizzati al legno e sono gratificati nel loro consumo, ognuno è libero nelle proprie scelte - ma che almeno si usi un po' di onestà e di correttezza, non solo verso i consumatori in generale, ma anche nei confronti della dignità del vino e della sua cultura. Un provvedimento di questo tipo, comunque sia, lascia certamente sconcertati. Non solo per il modo poco corretto di promuoverlo, facendolo sembrare quello che non è e non potrà mai essere, ma anche per le tristi conseguenze che questo porterà a tutti gli sforzi compiuti fino a qui per la promozione del vino di qualità e della sua tipicità. Andando avanti di questo passo, probabilmente i burocrati arriveranno perfino a proporre una legge nella quale si stabiliranno le varietà di uve da usare per la produzione del vino, mettendo al bando tutte quelle autoctone, ovviamente. Tutto questo, non c'è il minimo dubbio, è senz'altro per la tutela degli interessi dei consumatori - non certo dei soliti quattro furbi, ci mancherebbe - e per aumentare il prestigio e la qualità del vino, dei prodotti tipici e delle loro diversità. È così ovvio…

 



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La Posta dei Lettori


 In questa rubrica vengono pubblicate le lettere dei lettori. Se avete commenti o domande da fare, esprimere le vostre opinioni, inviate le vostre lettere alla redazione oppure utilizzare l'apposito modulo disponibile nel nostro sito.

 

Si dice che l'uso della chimica nell'enologia moderna è frequente e spesso indispensabile. Come facevano a fare il vino in tempi antichi senza l'aiuto della chimica?
Fabio Mussi -- Milano (Italia)
Nella sua definizione essenziale, il vino è il risultato della fermentazione alcolica del mosto, un processo che, per sua natura, è da considerarsi di tipo chimico. Per questo motivo, enologia e chimica hanno un legame forte e indissolubile: il vino è il prodotto di una reazione chimica. Com'è noto, la chimica non è utilizzata in enologia solamente nella “semplice” produzione del vino, ma anche e soprattutto per la stabilizzazione e la correzione di questa bevanda. Non è un segreto che proprio grazie alle correzioni chimiche si può trasformare un vino pessimo in un vino decente - o comunque meno peggio di quello che è - aggiungendo sostanze carenti o filtrando quelle in eccesso. Molte sono le sostanze chimiche utilizzate in enologia nella produzione dei vini, fra queste la più famosa e “discussa” è certamente l'anidride solforosa, utile alla stabilizzazione dei vini. Tuttavia l'anidride solforosa è solamente una delle tante sostanze chimiche consentite nella produzione di vino, il quale uso potrebbe essere in molti casi limitato, tuttavia va osservato che certe sostanze sono aggiunte al vino proprio con lo scopo di renderlo più vendibile e affine alle aspettative dei consumatori. Una di queste sostanze è la gomma arabica, capace - come per miracolo - di rendere qualunque vino morbido e piacevole, aumentandone anche la struttura: una delle tante magie che grazie alla chimica si possono verificare in cantina.



Per quale motivo la maggioranza dei vini rossi sono prodotti dall'assemblaggio di Cabernet Sauvignon e Merlot?
Thomas Peterson -- Baltimora, Maryland (USA)
La combinazione Cabernet Sauvignon e Merlot è per i produttori di vino una scelta molto frequente. Non solo le due uve sono utilizzate in purezza per la produzione di vini mono varietali, ma spesso sono aggiunte in percentuali diverse anche ad altre uve. La magica combinazione Cabernet Sauvignon e Merlot nasce a Bordeaux - loro terra d'origine - che insieme al Cabernet Franc, costituiscono la cosiddetta miscela bordolese. Che i vini di Bordeaux siano famosi ovunque nel mondo, non è un mistero. Per questo motivo, la combinazione Cabernet Sauvignon e Merlot è stata ampiamente utilizzata sia per emulare i celebri vini di Bordeaux, sia per sfruttarne il successo. La seconda ragione è che i vini prodotti con queste due uve sono generalmente apprezzati dalla massa dei consumatori, soprattutto i vini nei quali è presente il Merlot. Che il Cabernet Sauvignon e il Merlot siano uve capaci di produrre grandi vini è fuori dubbio: decine di esempi a livello mondiale sono pronti a confermare la qualità di queste due uve. Tuttavia, qualcosa che spesso si dimentica e che non bastano due uve, famose o sconosciute, a fare un buon vino: l'uva - che prima di tutto deve essere coltivata e vinificata con criteri di qualità - rappresenta solamente uno dei tanti fattori necessari alla produzione di grandi vini.



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ChablisChablis  Sommario 
Numero 43, Estate 2006 Segui DiWineTaste su Segui DiWineTaste su TwitterNumero 45, Ottobre 2006

Chablis

Spesso definito come lo Chardonnay che viene dal freddo, il vino di Chablis è stato per anni il modello di riferimento per la produzione dei vini con questa celebre uva bianca

 Le vicende enologiche di Chablis sono piuttosto singolari. Per anni modello incontrastato per i vini prodotti con uva Chardonnay, il suo nome è stato nel mondo sinonimo di vino bianco e, soprattutto, di Chardonnay. La sua notorietà e il suo influsso sono stati tali da indurre alcuni produttori al di fuori della Francia a utilizzare il nome Chablis nei loro vini, vini che con la celebre zona francese non avevano nulla in comune, nemmeno lo Chardonnay. Baluardo della produzione di vini bianchi fermentati e maturati in vasche d'acciaio, Chablis ha subito in anni recenti forti attacchi da parte dei vini prodotti facendo uso della barrique, in modo particolare, di quelli provenienti dal cosiddetto “Nuovo Mondo”. Nonostante i produttori di Chablis si siano dovuti adattare alle nuove tendenze - molti di loro hanno abbandonato in tutto o in parte la vasca d'acciaio per sostituirla con la barrique - la produzione vinicola di questa celebre area francese rimane un solido punto di riferimento, grazie sia alle particolari condizioni ambientali e climatiche sia alle tecniche utilizzate per la produzione dei vini.

 Nonostante sia molto vicina alla Champagne e alla capitale Parigi, Chablis appartiene alla regione vinicola della Borgogna. Considerando il clima, il suolo e le condizioni ambientali, Chablis è infatti molto più simile alla Champagne piuttosto che alla Borgogna, anche se qui - com'è noto - nei vini non si trovano bollicine. Anche senza bollicine, i vini di Chablis non passano inosservati nei calici degli appassionati. Generalmente definiti come gli Chardonnay venuti dal freddo, i vini di Chablis si fanno apprezzare per la loro spiccata acidità - talvolta perfino eccessiva - una qualità difficile da trovare nei vini prodotti altrove con il morbido e rotondo Chardonnay. Anche la scelta di utilizzare contenitori inerti - tipicamente vasche d'acciaio - contribuisce alla conservazione delle qualità “fresche” dello Chardonnay, contrariamente a quello che accade nei vini fermentati e maturati in botte, nei quali il legno contribuisce a rendere lo Chardonnay più rotondo e carezzevole.


Le aree vinicole di Chablis
Le aree vinicole di Chablis

 La storia enologica di Chablis inizia con l'arrivo degli antichi romani durante la colonizzazione delle antiche terre di Francia con lo scopo di estendere i confini del proprio impero. Com'è noto, gli antichi romani erano soliti introdurre la coltivazione della vite - e quindi la produzione di vino - in tutti i luoghi che riuscivano a conquistare: non solo l'introduzione di una loro tradizione, ma anche la necessità di avere sempre vino a disposizione per placare la sete dei loro legionari. Con quali uve e in quale modo si producesse il vino di Chablis a quei tempi, rimane uno dei tanti misteri persi nel passato e che non sono giunti ai tempi nostri. Viste le condizioni climatiche e ambientali dell'area, è molto probabile che si trattasse di vino prodotto con uve bianche, tuttavia è impossibile affermare che fosse Chardonnay. Inoltre, non esistono fonti storiche sui vitigni coltivati a quei tempi nella zona di Chablis e nemmeno i tipi di uve introdotti dagli antichi romani.

 La prima citazione scritta di Chablis risale al 510. La coltivazione della vite, e quindi anche la produzione di vino, subì un forte sviluppo - qui come altrove in Europa - grazie all'attività di monaci appartenenti ai diversi ordini religiosi, in particolare i cistercensi che, con molta probabilità, introdussero lo Chardonnay a Chablis. Molti monasteri e chiese furono infatti costruiti nella zona, fra questi un monastero costruito da Sigismondo, il primo re cristiano di Borgogna, e la chiesa di Santa Maria costruita da Carlo Magno. In seguito alle invasioni dei vichinghi, i monaci di Tours furono costretti a rifugiarsi nella vicina Auxerre, contribuendo così allo sviluppo dei vini di Chablis. La scelta di stabilirsi ad Auxerre non fu casuale. L'area offriva condizioni climatiche e ambientali per la buona coltivazione della vite - e il vino è un elemento essenziale per la celebrazione della liturgia - oltre alla presenza di uno scalo fluviale che garantiva un facile collegamento con Parigi. Sarà infatti grazie al collegamento fluviale che i vini di Chablis saranno trasportati in quantità fino a Parigi, tanto da renderlo uno dei vini più facilmente reperibili nella capitale.


 

 Dopo alcuni secoli, i vini di Chablis uscirono dai confini della Francia per raggiungere la vicina Inghilterra. In alcuni registri risalenti alla metà del XV secolo, si trovano infatti citazioni sui vini di Chablis trasportati nelle barrique verso la regione di Picardie, nelle Fiandre e in Inghilterra. Questo fiorente periodo per Chablis e per i suoi vini, fu bruscamente interrotto nei primi anni del 1600, quando l'area fu devastata dagli ugonotti e data alle fiamme. Furono così distrutti gran parte dei vigneti, la quale ricostruzione, non solo dei vigneti, ma anche della fama di Chablis, richiese quasi due secoli. Il riconquistato prestigio dei vini di Chablis non durò comunque molto: di li a poco, altri temibili nemici avrebbero inflitto danni devastanti ai vigneti. Il declino iniziò nel 1886, quando nei vigneti di Chablis fece la sua comparsa l'oidio e solo un anno più tardi arrivò anche la temibile fillossera. Due eventi che scoraggiarono molti viticoltori e per molto tempo evitarono di reimpiantare i loro vigneti, con conseguenze negative per la produzione vinicola di Chablis.

 L'arrivo della ferrovia rappresento un altro motivo che fece perdere l'interesse dei viticoltori per la produzione di vino. Grazie al collegamento ferroviario, i vini di altre zone della Francia cominciarono a raggiungere in breve tempo la capitale Parigi, facendo perdere significative quote di mercato ai vini di Chablis. La produzione vinicola subì un'altra significativa riduzione anche a causa dei due conflitti mondiali. Nel 1945, dopo la fine della seconda guerra mondiale, la produzione di Chablis era scesa ad appena 481 ettolitri rispetto ai 15.000 del 1938. Il declino della viticoltura e dell'enologia di Chablis continuò fino alla metà degli anni 1950, quando nella celebre terra dei vini bianchi erano presenti poco più di 200 ettari di vigneti. Fu questo il periodo degli ultimi decenni decisamente meno splendente per Chablis, ma che segnò tuttavia anche il trionfante inizio della sua ripresa e del suo prestigio. Oggi Chablis rappresenta un punto di riferimento mondiale per la produzione di vini Chardonnay, un modello largamente copiato anche fuori dai confini Francesi e che ha dato perfino origine, grazie al successo del suo nome, a vini prodotti nei paesi del “Nuovo Mondo” commercializzati con il nome Chablis. Un deprecabile plagio, non solo per l'uso improprio del nome, ma anche per le diverse uve - spesso sconosciute - utilizzate per la loro produzione con risultati qualitativi piuttosto ordinari.

 

Classificazione dello Chablis

 L'area vinicola di Chablis è riconosciuta dal sistema di qualità francese come AOC (Appellation d'Origine Contrôlée, Denominazione d'Origine Controllata) e appartiene alla regione vinicola della Borgogna. I vini di Chablis sono prodotti con uva Chardonnay, pertanto bianchi, e la tecnica prevalentemente impiegata prevede l'uso di vasche d'acciaio, mentre la barrique è poco diffusa. I vini di Chablis sono classificati, dal livello più basso a quello più alto, in: Petit Chablis, Chablis, Chablis Premier Cru e Chablis Grand Cru. In termini di produzione, la percentuale maggiore - oltre l'80% - è destinata ai vini appartenenti alle categorie Petit Chablis e Chablis. Nonostante esistano 40 vigneti appartenenti alla denominazione Chablis Premier Cru, solamente 12 di questi sono considerati di maggiore prestigio: Beauroy, Côte de Léchet, Fourchaume, Les Fourneaux, Mélinots, Montée de Tonnerre, Montmains, Monts de Milieu, Vaillons, Vaucoupin, Vaudevay e Vosgros. Ancora più ristretta la categoria degli Chablis Grand Cru composta da appena sette vigneti (climat): Blanchot, Bougros, Les Clos, Grenouilles, Preuses, Valmur e Vaudésirs.

