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Numero 49, Febbraio 2007
Sommario


Editoriale    Sommario della rubrica Editoriale
 Vino Italiano: Sempre Più in Alto!
Il vino italiano di strada ne ha fatta tanta. Già dagli albori dell'enologia italiana, i vini prodotti nello stivale erano apprezzati per la loro qualità e molti sono stati gli autori del passato a decantarne le doti. Vini che hanno… [continua]
 La Posta dei Lettori



ABC Vino    Sommario della rubrica ABC Vino
 Emilia-Romagna
Le principali aree di produzione dell'Emilia-Romagna
La placida regione che si estende lungo la pianura padana, è conosciuta per la sua ricca cucina, ma anche per i suoi vini bianchi, rossi, dolci e frizzanti… [continua]



Gusto DiVino    Sommario della rubrica Gusto DiVino
 Sagrantino a Confronto
I tre Sagrantino di Montefalco della nostra degustazione comparativa
Da tempo considerata l'uva più rappresentativa dell'Umbria, il Sagrantino produce grandi vini, di grande carattere e personalità e dagli aromi ricchi e complessi… [continua]
 I Vini del Mese
Casalferro 2003, Barone Ricasoli (Toscana, Italia)
Casalferro 2003, Pinot Nero 2000, Franciacorta Extra Brut 2002, Collio Bianco Cicinis 2004, Chianti Classico Castello di Brolio 2001, Poggio Madrigale 2001, Collio Merlot 2003, Sagrantino di Montefalco 2003… [continua]



Produttori    Sommario della rubrica Produttori
 Umani Ronchi
Michele e Massimo Bernetti della Umani Ronchi
Fondata negli anni 1950 dal Dott. Gino Umani Ronchi, questa prestigiosa cantina è oggi proprietà della famiglia Bianchi Bernetti ed è fra le più rappresentative aziende vinicole delle Marche… [continua]
 Giornale di Cantina


Eventi    Sommario della rubrica Eventi
 Notiziario



Il Cavatappi    Sommario della rubrica Il Cavatappi
 Fare il Vino: la Fermentazione Alcolica
Vasche d'acciaio per la fermentazione
Il processo fondamentale e indispensabile che rivela le reali qualità dell'uva, un complesso fenomeno chimico che trasformerà il mosto in vino… [continua]



 Mais
Mais bollito: il modo più comune di consumare i chicchi di questa pianta
Nelle antiche civiltà dell'America Latina era considerato la pianta della vita, un'insostituibile fonte di sostentamento ancora oggi diffusa in molti paesi del mondo… [continua]
 Aquavitae
Most Uve Rosse Nobili, Bepi Tosolini (Friuli Venezia Giulia, Italia)
Rassegna di Grappe, Distillati e Acqueviti, Most Uve Rosse Nobili, Grappa Stravecchia 20 anni Monte Sabotino, Grappa di Pinot Nero Oltrepo Pavese, Grappa Giovane… [continua]
 Wine Parade



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  Editoriale Numero 49, Febbraio 2007   
Vino Italiano: Sempre Più in Alto!Vino Italiano: Sempre Più in Alto! La Posta dei LettoriLa Posta dei Lettori  Sommario 
Numero 48, Gennaio 2007 Segui DiWineTaste su Segui DiWineTaste su TwitterNumero 50, Marzo 2007

Vino Italiano: Sempre Più in Alto!


 Il vino italiano di strada ne ha fatta tanta. Già dagli albori dell'enologia italiana, i vini prodotti nello stivale erano apprezzati per la loro qualità e molti sono stati gli autori del passato a decantarne le doti. Vini che hanno fatto sognare gli uomini vissuti in epoche antiche, esportati e apprezzati ovunque in quello che era - a quei tempi - il mondo conosciuto. Il vino è stato una delle prime cose prodotte in Italia ad essere esportato fuori dai confini del paese, poi - com'è noto - alla bevanda di Bacco sono seguiti altri prodotti, arte e cultura. Il vino, in fin dei conti, rappresenta pienamente la cultura e l'espressione di chi lo produce, quindi - già a quei tempi - insieme al vino si esportava anche la cultura italiana, o almeno di quel territorio che molto più tardi prenderà il nome di Italia. Poi, la bella favola ha conosciuto un pesante declino, lo splendore dell'enologia italiana ha attraversato i tempi bui del medioevo e - con sorti alterne - si giunge ai nostri tempi, dopo avere attraversato un lunghissimo periodo di logiche produttive dove la quantità era più importante della qualità.


 

 In questo periodo, il nome dell'Italia all'estero era comunque mantenuto “alto” da altre produzioni, dalle prelibatezze della cucina mediterranea, dall'abbigliamento, lo stile italiano e da tutti gli altri prodotti genericamente classificati come “made in Italy”. Fra questi c'era anche il vino, ma il suo ruolo era certamente marginale, lontano da quello che era stato e che aveva rappresentato in tempi passati. Il declino non era solo legato al modo con il quale generalmente si produceva vino in Italia - tanta quantità e qualità discutibile - e i pochi produttori che facevano della qualità la primaria caratteristica dei loro vini, incontravano una certa fatica nel vendere i loro prodotti, soprattutto all'estero, a causa della poco nobile fama dei vini italiani. E mentre in Italia si pensava a produrre oceani di vino ordinario, gli altri paesi - compresi quelli del cosiddetto “Nuovo Mondo” - facevano passi da gigante in termini di qualità, guadagnando progressivamente importanti quote di mercato e costruendo una solida fama di produttori di qualità.

 Negli ultimi 25 anni il mondo del vino italiano - per fortuna - ha vissuto una rivoluzione in ogni aspetto, sia per la volontà tenace di alcuni produttori nel valorizzare l'enologia di questo paese, sia per il crescente interesse per il vino italiano. Questi due eventi, compreso il rinnovato interesse a livello mondiale per la bevanda di Bacco, hanno avviato un cambiamento che si può definire epocale, letteralmente stravolgendo i criteri di produzione e - grazie anche alla progressiva introduzione di moderne tecnologie e pratiche enologiche - il vino italiano ha ripreso il suo cammino verso la qualità, da troppo tempo “sospeso”. La ripresa del cammino verso la qualità è iniziata - all'inizio degli anni 1980 - con i vini bianchi, aiutata anche dalla moda del momento, seguita dai vini rossi e, in tempi recenti, dall'ottima produzione di spumanti metodo classico e Charmat, particolarmente concentrata in Italia settentrionale.

 Anche se lentamente, il vino italiano cominciava nuovamente ad attrarre l'attenzione dei mercati esteri, riprendendo quella dignità e quel ruolo che nei secoli passati contraddistingueva l'Italia. Ma la competizione era - com'era prevedibile - piuttosto serrata e impegnativa: i progressi ottenuti dagli altri paesi del mondo erano sorprendenti e certamente non semplici da superare. Anche perché la produzione enologica dei paesi concorrenti era - ed è ancora oggi - di ottimo livello, pertanto i consumatori, di fronte alla possibilità di scegliere da una serie di prodotti, preferiscono, com'è normale, quelli di qualità migliore e possibilmente venduti al migliore prezzo. Uno scenario non semplice, ovviamente, nel quale affidarsi semplicemente al marchio del “made in Italy” - attraente in ogni paese del mondo - non era sufficiente a garantire al vino italiano un rinnovato successo. Erano necessari i fatti, non solo le parole.

 E i fatti sono arrivati. Da anni la qualità dei vini italiani è indiscutibilmente arrivata a livelli tali da risultare superiore a quella di tanti altri vini provenienti da altri paesi del mondo. Se sia stato anche merito del marchio “made in Italy”, del fascino della cultura e delle tradizioni italiane, poco importa: il risultato parla da solo senza cercare conferme o meriti altrove. E anche i dati sull'esportazione dei vini italiani all'estero parlano chiaro. Le statistiche relative alle vendite all'estero di vino italiano per l'anno 2006, rilevano un incremento del 13% sulle quantità vendute e 9% sull'utile rispetto al 2005. Se si considera poi il periodo delle festività appena trascorso - periodo durante il quale le vendite di spumanti aumenta considerevolmente - i risultati ottenuti dalle bollicine nei mercati esteri sono sorprendenti. Le vendite di spumanti italiani nel 2006 hanno visto un incremento di circa il 17% nelle quantità e 13% sull'utile. Un risultato che conferma ulteriormente i progressi e i risultati ottenuti dalle bollicine italiane, sia metodo classico, sia Charmat.

 Le bollicine italiane stanno riscuotendo un grande successo in Giappone, guadagnando importanti quote di mercato nel paese del sol levante. In Germania il vino italiano ha visto incrementare notevolmente le esportazioni, tanto da rappresentare oggi la quota maggiore del mercato tedesco, seguito da Francia e Spagna. Nell'altra sponda dell'oceano Atlantico si registrano dati altrettanto incoraggianti. Negli Stati Uniti d'America le vendite di vino italiano sono aumentate notevolmente, compreso l'interesse di conoscere la storia, la tradizione e le zone enologiche dell'Italia. Infatti, mentre la situazione delle esportazioni di vini italiani nei paesi dell'Unione Europea si può considerare abbastanza stabile, le esportazioni sono notevolmente aumentate in tutti i paesi al di fuori dell'Unione. Al primo posto nelle esportazioni troviamo i vini rossi e, in progressivo aumento, gli spumanti, segno inequivocabile che le bollicine prodotte in Italia hanno raggiunto livelli qualitativi notevoli.

 Questo è quanto emerge dal rapporto dell'ICE - l'Istituto Nazionale per il Commercio Estero - per quanto concerne le esportazioni di vino italiano all'estero. In questo scenario, si rileva anche che la quota principale delle esportazioni di vino spetta alle regioni dell'Italia settentrionale - che da sole rappresentano oltre il 70% - mentre le regioni del meridione si attestano a poco più del 5%. Un risultato che sorprende, viste le ottime produzioni enologiche delle regioni meridionali, in particolare di vini rossi. Il buon andamento delle esportazioni di vino italiano nel mondo è certamente una notizia che sottolinea ulteriormente i notevoli progressi dell'enologia italiana in campo qualitativo. La conferma che il difficile e tenace lavoro svolto dai produttori per l'affermazione del vino italiano è stato efficace e che la qualità è quello che maggiormente è richiesto dagli appassionati in un vino. L'augurio è che questo risultato sia ulteriormente confermato anche nel 2007 e che la qualità del vino italiano possa crescere ulteriormente, non solo per la gioia degli altri paesi del mondo dove questo è esportato, ma anche per quella degli appassionati di vino in Italia. Alla salute!

 



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La Posta dei Lettori


 In questa rubrica vengono pubblicate le lettere dei lettori. Se avete commenti o domande da fare, esprimere le vostre opinioni, inviate le vostre lettere alla redazione oppure utilizzare l'apposito modulo disponibile nel nostro sito.

 

Come si produce lo Sciacchetrà? Come deve essere servito questo vino?
David Matteoli -- Meadow Vista, California (USA)
Lo Sciacchetrà - che secondo il dialetto locale andrebbe chiamato Sciachetrà - è un vino prodotto nelle Cinque Terre, in Liguria, localmente conosciuto come rinforzato (refursà). Lo Sciacchetrà è prodotto con uve Bosco, Vermentino e Albarola, lasciate appassire dopo il raccolto così da diminuire la quantità di acqua e aumentare la concentrazione di zucchero. Le uve sono quindi pigiate e vinificate, ottenendo un vino dolce e denso. Lo Sciacchetrà deve maturare almeno un anno prima di potere essere commercializzato, mentre per lo Sciacchetrà riserva sono necessari tre anni. Lo Sciacchetrà si serve generalmente a una temperatura di 14° C su piccoli calici da dessert ed è un ottimo abbinamento per la pasticceria secca e per i formaggi stagionati e piccanti.



Si dice sempre che lo Champagne deve essere servito nella flûte e a una temperatura di 6-8° C. Questo non penalizza eccessivamente i suoi aromi?
Hiroshi Yoshida -- Kyoto (Giappone)
Lo Champagne è generalmente servito nel calice flûte a una temperatura piuttosto bassa così da favorire uno degli aspetti che si ritengono più eleganti di questo vino: il perlage. Lo sviluppo di anidride carbonica è infatti favorito nei calici alti e stretti, con una base piuttosto acuta, mentre la bassa temperatura evita la repentina dispersione di questo gas, assicurando una maggiore durata allo sviluppo delle bollicine. Tuttavia, queste due caratteristiche penalizzano eccessivamente lo sviluppo e la percezione degli aromi, anche per il fatto che generalmente le flûte sono riempite quasi completamente. Negli ultimi anni si tende a utilizzare per lo Champagne, ma anche per gli altri grandi spumanti metodo classico, una flûte più larga, così da assicurare sia lo sviluppo delle bollicine, sia un migliore sviluppo degli aromi. La temperatura incide nettamente sullo sviluppo degli aromi e a temperature basse, anche disponendo di un calice più ampio, risultano comunque penalizzati. Per questo motivo, alcuni appassionati di bollicine preferiscono servire questi vini in calici ampi - gli stessi utilizzati per i vini bianchi maturi - a una temperatura di 10-12° C. Questa soluzione penalizza lo “spettacolo” del perlage, tuttavia consente allo Champagne di esaltare al massimo le sue qualità aromatiche, risultato di anni di paziente maturazione in bottiglia.