 

Lo Chardonnay Che Viene dal Freddo

 Chablis è l'area vinicola più settentrionale della Borgogna e si trova a circa 200 chilometri nord-ovest dalla Côte d'Or. Paradossalmente, Chablis è molto più vicina alla Champagne piuttosto che alla zona principale della Borgogna: poche decine di chilometri separano Chablis dai vigneti di Aube. La vicinanza con la Champagne ha anche rappresentato all'inizio del 1900, quando ancora non era in vigore il sistema di qualità francese delle AOC, un connubio fra le due aree vinicole. Infatti accadeva che i freschi vini Chardonnay di Chablis fossero trasportati fino a Reims e a Épernay per essere trasformati in nobili bollicine champenois. In effetti, se si considera la posizione geografica, la composizione del suolo e le condizioni ambientali, Chablis è molto più simile alla Champagne piuttosto che alla Borgogna. Il suolo dell'area di Chablis è infatti ricco di gesso - esattamente come quello della Champagne - una qualità che conferisce ai suoi bianchi i caratteristici aromi e sapori minerali di pietra focaia.

 Fra alti e bassi, momenti di prestigio più o meno nobili, i vini di Chablis sono sempre stati capaci di attrarre l'attenzione del mondo. Dopo essere stata per secoli l'assoluto protagonista del vino venduto a Parigi - Chablis è stata per anni la zona dalla quale la capitale si riforniva di vino da versare nelle caraffe - e dopo avere creato un modello enologico di fama mondiale nel quale il nome di questa zona da sempre si è associato allo Chardonnay, oggi i vini dello Chablis pagano il prezzo di non aderire a quel modello enologico, tipico del “Nuovo Mondo”, dove la barrique regna sovrana nella cantina. I bianchi di Chablis sono probabilmente oggi i vini meno compresi dalla maggioranza dei consumatori, proprio perché fuori dall'omologazione del gusto che ha invaso il mondo dello Chardonnay, e le sue tipiche qualità organolettiche minerali di pietra focaia chiedono forse troppa attenzione di fronte all'immediatezza degli aromi e del gusto del legno di rovere.

 Nonostante in tempi passati lo Chablis fosse prodotto mediante l'uso della tradizionale feuillette - una piccola botte di legno della capacità di 132 litri - negli ultimi decenni è stata la vasca d'acciaio a imporsi nelle cantine. Inoltre, l'introduzione di nuove importanti tecnologie, come la fermentazione a temperatura controllata, hanno contribuito al rilancio dei vini di Chablis a livello mondiale, creando il modello enologico che vanta così tanti tentativi di imitazione. Un modello che ha comunque subito forti attacchi da parte dei nuovi Chardonnay provenienti dal “Nuovo Mondo”, che con i loro aromi immediati e diretti di legno hanno saputo conquistare facilmente i palati di molti appassionati. La nuova tendenza non ha fatto che aumentare le già tante polemiche esistenti fra i produttori di Chablis già impegnati a discutere sull'utilità commerciale ed enologica delle loro tradizioni e delle nuove tecniche. Molti di loro si sono comunque lasciati tentare da questa nuova moda tanto da adottare in cantina l'uso della barrique sia per la fermentazione sia per la maturazione dello Chardonnay.

 La viticoltura e l'enologia di Chablis hanno percorso un cammino imponente a partire dalla metà degli anni 1950, quando la superficie destinata ai vigneti era appena 500 ettari. Nei primi anni 1970 la superficie era aumentata a 750 ettari, fino ad arrivare agli attuali 4300 ettari. Le condizioni ambientali dell'area rendono spesso la viticoltura un'impresa difficoltosa. Uno dei problemi principali che devono affrontare i viticoltori sono infatti le gelate, un fenomeno che può verificarsi anche in maggio. Due sono i metodi impiegati nello Chablis per combattere le gelate. Il primo consiste nel disporre delle grandi stufe in mezzo ai vigneti con lo scopo di scaldare l'aria, il secondo prevede il cospargimento dell'acqua sui tralci delle viti che poi il freddo provvederà a gelare, creando quindi uno strato di ghiaccio tale da proteggere i germogli. Le rigide condizioni meteorologiche e la particolare composizione del suolo riescono a conferire ai vini di Chablis quel carattere minerale e assolutamente personale, una freschezza difficilmente esprimibile altrove, qualità che hanno reso famosi i vini di questa zona come Chardonnay venuto dal freddo.

 La produzione riguarda prevalentemente i vini destinati alle denominazioni Chablis AOC e Petit Chablis AOC, solitamente prodotti da vigneti coltivati nelle pianure. I terreni composti prevalentemente da gesso e depositi fossili sono riservati alla produzione dei vini Chablis Premier Cru AOC e Chablis Grand Cru AOC, cioè le due categorie di vini che hanno reso famosa nel mondo la produzione enologica di quest'area con le tipiche qualità organolettiche minerali e di pietra focaia. I sette climat Grand Cru si trovano nelle vicinanze a nord della città di Chablis, vigneti dai quali si producono gli Chardonnay più celebri e ricercati. Anche i Premier Cru sono da considerarsi eccellenti vini, nei quali è sempre possibile percepire le qualità minerali e lo stile di Chablis. Anche nei vini appartenenti alle categorie Chablis AOC e Petit Chablis AOC non è raro trovare delle buone sorprese. In particolare il Petit Chablis, un vino da consumarsi giovane - solitamente considerato come un vino da bersi tutti i giorni per accompagnare i pasti - che nella sua semplicità può comunque far comprendere lo stile di questa celebre area vinicola della Francia.

 




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Sangiovese a Confronto

Regina dei vigneti del centro Italia, nelle sue numerose varietà clonali, il Sangiovese è un'uva non sempre facile da coltivare e da vinificare, tuttavia capace di grandi vini

 Fra le tante uve autoctone delle quali l'Italia è ricca, ce n'è una che, nonostante sia prevalentemente diffusa nelle regioni centrali, contraddistingue l'enologia di questo paese ovunque nel mondo. Si tratta del Sangiovese, il protagonista di tanti vini famosi - come il Brunello di Montalcino, il Chianti e il Vino Nobile di Montepulciano - praticamente l'uva a bacca rossa più diffusa in Toscana, Emilia Romagna e Umbria. Il Sangiovese è inoltre presente nei vigneti del Lazio, Marche, Abruzzo, Lombardia, Veneto, Campania, Molise, Puglia, Calabria, Sicilia e Sardegna. Addirittura, in alcuni casi, il Sangiovese è utilizzato in Veneto nella produzione del celebre Amarone. Nelle regioni dell'Italia centrale, il Sangiovese è utilizzato nella produzione di vini in purezza così come miscelato ad altre uve, spesso di tipo “internazionale”. La combinazione del Sangiovese con il Cabernet Sauvignon e il Merlot è, per esempio, tipica in Toscana nei cosiddetti Supertuscans, una combinazione che ritroviamo comunque anche nelle altre regioni dell'Italia centrale.

 Fra le uve Italiane più antiche che si conoscano - pare che già gli antichi etruschi la utilizzassero per la produzione di vino - la zona di origine del Sangiovese è probabilmente la Toscana, regione dove rappresenta anche l'uva a bacca rossa più diffusa. Il suo nome deriva dal latino Sanguis Jovis - cioè sangue di Giove - che con il tempo diverrà Sangiovese, passando per diverse varianti, di cui la più celebre rimane San Gioveto, ancora utilizzato in Toscana. Per sua natura, il Sangiovese è un'uva che può facilmente mutare, tanto che oggi si conoscono decine di varietà clonali. La classificazione ampelografica divide quest'uva in due categorie primarie: Sangiovese Piccolo, dagli acini più piccoli, e il Sangiovese Grosso, con acini più grossi e autore del Brunello di Montalcino e del Vino Nobile di Montepulciano. Data la facilità di mutamento del Sangiovese, sono molti gli ampelografi che sostengono la necessità di una più accurata classificazione rispetto alle due categorie tradizionalmente riconosciute.

 

I Vini della Degustazione

 Il Sangiovese è un'uva che ha un'ottima capacità di adattamento ai diversi tipi di terreno, uno dei tanti motivi che ha contribuito alla sua larga diffusione in tutto il centro Italia. Nonostante questo, dal punto di vista viticolturale, il Sangiovese è una varietà piuttosto sensibile agli attacchi delle muffe, in particolare nelle stagioni fredde, umide e piovose. Poiché tende facilmente a produrre abbondanti raccolti, il Sangiovese richiede pratiche viticolturali piuttosto rigorose in modo da consentire una produzione di qualità. Dal punto di vista organolettico, il Sangiovese tende a produrre vini con acidità piuttosto evidente che, unitamente al suo alto contenuto di polifenoli, può risultare eccessivamente duro. Per questo motivo, i vini prodotti con Sangiovese sono solitamente fatti maturare in botte così da mitigare l'irruenza dei suoi tannini e rendere il vino più morbido e meno aggressivo. Un altro metodo utilizzato per rendere il Sangiovese meno aggressivo è quello di ricorrere alla miscelazione con altre uve, in particolare il Merlot e, tradizionalmente, il Canaiolo Nero.


I tre Sangiovese della nostra degustazione comparativa
I tre Sangiovese della nostra degustazione comparativa

 I vini selezionati per la nostra degustazione comparativa provengono dalle tre regioni dove il Sangiovese rappresenta l'uva a bacca rossa più presente, tre modi diversi di interpretare questa celebre uva. Tre vini che esprimono tre territori diversi - Umbria, Toscana ed Emilia Romagna - tutti e tre maturati in botte, una pratica tradizionale e comune per il Sangiovese. Il primo vino selezionato per la nostra degustazione comparativa è il Colli Martani Sangiovese Riserva Properzio prodotto dalla interessante cantina umbra Di Filippo. Il secondo vino è il Val di Cornia Suvereto Sangiovese prodotto in Toscana da Gualdo del Re. L'ultimo vino, che proviene dall'Emilia Romagna, è il Sangiovese di Romagna Superiore Thea prodotto da Tre Monti. I tre vini saranno serviti alla temperatura di 18° C in modo da favorire il corretto sviluppo degli aromi, senza trascurare l'acidità del Sangiovese e la morbidezza conferita dalla botte. La degustazione comparativa sarà svolta utilizzando tre calici da degustazione ISO.

 

Esame Visivo

 Il Sangiovese è un'uva con un contenuto abbastanza alto di sostanze coloranti, tuttavia l'intensità dei colori nei suoi vini dipende essenzialmente da come l'uva è stata coltivata e dalle pratiche enologiche. Nonostante la sua buona capacità colorante, i vini Sangiovese sono caratterizzati da colori rosso rubino di buona intensità con una trasparenza media, in altre parole, difficilmente si noteranno colori cupi e intensi, quasi impenetrabili alla luce, come nel caso del Cabernet Sauvignon. Grazie al buon contenuto di sostanze acide e polifenoli, unitamente al volume alcolico, i vini Sangiovese di qualità possono maturare anche per decine di anni, periodo durante il quale il colore evolve fino a raggiungere un rosso mattone piuttosto brillante. Il colore del Sangiovese tende a mostrare sfumature rosso granato già dopo alcuni anni di affinamento in bottiglia, e con il tempo - a causa del progressivo sedimento di polifenoli - anche la trasparenza tende ad aumentare, qualcosa che è facilmente osservabile nei Sangiovese di lunga maturazione, come il Brunello di Montalcino o il Vino Nobile di Montepulciano.

 Il primo vino del quale prenderemo in esame l'aspetto è il Colli Martani Sangiovese Riserva Properzio di Di Filippo. Si inizierà con la valutazione dell'intensità del colore, osservando la massa liquida alla base del calice: si noterà un colore rosso rubino intenso, abbastanza trasparente. Inclinando il calice sopra una superficie bianca, si potrà notare - osservando il vino verso l'apertura del calice - una sfumatura rosso rubino. Prendiamo ora in esame il secondo vino, il Sangiovese di Romagna Superiore Thea di Tre Monti. Anche in questo vino si osserverà un colore rosso rubino piuttosto brillante e una trasparenza media, lo stesso colore sarà osservabile nella sfumatura, dopo avere inclinato il calice. Rispetto ai due vini precedenti, il Val di Cornia Suvereto Sangiovese di Gualdo del Re mostra una trasparenza decisamente inferiore, nel quale è osservabile una decisa tonalità rosso rubino e una sfumatura dello stesso colore.