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Emilia-RomagnaEmilia-Romagna  Sommario 
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Emilia-Romagna

La placida regione che si estende lungo la pianura padana, è conosciuta per la sua ricca cucina, ma anche per i suoi vini bianchi, rossi, dolci e frizzanti

 Si parla dell'Emilia-Romagna e subito si pensa alla sua ricca e opulenta cucina, gustosa, saporita, esuberante, cordiale e ospitale, proprio come la gente che vive in questa regione. Non è solo la ricca e variegata cucina di questa regione a contraddistinguere l'Emilia-Romagna, ma anche arte, cultura e storia, oltre alla famosa cordialità e ospitalità dei suoi abitanti. In questo contesto così ricco e complesso, anche il vino trova un suo ruolo ben preciso, qui come altrove in Italia, la bevanda di Bacco svolge un ruolo fondamentale nella cultura della regione. La regione è divisa in due aree geografiche e culturali distinte: l'Emilia, nella parte occidentale, e la Romagna, nella parte orientale. Le due aree si distinguono non solo per la diversa cucina - sempre ricca e gustosissima in entrambe le aree - ma anche per il modo di produrre vino, e quindi anche per le uve che si coltivano. L'Emilia è la patria indiscussa dei tanti “Lambruschi”, vini rossi effervescenti - o come sono definiti da queste parti, bruschi e vivi - che andrebbero meglio valorizzati e rivalutati. Nella Romagna il vino diviene prevalentemente secco e si produce con le uve Sangiovese, Albana, Pignoletto e altre varietà.


Le principali aree di produzione dell'Emilia-Romagna
Le principali aree di produzione dell'Emilia-Romagna

 La storia della vite e del vino in Emilia-Romagna ha radici che si perdono negli albori della civiltà e tutto ha inizio, presumibilmente, con l'uva più celebre dell'Emilia - la parte occidentale della regione - e dalla quale si produce uno dei vini italiani più famosi nel mondo: il Lambrusco. Quest'uva selvatica era nota già ai tempi di Virgilio, e anche Plinio il Vecchio la cita nella sua Naturalis Historia. È proprio Virgilio a raccontare - nella sua Quinta Bucolica - che si conosceva dell'esistenza della Vitis Labrusca già da duemila anni. Plinio il Vecchio riconosce a quest'uva proprietà mediche e ne descrive, per la prima volta, le caratteristiche. Anche alcune scoperte archeologiche confermerebbero la lunga storia della Vitis Labrusca, grazie al ritrovamento di semi e radici fossilizzate di questa specie, databili fra il XX e il X secolo a.C. Il Lambrusco si può pertanto definire, a pieno titolo, il progenitore della viticoltura dell'Emilia-Romagna.

 Nonostante queste importanti scoperte archeologiche, non ci sono tuttavia notizie certe relativamente all'uso della Vitis Labrusca a quei tempi per la produzione di vino. Le prime notizie attendibili sulla coltivazione della vite e la produzione del vino in Emilia-Romagna risalgono al VII secolo a.C., all'epoca della civiltà villanoviana di Verrucchio, nei pressi di Rimini. Le scoperte archeologiche svolte in queste zone hanno infatti consentito di stabilire con certezza che a quei tempi gli abitanti di quelle terre si dedicavano alla viticoltura. Altre importanti testimonianze sulla viticoltura e sulla produzione di vino in Emilia-Romagna sono inoltre riconducibili all'epoca del dominio etrusco. Un'altra importante testimonianza è offerta da Varrone nel suo De Re Rustica, dove si racconta che nella valle del Po, in seguito ad opere di bonifica, si coltivavano Albana, Trebbiano, Cagnina e Spergola, varietà che producevano uva in abbondanza. Durante il dominio dei Galli, la viticoltura non si svilupperà significativamente e si dovrà attendere l'arrivo degli antichi Romani per dare inizio a un importante sviluppo della coltivazione della vite e della produzione di vino.


 

 La viticoltura conosce un nuovo sviluppo a partire dal V secolo d.C. e risale a quest'epoca l'introduzione dalla Dalmazia della varietà Refosco Terrano, conosciuto in Emilia-Romagna con il nome di Cagnina. A seguito delle invasioni longobarde, qui avvenute nel 568 d.C., la vitivinicoltura conosce un periodo di recessione e sarà solo grazie all'opera dei diversi ordini religiosi, qui come altrove in Europa, che la coltivazione della vite e la produzione di vino sarà preservata da ulteriori recessioni. Un significativo contributo alla vitivinicoltura di questa regione sarà svolto dall'ordine dei monaci benedettini, soprattutto nei pressi di Ferrara, dalla quale attività, più tardi, prenderà origine la viticoltura di Bosco Eliceo. Interessanti sono i documenti scritti in epoche successive, nei quali si fa riferimento alle varietà presenti nel territorio dell'Emilia-Romagna, in particolare ai Lambruschi. A partire dal XVII secolo, sono numerosi i documenti che descrivono le diverse varietà di Lambrusco, che a quei tempi da vite selvatica è oramai divenuta una varietà addomesticata, ampiamente utilizzate per la produzione di vini bruschi e frizzanti.

 Si giungerà così al 1800 quando, qui come altrove, l'arrivo della fillossera segnerà un arresto della viticoltura. In questo contesto, è singolare il caso che si verificò nel delta del Po, nei pressi dell'odierno territorio della DOC Bosco Eliceo, dove i vigneti di uva Fortana furono risparmiati da questo parassita e, ancora oggi, sono innestate su piede franco e non su varietà di origine americana. Con la fine della mezzadria, nel 1900, si costituiranno in Emilia-Romagna, come in altre regioni d'Italia, piccole proprietà di privati e diverse cooperative di produttori, segnando l'inizio di una produzione caratterizzata dalla quantità e che vedrà protagonista, in particolare, i vini prodotti con le diverse varietà di uve Lambrusco. Questo lungo periodo di produzioni basate esclusivamente sulla quantità, segnerà anche il destino del Lambrusco. Se è vero che l'enorme produzione di questo vino ha consentito al Lambrusco di essere conosciuto ovunque nel mondo, e in particolare negli Stati Uniti d'America, la discutibile qualità di queste produzioni ha generato la convinzione diffusa che con quest'uva si producono solamente vini ordinari. Questo pregiudizio è evidentemente smentito dai vari esempi di produzioni di qualità e che riguardano il Lambrusco.

 Mentre le cantine dell'Emilia-Romagna erano intente alla produzione di grandi quantità di vino, negli anni 1960 alcuni produttori cominciarono a intraprendere il cammino della qualità, una decisione, forse, troppo anticipata rispetto ai tempi. Nel 1962, con lo scopo di tutelare l'immagine del vino della Romagna, si costituisce a Faenza il “Consorzio Vini Tipici Romagnoli” che diventerà più tardi “Ente Tutela Vini di Romagna”, contraddistinto dall'inconfondibile marchio del “Passatore”, Stefano Pelloni, il celebre brigante romagnolo vissuto nel 1800. Nel 1970 viene fondata un'altra importante istituzione, l'Enoteca Regionale Emilia-Romagna, che ancora oggi, per legge, ha il compito di promuovere i vini di questa regione. Il cammino della qualità dei vini dell'Emilia-Romagna seguirà negli ultimi anni due strade praticamente parallele, nelle quali si cercherà di rivalutare sia le varietà autoctone della regione, sia introducendo in maniera piuttosto massiccia i vitigni cosiddetti “internazionali”, spesso utilizzati insieme alle varietà locali.

 

Classificazione dell'Emilia-Romagna

 I vini dell'Emilia-Romagna sono classificati in accordo al sistema di qualità in vigore in Italia, dove, al livello più basso del sistema, si trovano i Vini da Tavola, seguiti dai vini a Indicazione Geografica Tipica (IGT), Denominazione d'Origine Controllata (DOC) e Denominazione d'Origine Controllata e Garantita (DOCG). Attualmente in Emilia-Romagna sono definite 20 aree a Denominazione d'Origine Controllata e un'area a Denominazione d'Origine Controllata e garantita riconosciuta all'Albana di Romagna, primo vino bianco italiano a raggiungere questo traguardo. Le 20 aree DOC dell'Emilia-Romagna sono: Bosco Eliceo, Cagnina di Romagna, Colli Bolognesi, Colli di Faenza, Colli di Imola, Colli di Parma, Colli di Rimini, Colli di Scandiano e di Canossa, Colli Piacentini, Colli Romagna Centrale, Lambrusco di Sorbara, Lambrusco Grasparossa di Castelvetro, Lambrusco Salamino di Santa Croce, Pagadebit di Romagna, Reggiano, Reno, Romagna Albana Spumante, Sangiovese di Romagna e Trebbiano di Romagna. La denominazione Colli Bolognesi comprende le seguenti sottozone: Colline di Oliveto, Colline di Riosto, Colline Marconiane, Monte San Pietro, Serravalle, Terre di Montebudello e Zola Predosa.

 

Zone di Produzione

 In Emilia-Romagna la produzione di vino riguarda l'intero territorio regionale, dai confini occidentali fino all'estremità orientale della costa del mare Adriatico. Nonostante l'enologia regionale sia orientata alla produzione di vini da uve autoctone, qui la presenza di varietà “internazionali” è piuttosto rilevante, utilizzate sia in purezza, sia miscelate con le varietà locali. L'enologia dell'Emilia - la parte occidentale della regione - è tradizionalmente legata alla produzione di vini frizzanti, prevalentemente dalle diverse varietà di Lambrusco. Nella parte orientale della regione - la Romagna - la produzione è prevalentemente dedita ai vini secchi e dolci, sia bianchi, principalmente con le uve Albana, Pignoletto, Trebbiano Romagnolo e Pagadebit (Bombino Bianco), sia rossi, principalmente da uve Sangiovese. Fra le varietà “internazionali” più diffuse in Emilia-Romagna si ricordano: Chardonnay, Sauvignon Blanc, Cabernet Sauvignon e Merlot.

Albana di Romagna

 L'Albana di Romagna è stato il primo vino bianco italiano a ricevere il riconoscimento della Denominazione d'Origine Controllata e Garantita (DOCG), riservato solamente agli stili secco, amabile, dolce e passito. Il più alto riconoscimento a questo vino ha da sempre suscitato pareri discordanti, poiché molti sono stati i detrattori di questa denominazione, per molti non degna di appartenere al livello più alto della qualità enologica italiana. Uno dei punti più discutibili del disciplinare di produzione dell'Albana di Romagna, è rappresentato dal limite massimo di resa per ettaro, attualmente fissato a 140 quintali, un valore che contrasta chiaramente con i criteri di qualità enologica e che invece la categoria DOCG dovrebbe assicurare per legge. Con un limite così alto, in effetti, la qualità ne risente in modo evidente, e i migliori vini prodotti con questa uva sono quelli ottenuti con rese piuttosto basse, una scelta adottata solamente dai migliori produttori. Di particolare interesse è la versione passito, probabilmente i migliori vini dell'intera denominazione.

Il Lambrusco

 Fra le uve che principalmente contraddistinguono la produzione dell'Emilia, troviamo la grande famiglia dei “lambruschi”. I principali rappresentanti di questa famiglia sono il Lambrusco di Sorbara, Lambrusco Grasparossa e Lambrusco Salamino, ai quali si aggiungono Lambrusco Marani, Lambrusco Maestri, Lambrusco Montericco e Lambrusco Viadanese, quest'ultimo tipico della provincia di Mantova, in Lombardia. Il Lambrusco comincia a vedersi nei vigneti a partire dalla provincia di Parma e diventa il protagonista quasi assoluto in quelli di Reggio Emilia e di Modena, aree nelle quali il Lambrusco ha stretto profondi legami con le tradizioni di questi luoghi e, non da ultimo, con la gustosa cucina. Il vino che si produce con il Lambrusco è “secco” o “amabile”, tuttavia frizzante, la quale effervescenza è generalmente ottenuta attraverso la fermentazione naturale. Nonostante il Lambrusco sia associato all'immagine di vino “ordinario”, sono molti i produttori che, grazie a criteri di qualità, riescono a produrre vini di notevole interesse e che andrebbero certamente rivalutati. Il Lambrusco si esprime ottimamente nelle aree collinari nei pressi del borgo medievale di Castelvetro - in provincia di Modena - dove si produce il Lambrusco Grasparossa di Castelvetro DOC.