 

Esame Olfattivo

 La valutazione olfattiva del Sangiovese apre le porte in un mondo fatto prevalentemente di frutti rossi e fiori: questo almeno è quello che il Sangiovese offre ai suoi vini in termini di aromi secondari. Poiché la vinificazione più frequente utilizzata con il Sangiovese prevede l'uso di botti, i vini prodotti con quest'uva non mancheranno di esprimere anche aromi terziari. Fra gli aromi di frutta che contraddistinguono il Sangiovese, due in particolare emergono rispetto a tutti gli altri, quelli di amarena e prugna. Il Sangiovese è inoltre caratterizzato da un altro aroma, questa volta appartenente al mondo dei fiori, espresso nell'esuberanza della violetta. Questi tre aromi, ovviamente, sono frequenti anche nei vini prodotti con altre uve, tuttavia nel Sangiovese questa combinazione risulta essere piuttosto intensa. Fra gli altri aromi di frutta tipici del Sangiovese, si ricordano il lampone, il mirtillo e, talvolta, la fragola, mentre fra gli aromi floreali, oltre alla violetta, nel Sangiovese si possono percepire anche aromi di rosa rossa e ciclamino.


 

 Il primo vino del quale valuteremo il profilo olfattivo è il Colli Martani Sangiovese Riserva Properzio di Di Filippo, iniziando dalla valutazione degli aromi di apertura. Mantenendo il calice fermo e in posizione verticale, si procederà con la prima olfazione che consentirà la percezione di amarena, violetta e prugna, i tre tipici aromi dell'uva Sangiovese. Dopo avere roteato il calice con lo scopo di ossigenare il vino e consentire lo sviluppo degli altri aromi, si procederà con la seconda olfazione. Sarà possibile percepire aromi di mirtillo, carruba e ciclamino, ai quali seguiranno una serie di aromi terziari, dove sarà possibile riconoscere vaniglia, liquirizia e tabacco, oltre a un accenno di cannella. Si noti, in particolare, l'apertura del Properzio con i suoi aromi tipici di Sangiovese che ritroveremo anche negli altri vini. Passiamo ora alla valutazione del secondo vino, il Sangiovese di Romagna Superiore Thea di Tre Monti.

 Mantenendo il calice in posizione verticale, si procederà con la valutazione degli aromi di apertura. Si percepiranno i tipici aromi di prugna e amarena, ai quali si aggiungeranno gli aromi di violetta e rosa, molto intensi e puliti. Dopo avere roteato il calice, procediamo con la seconda olfazione. Si percepiranno aromi di mora, ciclamino, lavanda e tabacco seguiti da aromi di liquirizia, vaniglia, cacao e macis. Passiamo ora alla valutazione olfattiva dell'ultimo vino della nostra degustazione comparazione, il Val di Cornia Suvereto Sangiovese di Gualdo del Re. Gli aromi di apertura saranno caratterizzati, anche in questo caso, da amarena, prugna e violetta, molto intensi e puliti. Dopo avere roteato il calice, procederemo con la seconda olfazione che consentirà di percepire aromi di mirtillo e mora oltre a vaniglia, chiodo di garofano, cioccolato, tabacco, pepe rosa e un piacevole aroma balsamico di mentolo, segno, esattamente come gli altri aromi terziari, del passaggio in legno e del suo grado di tostatura.

 

Esame Gustativo

 Fra le principali qualità gustative dei vini prodotti con Sangiovese troviamo l'acidità, che in quest'uva è piuttosto evidente pur tuttavia meno evidente di altre uve rosse con spiccata acidità, come Nebbiolo, Barbera e Pinot Nero. Un'altra qualità organolettica che è tipica del Sangiovese, almeno nei vini prodotti con criteri di qualità e basse rese nei vigneti, è una pronunciata astringenza prodotta dal contenuto di polifenoli. L'irruenza dei tannini del Sangiovese è solitamente mitigata dalla maturazione in botte, anche se è piuttosto frequente la miscelazione con altre uve meno astringenti, come per esempio il Merlot o il Canaiolo Nero. Gli effetti dell'uso della botte nei vini Sangiovese è in genere piuttosto evidente anche al gusto: il carattere di rotondità che cerca di stemperare la freschezza del vino è una qualità facilmente riconoscibile. Per quanto concerne il volume alcolico, i vini prodotti con uve Sangiovese sono generalmente compresi fra il 12,5% e il 14%, più frequentemente volumi alcolici di 13-13,5%, tali da contribuire ulteriormente al carattere “morbido” del vino, contrastando quindi il lato più “duro”.

 Il primo vino che prenderemo in esame è il Colli Martani Sangiovese Riserva Properzio di Di Filippo. Il primo sorso metterà in evidenza un attacco caratterizzato dalla decisa astringenza dei polifenoli, subito dopo si noterà la tipica acidità del Sangiovese, il tutto equilibrato sia dalla buona rotondità conferita dalla botte, sia dall'acidità. Si noti anche il corpo del vino, non proprio robusto, ma certamente non indifferente. Si passi ora al Sangiovese di Romagna Superiore Thea di Tre Monti: anche l'attacco di questo vino è caratterizzato da un'evidente astringenza accompagnata da buona freschezza, ancora una volta, ben bilanciati sia dall'alcol, sia dalla maturazione in legno. L'attacco del Val di Cornia Suvereto Sangiovese di Gualdo del Re mostra una struttura più robusta rispetto ai due vini precedenti, mantenendo comunque una dominante qualità astringente bilanciata dalla morbidezza conferita dal passaggio in legno che - unitamente al volume alcolico - contribuisce a mitigare anche l'effetto dell'acidità. Si noti, infine, come in tutti e tre i vini si percepisca un'ottima corrispondenza con il naso degli aromi dominanti di amarena e prugna.

 

Considerazioni Finali

 La persistenza gusto-olfattiva dei vini prodotti con uva Sangiovese è solitamente molto buona, anche se - come in tutti i casi - questa caratteristica dipende essenzialmente dalla qualità delle pratiche colturali ed enologiche. Il finale del Colli Martani Sangiovese Riserva Properzio di Di Filippo è persistente e si percepiscono intensi sapori di amarena e prugna, i due frutti più caratteristici del Sangiovese, ai quali si unirà il sapore di mirtillo. Anche il finale del Sangiovese di Romagna Superiore Thea di Tre Monti è persistente e intenso, con ricordi molto puliti di amarena e prugna oltre a un piacevole sapore di mora. Il finale dell'ultimo vino, il Val di Cornia Suvereto Sangiovese di Gualdo del Re, è persistente e - come nei vini precedenti - con sapori molto intensi di amarena, prugna e mirtillo. Nonostante il Sangiovese sia un'uva tendenzialmente acida e con astringenza piuttosto pronunciata, si noti come in tutti e tre i vini, la pratica della maturazione in botte contribuisca a rendere il risultato finale molto piacevole e rotondo, riuscendo in alcuni casi - unitamente anche all'effetto dell'alcol - a bilanciare perfettamente l'acidità tanto da attenuare notevolmente la percezione relativa del suo sapore.

 






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I Vini del Mese


 

Legenda dei punteggi

Sufficiente    Abbastanza Buono    Buono
Ottimo    Eccellente
Vino eccellente nella sua categoria Vino eccellente nella sua categoria
Vino con buon rapporto qualità/prezzo Vino con buon rapporto qualità/prezzo
I prezzi sono da considerarsi indicativi in quanto possono subire variazioni a seconda del paese
e del luogo in cui vengono acquistati i vini




Franciacorta Satèn, Mirabella (Lombardia, Italia)
Franciacorta Satèn
Mirabella (Lombardia, Italia)
Uvaggio: Chardonnay
Prezzo: € 12,50 Punteggio:
Questo Franciacorta si presenta con un colore giallo paglierino brillante e sfumature giallo verdolino, molto trasparente, perlage fine e persistente. Al naso rivela aromi intensi, puliti, gradevoli e raffinati che si aprono con note di crosta di pane, pompelmo e banana seguite da aromi di acacia, lievito, biancospino, mela, susina, minerale, nocciola e un accenno di vaniglia. In bocca ha buona corrispondenza con il naso, un attacco fresco ed effervescente, comunque equilibrato dall'alcol, buon corpo, sapori intensi, piacevole. Il finale è persistente con ricordi di banana, mela e susina. Una parte del vino base matura in barrique. Questo Franciacorta Satèn matura per almeno 28 mesi in bottiglia sui propri lieviti.
Abbinamento: Aperitivi, Antipasti di pesce e crostacei, Pasta e risotto con pesce e crostacei



Franciacorta Pas Dosé 1998, Mirabella (Lombardia, Italia)
Franciacorta Pas Dosé 1998
Mirabella (Lombardia, Italia)
Uvaggio: Chardonnay (50%), Pinot Bianco (30%), Pinot Nero (20%)
Prezzo: € 15,20 Punteggio:
Questo Franciacorta si presenta con un colore giallo paglierino brillante e sfumature giallo paglierino, molto trasparente, perlage fine e persistente. Al naso rivela aromi intensi, puliti, gradevoli e raffinati che si aprono con note di crosta di pane e banana seguite da aromi di acacia, biancospino, lievito, miele, mela, lampone, minerale, nocciola, pera e pompelmo. In bocca ha buona corrispondenza con il naso, un attacco fresco ed effervescente, comunque equilibrato dall'alcol, buon corpo, sapori intensi, piacevole morbidezza. Il finale è persistente con ricordi di banana, pompelmo e mela. Questo Franciacorta matura in bottiglia sui propri lieviti per almeno 60 mesi.
Abbinamento: Pesce stufato, Pesce arrosto, Carne bianca saltata



Cignale 2001, Castello di Querceto (Toscana, Italia)
Cignale 2001
Castello di Querceto (Toscana, Italia)
Uvaggio: Cabernet Sauvignon (90%), Merlot (10%)
Prezzo: € 47,00 Punteggio: Vino eccellente nella sua categoria
Cignale si presenta con un colore rosso rubino intenso e sfumature rosso granato, poco trasparente. Al naso esprime aromi intensi, puliti, gradevoli, raffinati ed eleganti che si aprono con note di amarena, ribes e prugna seguite da aromi di violetta, vaniglia, tabacco, mirtillo, liquirizia, cioccolato, cuoio, cannella, catrame e macis. In bocca ha ottima corrispondenza con il naso, un attacco tannico e comunque equilibrato dall'alcol, corpo pieno, sapori intensi, piacevole. Il finale è persistente con ricordi di amarena, prugna e ribes. Un vino ben fatto. Cignale matura per 20-24 mesi in barrique a cui seguono almeno 6 mesi di affinamento in bottiglia.
Abbinamento: Selvaggina, Carne arrosto, Brasati e stufati di carne, Formaggi stagionati



Chianti Classico Riserva Il Picchio 2001, Castello di Querceto (Toscana, Italia)
Chianti Classico Riserva Il Picchio 2001
Castello di Querceto (Toscana, Italia)
Uvaggio: Sangiovese (92%), Canaiolo Nero (8%)
Prezzo: € 28,00 Punteggio: Vino eccellente nella sua categoria
Alla vista si presenta con un colore rosso rubino brillante e sfumature rosso granato, poco trasparente. Al naso esprime aromi intensi, puliti, gradevoli, raffinati ed eleganti che si aprono con note di prugna, lampone e amarena seguite da aromi di violetta, vaniglia, ciclamino, mirtillo, tabacco, liquirizia, carruba, pepe rosa e mentolo. In bocca ha buona corrispondenza con il naso, un attacco tannico e comunque equilibrato dall'alcol, corpo pieno, sapori intensi, piacevole. Il finale è persistente con ricordi di prugna, amarena e lampone. Un vino ben fatto. Chianti Classico Riserva Il Picchio matura per 12 mesi in barrique a cui seguono almeno 6 mesi di affinamento in bottiglia.
Abbinamento: Carne arrosto, Brasati e stufati di carne, Formaggi stagionati



Friuli Grave Bianco Terre di Risano 2005, Pighin (Friuli Venezia Giulia, Italia)
Friuli Grave Bianco Terre di Risano 2005
Pighin (Friuli Venezia Giulia, Italia)
Uvaggio: Tocai Friulano, Pinot Bianco, Sauvignon Blanc
Prezzo: € 12,00 Punteggio: Vino eccellente nella sua categoria
Alla vista si presenta con un colore giallo paglierino chiaro e sfumature giallo verdolino, molto trasparente. Al naso esprime aromi intensi, puliti e gradevoli che si aprono con note di susina, pesca e mela seguite da aromi di biancospino, ginestra, mandorla, pera e sambuco. In bocca ha buona corrispondenza con il naso, un attacco fresco e comunque equilibrato dall'alcol, buon corpo, sapori intensi, piacevole. Il finale è persistente con ricordi di pesca, susina e mandorla. Questo vino matura in vasche d'acciaio.
Abbinamento: Pesce fritto, Pasta e risotti con pesce e crostacei, Carne bianca saltata



Collio Cabernet 2004, Pighin (Friuli Venezia Giulia, Italia)
Collio Cabernet 2004
Pighin (Friuli Venezia Giulia, Italia)
Uvaggio: Cabernet Sauvignon (60%), Cabernet Franc (40%)
Prezzo: € 16,50 Punteggio: Vino eccellente nella sua categoria
Alla vista si presenta con un colore rosso rubino intenso e sfumature rosso rubino, abbastanza trasparente. Al naso esprime aromi intensi, puliti, gradevoli e raffinati che si aprono con note di amarena e violetta seguite da aromi di mirtillo, prugna, peperone, vaniglia e liquirizia. In bocca ha buona corrispondenza con il naso, un attacco leggermente tannico e comunque equilibrato dall'alcol, buon corpo, sapori intensi. Il finale è persistente con ricordi di amarena e prugna. Collio Cabernet matura per 14 mesi in botte.
Abbinamento: Carne arrosto, Brasati e stufati di carne, Formaggi stagionati