Sangiovese di Romagna

 Vino rosso in Romagna significa Sangiovese. Molti ritengono che la terra d'origine di quest'uva sia appunto la Romagna. Com'è noto, il Sangiovese prende il suo nome da “Sangue di Giove”, e sono in molti a ritenere che questa definizione derivi dal monte Giove, nei pressi di Santarcangelo di Romagna, in provincia di Rimini, dove l'uva era chiaramente coltivata. I risultati che si ottengono con il Sangiovese nella terra di Romagna sono estremamente interessanti, pur tuttavia presentando una diversità organolettica piuttosto varia, da vini leggeri fino a vini di buona struttura, dal gusto secco e deciso. Il Sangiovese di Romagna è stato il primo vino rosso della regione ad ottenere la Denominazione d'Origine Controllata (DOC) e si produce in un territorio piuttosto vasto, dalla provincia di Bologna fino alla costa orientale del mare Adriatico. Il Sangiovese di Romagna prodotto nelle migliori colline della denominazione con un volume alcolico non inferiore al 12%, può utilizzare l'indicazione “superiore”, mentre se sottoposto a un periodo di maturazione non inferiore ai due anni, può utilizzare in etichetta l'indicazione “riserva”.

Altre Aree di Produzione

 Fra le altre zone di produzione vinicola dell'Emilia-Romagna, una delle più interessanti è certamente quella dei Colli Piacentini, nella zona dove fu ritrovato il gutturnium. Si tratta di un boccale d'argento che ha dato il nome al più celebre vino di questa zona, il Gutturnio, prodotto con uve Barbera e Croatina, qui detta Bonarda. Fra i vini interessanti dei Colli Piacentini si ricorda il Vin Santo di Vigoleno, prodotto in quantità limitate da uve bianche aromatiche e non aromatiche. Fra le altre zone, si ricorda quella del Reggiano, e in particolare la denominazione Colli di Scandiano e Canossa, dove - oltre a vini da uve Lambrusco - si producono interessanti vini anche da uve “internazionali”. Procedendo verso est, un'altra denominazione interessante è quella dei Colli Bolognesi, nella quale si producono vini con uve autoctone, fra queste il Pignoletto, e vini da uve “internazionali”, in quest'area piuttosto diffuse. Di particolare interesse è la produzione di vini IGT, nei quali spesso le uve autoctone incontrano i vitigni internazionali, molto spesso utilizzati anche in purezza.

 




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Sagrantino a Confronto

Da tempo considerata l'uva più rappresentativa dell'Umbria, il Sagrantino produce grandi vini, di grande carattere e personalità e dagli aromi ricchi e complessi

 Negli ultimi anni l'Umbria enologica è prevalentemente famosa per una delle sue uve autoctone, un'uva rossa per l'esattezza, che sta riscuotendo ampi consensi e successi in Italia e nel resto del mondo. Il Sagrantino, oggi fra i figli più celebri del cuore verde d'Italia, è capace di produrre vini potenti e robusti, con aromi ricchi che la pazienza del tempo renderà complessi, un successo che in pochi anni gli ha consentito di raggiungere la vetta dell'enologia italiana. Un caso singolare, se si considera che quest'uva stava quasi per scomparire dalle colline di Montefalco per lasciare il suo posto ad altre varietà, capaci di assicurare maggiori rese e, soprattutto, un maggiore consenso commerciale. Con il suo elevato contenuto di polifenoli - in questo senso, il Sagrantino è fra le uve più ricche che si conoscano - sembrava un'impresa potere creare un vino “elegante”, tanta era l'astringenza. Per secoli, il Sagrantino trovava impiego in quello che è da sempre il vino tradizionale di Montefalco, un vino passito e robusto che ben si accompagnava ai ricchi arrosti di carne e ai formaggi pecorini, una tradizione che è ancora oggi molto sentita in questi luoghi.

 Pochi avrebbero creduto che da quell'uva un giorno sarebbe stato possibile dare vita a un vino secco, ricco e potente, tanto da rivaleggiare, e spesso vincere, il confronto con altri famosi vini. La storia del Sagrantino, nella sua versione “secca”, è piuttosto recente - poco più di 30 anni - e c'è voluta tutta la caparbietà e la tenacità tipica della gente dell'Umbria, ma anche la ferma convinzione di alcuni produttori che da sempre avevano creduto nella loro uva. Se un tempo l'associazione più frequente con il Sagrantino era quella di un vino dolce e robusto, oggi si pensa principalmente alla sua “recente” versione secca - sempre robusta e imponente - tanto da fare passare in secondo piano l'altrettanto eccellente versione passita. Trenta anni di successi crescenti, da uva sconosciuta a uva celebre e celebrata nel mondo: un bella rivincita per un'uva che rischiava di scomparire dai vigneti di Montefalco e che nessuno voleva più coltivare.

 

I Vini della Degustazione

 Il Sagrantino è un'uva a bacca rossa originaria di Montefalco e la sua diffusione è praticamente limitata solo a una parte dell'Umbria. Caratterizzati da intensi e piacevoli aromi di mora, i vini prodotti con l'uva Sagrantino si fanno riconoscere anche per la loro notevole struttura e la loro spiccata astringenza, una caratteristica che spesso influisce negativamente sull'equilibrio quando non è opportunamente “addomesticata”. Per questo motivo, la vinificazione del Sagrantino di Montefalco prevede un periodo di maturazione di almeno 30 mesi, di cui almeno 12 in botte, talvolta sostituita dalla barrique. Gli aromi che si ritrovano nel Sagrantino sono spesso esuberanti e intensi, primo fra tutti quello di mora - l'aroma più frequente e identificativo - così come aromi di amarena, prugna e violetta, compresi aromi terziari conferiti dalla maturazione che con il tempo assumono un carattere di interessante complessità.


I tre Sagrantino di Montefalco
della nostra degustazione comparativa
I tre Sagrantino di Montefalco della nostra degustazione comparativa

 La nostra degustazione comparativa avrà come scopo quello di comprendere le qualità organolettiche del Sagrantino attraverso l'espressione di tre importanti produttori di Montefalco: Arnaldo Caprai, Adanti e Antonelli. Attraverso la comparazione dei tre vini, si comprenderanno le qualità organolettiche principali del Sagrantino, nonostante i tre vini siano diversi fra loro per “interpretazione”. Comprenderemo inoltre l'influsso del legno nel Sagrantino, poiché i tre produttori utilizzano tipi di botti diverse: il Sagrantino di Montefalco Collepiano di Arnaldo Caprai matura infatti per 22 mesi in barrique, il Sagrantino di Adanti matura per 26 mesi in botte, mentre il Sagrantino di Antonelli matura per 15 mesi in botte. Per la nostra degustazione comparativa si utilizzeranno in tutti e tre i casi i vini dell'ultima annata commercializzata dai rispettivi produttori. I tre vini saranno serviti alla temperatura di 18° C, così da esaltare il profilo aromatico e da rendere l'astringenza meno aggressiva. Come di consueto, la degustazione sarà svolta utilizzando tre calici ISO.

 

Esame Visivo

 Il Sagrantino è un'uva particolarmente ricca di sostanze coloranti. Questa caratteristica si può facilmente rilevare, nei vini di qualità, facendo attraversare il calice da una sorgente luminosa mentre dalla parte opposta si pone un oggetto - una matita o semplicemente un dito - così da valutare la bassa trasparenza. La trasparenza, com'è normale in ogni vino, aumenterà con il tempo, tuttavia sarà fortemente condizionata dalla qualità delle uve con le quali è stato prodotto il vino. Il colore che tipicamente si osserva nel Sagrantino è rosso rubino intenso, spesso anche profondo e cupo, con sfumature dello stesso colore, spesso rosso granato. Grazie all'elevata quantità di polifenoli, una qualità che richiede anche un volume alcolico appropriato in modo da assicurare equilibrio al vino, il Sagrantino può essere affinato in bottiglia per molti anni, periodo durante il quale, il colore subirà dei cambiamenti. Con il tempo, i vini da uve Sagrantino acquisiscono accese tonalità rosso granato e sfumature dello stesso colore o rosso aranciato.

 Inizieremo la valutazione dell'aspetto dal Sagrantino di Montefalco di Antonelli. Mantenendo il calice inclinato su una superficie bianca - come per esempio una tovaglia o un foglio di carta - si osserverà alla base del calice la tonalità del colore. Si osserverà un colore rosso rubino intenso, poco trasparente, mentre la sfumatura, osservata all'estremità della massa liquida verso l'apertura del calice, sarà caratterizzata da un colore rosso granato. L'osservazione dell'aspetto del secondo vino, il Sagrantino di Montefalco di Adanti, rivelerà colori molto simili al vino precedente: rosso rubino intenso e sfumature rosso granato, anche in questo caso, una trasparenza piuttosto bassa. Si passerà ora alla valutazione del terzo vino, il Sagrantino di Montefalco Collepiano di Arnaldo Caprai. Il colore di quest'ultimo vino, esattamente come quelli precedenti, sarà caratterizzato da rosso rubino intenso e le sfumature presenteranno ancora tonalità rosso granato. Anche in questo caso la trasparenza sarà piuttosto ridotta, ulteriore conferma dell'elevato contenuto di sostanze coloranti nell'uva Sagrantino.

 

Esame Olfattivo

 Il profilo olfattivo del Sagrantino è estremamente interessante, sia durante i primi anni di maturazione, sia dopo anni di affinamento in bottiglia. Le prime qualità olfattive che si riconoscono nel Sagrantino sono quelle della frutta, in particolare la mora, l'aroma più tipico e identificativo nei vini prodotti con quest'uva. Fra gli altri aromi di frutta tipici del Sagrantino si trovano anche la prugna, l'amarena e il mirtillo, mentre l'aroma floreale più tipico è la violetta. Secondo il disciplinare di produzione, il Sagrantino di Montefalco deve essere maturato per almeno 30 mesi, di cui almeno 12 in botte, pertanto le qualità olfattive di questi vini saranno caratterizzati anche da aromi terziari. Oltre alla vaniglia, che è l'aroma più tipico nei vini maturati in legno - e in particolare nella barrique - nel Sagrantino si possono percepire anche aromi di liquirizia, tabacco, cioccolato, chiodo di garofano, cannella, cuoio, caffè e cacao. Anche le sensazioni balsamiche sono frequenti nel Sagrantino e la più tipica di queste è il mentolo, più raramente l'eucalipto.


 

 L'analisi olfattiva della nostra degustazione comparativa inizierà dal Sagrantino di Montefalco di Antonelli. Mantenendo il calice in posizione verticale e senza rotearlo, si procederà con la valutazione degli aromi di apertura. La prima olfazione consentirà la percezione degli aromi di mora, amarena e prugna, gli aromi più frequenti e identificativi del Sagrantino, in particolare, quello di mora. Si procederà ora a roteare il calice così da consentire un'opportuna ossigenazione del vino favorendo lo sviluppo di tutte le altre sensazioni aromatiche. Con la seconda olfazione si percepiranno aromi di violetta - l'aroma floreale più tipico del Sagrantino - mirtillo e ciclamino, seguiti da una serie aromatica composta da vaniglia, tabacco, pepe rosa, liquirizia, cannella e macis. Si noti l'ottimo equilibrio di tutte le componenti aromatiche, in particolare l'equilibrato apporto del legno, una caratteristica tipica nei vini rossi di Antonelli. Passiamo ora alla valutazione olfattiva del secondo vino della nostra degustazione comparativa: il Sagrantino di Montefalco di Adanti.

 Gli aromi di apertura di questo secondo vino, valutati mantenendo il calice in posizione verticale e senza rotearlo, saranno caratterizzati - esattamente come nel vino precedente - da mora, amarena e prugna. Dopo avere roteato il calice, procederemo con la seconda olfazione, dalla quale sarà possibile percepire gli aromi di violetta e mirtillo, seguiti da aromi di vaniglia, liquirizia, cacao, cannella, cuoio, ginepro, pepe rosa e tabacco, oltre alla rinfrescante sensazione balsamica di mentolo. Si noti anche in questo caso l'equilibrio del legno nel quadro aromatico del vino: 26 mesi in botte, una precisa scelta produttiva di Adanti. Anche gli aromi di apertura del terzo vino, il Sagrantino di Montefalco Collepiano di Arnaldo Caprai, saranno caratterizzati da mora, amarena e prugna, tipici del Sagrantino. Dopo avere roteato il calice, procediamo con la seconda olfazione dalla quale si percepiranno gli aromi di violetta, mirtillo, vaniglia, cioccolato, liquirizia, tabacco, macis e caffè. Si noti in questo vino il diverso impatto del legno, equilibrato con gli altri aromi, in questo caso 22 mesi in barrique.