Valtellina Superiore Sassella Riserva Stella Retica 1998, AR.PE.PE. (Lombardia, Italia)
Valtellina Superiore Sassella Riserva Stella Retica 1998
AR.PE.PE. (Lombardia, Italia)
Uvaggio: Nebbiolo (Chiavennasca)
Prezzo: € 14,00 Punteggio: Vino eccellente nella sua categoria
Alla vista si presenta con un colore rosso arancio brillante e sfumature rosso arancio, trasparente. Al naso esprime aromi intensi, puliti, gradevoli, raffinati ed eleganti che si aprono con note di ciliegia, fragola e lampone seguite da aromi di prugna, viola appassita, rosa appassita, vaniglia, tabacco, liquirizia, cuoio, cacao, tartufo e macis. In bocca ha buona corrispondenza con il naso, un attacco tannico e piacevole freschezza, comunque equilibrato dall'alcol, corpo pieno, sapori intensi, piacevole morbidezza. Il finale è persistente con ricordi di ciliegia, lampone e fragola. Un vino ben fatto. Questo Valtellina Superiore Sassella Riserva matura per almeno 2 anni in botte a cui seguono almeno 6 mesi di affinamento in bottiglia.
Abbinamento: Carne arrosto, Stufati e brasati di carne, Formaggi stagionati



Valtellina Superiore Sassella Riserva Rocce Rosse 1996, AR.PE.PE. (Lombardia, Italia)
Valtellina Superiore Sassella Riserva Rocce Rosse 1996
AR.PE.PE. (Lombardia, Italia)
Uvaggio: Nebbiolo (Chiavennasca) (95%), Brugnola, Pinot Nero (5%)
Prezzo: € 23,00 Punteggio:
Questo vino si presenta con un colore rosso mattone brillante e sfumature rosso mattone, trasparente. Al naso esprime aromi intensi, puliti, gradevoli, raffinati ed eleganti che si aprono con note di fragola, ciliegia e lampone seguite da aromi di prugna, viola appassita, rosa appassita, ciclamino, vaniglia, tabacco, cuoio, liquirizia, cacao, macis e mentolo. In bocca ha ottima corrispondenza con il naso, un attacco tannico e piacevole freschezza, comunque equilibrato dall'alcol, corpo pieno, sapori intensi, piacevole morbidezza. Il finale è molto persistente con lunghi ricordi di fragola, ciliegia e lampone. Un vino ben fatto. Valtellina Superiore Sassella Riserva Rocce Rosse matura per oltre 4 anni in botte.
Abbinamento: Selvaggina, Carne arrosto, Brasati e stufati di carne, Formaggi stagionati



Kados 2005, Duca di Salaparuta (Sicilia, Italia)
Kados 2005
Duca di Salaparuta (Sicilia, Italia)
Uvaggio: Grillo
Prezzo: € 7,60 Punteggio: Vino eccellente nella sua categoria
Kados si presenta con un colore giallo verdolino brillante e sfumature giallo verdolino, molto trasparente. Al naso esprime aromi intensi, puliti, gradevoli e raffinati che si aprono con note di pera e ananas seguite da aromi di biancospino, mandorla, pesca, arancio e vaniglia. In bocca ha buona corrispondenza con il naso, un attacco fresco e comunque equilibrato dall'alcol, buon corpo, sapori intensi, piacevole. Il finale è persistente con ricordi di pera, mela e pesca. Kados fermenta in barrique e matura in vasche di cemento.
Abbinamento: Pesce fritto, Pasta e risotto con pesce e crostacei, Crostacei alla griglia



Megara 2004, Duca di Salaparuta (Sicilia, Italia)
Megara 2004
Duca di Salaparuta (Sicilia, Italia)
Uvaggio: Frappato (60%), Syrah (40%)
Prezzo: € 7,70 Punteggio: Vino eccellente nella sua categoria
Alla vista si presenta con un colore rosso rubino brillante e sfumature rosso rubino, abbastanza trasparente. Al naso esprime aromi intensi, puliti, gradevoli e raffinati che si aprono con note di ciliegia e lampone seguite da aromi di fragola, prugna, violetta, rosa e ciclamino. In bocca ha buona corrispondenza con il naso, un attacco leggermente tannico e piacevole morbidezza, comunque equilibrato dall'alcol, buon corpo, sapori intensi. Il finale è persistente con ricordi di prugna, ciliegia e lampone. Megara matura per 12 mesi in vasche di cemento a cui seguono 5-6 mesi di affinamento in bottiglia.
Abbinamento: Paste ripiene, Pesce arrosto, Pesce stufato, Carne bianca arrosto



Morsi di Luce 2003, Florio (Sicilia, Italia)
Morsi di Luce 2003
Florio (Sicilia, Italia)
Uvaggio: Moscato di Alessandria (Zibibbo)
Prezzo: € 14,00 - 50cl Punteggio: Vino eccellente nella sua categoria
Morsi di Luce si presenta con un colore giallo ambra brillante e sfumature giallo dorato, trasparente. Al naso esprime aromi intensi, puliti, gradevoli, raffinati ed eleganti che si aprono con note di uva, marmellata d'arance e miele seguite da aromi di albicocca, pesca, canditi, fico secco, confettura di mele cotogne, mandorla, litchi, salvia e lavanda. In bocca ha buona corrispondenza con il naso, un attacco dolce e morbido, comunque equilibrato dall'alcol, buon corpo, sapori intensi, piacevole. Il finale è persistente con ricordi di uva, marmellata d'arance e albicocca. Vino ben fatto. Morsi di Luce matura per 10 mesi in barrique a cui seguono almeno 10 mesi di affinamento in bottiglia.
Abbinamento: Pasticceria, Torte di frutta secca



Marsala Vergine Baglio Florio 1992, Florio (Sicilia, Italia)
Marsala Vergine Baglio Florio 1992
Florio (Sicilia, Italia)
Uvaggio: Grillo
Prezzo: € 18,00 - 50cl Punteggio: Vino eccellente nella sua categoria
Marsala Vergine Baglio Florio si presenta con un colore giallo ambra brillante e sfumature giallo ambra, trasparente. Al naso rivela aromi intensi, puliti, gradevoli, raffinati ed eleganti che si aprono con note di rancio, fico secco e mandorla seguite da aromi di scorza d'agrume, etereo, miele di castagno, liquirizia, cedro, noce, vaniglia e cuoio. In bocca ha buona corrispondenza con il naso, un attacco piacevolmente fresco e buona morbidezza, comunque equilibrato dall'alcol, buon corpo, sapori intensi. Il finale è persistente con ricordi di mandorla, fico secco e noce. Un vino ben fatto. Questo Marsala Vergine matura per oltre 10 anni in botte a cui seguono almeno 12 mesi di affinamento in bottiglia.
Abbinamento: Formaggi stagionati, Pesce alla griglia, Carne arrosto



L'Anno Zero 2004, Col Sant'Angelo (Umbria, Italia)
L'Anno Zero 2004
Col Sant'Angelo (Umbria, Italia)
Uvaggio: Merlot
Prezzo: € 12,00 Punteggio: Vino eccellente nella sua categoria
Questo vino si presenta con un colore rosso rubino chiaro e sfumature rosso granato, abbastanza trasparente. Al naso denota aromi intensi, puliti e gradevoli che si aprono con note di amarena, prugna e ribes seguite da aromi di mirtillo, violetta, carruba e vaniglia. In bocca ha buona corrispondenza con il naso, un attacco leggermente tannico e comunque equilibrato dall'alcol, buon corpo, sapori intensi. Il finale è persistente con ricordi di amarena e prugna. L'Anno Zero matura per 6 mesi in botte, 3 mesi in vasche d'acciaio e 3 mesi in bottiglia.
Abbinamento: Carne bianca arrosto, Carne saltata, Paste ripiene



Sagrantino di Montefalco Il Medievale 2002, Col Sant'Angelo (Umbria, Italia)
Sagrantino di Montefalco Il Medievale 2002
Col Sant'Angelo (Umbria, Italia)
Uvaggio: Sagrantino
Prezzo: € 18,00 Punteggio: Vino eccellente nella sua categoria
Questo Sagrantino di Montefalco si presenta con un colore rosso rubino brillante e sfumature rosso granato, abbastanza trasparente. Al naso esprime aromi intensi, puliti e gradevoli che si aprono con note di amarena, mora e prugna seguite da aromi di violetta, vaniglia, tabacco e carruba. In bocca ha buona corrispondenza con il naso, un attacco tannico e comunque equilibrato dall'alcol, buon corpo, sapori intensi. Il finale è persistente con ricordi di mora e prugna. Questo Sagrantino di Montefalco matura per 22 mesi in botte a cui seguono 8 mesi di affinamento in bottiglia.
Abbinamento: Carne arrosto, Brasati di carne






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Giorgio Lungarotti

La storia recente del vino in Umbria è indissolubilmente legata a Giorgio Lungarotti, un nome che ha contribuito al rilancio del prestigio della qualità dell'enologia italiana nel mondo

 La storia del vino in Umbria, ma anche in Italia, non sarebbe oggi la stessa senza il fondamentale e caparbio contributo di uno dei grandi nomi del vino del cuore verde d'Italia, indiscutibile patriarca dello sviluppo recente dell'enologia in Umbria e della sua affermazione nel mondo: Giorgio Lungarotti. L'Umbria e i suoi vini hanno oggi percorso molta strada, un viaggio probabilmente inimmaginabile 40 anni fa, ma che vede fra i tanti protagonisti un nome in particolare, uno dei tanti pionieri che negli anni 1960 avevano il sogno di rendere grande il vino delle loro terre e di credere nelle potenzialità della loro storia e della loro tradizione. Giorgio Lungarotti era uno di questi, un uomo che aveva una grande passione per la sua terra e per la sua regione, convinto che dal piccolo cuore verde d'Italia - l'Umbria - si potessero creare grandi vini. Tutto comincia nel 1962 a Torgiano - oggi fra i luoghi dell'eccellenza enologica dell'Umbria - percorrendo un cammino che porterà la bella cittadina Umbra a fregiarsi, nel 1968 e fra le prime in Italia, con il riconoscimento della Denominazione d'Origine Controllata.


La Cantina Giorgio Lungarotti
La Cantina Giorgio Lungarotti

 Fra gli artefici di quel primo e importante successo, il Rubesco - lo storico vino Torgiano Rosso DOC - che a distanza di 40 anni contraddistingue ancora le Cantine Lungarotti nel mondo e uno dei vini umbri di maggiore fama, al quale si unisce il prestigioso Torgiano Rosso Riserva Rubesco Vigna Monticchio. Nel 1999, con la scomparsa di Giorgio Lungarotti, la conduzione della cantina passa nelle mani delle figlie, le sorelle Chiara Lungarotti e Teresa Severini, che insieme alla moglie di Giorgio Lungarotti, la signora Maria Grazia Marchetti Lungarotti, daranno vita a un nuovo stile dell'azienda, un sistema di conduzione interamente al femminile. Grazie agli insegnamenti e alla passione tramandata dal padre Giorgio, Chiara Lungarotti e Teresa Severini continuano oggi, con passione e determinazione, la storia di questa importante cantina umbra. Si introducono nuovi vini - molti di questi sono infatti il frutto delle intuizioni e del lavoro di Teresa Severini - che si uniscono così agli storici vini dell'azienda, come l'imponente San Giorgio Rosso e il prestigioso Torgiano Rosso Riserva Rubesco Vigna Monticchio.

 Portano infatti la firma di Teresa Severini - fra le prime donne enologo in Italia e fra le fondatrici del movimento “Donne del Vino” - due dei nuovi vini che caratterizzano la storia recente delle cantine Lungarotti. Aurente, un eccellente vino bianco - connubio fra Chardonnay e il locale Grechetto - e Giubilante, un interessante rosso nato dall'unione di Merlot, Sangiovese e Syrah la quale etichetta è stata disegnata dal pittore Piero Dorazio. A questi vini si aggiunge da quest'anno anche il risultato dei vigneti di proprietà delle cantine Lungarotti coltivati nell'altra grande terra da vino dell'Umbria - Montefalco - famosa nel mondo per il Sagrantino. Proprio quest'anno è stato infatti rilasciato per la prima volta nel mercato il Sagrantino di Montefalco delle cantine Lungarotti, 5400 bottiglie dell'annata 2003, un interessante risultato che offre certamente buone speranze per le annate future, viste le premesse, questo vino sarà capace di regalare grandi emozioni e soddisfazioni ai palati degli enoappassionati.


Un sistema al femminile: da
sinistra a destra Chiara Lungarotti, Maria Grazia Marchetti Lungarotti e Teresa
Severini
Un sistema al femminile: da sinistra a destra Chiara Lungarotti, Maria Grazia Marchetti Lungarotti e Teresa Severini

 Chiara Lungarotti - recentemente eletta presidente del Movimento Turismo del Vino - è l'amministratore unico dell'azienda. Grazie alla sua passione e alla sua competenza in campo agrario ed enologico, introduce nei vigneti e nelle cantine sistemi innovativi e moderni, facendo attenzione a mantenere l'equilibrio fra la tradizione della sua famiglia e della sua terra con la sperimentazione e modelli innovativi per la produzione vinicola. Grazie alla competenza e alla sensibilità culturale e artistica della signora Maria Grazia Marchetti Lungarotti, si deve l'istituzione della Fondazione Lungarotti, importante anello di congiunzione fra il mondo dell'arte e del vino della famiglia. Grazie all'opera di Maria Grazia Marchetti Lungarotti nascono anche il museo del vino e il museo dell'olio, due importanti e straordinarie testimonianze della cultura e della storia di questi due importantissimi prodotti della tradizione umbra e italiana. I musei, grazie anche agli straordinari reperti storici che qui si conservano, sono oggi due realtà culturali di rilevanza nazionale e famose in tutto il mondo.


 

 I vigneti delle cantine Lungarotti si trovano nella zona vinicola di Torgiano, ai quali si sono aggiunti recentemente quelli di Montefalco. I vigneti di Torgiano si trovano tutti in posizione collinare. Le uve utilizzate per la produzione dei rossi riserva e dei bianchi più prestigiosi provengono da vigneti situati ad altitudini comprese fra i 270 e i 300 metri, mentre le uve impiegate per la produzione dei vini giovani e freschi provengono da vigneti situati nella valle del Tevere, ad altitudini comprese fra 170 e 200 metri. Nei vigneti delle cantine Lungarotti si opera nel rispetto della natura e secondo principi eco-compatibili, pur ricorrendo - quando necessario - alle moderne tecnologie di viticoltura. Fra queste, l'interessante sistema di controllo meteorologico fornito da cinque apposite stazioni collocate nei vigneti e che forniscono preziosi dati sulle condizioni locali, consentendo quindi di intervenire opportunamente in accordo alle condizioni meteorologiche, garantendo una migliore gestione agronomica e limitando al minimo gli interventi antiparassitari.

 In cantina trovano spazio le più innovative tecnologie enologiche e, nonostante siano presenti barrique di rovere, lo stile Lungarotti ha da sempre preferito l'uso della botte grande di rovere francese, in modo particolare, per i vini prodotti con uva Sangiovese. Nelle grotte di affinamento trovano inoltre posto suggestive file di pupitres utilizzate per la produzione dello spumante metodo classico Lungarotti Brut. Una caratteristica che ha sempre contraddistinto le riserve della cantina Lungarotti, è il lungo affinamento in bottiglia, oggi comunque ridotto a cinque anni. Di notevole spessore, infine, la squadra di enologi che danno vita ai vini di Lungarotti. Oltre a Teresa Severini, la cantina Lungarotti di avvale del lavoro dell'enologo Vincenzo Pepe e di due consulenti esterni di grande prestigio, come Lorenzo Landi e Denis Dubourdieu, enologo e ricercatore di fama mondiale, nonché professore di enologia della prestigiosa facoltà di enologia dell'Università di Bordeaux.

 




Legenda dei punteggi

Sufficiente    Abbastanza Buono    Buono
Ottimo    Eccellente
Vino eccellente nella sua categoria Vino eccellente nella sua categoria
Vino con buon rapporto qualità/prezzo Vino con buon rapporto qualità/prezzo
I prezzi sono da considerarsi indicativi in quanto possono subire variazioni a seconda del paese
e del luogo in cui vengono acquistati i vini




Torre di Giano Bianco Vigna il Pino 2004, Lungarotti (Umbria, Italia)
Torre di Giano Bianco Vigna il Pino 2004
Lungarotti (Umbria, Italia)
Uvaggio: Trebbiano Toscano (70%), Grechetto (30%)
Prezzo: € 9,75 Punteggio: Vino eccellente nella sua categoria
Alla vista si presenta con un colore giallo paglierino chiaro e sfumature giallo verdolino, molto trasparente. Al naso esprime aromi intensi, puliti, gradevoli e raffinati che si aprono con note di pera, mela e biancospino seguite da aromi di ananas, ginestra, vaniglia, nocciola e susina. In bocca ha buona corrispondenza con il naso, un attacco fresco e comunque equilibrato dall'alcol, buon corpo, sapori intensi, piacevole morbidezza. Il finale è persistente con ricordi di mela, susina e pera. Una parte di Torre di Giano Vigna Il Pino fermenta e matura per 3 mesi in barrique, a cui segue un affinamento di 6 mesi in bottiglia.
Abbinamento: Paste ripiene, Pesce arrosto, Crostacei alla griglia, Carne bianca arrosto



Aurente 2004, Lungarotti (Umbria, Italia)
Aurente 2004
Lungarotti (Umbria, Italia)
Uvaggio: Chardonnay (90%), Grechetto (10%)
Prezzo: € 14,85 Punteggio: Vino eccellente nella sua categoria
Aurente si presenta con un colore giallo dorato intenso e sfumature giallo dorato, molto trasparente. Al naso esprime aromi intensi, puliti, gradevoli, raffinati ed eleganti che si aprono con note di banana, tostato e nocciola seguite da aromi di mela, susina, lievito, vaniglia, ananas, litchi, pompelmo, minerale e pralina. In bocca ha buona corrispondenza con il naso, un attacco fresco e piacevole morbidezza, comunque ben equilibrato dall'alcol, buon corpo, sapori intensi, piacevole. Il finale è persistente con ricordi di banana, susina e pompelmo. Un vino ben fatto. Aurente matura per 7 mesi in barrique a cui seguono 6 mesi di affinamento in bottiglia.
Abbinamento: Paste ripiene, Pesce arrosto, Carne bianca arrosto, Zuppe di pesce e funghi



Giubilante 2003, Lungarotti (Umbria, Italia)
Giubilante 2003
Lungarotti (Umbria, Italia)
Uvaggio: Sangiovese, Merlot, Syrah
Prezzo: € 8,85 Punteggio: Vino eccellente nella sua categoria
Giubilante si presenta con un colore rosso rubino intenso e sfumature rosso rubino, abbastanza trasparente. Al naso esprime aromi intensi, puliti, gradevoli e raffinati che si aprono con note di amarena, prugna e ribes seguite da aromi di mirtillo, vaniglia, violetta, carruba e pepe nero. In bocca ha buona corrispondenza con il naso, un attacco leggermente tannico e piacevole morbidezza, comunque equilibrato dall'alcol, buon corpo, sapori intensi, piacevole. Il finale è persistente con ricordi di amarena e prugna. Giubilante matura per 8 mesi in barrique a cui segue oltre un anno di affinamento in bottiglia.
Abbinamento: Carne alla griglia, Carne arrosto, Stufati di carne con funghi



Sagrantino di Montefalco 2003, Lungarotti (Umbria, Italia)
Sagrantino di Montefalco 2003
Lungarotti (Umbria, Italia)
Uvaggio: Sagrantino
Prezzo: € 17,25 Punteggio:
Alla vista si presenta con colore rosso rubino brillante e sfumature rosso granato, poco trasparente. Al naso esprime aromi intensi, puliti, gradevoli e raffinati che si aprono con note di prugna, mora e amarena seguite da aromi di mirtillo, violetta, vaniglia, carruba, anice, macis e chiodo di garofano. In bocca ha buona corrispondenza con il naso, un attacco tannico e comunque equilibrato dall'alcol, corpo pieno, sapori intensi. Il finale è persistente con ricordi di prugna, amarena e mora. Questo Sagrantino di Montefalco matura in barrique per 12 mesi a cui seguono 18 mesi di affinamento in bottiglia.
Abbinamento: Carne arrosto, Selvaggina, Brasati e stufati di carne, Formaggi stagionati



Torgiano Rosso Riserva Rubesco Vigna Monticchio 2001, Lungarotti (Umbria, Italia)
Torgiano Rosso Riserva Rubesco Vigna Monticchio 2001
Lungarotti (Umbria, Italia)
Uvaggio: Sangiovese (70%), Canaiolo Nero (30%)
Prezzo: € 20,00 Punteggio: Vino eccellente nella sua categoria
Questo vino si presenta con un colore rosso rubino brillante e sfumature rosso granato, poco trasparente. Al naso esprime aromi intensi, puliti, gradevoli, raffinati ed eleganti che si aprono con note di amarena, prugna e mirtillo seguite da aromi di violetta, ciclamino, vaniglia, lampone, mora, carruba, liquirizia, tabacco, cannella e mentolo. In bocca ha buona corrispondenza con il naso, un attacco tannico e piacevole morbidezza, comunque equilibrato dall'alcol, corpo pieno, sapori intensi, piacevole. Il finale è persistente con ricordi di amarena, prugna e mora. Un vino ben fatto. Torgiano Rosso Riserva Rubesco Vigna Monticchio matura in botte e in barrique per 12 mesi a cui seguono 3 anni di affinamento in bottiglia.
Abbinamento: Carne arrosto, Brasati e stufati di carne, Formaggi stagionati



San Giorgio 2001, Lungarotti (Umbria, Italia)
San Giorgio 2001
Lungarotti (Umbria, Italia)
Uvaggio: Cabernet Sauvignon (50%), Sangiovese (40%), Canaiolo Nero (10%)
Prezzo: € 17,25 Punteggio:
San Giorgio si presenta con un colore rosso rubino intenso e sfumature rosso granato, poco trasparente. Al naso esprime aromi intensi, puliti, gradevoli, raffinati ed eleganti che si aprono con note di ribes, amarena e prugna seguite da aromi di violetta, vaniglia, mirtillo, mora, mentolo, tabacco, liquirizia, cioccolato, cannella e pepe rosa. In bocca ha ottima corrispondenza con il naso, un attacco tannico e comunque ben equilibrato dall'alcol, corpo pieno, sapori intensi, piacevole. Il finale è molto persistente con lunghi ricordi di amarena, ribes e prugna. Un vino ben fatto. San Giorgio matura per 12 mesi in barrique seguiti da 3 anni di affinamento in bottiglia.
Abbinamento: Carne arrosto, Selvaggina, Brasati e stufati di carne, Formaggi stagionati



Cantine Giorgio Lungarotti - Via Mario Angeloni, 16 - 06089 Torgiano (Perugia) - Tel. 075 988661 Fax 075 9886650 - Enologo: Vincenzo Pepe con la consulenza di Denis Dubourdieu e Lorenzo Landi - Anno fondazione: 1962 - Produzione: 2.600.000 bottiglie - E-Mail: lungarotti@lungarotti.it - WEB: www.lungarotti.it


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  Produttori Numero 44, Settembre 2006   
Giorgio LungarottiGiorgio Lungarotti Giornale di CantinaGiornale di Cantina  Sommario 
Numero 43, Estate 2006 Segui DiWineTaste su Segui DiWineTaste su TwitterNumero 45, Ottobre 2006

Giornale di Cantina


 Questa rubrica è riservata ai produttori di vino che intendono rendere note particolari attività produttive, annunciare nuovi prodotti o semplicemente comunicare alla clientela informazioni e promozioni sulla propria attività e i propri prodotti. Inviare le notizie da pubblicare al nostro indirizzo e-mail.

 

Livio Felluga: 50 Anni di Carta Geografica


 
Settembre 2006, è festa a Brazzano di Cormòns in Friuli Venezia Giulia per i “50 anni di carta geografica”, quell'etichetta, con la mappatura della “proprie colline”, inventata nel '56 da Livio Felluga, che ha determinato la geografia del suo vino in tutto il mondo, con un'idea di marketing ante litteram, che ha origine nel semplice amore per la terra. A celebrare l'evento è un libro che “viaggia intorno” alla storia delle carte geografiche, con aneddoti, ricordi, divertissement, divagazioni sul tema affidate ad artisti e scrittori, accademici e celebrità internazionali affezionatesi a Livio Felluga e alla qualità dei suoi vini, tra cui Terre Alte, tanto celebrato in tutto il mondo. “50 anni di carta geografica. Storia di un viaggio intorno” è infatti anche la “storia di un viaggio intorno” a Livio Felluga e alla sua azienda, alla vicende imprenditoriali ed umane di un patriarca dell'enologia italiana, che ha creduto nel potere delle colline, prima degli altri, quando erano le fabbriche a popolarsi intorno. Lo dice Livio stesso in una lunga ed inedita intervista, che a 92 anni per la prima volta racconta l'Italia del Novecento.
Il libro è anche la “storia di un viaggio intorno” alla carta geografica, alla mappa del tesoro che incastra in ognuno di noi il desiderio di un angolo di mondo dove sognare, in una girandola di temi ad essa dedicati, dall'arte antica a quella contemporanea, dalla cartografia storica alle “mappe immaginate” degli illustratori di fama internazionale, tra cui Tullio Pericoli, Lorenzo Mattotti, Guido Scarabattolo, Gianluigi Toccafondo. “50 anni di carta geografica. Storia di un viaggio intorno”, a cura di Elena Commessatti, progetto grafico di Giovanna Durì, è in edizione bilingue (italiano, inglese).
Per l'occasione verrà presentata una speciale selezione di Pinot grigio in bottiglie numerate e confezionate con l'etichetta in versione originale del 1956. In contemporanea, si potrà fare un autentico “viaggio intorno” alle carte geografiche di Famiglia, esposte nella sede dell'Azienda per tutto il mese di settembre, in una curiosa e inconsueta mostra (entrata libera). Per informazioni www.liviofelluga.it

 



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  Eventi Numero 44, Settembre 2006   
NotiziarioNotiziario  Sommario 
Numero 43, Estate 2006 Segui DiWineTaste su Segui DiWineTaste su TwitterNumero 45, Ottobre 2006

Notiziario


 In questa rubrica sono pubblicate notizie e informazioni relativamente a eventi e manifestazioni riguardanti il mondo del vino e dell'enogastronomia. Chiunque sia interessato a rendere noti avvenimenti e manifestazioni può comunicarlo alla nostra redazione all'indirizzo e-mail.