 

Esame Gustativo

 Una delle caratteristiche principali che si percepiscono all'assaggio del Sagrantino è rappresentata dalla spiccata astringenza, una qualità che spesso impegna i produttori nel cercare di mantenere il corretto equilibrio del vino. Il controllo dell'astringenza del Sagrantino - nonostante questa sia da considerarsi una caratteristica assolutamente tipica - inizia in vigna, controllando scrupolosamente la maturazione fenolica dell'uva così da evitare l'eccessiva irruenza dei tannini “duri” nel vino. A questo scopo risulta utile anche l'effetto della maturazione in botte così come il volume alcolico, che nel Sagrantino può talvolta arrivare anche al 14,5%. Un'altra caratteristica del Sagrantino è la sua notevole struttura, qualcosa che è ben percettibile chiaramente durante l'attacco e che continua ad essere percepita anche dopo avere deglutito il vino. È bene ricordare che il Sagrantino è una delle uve rosse con il più alto contenuto di polifenoli.

 Il primo vino che prenderemo in esame per la valutazione gustativa è il Sagrantino di Montefalco di Antonelli. L'attacco è caratterizzato sia dalla struttura sia dall'astringenza, tuttavia queste due caratteristiche lasceranno presto spazio alla percezione dell'alcolicità e della morbidezza. Si noti anche l'ottima corrispondenza con il naso: la mora è percettibile anche in bocca. Passiamo ora al secondo vino della nostra degustazione comparativa: il Sagrantino di Montefalco di Adanti. Anche in questo caso saranno l'astringenza e la struttura a farsi notare all'attacco, lasciando quini la “scena” all'alcol e alla morbidezza, equilibrando il vino e rendendolo molto piacevole. Anche in questo caso la corrispondenza con il naso è eccellente. Passiamo ora al terzo vino: il Sagrantino di Montefalco Collepiano di Arnaldo Caprai. Anche questo vino conferma il carattere del Sagrantino: un attacco tannico e robusto che lascia spazio alla percezione dell'alcol e della morbidezza, rendendo il vino equilibrato. Si noti come i diversi tipi di botte e i diversi tempi di maturazione influiscono sulla morbidezza e sull'astringenza dei tannini.

 

Considerazioni Finali

 La nostra degustazione comparativa ci ha consentito di comprendere quelle che sono le qualità principali del Sagrantino, la straordinaria uva rossa dell'Umbria, più precisamente, di Montefalco. Il finale del Sagrantino di Montefalco di Antonelli è caratterizzato da un'ottima persistenza nella quale si riconoscono i sapori di mora, amarena e prugna. Si noti anche come la percezione della struttura sia evidente anche nelle fasi finali della degustazione. Il finale del Sagrantino di Montefalco di Adanti è molto persistente, lasciando anche in questo caso, ricordi di mora, amarena e prugna, oltre alla tipica percezione della struttura. Anche il finale del Sagrantino di Montefalco Collepiano di Arnaldo Caprai è molto persistente, con lunghi ricordi di mora, amarena e prugna, lasciando in bocca anche la sensazione della notevole struttura. Nonostante la nostra degustazione comparativa abbia considerato solamente la versione “secca”, è bene ricordare che con il Sagrantino si produce anche un interessante vino passito, e proprio grazie al contrasto fra dolcezza e astringenza, riesce a sorprendere molti appassionati di vino.

 






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I Vini del Mese


 

Legenda dei punteggi

Sufficiente    Abbastanza Buono    Buono
Ottimo    Eccellente
Vino eccellente nella sua categoria Vino eccellente nella sua categoria
Vino con buon rapporto qualità/prezzo Vino con buon rapporto qualità/prezzo
I prezzi sono da considerarsi indicativi in quanto possono subire variazioni a seconda del paese
e del luogo in cui vengono acquistati i vini




Pinot Nero 2000, Ricci Curbastro (Lombardia, Italia)
Pinot Nero 2000
Ricci Curbastro (Lombardia, Italia)
Uvaggio: Pinot Nero
Prezzo: € 18,50 Punteggio: Vino eccellente nella sua categoria
Questo Pinot Nero si presenta con un colore rosso rubino brillante e sfumature rosso arancio, abbastanza trasparente. Al naso rivela aromi intensi, puliti, gradevoli, raffinati ed eleganti che si aprono con note di ciliegia, prugna e rosa appassita seguite da aromi di fragola, liquirizia, vaniglia, catrame, mentolo, mirtillo, cacao, cannella, chiodo di garofano, cuoio e tabacco. In bocca ha buona corrispondenza con il naso, un attacco piacevolmente fresco e leggermente tannico, comunque equilibrato dall'alcol, corpo pieno, sapori intensi, piacevole. Il finale è persistente con ricordi di ciliegia, prugna e fragola. Un vino ben fatto. Questo Pinot Nero matura per oltre 18 mesi in barrique.
Abbinamento: Selvaggina, Carne arrosto, Brasati e stufati di carne con funghi, Formaggi stagionati



Franciacorta Extra Brut 2002, Ricci Curbastro (Lombardia, Italia)
Franciacorta Extra Brut 2002
Ricci Curbastro (Lombardia, Italia)
Uvaggio: Chardonnay (50%), Pinot Nero (50%)
Prezzo: € 18,00 Punteggio: Vino eccellente nella sua categoria
Questo Franciacorta si presenta con un colore giallo dorato brillante e sfumature giallo dorato, molto trasparente, perlage fine e persistente. Al naso rivela aromi intensi, puliti, gradevoli, raffinati ed eleganti che si aprono con note di nocciola, pompelmo e crosta di pane seguite da aromi di lievito, acacia, banana, mela, pera, ananas, biancospino, burro e susina. In bocca ha buona corrispondenza con il naso, un attacco effervescente e fresco, comunque equilibrato dall'alcol, buon corpo, sapori intensi, piacevole. Il finale è persistente con ricordi di pompelmo, banana e nocciola. Un vino ben fatto. Questo Franciacorta Extra Brut matura in bottiglia sui propri lieviti per almeno 42 mesi.
Abbinamento: Pesce arrosto, Carne bianca arrosto, Paste ripiene, Pesce fritto, Crostacei alla griglia



Colli Orientali del Friuli Tocai Friulano 2005, Visintini (Friuli Venezia Giulia, Italia)
Colli Orientali del Friuli Tocai Friulano 2005
Visintini (Friuli Venezia Giulia, Italia)
Uvaggio: Tocai Friulano
Prezzo: € 10,00 Punteggio: Vino eccellente nella sua categoria
Questo vino si presenta con un colore giallo paglierino intenso e sfumature giallo verdolino, molto trasparente. Al naso esprime aromi intensi, puliti, gradevoli e raffinati che si aprono con note di mela, pera e ananas seguite da aromi di mandorla, biancospino, ginestra e susina. In bocca ha buona corrispondenza con il naso, un attacco fresco e comunque equilibrato dall'alcol, buon corpo, sapori intensi. Il finale è persistente con ricordi di mela, pera e mandorla. Questo Tocai Friulano matura in vasche d'acciaio.
Abbinamento: Pasta e risotto con pesce, Carne bianca arrosto, Pesce arrosto



Colli Orientali del Friuli Sauvignon 2005, Visintini (Friuli Venezia Giulia, Italia)
Colli Orientali del Friuli Sauvignon 2005
Visintini (Friuli Venezia Giulia, Italia)
Uvaggio: Sauvignon Blanc
Prezzo: € 10,00 Punteggio: Vino eccellente nella sua categoria
Alla vista si presenta con un colore giallo verdolino brillante e sfumature giallo verdolino, molto trasparente. Al naso esprime aromi intensi, puliti, gradevoli e raffinati che si aprono con note di pesca, litchi e pera seguite da aromi di ortica, ananas, sambuco e ginestra. In bocca ha buona corrispondenza con il naso, un attacco fresco e comunque equilibrato dall'alcol, buon corpo, sapori intensi. Il finale è persistente con ricordi di pesca, litchi e ananas. Questo Sauvignon matura in vasche d'acciaio.
Abbinamento: Pasta e risotto con crostacei e verdure, Zuppe di verdure, Pesce saltato



Sagrantino di Montefalco 2003, Di Filippo (Umbria, Italia)
Sagrantino di Montefalco 2003
Di Filippo (Umbria, Italia)
Uvaggio: Sagrantino
Prezzo: € 20,90 Punteggio: Vino eccellente nella sua categoria
Questo Sagrantino di Montefalco si presenta con un colore rosso rubino intenso e sfumature rosso rubino, poco trasparente. Al naso esprime aromi intensi, puliti, gradevoli e raffinati che si aprono con note di prugna, mora e amarena seguite da aromi di violetta, vaniglia, tabacco, carruba e macis. In bocca ha buona corrispondenza con il naso, un attacco tannico e comunque equilibrato dall'alcol, corpo pieno, sapori intensi. Il finale è persistente con ricordi di amarena, prugna e mora. Questo Sagrantino di Montefalco matura per 12 mesi in botte.
Abbinamento: Selvaggina, Carne arrosto, Brasati e stufati di carne, Formaggi stagionati



Poggio Madrigale 2001, Di Filippo (Umbria, Italia)
Poggio Madrigale 2001
Di Filippo (Umbria, Italia)
Uvaggio: Sangiovese, Merlot, Montepulciano
Prezzo: € 14,90 Punteggio:
Poggio Madrigale si presenta con un colore rosso rubino brillante e sfumature rosso granato, abbastanza trasparente. Al naso rivela aromi intensi, puliti, gradevoli e raffinati che si aprono con note di confettura di prugna, confettura di amarene e viola appassita seguite da aromi di confettura di mirtilli, vaniglia, carruba, tabacco, liquirizia e mentolo. In bocca ha buona corrispondenza con il naso, un attacco tannico e comunque equilibrato dall'alcol, buon corpo, sapori intensi. Il finale è persistente con ricordi di confettura di prugne e confettura di amarene. Poggio Madrigale matura per 24 mesi in botte.
Abbinamento: Carne arrosto, Brasati e stufati di carne con funghi, Formaggi stagionati



Collio Merlot 2003, Attems (Friuli Venezia Giulia, Italia)
Collio Merlot 2003
Attems (Friuli Venezia Giulia, Italia)
Uvaggio: Merlot
Prezzo: € 9,00 Punteggio:
Questo Merlot si presenta con un colore rosso rubino intenso e sfumature rosso granato, abbastanza trasparente. Al naso esprime aromi intensi, puliti, gradevoli e raffinati che si aprono con note di amarena, prugna e ribes seguiti da aromi di vaniglia, tabacco, cannella, cioccolato, pepe rosa, liquirizia e mentolo. In bocca ha buona corrispondenza con il naso, un attacco leggermente tannico e piacevole morbidezza, comunque equilibrato dall'alcol, buon corpo, sapori intensi. Il finale è persistente con ricordi di amarena, prugna e ribes. Collio Merlot matura per 14 mesi in barrique, 2 mesi in vasche d'acciaio e 4 mesi in bottiglia.
Abbinamento: Carne alla griglia, Carne saltata, Stufati di carne



Collio Bianco Cicinis 2004, Attems (Friuli Venezia Giulia, Italia)
Collio Bianco Cicinis 2004
Attems (Friuli Venezia Giulia, Italia)
Uvaggio: Sauvignon Blanc, Tocai Friulano, Pinot Bianco
Prezzo: € 17,00 Punteggio: Vino eccellente nella sua categoria
Collio Bianco Cicinis si presenta con un colore giallo dorato intenso e sfumature giallo dorato, molto trasparente. Al naso rivela aromi intensi, puliti, gradevoli, raffinati ed eleganti che si aprono con note di susina, miele e mandorla seguite da aromi di vaniglia, biancospino, scorza di agrume, mela, litchi, confettura di pesche, ananas e bergamotto. In bocca ha buona corrispondenza con il naso, un attacco fresco e piacevole morbidezza, comunque equilibrato dall'alcol, buon corpo, sapori intensi, piacevole. Il finale è persistente con ricordi di susina, mandorla e ananas. Un vino ben fatto. Collio Bianco Cicinis matura per 12 mesi in barrique a cui seguono 2 mesi di affinamento in bottiglia.
Abbinamento: Carne bianca arrosto, Pesce arrosto, Paste ripiene con formaggio



Chianti Classico Castello di Brolio 2001, Barone Ricasoli (Toscana, Italia)
Chianti Classico Castello di Brolio 2001
Barone Ricasoli (Toscana, Italia)
Uvaggio: Sangiovese (85%), Cabernet Sauvignon, Merlot (15%)
Prezzo: € 26,50 Punteggio: Vino eccellente nella sua categoria
Chianti Classico Castello di Brolio si presenta con un colore rosso rubino intenso e sfumature rosso granato, poco trasparente. Al naso esprime aromi intensi, puliti, gradevoli, raffinati ed eleganti che si aprono con note di amarena, prugna e ribes seguite da aromi di violetta, mirtillo, vaniglia, tabacco, liquirizia, cacao, cannella, macis ed eucalipto. In bocca ha buona corrispondenza con il naso, un attacco tannico e comunque equilibrato dall'alcol, buon corpo, sapori intensi, piacevole. Il finale è persistente con ricordi di amarena, ribes e prugna. Un vino ben fatto. Chianti Classico Castello di Brolio matura per 18 mesi in barrique a cui seguono 8 mesi di affinamento in bottiglia.
Abbinamento: Carne arrosto, Brasati e stufati di carne con funghi, Formaggi stagionati



Casalferro 2003, Barone Ricasoli (Toscana, Italia)
Casalferro 2003
Barone Ricasoli (Toscana, Italia)
Uvaggio: Sangiovese, Merlot
Prezzo: € 25,00 Punteggio:
Casalferro si presenta con un colore rosso rubino cupo e sfumature rosso granato, poco trasparente. Al naso rivela aromi intensi, puliti, gradevoli, raffinati ed eleganti che si aprono con note di amarena, prugna e ribes seguite da aromi di violetta, mora, vaniglia, tostato, tabacco, mentolo, macis, liquirizia, cioccolato, cannella e cuoio. In bocca ha ottima corrispondenza con il naso, un attacco tannico e comunque equilibrato dall'alcol, corpo pieno, sapori intensi, piacevole. Il finale è molto persistente con lunghi ricordi di amarena, prugna e ribes. Un vino ben fatto. Casalferro matura per 18 mesi in barrique.
Abbinamento: Selvaggina, Carne arrosto, Brasati e stufati di carne, Formaggi stagionati






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  Produttori Numero 49, Febbraio 2007   
Umani RonchiUmani Ronchi Giornale di CantinaGiornale di Cantina  Sommario 
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Umani Ronchi

Fondata negli anni 1950 dal Dott. Gino Umani Ronchi, questa prestigiosa cantina è oggi proprietà della famiglia Bianchi Bernetti ed è fra le più rappresentative aziende vinicole delle Marche

 Negli ultimi anni il ruolo e il panorama enologico delle Marche è cambiato molto, si guarda - qui come in altre regioni d'Italia - alla qualità come primaria chiave di successo e tutto prevalentemente basato sulle uve autoctone della regione. Il Verdicchio è stato la prima uva autoctona delle Marche a contribuire al successo dei vini di questa regione, un successo oggi ben consolidato tanto da essere considerato - con pieno merito - fra i migliori vini bianchi d'Italia. Le Marche non sono solamente Verdicchio, ovviamente. Negli ultimi anni stanno guadagnando crescente notorietà anche i vini rossi di questa regione, in particolare il Rosso Conero, l'imponente vino marchigiano prodotto con uve Montepulciano e Sangiovese. Ma ad attirare l'attenzione degli appassionati di vino verso la produzione enologica delle Marche, oltre ai vini tipici, ci sono anche i tanti vini classificati a Indicazione Geografica Tipica (IGT) prodotti con le cosiddette uve “internazionali”.


Michele e Massimo Bernetti della
Umani Ronchi
Michele e Massimo Bernetti della Umani Ronchi

 Umani Ronchi è una delle cantine che ha contribuito in modo determinante alla notorietà dei vini delle Marche in tutto il mondo, oggi considerata fra le cantine più prestigiose d'Italia. Fondata negli anni 1950 dal Dott. Gino Umani Ronchi a Cupramontana, l'azienda vinicola diviene qualche anno più tardi proprietà della famiglia Bianchi Bernetti, ancora oggi proprietari. Negli anni 1970 vennero costruite le due attuali cantine di Castelbellino e Osimo, entrambe in provincia di Ancona. La cantina di Castelbellino fu destinata alla vinificazione dell'uva Verdicchio, mentre in quella di Osimo si vinificava il Rosso Conero oltre a consentire l'imbottigliamento dell'intera produzione vinicola di Umani Ronchi. A partire dagli anni 1990, l'azienda vinicola Umani Ronchi è guidata da Massimo Bernetti - che ricopre il ruolo di presidente - affiancato dal figlio Michele che si occupa della direzione e della gestione dell'azienda.

 Questo cambiamento ha di fatto avviato il nuovo corso della Umani Ronchi, iniziando un'attività di innovazione e ricerca, due fattori fondamentali nelle attività quotidiane di questa cantina e che hanno consentito la riorganizzazione e la riqualificazione dell'intera struttura produttiva. Nel 2000 viene ristrutturata la sede principale di Osimo, nella quale è stata costruita la nuova bottaia per la maturazione dei vini oltre a una sala di degustazione. L'espansione della Umani Ronchi ha riguardato anche la vicina regione Abruzzo. Nel 2002 sono infatti acquisiti 30 ettari di terreno all'interno dell'area “Colline Teramane” per la produzione del Montepulciano d'Abruzzo. Nel 2004 è stato inoltre inaugurato il punto vendita aziendale, dove gli appassionati possono degustare i vini prodotti dalla Umani Ronchi. Inoltre, dal 2005 si sono introdotti nuovi metodi di agricoltura nei vigneti, utilizzando metodi colturali diversi in funzione delle singole varietà.


Esterno della barricaia della Umani Ronchi
Esterno della barricaia della Umani Ronchi

 Le uve a bacca rossa sono attualmente coltivate con il sistema del cordone speronato, mentre per le uve a bacca bianca si utilizza il Guyot semplice. Oggi le proprietà della Umani Ronchi si estendono su 110 ettari di vigneto nella zona di produzione del Verdicchio Classico, 60 ettari nell'area del Rosso Conero e, infine, 30 ettari nell'area del Montepulciano d'Abruzzo, per un totale di 200 ettari. La nuova tenuta di Roseto degli Abruzzi segue lo stesso criterio produttivo e qualitativo della Umani Ronchi, che in questa area si dedicherà alla produzione del Montepulciano d'Abruzzo “Colline Teramane” DOCG. La tenuta si trova nell'area di Casal Thaulero, in provincia di Teramo, dove è stata realizzata una nuova cantina di vinificazione, considerata strategica come futuro centro di produzione di nuovi vini. La Umani Ronchi intende infatti adottare gli stessi criteri che hanno garantito il successo dei loro prodotti nelle Marche, mantenendo il controllo sull'intera filiera di produzione e investendo nella crescita e innovazione nel rispetto della qualità.

 Nonostante la filosofia produttiva di Umani Ronchi sia prevalentemente dedita alla valorizzazione dei vitigni autoctoni marchigiani e abruzzesi, come il Verdicchio e il Montepulciano, particolare attenzione è dedicata anche ai vitigni “internazionali”. Nella sua attività di ricerca e sperimentazione, la Umani Ronchi include anche i vitigni Chardonnay, Sauvignon Blanc, Cabernet Sauvignon e Merlot, ottenendo risultati di notevole interesse. Uno dei più famosi vini della Umani Ronchi prodotto con uve internazionali è il Pelago - prodotto con Cabernet Sauvignon, Montepulciano e Merlot, maturato in barrique per 14 mesi - un vino che ha ricevuto ampi consensi e apprezzamenti in ogni paese del mondo. Consensi e apprezzamenti che la Umani Ronchi riceve anche con i vini prodotti con le uve autoctone delle Marche, come nel caso del Rosso Conero Cumaro - prodotto con Montepulciano in purezza - e gli eccellenti Verdicchio Casal di Serra Vecchie Vigne e Plenio.


 

 La Umani Ronchi è particolarmente attenta alla sperimentazione e alla ricerca, un lavoro svolto in collaborazione con l'Università di Ancona e con il contributo del consulente enologico Beppe Caviola. Una ricerca svolta nel rispetto delle caratteristiche varietali di ogni uva ma con l'obiettivo di studiare le potenzialità di ogni vitigno. I vini prodotti dalla Umani Ronchi sono divisi in cinque grandi famiglie e, nonostante in ogni famiglia siano presenti vini prodotti con le stesse uve, questi esprimono caratteristiche distinte attraverso la valorizzazione dei singoli vigneti e delle singole varietà. Grazie a questa filosofia produttiva, la Umani Ronchi è oggi apprezzata in tutto il mondo per la qualità dei suoi vini. L'ottanta percento della produzione è infatti esportata in 50 paesi del mondo e di questi i principali mercati sono Stati Uniti d'America, Germania, Giappone e Inghilterra. Il successo che da anni contraddistingue la Umani Ronchi si basa sulla qualità e sulla ricerca, qualcosa che è ampiamente confermato dai suoi vini e che, puntualmente, ogni anno si fanno apprezzare dai tanti appassionati in Italia e nel mondo.

 




Legenda dei punteggi

Sufficiente    Abbastanza Buono    Buono
Ottimo    Eccellente
Vino eccellente nella sua categoria Vino eccellente nella sua categoria
Vino con buon rapporto qualità/prezzo Vino con buon rapporto qualità/prezzo
I prezzi sono da considerarsi indicativi in quanto possono subire variazioni a seconda del paese
e del luogo in cui vengono acquistati i vini




Verdicchio dei Castelli di Jesi Classico Superiore Casal di Serra 2005, Umani Ronchi (Marche, Italia)
Verdicchio dei Castelli di Jesi Classico Superiore Casal di Serra 2005
Umani Ronchi (Marche, Italia)
Uvaggio: Verdicchio
Prezzo: € 10,00 Punteggio:
Questo Verdicchio si presenta con un colore giallo paglierino chiaro e sfumature giallo verdolino, molto trasparente. Al naso esprime aromi intensi, puliti, gradevoli e raffinati che si aprono con note di pera, mela e biancospino seguite da aromi di mandorla, ananas, agrumi, pesca, susina e un accenno di minerale. In bocca ha buona corrispondenza con il naso, un attacco fresco e comunque equilibrato dall'alcol, buon corpo, sapori intensi, piacevole. Il finale è persistente con ricordi di mela, pera e mandorla. Verdicchio Casal di Serra matura in vasche d'acciaio.
Abbinamento: Pasta con pesce, Carne bianca arrosto, Pesce stufato e alla griglia



Rosso Conero Cumaro 2003, Umani Ronchi (Marche, Italia)
Rosso Conero Cumaro 2003
Umani Ronchi (Marche, Italia)
Uvaggio: Montepulciano
Prezzo: € 18,00 Punteggio:
Alla vista si presenta con un colore rosso rubino intenso e sfumature rosso rubino, poco trasparente. Al naso esprime aromi intensi, puliti, gradevoli e raffinati che si aprono con note di amarena, prugna e mirtillo seguite da aromi di violetta, vaniglia, ribes, carruba, tabacco, mora, macis e mentolo. In bocca ha buona corrispondenza con il naso, un attacco tannico e comunque equilibrato dall'alcol, buon corpo, sapori intensi. Il finale è persistente con ricordi di amarena, prugna e mirtillo. Rosso Conero Cumaro matura per 14 mesi in botte a cui seguono almeno 7 mesi di affinamento in bottiglia.
Abbinamento: Carne arrosto, Stufati e brasati di carne con funghi, Formaggi stagionati



Maximo 2003, Umani Ronchi (Marche, Italia)
Maximo 2003
Umani Ronchi (Marche, Italia)
Uvaggio: Sauvignon Blanc
Prezzo: € 17,00 - 375ml Punteggio:
Maximo si presenta con un colore giallo ambra brillante e sfumature giallo ambra, trasparente. Al naso esprime aromi intensi, puliti, gradevoli e raffinati che si aprono con note di albicocca secca, miele e mandorla seguite da aromi di fico secco, confettura di pesche, canditi, litchi, melone, scorza d'agrume, pera e smalto. In bocca ha buona corrispondenza con il naso, un attacco dolce e piacevole freschezza, comunque equilibrato dall'alcol, buon corpo, sapori intensi, piacevole. Il finale è persistente con ricordi di albicocca secca, melone e miele. Maximo è prodotto con uve affette da Botrytis Cinerea (muffa nobile) e matura in vasche d'acciaio.
Abbinamento: Pasticceria secca, Formaggi stagionati