 

A San Vito lo Capo Torna il Cous Cous Fest


 
La cultura e la tradizione gastronomica di otto paesi saranno al centro della nona edizione del Cous Cous Fest di San Vito Lo Capo, la rassegna internazionale di cultura ed enogastronomia del Mediterraneo che, dal 19 al 24 settembre prossimi, trasformerà la cittadina in provincia di Trapani in un palcoscenico mediterraneo dove protagonista è il cous cous, piatto della pace. È intorno ai Miti e i riti che legano il cous cous ai paesi partecipanti: Algeria, Costa d'Avorio, Israele, Italia, Marocco, Palestina, Senegal e Tunisia che si articolerà la rassegna, un happening festoso di genti, tradizioni e sapori che ha come cornice naturale la splendida spiaggia di San Vito Lo Capo, dal volto mediterraneo e dall'anima araba. Il cous cous, piatto giramondo, unisce in sé il globale e il locale. Ovunque sia approdato, in giro per il mondo, il piatto ha sposato le caratteristiche del territorio, diventando, volta per volta, maftoul, kseksou, cuscus, cascasa, sekso, kskso, kuskus, kuski, burgul o tabouleh. Saranno proprio le tradizioni, i miti e i riti dei paesi dove è approdato a intessere i fili di una festa che celebra un piatto “povero” per definizione, ma ricchissimo per fantasia e tradizioni. Ecco che intorno al cous cous si darà vita, a San Vito, ad un gioioso melting pot etnico e culturale che unisce in sé le suggestioni del palato, i colori e i suoni del Mediterraneo. Il visitatore si tufferà in un viaggio seducente alla scoperta delle anime più profonde e dei volti dei popoli che incontrerà in questo lembo di promontorio. E potrà appuntare le sue riflessioni e i suoi pensieri su un taccuino - un diario di viaggio - gadget simbolo della prossima edizione.

Convegno Internazionale sugli Autoctoni

È fissato per il 16 settembre a Cirò Marina il convegno internazionale “L a Cultura della Vite e del Vino in Calabria: Antiche Tradizioni per una Moderna Vitivinicoltura” durante il quale verranno presentati i primi risultati degli studi condotti dall'azienda vinicola Librandi sui vitigni autoctoni calabresi. L'evento si propone di analizzare lo stato attuale delle sperimentazioni realizzate da Librandi sulle 159 varietà di vite della Calabria recuperate e catalogate, molte delle quali non riconducibili a varietà già conosciute. Verranno presentati anche gli sviluppi passati e futuri della ricerca e le potenzialità di questi vitigni sulla base degli studi scientifici effettuati dai maggiori esperti italiani in materia. Il convegno sarà completato dalla visita alla cantina Librandi, una fra le più tecnologicamente avanzate nel Sud Italia, e ai campi sperimentali nei quali l'azienda sta conducendo le ricerche in collaborazione con illustri studiosi di viticoltura. Si potranno inoltre degustare i primi vini risultati dalla ricerca, vini dal livello qualitativo altissimo e che promettono di stupire per la loro unicità.

7ª Edizione del Festival della Franciacorta

Sabato 16, domenica 17 e lunedì 18 settembre 2006, si svolgerà la Settima Edizione del Festival del Franciacorta, un appuntamento organizzato dal Consorzio per la tutela del Franciacorta con i contributi della Direzione Generale Agricoltura della Regione Lombardia e della Camera di Commercio di Brescia. Tre giorni da trascorrere sul territorio della Franciacorta, una zona a sud del Lago d'Iseo, in provincia di Brescia. Il Festival del Franciacorta è l'occasione per incontrare produttori e consumatori, appassionati e neofiti, nuovi curiosi e vecchi amici. Un progetto che vede il coinvolgimento di tante realtà locali, tutte riunite in un unico appuntamento per dare forza alla diffusione di una cultura e di un territorio relativamente giovane, ma in continua evoluzione e crescita. La cultura del Franciacorta passa attraverso la conoscenza e le emozioni che solo il prodotto unico e inconfondibile di un territorio sanno dare e trovano nel Festival un momento di sintesi e di confronto che sarebbe un peccato perdere.
L'appuntamento è con 52 Cantine della Franciacorta che per i tre giorni del Festival metteranno in degustazione oltre 100 etichette della produzione di Franciacorta nelle varie tipologie. Per informazioni: www.franciacorta.net

Festa del Vino Barolo

Il 10 settembre Barolo si veste a festa, celebrando la sua storia con uno degli appuntamenti più attesi dell'estate in Langa: una splendida occasione per conoscere da vicino il territorio da cui il “re dei vini” trae origine, alimentandosi degli aromi e dei colori di un paesaggio unico al mondo. Il borgo di Barolo, su iniziativa della Pro-loco, accoglie visitatori, appassionati e semplici curiosi in quel momento magico in cui le colline - ancora memori del rigoglio estivo - mutano aspetto e colori, a preludio della successiva vendemmia. Momento centrale della manifestazione l'itinerario del gusto: un percorso enogastronomico lungo le vie del paese, con banchi d'assaggio e degustazione che propongono le prelibatezze dell'eccellenza gastronomica di tutto il Piemonte e di altre regioni italiane, accuratamente selezionate e proposte al pubblico direttamente dai produttori. Centro indiscusso dell'itinerario, ovviamente, le degustazioni delle migliori etichette del Barolo dei produttori di Barolo.
La festa è anche l'occasione di trascorrere alcuni giorni a diretto contatto con l'arte, la cultura e la storia del territorio del Barolo. la “Festa del vino Barolo”, infatti, non si esaurisce la domenica: per tutto il weekend il celebre centro sulle colline di Langa è in fermento per celebrare il magico momento in cui le colline - ancora memori dell'opulenza estiva - preludono alla successiva vendemmia. Si potrà andare così alla scoperta del paese che ha dato i natali al “re dei vini”, visitando il centro storico d'impianto medioevale, il castello dei marchesi Falletti e l'Enoteca Regionale del Barolo. Impossibile dimenticare, poi, le visite alle cantine del Comune di Barolo, tutte aperte, nella cui atmosfera rarefatta e carica di suggestione e profumi il Barolo prende pian piano forma, fino a diventare il più pregiato dei vini. Per informazioni: www.turismoinlanga.it

 



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  Cavatappi Numero 44, Settembre 2006   
La Cucina Italiana e il VinoLa Cucina Italiana e il Vino  Sommario 
Numero 43, Estate 2006 Segui DiWineTaste su Segui DiWineTaste su TwitterNumero 45, Ottobre 2006

La Cucina Italiana e il Vino

Fra le più celebri e ricche del mondo, la cucina italiana esalta la semplicità degli ingredienti in un trionfo di sapori dove il vino è sempre un eccellente compagno della tavola

 Parlare della cucina italiana non è semplice. La ricchezza e la vastità di questa gustosa gastronomia è tale tanto da rendere praticamente incompleta qualunque definizione o descrizione. Fra le cucine più famose e apprezzate del mondo, la gastronomia italiana - un immenso patrimonio frutto delle culture e delle tradizioni culinarie delle sue regioni, di fatto, ognuna rappresentante un mondo a sé - beneficia della ricchezza e della diversità degli ingredienti che tipicamente contraddistinguono la maggioranza delle aree dello stivale: mare, monti, colline, laghi e pianure. Certamente è anche il risultato di culture che hanno avuto una particolare sensibilità verso il cibo, non solo un modo per assicurare la sopravvivenza nella sua forma più essenziale, ma anche un modo per trarre piacere dalle cose che la terra poteva offrire. Ingredienti semplici ma con una ricchezza inestimabile e con i quali preparare pietanze sopraffine, come per esempio la pasta, e i suoi infiniti modi di condirla, e la pizza.


Spaghetti al pomodoro,
capperi e origano: profumi del mediterraneo della cucina italiana
Spaghetti al pomodoro, capperi e origano: profumi del mediterraneo della cucina italiana

 La cucina italiana si può definire come un insieme di culture e tradizioni gastronomiche locali e regionali che - grazie all'uso comune di numerosi ingredienti - hanno contribuito a creare un modello e uno stile identificabile con la “cucina italiana”. Le culture gastronomiche delle singole regioni hanno inoltre subìto il forte influsso degli antichi popoli che le abitarono in tempi passati e che introdussero sia l'uso di ingredienti, sia tecniche e pietanze specifiche, in entrambi i casi diventati con il tempo tipici e identificativi. Si pensi, per esempio, all'importanza dei cereali e dei legumi nelle regioni anticamente abitate dagli etruschi - in particolare Umbria e Toscana - oppure al forte influsso della cultura gastronomica araba nella cucina siciliana, così come l'influsso della cucina francese nelle regioni nord-occidentali dell'Italia. Oltre a questo, è infine opportuno aggiungere l'indispensabile “ingrediente” rappresentato dalla storia, che nel corso del tempo ha perfezionato - ma anche eliminato completamente - l'uso degli ingredienti, delle tecniche di cottura e del gusto.

 Fra i tanti ingredienti che caratterizzano la cucina italiana, troviamo anche il vino che, non solo era - ed è - sempre presente nelle tavole ad accompagnare i pasti, ma spesso è perfino ingrediente essenziale nella preparazione di pietanze e salse o nella marinatura di alcuni ingredienti prima di procedere alla cottura. Il vino ha da sempre svolto un ruolo importantissimo nella cucina italiana, un ruolo che ovviamente condivide anche con altri e fondamentali ingredienti, come per esempio l'olio d'oliva e la pasta. Grazie alla diversità del territorio e alla ricchezza delle risorse che si trovano in ogni regione, la cucina italiana offre un repertorio gastronomico estremamente vasto, dalla cucina di terra - espressa dalla ricchezza di verdure, cereali e legumi - alla cucina di pesce, dall'infinita cultura del pane e delle focacce, della quale la figlia più celebre è senz'altro la pizza, fino alla fantasiosa e gustosissima pasticceria. Uno stile gastronomico apprezzato non solo in Italia, ma anche sinonimo del “buon mangiare” ovunque nel mondo.

 

Gli Ingredienti della Cucina Italiana

 Fra i tanti ingredienti che hanno reso celebre e apprezzata la cucina Italiana nel mondo, un posto d'onore spetta sicuramente alla pasta. Corta, lunga, nelle più svariate e quasi impossibili forme, la pasta è un ingrediente che è presente in numerose e praticamente infinite ricette. Il tipo di pasta che principalmente identifica la cucina italiana sono gli spaghetti, tradizionalmente preparati con farina di grano duro. Il tipo di farina utilizzato per la preparazione della pasta contraddistingue anche l'area e la regione di provenienza: farina di grano duro per le regioni meridionali; farina di grano tenero per quelle dell'Italia centrale e settentrionale. Tradizionalmente, nelle regioni settentrionali e centrali dell'Italia, la farina di grano tenero è impastata con le uova, talvolta, in alcune regioni dell'Italia centrale, con la sola acqua. Nelle regioni meridionali del paese, la farina di grano duro è tipicamente impastata con acqua. In Italia la pasta è prodotta anche con la farina di altri cereali, come farro e orzo, così come con la farina di alcune leguminose: famosa è la pasta con farina di ceci. In Valtellina sono celebri i tipici pizzoccheri, una pasta confezionata in forma di corti nastri e prodotta con la farina di grano saraceno.