Verdicchio dei Castelli di Jesi Classico Superiore Casal di Serra Vecchie Vigne 2004, Umani Ronchi (Marche, Italia)
Verdicchio dei Castelli di Jesi Classico Superiore Casal di Serra Vecchie Vigne 2004
Umani Ronchi (Marche, Italia)
Uvaggio: Verdicchio
Prezzo: € 13,00 Punteggio: Vino eccellente nella sua categoria
Questo vino si presenta con un colore giallo dorato brillante e sfumature giallo dorato, molto trasparente. Al naso esprime aromi intensi, puliti, gradevoli e raffinati che si aprono con note di mela, susina e mandorla seguite da aromi di agrumi, biancospino, camomilla, ginestra, ananas, nocciola, pera e scorza d'agrume. In bocca ha buona corrispondenza con il naso, un attacco fresco e piacevole morbidezza, comunque equilibrato dall'alcol, buon corpo, sapori intensi, piacevole. Il finale è persistente con ricordi di mela, susina e mandorla. Un vino ben fatto. Verdicchio Casal di Serra Vecchie Vigne matura in vasche di cemento.
Abbinamento: Carne bianca arrosto, Pesce arrosto, Paste ripiene, Zuppe di funghi



Pelago, Umani Ronchi (Marche, Italia)
Pelago
Umani Ronchi (Marche, Italia)
Uvaggio: Cabernet Sauvignon (50%), Montepulciano (40%), Sangiovese (10%)
Prezzo: € 30,00 Punteggio: Vino eccellente nella sua categoria
Pelago si presenta con un colore rosso rubino cupo e sfumature rosso rubino, poco trasparente. Al naso esprime aromi intensi, puliti, gradevoli, raffinati ed eleganti che si aprono con note di amarena, prugna e ribes seguite da aromi di mirtillo, mora, violetta, vaniglia, liquirizia, tabacco, cioccolato, eucalipto e accenni di lavanda. In bocca ha buona corrispondenza con il naso, un attacco tannico e comunque equilibrato dall'alcol, corpo pieno, sapori intensi, piacevole. Il finale è persistente con ricordi di amarena, prugna e ribes. Un vino ben fatto. Pelago matura per 14 mesi in barrique a cui seguono 12 mesi di affinamento in bottiglia.
Abbinamento: Carne arrosto, Selvaggina, Brasati e stufati di carne, Formaggi stagionati



Verdicchio dei Castelli di Jesi Classico Riserva Plenio 2003, Umani Ronchi (Marche, Italia)
Verdicchio dei Castelli di Jesi Classico Riserva Plenio 2003
Umani Ronchi (Marche, Italia)
Uvaggio: Verdicchio
Prezzo: € 13,00 Punteggio:   Vino con buon rapporto qualità/prezzo
Questo vino si presenta con un colore giallo dorato brillante e sfumature giallo dorato, molto trasparente. Al naso rivela aromi intensi, puliti, gradevoli, raffinati ed eleganti che si aprono con note di pera, mela e mandorla seguite da aromi di vaniglia, miele, confettura di pesche, agrumi, ananas, biancospino, nocciola, susina e minerale. In bocca ha ottima corrispondenza con il naso, un attacco fresco e piacevole morbidezza, comunque equilibrato dall'alcol, buon corpo, sapori intensi, piacevole. Il finale è molto persistente con lunghi ricordi di mela, susina e mandorla. Un vino ben fatto. Verdicchio Riserva Plenio fermenta in parte in barrique e matura per 8 mesi in vasche di cemento a cui seguono 6 mesi di affinamento in bottiglia.
Abbinamento: Carne bianca arrosto, Pesce arrosto, Pesce stufato, Paste ripiene, Zuppe di funghi



Umani Ronchi - SS 16 Km 310+400, 74 - 60027 Osimo, Ancona - Tel. 071 7108019 Fax: 071 7108859 - Enologo: Emidio Felicetti con la consulenza di Beppe Caviola - Anno fondazione: 1955 - Produzione: 4.400.000 bottiglie - E-Mail: wine@umanironchi.it - WEB: www.umanironchi.it


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Giornale di Cantina


 Questa rubrica è riservata ai produttori di vino che intendono rendere note particolari attività produttive, annunciare nuovi prodotti o semplicemente comunicare alla clientela informazioni e promozioni sulla propria attività e i propri prodotti. Inviare le notizie da pubblicare al nostro indirizzo e-mail.

 

Librandi torna alle viti ad alberello


 
L'instancabile lavoro dei Librandi per il recupero delle tradizioni vitivinicole calabresi non si ferma mai. L'ultima novità della cantina è la sostituzione di 17 ettari di vigneto giunti a fine periodo produttivo dell'azienda agricola Critone nell'Agro di Strongoli (39 ettari in totale), con nuovi impianti ad alberello. La scelta tende alla rivalutazione di una forma tradizionale di allevamento della vite di derivazione greca e tipica della cultura mediterranea, che si adatta perfettamente ai climi caldi e siccitosi come quelli della Calabria. Meno espansa, almeno rispetto agli utilizzi fatti di altre classiche forme di allevamento come la spalliera o il cordone verticale, protegge la vite dall'insolazione, favorisce la maturazione dell'uva utilizzando il calore della terra e contribuisce a ridurre in modo naturale la resa (70 q.li/ha).
Pur comportando un discreto aumento dei costi di manodopera a causa della ridotta meccanizzabilità, l'allevamento ad alberello presenta il vantaggio di favorire l'ingresso della luce in ogni zona della chioma, consente di mantenere nel tempo un corretto equilibrio vegeto-produttivo e di razionalizzare la distribuzione di terreno per ceppo, offrendo un'adeguata aerazione della chioma. Adottando inoltre potature di allevamento corte a 3 speroni per ceppo, viene rispettata la giusta carica di gemme che nel caso del Gaglioppo varia da 30000 a 40000 gemme per ettaro. Il team di agronomi di Librandi è cosciente, inoltre, del fatto che migliorando e razionalizzando le attuali tecniche di gestione dei vigneti, l'alberello possa in parte essere meccanizzato, soprattutto adottando sesti adeguati alla stessa forma. Se prendiamo l'esempio del Gaglioppo, vitigno base della produzione cirotana, utilizzando una densità d?impianto di 5300 piante per ettaro con sesti di m. 2,10 x 0,90, ci si può permettere la meccanizzazione di diverse operazioni.
La convinzione dell'azienda, è che viti coltivate con questa forma di allevamento producono uve tendenzialmente più sane e di migliore qualità, dalle quali ottenere vini di sempre maggiore importanza. I Librandi sostengono fermamente l'opinione che la vitivinicoltura di eccellenza cirotana non può che passare attraverso l'impegno teso alla riconsiderazione delle forme di allevamento affermatesi storicamente in zona, abbinato alla rigorosa applicazione delle conoscenze moderne in fatto di fisiologia della vite, di pedo-climatologia e selezione genetico-sanitaria, elementi sorretti a gran voce da tutti gli esperti presenti al convegno sui vitigni autoctoni organizzato da Librandi il 16 settembre scorso.

 



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Notiziario


 In questa rubrica sono pubblicate notizie e informazioni relativamente a eventi e manifestazioni riguardanti il mondo del vino e dell'enogastronomia. Chiunque sia interessato a rendere noti avvenimenti e manifestazioni può comunicarlo alla nostra redazione all'indirizzo e-mail.

 

trentaduesimo premio Nonino


 
La Giuria del Premio Nonino, presieduta da Ermanno Olmi e composta da Adonis, Ulderico Bernardi, Peter Brook, Luca Cendali, Antonio R. Damasio, Emmanuel Le Roy Ladurie, Claudio Magris, Morando Morandini, V.S. Naipaul e Giulio Nascimbeni, ai quali si uniscono da quest'anno Norman Manea ed Edgar Morin, ha così assegnato i Premi Nonino Trentaduesimo anno: Premio Nonino 2007 a Sembène Ousmane; Premio internazionale Nonino 2007 a Harry Mulisch, Opera Omnia; premio Nonino 2007 a Yves Coppens, a un maestro del nostro tempo; Premio Nonino risit d'âur 2007 a Carlo Petrini. La consegna dei Premi è avvenuta presso le Distillerie Nonino a Ronchi di Percoto sabato 27 Gennaio 2007 alle ore 11.00. Presenti, tra gli altri, Adonis, Peter Brook, Antonio R. Damasio, Emmanuel Le Roy Ladurie, Claudio Magris, V.S. Naipaul, Edgar Morin ed Ermanno Olmi. La cerimonia della consegna si è svolta secondo il seguente programma: arrivo alle distillerie di Cristina, Antonella, Elisabetta, Benito e Giannola Nonino, brindisi di benvenuto. Cristina, Antonella, Elisabetta, Benito e Giannola Nonino con Chiara, Davide, Francesca, Sofia, Gaia, Caterina, Costanza e Beatrice distillano Gioiello®, distillato di miele di Acacia dei boschi del Friuli Orientale. Assegnazione dei Premi Nonino Trentaduesimo Anno. Gianluigi Toccafondo ha presentato l'Opera realizzata per il Premio Nonino Trentaduesimo Anno.

 



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  Cavatappi Numero 49, Febbraio 2007   
Fare il Vino: la Fermentazione AlcolicaFare il Vino: la Fermentazione Alcolica  Sommario 
Numero 48, Gennaio 2007 Segui DiWineTaste su Segui DiWineTaste su TwitterNumero 50, Marzo 2007

Fare il Vino: la Fermentazione Alcolica

Il processo fondamentale e indispensabile che rivela le reali qualità dell'uva, un complesso fenomeno chimico che trasformerà il mosto in vino

 Dopo avere pigiato l'uva, ottenuto il mosto e provveduto a operare le opportune correzioni, è giunto ora il momento di fare intraprendere al succo dell'uva il viaggio che - attraverso un complesso processo chimico - lo trasformerà in vino. La fermentazione alcolica - o fermentazione primaria - è un processo fondamentale per la produzione del vino. Il suo ruolo non si limita unicamente alla trasformazione dello zucchero in alcol e anidride carbonica - oltre ad altri sotto prodotti - ma è ciò che definisce, o meglio rivela, le qualità organolettiche dell'uva. Infatti, tutte le qualità potenziali di un vino sono, per così dire, nascoste nell'uva: queste si riveleranno oppure scompariranno per sempre attraverso la fermentazione alcolica e durante le altre fasi della vinificazione. Il ruolo della fermentazione alcolica è determinante per la formazione delle qualità aromatiche e gustative del vino, non a caso si dice che “gli aromi primari sono nascosti nell'uva, ma è la fermentazione che li rivela”.


Vasche d'acciaio per la fermentazione
Vasche d'acciaio per la fermentazione

 La fermentazione è un processo naturale che consente la trasformazione del succo dell'uva - il mosto - in vino. La fermentazione alcolica, o primaria, si può considerare come una reazione a catena di fenomeni chimici. Durante questi processi, lo zucchero contenuto nel succo dell'uva è convertito dagli enzimi dei lieviti in alcol etilico e anidride carbonica. Dipendentemente dal tipo di lievito, dalla conversione dello zucchero si ottiene circa il 50% di alcol, 45% di anidride carbonica, 3% di glicerolo e 2% di altri sottoprodotti. Questo complesso processo, per secoli incompreso, produce anche altre sostanze, di fatto considerate come dei “sottoprodotti”, e che svolgono un ruolo essenziale nelle qualità aromatiche e gustative del vino. Fra questi sottoprodotti i più importanti sono acetaldeide, acido acetico, acetato d'etile, glicerolo e altri tipi di alcol. Questi prodotti “secondari” sono infatti essenziali allo sviluppo delle qualità aromatiche di ogni vino e, dipendentemente da come è stata svolta la fermentazione alcolica, gli aromi possono affinarsi oppure deteriorarsi.

 La fermentazione è un processo estremamente complesso che si sviluppa in oltre trenta reazioni successive provocate dagli enzimi dei lieviti, i microorganismi unicellulari che sfruttano gli zuccheri presenti nel mosto per assicurare la propria crescita e moltiplicazione. Il tipo di lievito più comunemente utilizzato in enologia è il Saccharomyces Cerevisiae, utilizzato anche per la fermentazione della birra e per la lievitazione del pane. L'intero processo è svolto in condizioni anaerobiche, cioè in assenza di ossigeno, pertanto i lieviti producono energia attraverso la conversione di zuccheri. Nelle fasi iniziali della fermentazione, i lieviti svolgono una respirazione aerobiotica, utilizzano cioè l'ossigeno presente nel mosto, trasformando gli zuccheri in acqua e anidride carbonica. Quando nel mosto si esaurisce l'ossigeno, inizia la fermentazione vera e propria - un processo svolto in condizioni anaerobiche - durante la quale i lieviti producono energia attraverso l'ossidazione degli zuccheri trasformandoli in alcol etilico, anidride carbonica e altri prodotti secondari.

 

Condizioni per la Fermentazione

 La qualità e la quantità delle sostanze primarie e secondarie prodotte durante la fermentazione, dipendono largamente dalle condizioni che si verificano durante questo processo. È di fondamentale importanza che il mosto si trovi nelle migliori condizioni possibili prima dell'avvio della fermentazione, in particolare, è essenziale che questo non sia ossidato. Per questo motivo, è molto importante che la fermentazione del mosto sia avviata prima possibile, subito dopo le normali operazioni di stabilizzazione, defecazione e chiarificazione. In questa fase il mosto è infatti particolarmente sensibile agli attacchi di batteri, alterazioni causate da attività microbiche e all'ossidazione. Per questo motivo è essenziale che la durata della fase prefermentativa sia ridotta il più possibile e che il mosto sia adeguatamente protetto mediante l'aggiunta di anidride solforosa. Questa pratica consente infatti di svolgere le operazioni di defecazione e chiarificazione del mosto senza rischiare il suo deterioramento.


 

 È inoltre di fondamentale importanza che la fermentazione sia svolta secondo i tempi tipici di questo processo, un tempo che - dipendentemente dal tipo di mosto, dalle operazioni svolte per la sua stabilizzazione e dalla qualità dell'uva - può variare tra i 5 e i 15 giorni. Una fermentazione svolta troppo lentamente può infatti produrre sostanze secondarie responsabili di gusti e aromi “ordinari” e un'eccessiva quantità di acidità volatile. Viceversa, se la fermentazione è svolta troppo rapidamente, questo provocherà un eccessivo aumento della temperatura causando la perdita di aromi - che si disperderanno con l'enorme quantità di anidride carbonica che si sviluppa - con il risultato di ottenere un vino ordinario e privo di qualità organolettiche gradevoli. La temperatura svolge un ruolo fondamentale per il buon svolgimento della fermentazione. Dipendentemente dal tipo di vino che si intende produrre, è essenziale che la temperatura sia mantenuta costante entro uno specifico intervallo, come vedremo più avanti.

 Una temperatura troppo bassa - solitamente inferiore ai 15° C - impedisce infatti l'avvio e lo svolgimento della fermentazione, aumentando i rischi dell'ossidazione o, nel caso di vini rossi, un'insufficiente estrazione del colore. Temperature troppo elevate provocano invece uno svolgimento della fermentazione troppo rapido con il rischio di ottenere un vino grossolano e piuttosto ordinario, privo di ogni qualità di finezza. Una temperatura eccessivamente alta provoca inoltre il blocco della fermentazione e addirittura la morte dei lieviti. La temperatura è inoltre importante durante l'aggiunta dei lieviti selezionati nel mosto. È importante che la temperatura dei lieviti selezionati sia il più uguale possibile a quella del mosto al quale saranno aggiunti, poiché eccessive differenze di temperatura possono provocare la morte di gran parte dei lieviti, rendendo quindi vana questa operazione. Infine, è opportuno ricordare che i lieviti selezionati vanno aggiunti al mosto prima dell'inizio della fermentazione.

 

Fermentazione dei Vini Bianchi

 Nella fermentazione dei vini bianchi si utilizzerà un mosto dal quale sono state separate le bucce subito dopo avere pigiato le uve. Con lo scopo di ottenere una migliore fermentazione e un vino più stabile, sarà inoltre opportuno provvedere alla chiarifica e alla decantazione delle parti solide del mosto prima di avviare la fermentazione, come illustrato nei precedenti articoli pubblicati in DiWineTaste. Lo scopo primario della fermentazione del mosto destinato alla produzione di vino bianco è quello di conservare la finezza e la qualità degli aromi, un risultato che si ottiene prevalentemente con lo scrupoloso controllo della temperatura e mantenendola costantemente fra i 16° e il 20° C. Questo intervallo di temperatura consente infatti uno sviluppo ottimale degli aromi, una lenta trasformazione degli zuccheri e un'eccellente resa in alcol. Temperature inferiori rendono difficile la fermentazione che potrebbe bloccarsi con il rischio di ossidare il mosto.

 Temperature superiori rendono la fermentazione eccessivamente attiva, con il risultato di perdere gran parte degli aromi raffinati e ottenendo quindi un vino piuttosto ordinario e grossolano. Per questi motivi, durante la fermentazione dei vini bianchi, si controllerà scrupolosamente la temperatura facendo attenzione che questa non esca dal corretto intervallo. La fermentazione è un processo che sviluppa calore, pertanto è probabile che la temperatura salga facilmente sopra i 20° C, in particolare nelle stagioni miti. Il metodo migliore per raffreddare la vasca di fermentazione, in assenza di specifici sistemi di controllo della temperatura, è quello di fare scorrere acqua fredda lungo le pareti della vasca. Nel caso in cui la temperatura scenda eccessivamente, si può impiegare lo stesso sistema utilizzando acqua tiepida. Un altro metodo consiste nel riscaldare l'ambiente dove si trovano le vasche di fermentazione. Sconsigliabile è invece il riscaldamento mediante immersione di resistenze elettriche o sistemi simili, poiché questo può provocare l'eccessivo riscaldamento del mosto a contatto con la resistenza provocando gusti di “cotto”.

 

Fermentazione dei Vini Rossi

 Per la fermentazione dei vini rossi si utilizzerà il mosto nel quale sono lasciate a macerare le bucce, operazione essenziale che consente l'estrazione del colore. Sarà proprio l'estrazione del colore e delle sostanze polifenoliche uno degli obiettivi primari della fermentazione alcolica dei vini rossi. Le sostanze coloranti contenute nelle bucce si estraggono più facilmente con temperature elevate, e più sarà alta la temperatura e maggiore sarà l'estrazione del colore e delle sostanze polifenoliche, in altre parole, un vino rosso fermentato a una temperatura più alta avrà una maggiore struttura e corpo. Anche in questo caso è di fondamentale importanza eseguire il controllo della temperatura, assicurando che questa non esca mai dall'intervallo ottimale, che nei vini rossi è compresa fra i 25° e i 30° C. Questa temperatura consente di ottenere dei vini rossi di ottima qualità, con una buona estrazione del colore e delle sostanze polifenoliche, oltre a un buon equilibrio fra queste due qualità.

 Temperature inferiori ai 20° C rendono difficoltosa l'estrazione delle sostanze coloranti dalle bucce, pertanto è bene non scendere mai al di sotto di questa temperatura. Temperature comprese fra i 20° e i 25° C consentono una moderata estrazione delle sostanze coloranti, tuttavia non sufficienti all'ottimale estrazione dei tannini, con il risultato di ottenere vini leggeri e di corpo debole. Temperature comprese fra questo intervallo sono raccomandabili per vini rossi leggeri, non destinati a lunghe maturazioni e da consumarsi entro l'annata. Temperature superiori a 30° C producono vini ricchi di sostanze polifenoliche e robusti, tuttavia la fermentazione potrebbe provocare lo sviluppo di gusti eccessivamente “erbacei” e, se non propriamente controllata, si corre il rischio dell'interruzione del processo. Temperature così elevate sono talvolta necessarie per la fermentazione di uve povere di sostanze coloranti, come per esempio il Pinot Nero. In questo caso specifico, dopo la svinatura, cioè la separazione delle vinacce dal vino, sarà opportuno completare la fermentazione a una temperatura di circa 20° C, così da consentire un ottimale sviluppo degli aromi e la migliore condizione per la fermentazione malolattica.

 

Controllo della Fermentazione

 Nella produzione casalinga di vino non sempre è possibile eseguire controlli scrupolosi sull'andamento della fermentazione poiché normalmente non si dispone di attrezzature da laboratorio specifiche. Tuttavia, anche nella produzione casalinga di vino è indispensabile eseguire opportuni controlli sull'andamento della fermentazione così da assicurare il migliore risultato possibile. Di tutti i controlli che normalmente si eseguono sulla fermentazione, due risultano essere di fondamentale importanza: il controllo della temperatura e il controllo della densità. Questi due controlli sono indispensabili e saranno eseguiti ogni giorno, trascrivendo con cura i risultati su un apposito registro, così da ottenere un andamento della fermentazione e i cambiamenti dei due valori in funzione del tempo. Il controllo della temperatura è estremamente semplice da effettuare: sarà sufficiente rilevarla dalla massa in fermentazione mediante un termometro. Qualora la temperatura non fosse compresa entro l'intervallo ottimale per il tipo di vino da produrre, sarà necessario provvedere alla correzione secondo i metodi già indicati.

 Anche il controllo della densità è estremamente semplice da effettuare e consente la verifica del buon andamento della fermentazione e, soprattutto, di accorgersi quando questa si blocca prima del termine. Il controllo della densità può essere semplicemente eseguito utilizzando un comune densimetro o mostimetro, lo stesso utilizzato per la verifica della maturazione dell'uva. Durante la fermentazione, la densità del mosto diminuisce progressivamente, fino a raggiungere un valore compreso fra 0,990 e 0,995. Valori superiori a 1 indicano una presenza di zuccheri, pertanto la fermentazione non è ancora completata. Quando la densità si stabilizza su un valore superiore a 1, significa che la fermentazione si è bloccata ed è quindi necessario provvedere alla sua riattivazione. Spesso la causa più frequente è dovuta a una variazione di temperatura e pertanto sarà opportuno provvedere in modo appropriato. Questo fenomeno si rileva opportunamente attraverso il controllo della densità poiché, dopo l'arresto della fermentazione, l'anidride carbonica continua a svilupparsi dalla vasca - esattamente come nel normale svolgimento della fermentazione - e quando questa cessa completamente è generalmente troppo tardi per rimediare.

 




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Numero 48, Gennaio 2007 Segui DiWineTaste su Segui DiWineTaste su TwitterNumero 50, Marzo 2007

Mais

Nelle antiche civiltà dell'America Latina era considerato la pianta della vita, un'insostituibile fonte di sostentamento ancora oggi diffusa in molti paesi del mondo

 Per molte popolazioni il mais era considerato la pianta della vita. Oggi questa pianta sta conoscendo una diffusione sempre maggiore, anche per il suo uso in ambito zootecnico, ma rimane, per alcune popolazioni, la fonte di sostentamento principale. «Fecero quindi portare pane, frutta svariate, vino rosso e bianco, ma non fatti d'uva, bensì dovevano essere di frutta, il rosso di una sorta e il bianco di un altro e similmente qualche altro vino fatto di maiz che è una semente contenuta in una spiga come una pannocchia che io portai in Castiglia dove già ve n'è molto; e sembra che il migliore venga considerato di grande eccellenza ed abbia grande valore». Così scriveva Cristoforo Colombo nella sua lettera-relazione ai Cattolici Sovrani durante il suo terzo viaggio, nel 1498.

 

Breve Storia del Mais

 Il mais, nome scientifico Zea Mays, è una pianta erbacea annuale appartenente alla famiglia delle Graminacee. Ricerche svolte su questa pianta suggeriscono che derivi da una pianticella selvatica originaria del Messico e del Guatemala: il teosinte. I biologi dell'Università della California hanno infatti scoperto nel mais la presenza del gene barren stalk 1 che lega questa pianta al teosinte. Questo gene ha permesso agli agricoltori del Centro Americani di 7.000 anni fa di ottenere il mais. Il nome proviene dal termine Maiz di origine Arauca. Lo stato di Arauca è uno dei dipartimenti della Colombia e si trova nella parte orientale, al confine con il Venezuela. La coltivazione del mais risale a circa 7.500 anni fa. Nel Nuovo Messico è stata trovata la varietà più antica e la sua coltivazione si estendeva dall'America centro meridionale a Nord fino alla regione dei Grandi Laghi.


Mais bollito: il modo più comune di consumare i
chicchi di questa pianta
Mais bollito: il modo più comune di consumare i chicchi di questa pianta

 Il mais, nelle popolazioni del centro America, assume un'importanza vitale, era un elemento base della dieta, una pianta legata così strettamente alla sopravvivenza del popolo che era entrato a far parte della mitologia Maya. Secondo le leggende Maya, l'uomo è stato plasmato dagli dei partendo da una pallina di mais e acqua. Il mais ha una dignità e un'importanza tale da meritarsi una divinità tutta propria, il Yum Kaa, il dio del mais.

 Anche il popolo Azteco aveva un dio dedicato al mais - Centeotl - e anche loro avevano delle cerimonie e dei riti sacrificali legati al ciclo della maturazione della pianta. Una prima cerimonia con sacrificio, veniva eseguita quando il mais era maturo: una giovane donna veniva decapitata rappresentando la raccolta delle spighe di mais. A fine mietitura, una seconda fanciulla veniva uccisa poi scorticata, a rappresentare la decorticazione del mais. Numerose altre leggende e tradizioni legano i popoli del nuovo mondo alla coltura del mais. Le antiche popolazioni centro americane, coltivavano il mais insieme alle piante rampicanti dei fagioli, lasciandole aggrapparsi al fusto alto e snello del mais. È stato, per tanti anni, il cereale base dell'alimentazione dei maya, degli aztechi, delle popolazioni antiche dello stato del Nevada e degli Inca del Perù. Le popolazioni Mochica e Chimù (lungo la costa settentrionale del Perù) ne ricavavano una bevanda alcolica.