 

 Nella preparazione dei cosiddetti primi piatti, nonostante il suo incrollabile dominio nelle tavole degli italiani, non si utilizza solamente la pasta. In Italia si fa infatti largo uso anche di cereali, in particolare del riso - tipicamente coltivato nelle regioni settentrionali - il quale, grazie alla sua estrema versatilità in cucina, è protagonista di numerose ricette, fra queste il celebre risotto e le sue infinite interpretazioni. Tipici delle regioni del centro Italia sono invece gli altri cereali e i legumi, in modo particolare Umbria e Toscana, dove farro, orzo, frumento, lenticchie, ceci, fagioli, fave e cicerchie sono i protagonisti assoluti di gustose zuppe: una tradizione antichissima che risale ai tempi degli etruschi. Le ricette della cucina italiana, grazie alla ricchezza dei prodotti della sua terra, fanno un largo uso di ortaggi e verdure di ogni tipo, compresi i vegetali che furono importati dall'America in Italia alcuni secoli fa - peperoni, pomodori e patate - così largamente utilizzati tanto da essere oramai considerati come “tipici”. Un classico esempio è quello del pomodoro, ingrediente che è direttamente associato alla pasta e con il quale si preparano le gustose salse utilizzate per il suo condimento.

 A proposito dell'uso degli ortaggi nelle salse per la pasta - così come per la carne - tre di queste sono da considerarsi come la base per la maggioranza di esse: cipolla, carota e sedano. Questi tre ortaggi, opportunamente tritati o tagliati grossolanamente, uniti all'olio d'oliva e fatti soffriggere, costituiscono la base per innumerevoli pietanze e salse. Le verdure sono inoltre ampiamente utilizzate per la preparazione di pietanze specifiche, nelle quali il loro ruolo è di primaria importanza. Un elenco delle verdure utilizzate nella cucina italiana risulterebbe comunque incompleto a causa delle decine di varietà impiegate, alle quali si aggiungono anche le verdure e gli ortaggi tipici di ogni regione. Fra i più tipici si ricordano melanzana, patata, cavolo, cavolfiore, broccoli, zucca, cetriolo, pomodori, spinaci, cipolla, rape e barbabietole. Le pietanze della cucina italiana sono riccamente profumate e insaporite da erbe aromatiche come rosmarino, salvia, finocchio, basilico, prezzemolo, aglio, menta, timo, maggiorana e origano. Anche l'uso di spezie è piuttosto comune: pepe, cannella, noce moscata e zafferano le più tipiche.

 Non solo dall'orto la fantasia dei cuochi trae i suoi ingredienti. Il bosco è infatti un'altra importante risorsa della cucina italiana e dal quale si raccolgono funghi, asparagi e numerose erbe selvatiche, oltre a bacche e frutti che, in tempi passati più che in quelli recenti, entravano a fare parte nella preparazione di diverse pietanze, in particolare quella a base di carne, una tradizione molto diffusa, per esempio, ai tempi degli etruschi, i quali erano soliti aggiungere anche il miele. La carne è prevalentemente utilizzata nelle cucine delle aree più interne, lontane dalla costa del mare o dei laghi. Le carni più utilizzate nella cucina italiana sono quelle bovine, suine e ovine, oltre alle carni avicole. In particolare, con la carne di suino e di cinghiale si preparano numerosi salumi, a loro volta ingredienti di diverse pietanze oltre a costituire una pietanza a sé tipicamente accompagnata dal pane e dalle focacce. Nelle regioni di montagna e di collina, si aggiunge anche il consumo di selvaggina, in particolare cinghiale, cervo, daino, capriolo e uccelli selvatici.

 Grazie al lungo tratto costiero, le regioni che si affacciano sul mare annoverano nella loro gastronomia una ricca scelta di ricette a base di pesce. Le varietà di pesce utilizzate per la preparazione di pietanze variano in accordo a ogni regione, poiché ognuna di queste predilige pesci specifici anche in accordo alle specie maggiormente presenti nei loro mari. La presenza di laghi e fiumi nel territorio italiano consentono anche alle regioni lontane dal mare di portare in tavola pesce, oltre a pesci essiccati e conservati con il sale, come baccalà e stoccafisso. Per quanto riguarda i condimenti, il ruolo principale è svolto dall'olio d'oliva, utilizzato generalmente crudo ma anche come base per la cottura, presente in ogni regione d'Italia grazie alla notevole presenza di alberi di olivo. Nonostante l'olio d'oliva costituisca il condimento principale ovunque in Italia, nelle regioni del nord Italia si utilizza anche il burro, una caratteristica pressoché assente nelle regioni centrali e meridionali. Fra i grassi impiegati in cucina, un ruolo importante è svolto dal lardo di maiale e dallo strutto, quest'ultimo utilizzato anche per friggere.

 

Le Pietanze della Cucina Italiana

 La ricchezza della cucina italiana è tale che qualunque tentativo di compilare un elenco completo delle ricette è quanto meno presuntuoso. La ricchezza delle diverse culture popolari che in ogni regione evidenziano ancora un forte legame con il proprio passato e con le proprie tradizioni culinarie, rende praticamente impossibile la definizione di una cucina italiana vera e propria. Si può eventualmente parlare di uno stile “nazionale” e universalmente riconosciuto di interpretare la cucina tale da rendere le pietanze identificabili come “italiane”. Questo può essere meglio compreso con uno degli ingredienti principali della cucina italiana: la pasta. Il modo più tipico e consueto di cucinare la pasta in Italia - sia fresca sia secca - è quello di lessarla al dente e quindi di versarla nel condimento, mantecare e aggiungere il restante condimento. Altro modo tipico di cucinare la pasta in Italia è quello di farcirla con impasti di carne o di verdure e quindi lessarla come di consueto, oppure affidare la cottura al forno arricchendo la ricetta con condimenti più o meno complessi.

 Altra particolarità della cucina italiana è il modo con il quale si prepara una particolare ricetta che vede il riso come protagonista assoluto: il risotto. Questa gustosissima ricetta - tutta italiana - prevede la lenta e progressiva stufatura del riso in un liquido, generalmente brodo, al quale si aggiungono gli ingredienti dettati dalla fantasia. Per quanto concerne la carne, in Italia si prepara impiegando numerose tecniche: arrosto, griglia, brasatura, stufatura e saltatura, tecniche utilizzate anche per il pesce. Prima della cottura la carne e il pesce sono spesso marinati con vino o aceto ai quali si aggiungono spezie e ortaggi. Fra i “primi piatti”, le zuppe e le minestre sono pietanze molto diffuse, generalmente servite al posto della pasta, o come più propriamente si dovrebbe dire, della pastasciutta. Nelle zuppe della cucina italiana si ritrovano tutti i suoi ingredienti tipici, ma in particolare cereali e legumi, molto spesso arricchiti con carne. Infine, una particolare menzione spetta al pane e ai suoi infiniti derivati, fra questi la pizza che con le sue infinite varianti offre sempre un fantasioso e goloso pasto che contraddistingue ovunque nel mondo l'Italia, la sua cultura e la sua cucina.

 

L'Abbinamento con il Vino

 In Italia si ritiene che nell'abbinamento del vino con le pietanze debba seguire il concetto della regionalità, cioè le pietanze di una determinata regione si abbinano ai vini della stessa terra. Questo principio - che segue una regola unicamente tradizionale - non ha nessun riscontro “tecnico”. Grazie alla ricchezza di vini e uve delle quali ogni regione dispone, è molto probabile che uno o più vini di una regione siano abbinabili alle pietanze tradizionali di quella terra. Questa regola, molto seguita in Italia, non è da considerarsi rigorosa e assoluta, poiché si possono formulare eccellenti abbinamenti enogastronomici anche con i vini di altre regioni che - in molti casi - risultano essere addirittura più armonici rispetto a quelli proposti con il vino della stessa regione. Infatti, è opportuno ricordare che un proficuo abbinamento enogastronomico è sempre formulato in funzione delle qualità organolettiche della pietanza e del vino, indipendentemente dalla loro regione di provenienza.

 Per esempio, affermare che con la pasta o con un risotto sia sempre proponibile un vino bianco, è una regola che non trova riscontri pratici, poiché non è raro l'abbinamento anche con altri tipi di vini, rosso compreso. Il fattore determinante per l'abbinamento con la pasta è rappresentato dal suo condimento, pertanto una salsa robusta e ricca di carne si può abbinare con un vino rosso altrettanto robusto. La stessa regola vale anche per il pesce - notoriamente considerato il compagno ideale dei vini bianchi - che può essere ben abbinato al vino rosso. A tale proposito si pensi alla celebre e ricca zuppa di pesce livornese cacciucco, così complessa da rendere anonimi la maggioranza dei vini bianchi. Le stesse considerazioni valgono quindi anche per le pietanze a base di carne, nelle quali si valuteranno il tipo di carne, la tecnica di cottura e i condimenti. Un argomento a parte merita invece la pizza. Nonostante in Italia sia molto frequente l'abbinamento con la birra, questo celebre e gustoso piatto si abbina ottimamente anche con il vino, come detta la più antica tradizione. Anche in questo caso è bene considerare gli ingredienti utilizzati oltre alla base che, essendo composta di farina, tenderà a fare prevalere il suo gusto tendenzialmente dolciastro. Questa caratteristica suggerisce l'uso di un vino effervescente o uno spumante, anche metodo classico, che non deluderà il palato dei buongustai.

 




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Gli Agrumi

Profumati e deliziosi, gli agrumi sono diffusi in tutta l'area del Mediterraneo, conosciuti e utilizzati da secoli sia come alimento sia per la produzione di cosmetici

 Gli agrumi appartengono alla famiglia delle Rutacee, sottofamiglia delle Aurantioideae. La famiglia degli agrumi si divide in tre generi: Citrus, Fortunella e Poncirus Trifoliata. Nonostante il genere degli agrumi comprenda solamente tre generi e diciotto specie definite, in realtà si contano altre mutazioni naturali. Per questo motivo gli agrumi sono molto diffusi nel mondo, con i quali sono stati creati anche numerosi ibridi. Dal punto di vista botanico, il frutto è un esperidio, cioè una bacca con polpa divisa in spicchi contenenti i semi. La polpa degli agrumi contiene materiale cellulosico, mentre il succo contiene carboidrati, acido citrico e tartarico, proteine, ceneri, vitamina C, lipidi, carotenoidi e clorofilla.

 

Breve Storia degli Agrumi

 La terra natia del genere Citrus è la Cina e l'India, i Poncirus invece provengono dalla Corea e dalla Cina, mentre le Fortunelle sono originarie della Cina. La Cina e alcune regioni limitrofe, sono le terre che hanno dato origine agli agrumi, infatti, è proprio in queste regioni che troviamo le prime testimonianze scritte sugli agrumi. Dall'estremo oriente gli agrumi iniziano a diffondersi verso i paesi confinanti e fanno la loro comparsa in India, in Indocina e nelle isole del Mare Cinese Meridionale, il mare delle Filippine, fino all'Oceano Indiano. Dalla Cina gli agrumi giungono anche in Giappone: i moderni mandarini satsuma, che costituiscono l'80% della produzione di questo paese, derivano dai guanxi cinesi. Pare che questo mandarino sia stato importato in Giappone nel 1500 e che si sia adattato velocemente al nuovo territorio diventando un prodotto tipico.

 Le prime informazioni scritte in India sugli agrumi risalgono ai tempi delle prime forme di scrittura in sanscrito, lingua indo-europea importata dagli ariani tra il 2000 ed il 1000 avanti Cristo. In sanscrito, il cedro e il limone sono tradotti con l'unico termine jambila: questo termine si trova per la prima volta nel Vajasaneyi samhita, scritto poco prima dell'800 aC. Poiché in sanscrito non esistono parole antiche per indicare l'arancio, questo avvalora l'ipotesi che sia stato importato in India dalla Cina circa 2000 anni fa, probabilmente con le migrazioni dallo Yunnan verso la vallata dal Bramaputra. È ormai appurato che le popolazioni dell'India avevano contatti culturali e commerciali con le popolazioni della Mesopotamia, la terra che si trova tra i fiumi Tigri ed Eufrate. Nonostante il clima non fosse molto adatto alla cultura degli agrumi, l'abilità degli agricoltori babilonesi seppe sopperire a questa limitazione.


Le varietà di agrumi più famose nel
mondo: arance e limoni
Le varietà di agrumi più famose nel mondo: arance e limoni

 Con molta probabilità, la coltivazione degli agrumi si è fatta strada dall'India verso Afghanistan e il Pakistan, per poi puntare verso occidente. Un'altra prova della “migrazione” verso ovest degli agrumi è offerta dai libri sacri ebraici: la frequenza con la quale si menziona la pianta di cedro suggerisce che gli ebrei conoscevano gli agrumi, o perlomeno il cedro, prima dell'era cristiana. In Grecia la pianta del cedro è citata in diversi testi. In alcuni papiri il cedro è indicato con il nome di kitron, in altri testi del VI secolo, come quelli di Galeno, si usa il termine kitrion o kitreos. Teofrasto (372-287 aC) nella sua opera “Historia plantarum”, descrive la pianta del cedro precisando che si tratta di una pianta comune in Persia e nella terra di Medi. Un altro riferimento lo troviamo in un testo del 200 DC, il “Deipnosophistae” scritto da Ateneo, nel quale si racconta che Juba, re della Mauritania, nella sua “Storia della Libia” sostiene che il frutto era chiamato dai Libici “pomo dell'Esperia”. A giudicare da questi reperti, sembrerebbe che i Greci non conoscessero agrume diverso dal cedro, sebbene le spedizioni di Alessandro fossero giunte fino alle vallette del Punjab (India) e a queste facessero parte degli studiosi di botanica.