 A portare il mais in Europa fu sicuramente il famoso navigatore Cristoforo Colombo. Appena arrivato nel vecchio Continente, si diffuse timidamente in Italia e in Francia. In questi paesi stentò a diffondersi perché, a quanto risulta dalle testimonianze storiche del tempo, richiedeva un terreno troppo grasso e colture alternative, come la canapa, erano maggiormente redditizie. Il nuovo cereale si diffuse anche nelle regioni balcaniche e si assicurò una rapida diffusione poiché garantiva una produzione maggiore, a volte anche doppia, rispetto alle granaglie tradizionali. Inoltre, non essendo previsto tra i cereali da “imposti” per legge, era, per il momento, un prodotto esente da tasse. Successivamente la coltura del mais passa dall'Italia alla Germania e di seguito si diffonde in tutto il bacino del Mediterraneo.


 

 In Italia la sua diffusione iniziò nella pianura padana sfruttando la tecnica dei tre campi: uno coltivato a mais e due a frumento. Quello coltivato a mais garantiva un minimo di alimentazione - la polenta - mentre gli altri due producevano il frumento necessario per pagare le tasse. Negli ultimi 40 anni la produzione del mais in Italia ha conosciuto un andamento crescente, sia a livello quantitativo sia qualitativo. Le nuove varietà ibride permettono rese di circa 12-15 tonnellate per ettaro, invece delle 2-3 tonnellate che si potevano ottenere con le vecchie varietà. Con queste rese, il mais è diventato produttivo sotto il punto di vista economico e dai terreni marginali è passato ad occupare terreni fertili e ben irrigati, così da ottenere il massimo della produzione. Il nord Italia è la zona dove si concentra il 33% della produzione nazionale.

 A introdurre la coltivazione del mais in Spagna furono gli arabi, i quali avevano importato dalla Turchia le tecniche di coltivazione. Da qui il termine “grano turco”. Anche i portoghesi vennero a conoscenza di questa nuova pianta e subito la esportarono nelle loro colonie, così, grazie a loro, arrivò in Africa, fino alle colonie dell'Asia meridionale, e da qui in Cina. Era la seconda metà del 1500. Nel 1775 il mais fa la sua comparsa in Giappone, anche se non è chiaro come ci sia arrivato.

 Carl Nilsson Linnaeus, più noto con il nome latino di Linneo, grande biologo svedese e creatore della moderna nomenclatura scientifica per la classificazione di piante e animali, fu il primo a sentire l'esigenza di dare un nome ufficiale alla nuova pianta, e così venne battezzata Zea Mays. Il nome giunge dalla ricerca nei testi antichi classici, il “grano primus antiquis Latio cibus”, come lo chiamava Plinio, o il cereale della vita “zea”, come accennato nell'Odissea. Certamente queste definizioni non si riferivano al mais e Linneo lo sapeva bene, ma evidentemente il concetto di “cereale della vita” gli piacque e così decise di chiamarlo “zea”. Il termine “mays” si trova nell'opera del gesuita Josè de Acosta “Historia natural y moral de las Indias” (Storia naturale e morale delle Indie) scritto nel 1590.

 

La Pianta

 Il mais è una pianta erbacea annuale, predilige un terreno fertile, ben drenato, con piena esposizione al sole. Il fusto raggiunge l'altezza di due o tre metri e termina con un'infiorescenza, detta pennacchio, mentre nell'ascella delle foglie si trovano le infiorescenze femminili: le pannocchie. La produzione di pannocchie varia a seconda della varietà della pianta. Alcune producono solamente poche pannocchie, altre invece ne producono anche più di venti. Anche se il mais più diffuso è di colore giallo, esistono in realtà varietà dai chicchi bianchi, viola, blu, rosso, rosa e nero, così come di altri colori. La differenza del colore dei chicchi è dovuta alla diversa concentrazione di carotenoidi e flavonoidi, contenuti nella parte esterna del chicco.

 Il mais non viene usato solo per l'alimentazione umana: trova largo impiego anche nell'alimentazione animale, nella produzione di liquori, di birra e nella produzione della plastica biodegradabile al 100%. Con il mais si preparano i famosi “popcorn”, dalle gemme si ottiene l'olio di semi di mais. Lo sciroppo di mais si prepara partendo dall'amido estratto dai chicchi, che a sua volta viene trattato con gli enzimi di due funghi. Lo sciroppo aumenta l'elasticità e la consistenza degli alimenti, rallentando la perdita di umidità, aumentando di conseguenza la conservazione. Nei paesi andini si usa per la produzione di una birra a bassa gradazione alcolica, ottenuta dalla fermentazione del mais e di altri cereali: una tradizione che risale ai tempi dell'impero Inca. L'industria alimentare lo usa nella preparazione dei prodotti da forno tradizionali, specialmente nei prodotti riservati agli allergici al glutine, e nella preparazione di cibi precotti. L'industria cartaria lo utilizza come additivo per migliorare o rettificare la qualità dell'impasto della cellulosa. L'industria farmaceutica lo usa come “veicolo” per la somministrazione di molti farmaci e per la produzione di saponi.

 Dalla raffinazione del mais si ottiene la farina di maizena (amido di mais), utilizzata in cucina come addensante. Se si vuole rendere un preparato o una salsa più corposa, è sufficiente sciogliere a freddo l'amido di mais con poco brodo, latte o acqua: per 500 grammi di salsa è sufficiente un cucchiaio. La farina di maizena può sostituire, totalmente o in parte, la farina normale nella preparazione di dolci da forno o budini. In erboristeria si utilizzano gli stili essiccati della pianta - la cosiddetta “barba” - che vantano proprietà diuretiche, sudorifere, depurative, ipotensive e antinfiammatorie.

 Il mais è povero di lisina - un amminoacido essenziale e che deve essere assunto attraverso il cibo poiché l'organismo non può sintetizzarlo - e di triptofano. Il 60-80% della vitamina B3 contenuta nel mais non può essere quindi assimilata dall'organismo umano. Queste caratteristiche spiegano perché alcune popolazioni che si cibavano principalmente di mais soffrivano di pellagra, derivante appunto dalla carenza di lisina che provoca a sua volta la carenza di niacina, e quindi la pellagra. Non tutte le popolazioni che si cibavano di mais soffrivano di questo disturbo. I popoli mesoamericani avevano imparato a trattare il mais: lo facevano bollire in soluzioni alcaline, aggiungendo calce spenta; in questo modo si diminuiva il contenuto di lisina e si aumentava quello di vitamina B3.

 Cento grammi di mais producono 355 calorie e contengono 2,20g di fibra, 66g di amido, 75,8g di glucidi, 3,80g di lipidi, 9,20g di proteine, 62mcg di vitamina A, 0,36mg di vitamina B1, 0,2mg di vitamina B2, 1,5mg di vitamina PP, 256mg di fosforo, 2,4mg di ferro e 15mg di calcio. Al forum Internazionale dell'agricoltura e dell'alimentazione che si è svolto nel novembre 2006, è stata presentata la bottiglia d'acqua “belu”, all'apparenza somiglia a una normale bottiglia di plastica, ma in realtà è stata realizzata interamente con mais, quindi completamente biodegradabile. Per fabbricare una bottiglia servono 65 grammi di mais, per una bottiglia di plastica servono 0,027 litri di petrolio e l'immissione nell'atmosfera di 0,04 chilogrammi di anidride carbonica. Preferire la “plastica di mais" significa anche difendere l'ambiente dove tutti noi viviamo.

 






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Aquavitae

Rassegna di Grappe, Distillati e Acqueviti

 

I punteggi delle acqueviti sono espressi secondo il metodo di valutazione di DiWineTaste. Fare riferimento alla legenda dei punteggi nella rubrica "I Vini del Mese"



Most Uve Rosse Nobili, Bepi Tosolini (Friuli Venezia Giulia, Italia)
Most Uve Rosse Nobili
Bepi Tosolini (Friuli Venezia Giulia, Italia)
Materia prima: Cabernet Franc, Refosco dal Peduncolo Rosso, Montepulciano
Prezzo: € 35,00 - 70cl Punteggio:
Questo distillato d'uva si presenta incolore, limpido e cristallino. Al naso rivela aromi intensi, puliti, gradevoli e raffinati di lampone, fragola, ciliegia, mora, prugna e ciclamino con pungenza dell'alcol impercettibile. In bocca è intensa con pungenza dell'alcol percettibile e che tende a dissolversi rapidamente, ottima corrispondenza con il naso, dolcezza equilibrata, piacevole morbidezza. Il finale è molto persistente con lunghi ricordi di fragola, lampone e ciliegia. Most Uve Rosse Nobili è distillato con alambicco discontinuo a vapore e matura per almeno 12 mesi. Alcol 40°.



Grappa di Pinot Nero Oltrepo Pavese, Il Montù (Lombardia, Italia)
Grappa di Pinot Nero Oltrepo Pavese
Il Montù (Lombardia, Italia)
Materia prima: Vinaccia di Pinot Nero
Prezzo: € 17,14 - 70cl Punteggio: Vino eccellente nella sua categoria
Questa grappa si presenta incolore, limpida e cristallina. Al naso esprime aromi intensi, puliti, gradevoli e raffinati di ciliegia, prugna, lampone, fragola, nocciola, liquirizia e rosa con pungenza dell'alcol quasi impercettibile. In bocca è intensa con pungenza dell'alcol che tende a dissolversi rapidamente, buona corrispondenza con il naso, dolcezza bilanciata. Il finale è persistente con ricordi di ciliegia, lampone e fragola. Questa grappa è distillata con alambicco discontinuo a bagnomaria. Alcol 40°.



Grappa Giovane, Distilleria Zanin (Veneto, Italia)
Grappa Giovane
Distilleria Zanin (Veneto, Italia)
Materia prima: Vinacce di uve venete
Prezzo: € 10,00 - 70cl Punteggio: Vino eccellente nella sua categoria
Alla vista si presenta incolore, limpida e cristallina. Al naso esprime aromi intensi, puliti, gradevoli e raffinati di pera, banana, ginestra, mela e nocciola con pungenza dell'alcol quasi impercettibile. In bocca è intensa con pungenza dell'alcol percettibile e che tende a dissolversi rapidamente, buona corrispondenza con il naso, buona dolcezza, piacevole morbidezza. Il finale è persistente con ricordi di mela e nocciola. Questa grappa è distillata in alambicco discontinuo a caldaiette. Alcol 40°.



Grappa Stravecchia 20 anni Monte Sabotino, Distilleria Zanin (Veneto, Italia)
Grappa Stravecchia 20 anni Monte Sabotino
Distilleria Zanin (Veneto, Italia)
Materia prima: Vinacce di uve venete
Prezzo: € 50,00 - 70cl Punteggio:
Questa grappa si presenta con un colore giallo ambra brillante, limpida e cristallina. Al naso rivela aromi intensi, puliti, gradevoli, raffinati ed eleganti di pralina, vaniglia, liquirizia, tabacco, prugna secca, nocciola, fico secco e cioccolato con pungenza dell'alcol quasi impercettibile. In bocca è intensa con pungenza dell'alcol percettibile e che tende a dissolversi rapidamente, ottima corrispondenza con il naso, dolcezza bilanciata, piacevole morbidezza. Il finale è molto persistente con lunghi ricordi di fico secco, prugna, nocciola e cioccolato. Questa grappa è distillata con alambicco discontinuo e matura per venti anni in botte. Alcol 40°.





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Posizione Vino, Produttore
1 Chianti Classico Riserva Novecento 2000, Dievole (Italia)
2 Nero al Tondo 2001, Ruffino (Italia)
3 Wine Obsession 2001, Vignamaggio (Italia)
4 Amarone della Valpolicella Classico 2000, Zenato (Italia)
5 Don Antonio 2003, Morgante (Italia)
6 Sagrantino di Montefalco Collepiano 2003, Arnaldo Caprai (Italia)
7 Brunello di Montalcino 1999, Castello Banfi (Italia)
8 Amarone della Valpolicella Classico Costasera 2001, Masi (Italia)
9 Soave Classico Monte Alto 2004, Ca' Rugate (Italia)
10 Notarpanaro 1999, Taurino (Italia)
11 Sforzato di Valtellina Canua 2001, Conti Sertoli Salis (Italia)
12 Sagrantino di Montefalco 2003, Antonelli (Italia)
13 Colli Orientali del Friuli Rosazzo Bianco Terre Alte 2002, Livio Felluga (Italia)
14 Barolo Cannubi Boschis 2001, Sandrone (Italia)
15 Barolo Bussia 2001, Prunotto (Italia)

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