 

 Gli antichi romani chiamarono il cedro dapprima malus medica, quindi citrus. Il primo riferimento nella letteratura latina risale al II secolo aC ad opera di Cloanzio Vero, seguito un secolo più tardi dal botanico Oppio che ne parla nel suo libro “de Silvestris Arboribus”. Teocrito da Siracusa, vissuto nel II secolo aC, non ne fa menzione. Nel Medio Evo, durante le prime crociate, i francesi viddero per la prima volta gli agrumi e li fecero quindi conoscere nella loro terra. Anche le repubbliche marinare contribuirono alla diffusione degli agrumi. Nei secoli XII, XIII e XIV gli agrumi erano diffusi in tutta Italia, in Spagna e nel Sud della Francia. Si ritiene che l'arancio dolce non sia arrivato in Europa né attraverso gli arabi né attraverso le repubbliche marinare: furono probabilmente i portoghesi a farlo conoscere nel Vecchio Continente. Infatti, uno dei primi termini usati per indicare l'arancio dolce fu proprio “Portogallo”. Durante il rinascimento gli agrumi sono ormai diffusi e conosciuti ovunque: ne sono la prova sia le numerose testimonianze scritte, sia le varie raffigurazioni della pittura che si possono osservare in diverse “nature morte”.

 In Italia il clima adatto alla coltivazione degli agrumi è il Sud. Nelle regioni centrali e settentrionali si diffuse l'abitudine di coltivarli in vasi di terracotta, che potevano essere esposti al sole durante la stagione estiva e trasferiti durante la stagione invernale in un luogo riparato dal freddo. Anche in Francia si diffonde ben presto questo modo di coltivare gli agrumi, e l'esempio venne seguito dai tedeschi, belgi e olandesi. Alla fine del 1700 gli agrumi si erano diffusi anche in America, trasportati dagli europei durante la colonizzazione del continente. Con il passare del tempo, in occidente, furono scoperti nuovi agrumi tra i quali il bergamotto, il pompelmo, il mandarino mediterraneo, le clementine e i tangerini. Fra questi, il Bergamotto trae probabilmente origine da un'ibridazione spontanea, mentre il Pompelmo venne scoperto nelle Isole Barbados e fu descritto nel 1750 da Griffiths Hughes, mentre nel 1789 Patrick Browne descrisse il pompelmo scoperto in Giamaica, ed entrambi lo chiamarono con il nome di “frutto proibito”.

 

Le Varietà di Agrumi

 La famiglia degli agrumi è molto vasta e comprende decine di varietà, molte delle quali sono utilizzate per scopi alimentari e nell'industria cosmetica, altre invece, ritenute non commestibili, trovano impiego unicamente nell'industria cosmetica grazie ai loro olii essenziali. Di seguito sono indicate le varietà di agrumi più importanti, il loro uso e proprietà.

 

  • Arancia Dolce - è un albero sempreverde originario della Cina e del Giappone, fu introdotto in Italia dagli arabi nel XIV secolo. L'arancia dolce contiene acido citrico, zuccheri, vitamine e sali minerali, viene usata per la produzione di marmellate, succhi, essenze e profumi. Esiste anche la varietà rossa, purtroppo sempre meno diffusa a causa della maggiore diffusione delle varietà senza semi. L'essenza di zagara o neroli, ottenuto dai soli fiori d'arancio e molto costosa, è utilizzata in alta profumeria
  • Arancia Amara - il frutto di questa varietà non è commestibile ed è principalmente usato nella produzione di marmellata, mentre le foglie e i fiori sono usate per l'estrazione dell'olio essenziale
  • Bergamotto - si ritiene che sia un ibrido naturale dell'arancia amara. Dal bergamotto si ottiene un olio essenziale molto ricercato nell'industria dei profumi, usato come base per la preparazione dell'acqua di colonia. L'olio di qualità migliore si ottiene dalle piante coltivate lungo le coste calabresi poiché da queste si ottiene una percentuale di esteri del 35-45%
  • Cedro - di origine Persiana, da non confondere con le omonime gimnosperme note come cedro del libano o cedro dell'atlante. Il frutto del cedro può arrivare a pesare anche un chilogrammo, è utilizzato per la produzione di canditi, per ottenere l'essenza usata in profumeria, in medicina e dall'industria dei liquori. Il frutto viene usato dagli ebrei nei riti della festa delle capanne
  • Chinotto - coltivato nelle zone del mediterraneo, si presenta come una piccola arancia dal sapore amarognolo del peso di 40-50 grammi. Viene usato dall'industria per la preparazione di caramelle e bibite, spesso colorate con caramello (da questo il colore della bibita chinotto)
  • Limone - è un albero sempreverde, caratterizzato da foglie ovali e frutti di colore giallo. Il limone è l'agrume più importante, sia per quanto riguarda il consumo diretto, sia dal punto di vista della lavorazione industriale. Il succo del frutto, ricco di acido citrico e vitamina C, viene usato come astringente, antiscorbutico e dissetante. Il limone trova inoltre largo impiego nell'industria dei liquori e in profumeria. Anche l'industria dei detersivi fa uso di prodotti derivati dal limone. Anticamente il succo di limone veniva usato come antiemorragico e disinfettante, mentre i marinai lo usavano per contrastare lo scorbuto (mancanza di vitamina C) durante le lunghe traversate in mare
  • Limetta o Lime - a causa della sua sensibilità al freddo, la limetta è principalmente coltivata nelle zone tropicali e sub tropicali. I frutti sono di piccole dimensioni e molto acidi, sono usati nella preparazione di succhi e cocktail. La limetta trova inoltre impiego nell'industria di profumi e detergenti. Viene usata anche come pianta ornamentale trattandosi di una pianta sempreverde che, in condizioni favorevoli, fiorisce tutto l'anno
  • Fortunella o Kumquat - frutto di poca importanza commerciale, di piccole dimensioni e dalla scorza dolciastra che, al contrario di quella degli altri agrumi, è commestibile. La particolarità della sua buccia lo rende particolarmente interessante per la produzione dei canditi
  • Pomelo - è coltivato solo in Thailandia e non ha nessuna applicazione né commerciale né industriale, viene usato localmente per la preparazione della marmellata casalinga
  • Mandarino - è un arbusto sempreverde originario della Cina, il frutto si presenta simile all'arancio ma di dimensioni più ridotte. Il succo del frutto, ricco di vitamina C, viene usato dall'industria dei liquori. Attualmente la sua importanza è in declino a causa del mandarancio, meno calorico e più apprezzato dai consumatori
  • Mandarancio - noto con il nome di “clementina”, è un ibrido naturale proveniente dalla Tunisia e, come tutti gli agrumi, è ricco di vitamina C
  • Pompelmo - è un albero dal frutto simile al limone di color giallo, originario dell'India, ricco di vitamina C e fibre. Negli anni 1990 negli Stati uniti, si è ottenuto il pompelmo rosato, un ibrido con l'arancia, ricco di vitamina C e di vitamina A. Ha una grande importanza dal punto di vista industriale e commerciale, poiché viene consumato fresco e utilizzato per la preparazione di succhi e bevande. Le varietà rosate sono utilizzate solo per il consumo fresco, poiché i carotenoidi contenuti nel frutto presentano problemi nella preparazione dei succhi

 La scoperta della tecnica di estrazione degli oli essenziali è dovuta agli arabi, ma la produzione di profumi su larga scala con gli estratti della buccia dei frutti e dei petali di fiori è dovuto agli italiani. Napoli e la Sicilia svilupparono le tecniche e, proprio da qui si diffusero le mode dei profumi esotici, che in seguito arrivarono in tutta Europa. Dal punto di vista alimentare e dietetico, gli agrumi assumono un'importanza fondamentale nella dieta dell'area del mediterraneo che è inoltre la principale zona di produzione e di consumo. Per ottenere i massimi benefici dalle spremute di agrumi, è sempre consigliabile consumarle subito dopo la preparazione, poiché a contatto con l'ossigeno, luce e calore, la vitamina C si degrada rapidamente.

 



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Aquavitae

Rassegna di Grappe, Distillati e Acqueviti

 

I punteggi delle acqueviti sono espressi secondo il metodo di valutazione di DiWineTaste. Fare riferimento alla legenda dei punteggi nella rubrica "I Vini del Mese"



Grappa Giovane, Magnoberta (Piemonte, Italia)
Grappa Giovane
Magnoberta (Piemonte, Italia)
Materia prima: Vinaccia di Barbera, Freisa e Grignolino
Prezzo: € 13,50 - 70cl Punteggio:
Questa grappa si presenta incolore, limpida e cristallina. Al naso denota aromi intensi, puliti e gradevoli di ciliegia, lampone, prugna e nocciola con pungenza dell'alcol poco percettibile. In bocca ha sapori intensi con percettibile pungenza dell'alcol che tende a dissolversi rapidamente, dolcezza bilanciata, sapori intensi, buona morbidezza. Il finale è persistente con ricordi di mela e nocciola. Questa grappa è prodotta con alambicco discontinuo a bassa pressione. Alcol 42°.



Grappa di Grignolino 1999, Casa Luparia (Piemonte, Italia)
Grappa di Grignolino 1999
Casa Luparia (Piemonte, Italia)
Materia prima: Vinaccia di Grignolino
Prezzo: € 13,50 - 70cl Punteggio: Vino eccellente nella sua categoria
Alla vista si presenta incolore, limpida e cristallina. Al naso esprime aromi intensi, puliti, gradevoli e raffinati di ciliegia, lampone, fragola, ciclamino, rosa e prugna con pungenza dell'alcol quasi impercettibile. In bocca è intensa e piacevole con pungenza dell'alcol percettibile e che tende a dissolversi rapidamente, dolcezza bilanciata, piacevole. Il finale è persistente con ricordi di lampone e fragola. Questa grappa è prodotta con alambicco discontinuo a bassa pressione. Alcol 42°.



Grappa di Moscato Rosa 2004, Zeni (Trentino, Italia)
Grappa di Moscato Rosa 2004
Zeni (Trentino, Italia)
Materia prima: Vinaccia di Moscato Rosa
Prezzo: € 25,00 - 70cl Punteggio: Vino eccellente nella sua categoria
Questa grappa si presenta incolore, limpida e cristallina. Al naso esprime aromi intensi, puliti, gradevoli e raffinati di uva, rosa, fragola, ciliegia, lampone e ciclamino con pungenza dell'alcol quasi impercettibile. In bocca è intensa e piacevole con pungenza dell'alcol percettibile e che tende a dissolversi rapidamente, dolcezza bilanciata, piacevole morbidezza. Il finale è persistente con ricordi di fragola, lampone e uva. Questa grappa è distillata con alambicco discontinuo a bagnomaria. Alcol 40°.



Mandamara 2005, Distilleria Gualco (Piemonte, Italia)
Mandamara 2005
Distilleria Gualco (Piemonte, Italia)
Materia prima: Grappa di Dolcetto e Barbera, Mandorle Amare
Prezzo: € 19,50 - 70cl Punteggio:
Mandamara si presenta con un colore ambra chiaro, limpido e cristallino. Al naso denota aromi intensi, puliti, gradevoli e raffinati di mandorla amara, miele, vaniglia e prugna con pungenza dell'alcol quasi impercettibile. In bocca è intenso e dolce con pungenza dell'alcol percettibile che tende a dissolversi rapidamente, piacevole morbidezza. Il finale è persistente di mandorla e miele. Mandamara è prodotto dalla macerazione di mandorle amare in grappa di Dolcetto e Barbera. Alcol 43°.





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Wine Parade


 

I 15 migliori vini secondo i lettori di DiWineTaste. Per esprimere le vostre preferenze comunicate i vostri tre migliori vini al nostro indirizzo di posta elettronica oppure compilare il modulo disponibile nel nostro sito.


Posizione Vino, Produttore
1 Brunello di Montalcino 1999, Castello Banfi (Italia)
2 Amarone della Valpolicella Classico 2000, Zenato (Italia)
3 Colli Orientali del Friuli Rosazzo Bianco Terre Alte 2002, Livio Felluga (Italia)
4 Wine Obsession 2001, Vignamaggio (Italia)
5 Notarpanaro 1999, Taurino (Italia)
6 Chianti Classico Riserva Novecento 2000, Dievole (Italia)
7 Trento Talento Brut Riserva Methius 1998, Dorigati (Italia)
8 Riesling Central Otago 2004, Felton Road (Nuova Zelanda)
9 Nero al Tondo 2001, Ruffino (Italia)
10 Chianti Classico Riserva Novecento 2000, Dievole (Italia)
11 Don Antonio 2003, Morgante (Italia)
12 Amarone della Valpolicella Classico 1998, Santa Sofia (Italia)
13 Amarone della Valpolicella Classico Costasera 2001, Masi (Italia)
14 Soave Classico Monte Alto 2004, Ca' Rugate (Italia)
15 Sagrantino di Montefalco Collepiano 2003, Arnaldo Caprai (Italia)

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