Tempi duri, questi. Le economie di tutto il mondo stanno attraversando un
momento di crisi - e c'è chi dice che il peggio deve ancora arrivare - con
conseguenze piuttosto serie anche nella vita e nel benessere della gente. Una
condizione che impone certamente delle scelte e delle priorità, pertanto la
gente elimina il superfluo, destinando le proprie disponibilità
economiche ai beni di prima necessità, rinunciando ai momenti di svago, ai beni
elitari e voluttuari. A quanto sembra, anche la vendita di vino sta risentendo
di questa crisi e di questo periodo economico non certamente brillante.
Il vino, com'è noto, è parte integrante della cultura e della tradizione
italiana. Con l'eccezione degli astemi, nelle tavole di tutta Italia insieme al
cibo è sempre presente una bottiglia di vino. Vino possibilmente buono, sempre
che uno se lo può permettere, e forse in questi tempi, questo è qualcosa che
sempre meno si verifica nei consumi degli italiani.
Secondo un'indagine svolta dall'ISMEA (Istituto di Servizi per il Mercato
Agricolo Alimentare), le vendite di vino in Italia sono in continuo calo da
diversi mesi, una tendenza che si conferma per il terzo trimestre consecutivo.
Le cose non vanno certamente meglio per quanto riguarda l'esportazione dei vini,
che, anche in questo caso, registra da diversi mesi sostanziali diminuzioni
nelle vendite. La causa della minore vendita di vini in Italia è da ricondursi
alla minore disponibilità di spesa e alla perdita di potere d'acquisto da parte
delle famiglie italiane che - in questi tempi - rinuncia anche a consumare pasti
al ristorante. Anche i ristoratori infatti lamentano, non solo un calo di
presenze nei loro locali, ma anche una minore vendita di vino, forse anche a
causa delle recenti norme introdotte in Italia relativamente alla riduzione del
valore massimo legale del tasso alcolemico. Uno sguardo agli scaffali dei negozi
dove si vende vino, evidenzia inoltre una cospicua presenza di vino in bottiglia
con un prezzo inferiore ai € 5,00. Segno dei tempi dove la gente non compera
se non l'indispensabile, e se deve acquistare beni voluttuari, lo fa
considerando attentamente il prezzo.
Secondo questa statistica, nell'ultimo trimestre le vendite del comparto vino da
tavola sono ulteriormente diminuite del 2%, peggio ancora le vendite degli
spumanti che hanno addirittura registrato un calo del 13%. Viste le festività
di questo periodo, tradizionalmente caratterizzato da un maggiore consumo di
bollicine, la battuta d'arresto per gli spumanti potrebbe essere invertita, come
puntualmente accade ogni anno in questo periodo. Una previsione che sembra
comunque smentita secondo i dati diffusi dall'ISMEA, secondo i quali si prevede
un ulteriore calo nei consumi domestici dell'1,6% per i vini da tavola e
dell'9,8% per gli spumanti. La situazione non è certo delle migliori, tanto che
sono in molti a ritenere che sarà necessario almeno un anno - secondo alcuni
almeno due - prima di ritornare a un punto di equilibrio nelle vendite e nei
consumi. Sempre secondo questi dati, gli unici vini a registrare un
modesto aumento sarebbero quelli classificabili come VQPRD (Vini di
Qualità Prodotti in Regioni Determinate), vale a dire i vini DOC e DOCG, che
hanno registrato un aumento del 3,2%.
Sempre secondo l'ISMEA, questi dati sono determinati anche da altri fattori. Per
quanto concerne i vini DOC (Denominazione d'Origine Controllata) e DOCG
(Denominazione d'Origine Controllata e Garantita), l'aumento delle vendite è
dovuto al sostanziale incremento del numero di famiglie acquirenti. Questo
risultato è probabilmente determinato anche dall'innegabile aumento di cultura
da parte dei consumatori verso il vino di qualità, da consumatori più attenti a
quello che versano nei propri calici all'insegna del poco ma buono. Per
quanto riguarda i vini da tavola e gli spumanti - sempre secondo l'ISMEA - il
numero degli acquirenti è sostanzialmente invariato, tuttavia si registra una
notevole riduzione, negli ultimi nove mesi, nella media degli acquisti e nella
frequenza. In questo caso la riduzione è evidentemente determinata dalle minori
disponibilità economiche degli acquirenti che, in questi periodi, rinunciano ai
cosiddetti beni voluttuari, privilegiando - com'è comprensibile - l'acquisto dei
beni di prima necessità.
Probabilmente il consumo di vino - e delle bevande alcoliche in genere - sarà
ulteriormente diminuito nei prossimi mesi, questa volta non per motivi di tipo
economico, ma per provvedimenti di tipo legale. Secondo notizie recenti, in
Italia sarà probabilmente introdotto un nuovo limite sul tasso alcolemico legale
consentito per la guida di veicoli, abbassandolo addirittura allo 0,2%, cioè a
0,2 grammi di alcol per litro di sangue. Il provvedimento, che - a quanto pare -
sarà approvato entro gennaio 2009, dovrebbe avere come scopo quello di prevenire
(ma sembra più corretto dire proibire) l'assunzione di alcol da parte di
soggetti che devono poi mettersi alla guida di un veicolo. Per l'ennesima volta
- anche per non essere fraintesi su questo argomento - riteniamo utile e
condivisibile attuare forme di prevenzione contro gli incidenti d'auto provocati
da soggetti in stato di ebbrezza. Ma fra la prevenzione e la proibizione, ci
sembra che la differenza sia notevole.
A nostro avviso, si tratta del consueto modo di risolvere i problemi tipico
delle persone incapaci di risolvere concretamente un problema. Se non si è
capaci di risolvere un problema, allora il provvedimento più semplice è sempre
rappresentato dalla proibizione. La storia insegna che il proibizionismo porta
sempre come risultato l'effetto opposto alle intenzioni del provvedimento
stesso. In Italia si è deciso di abbassare il livello legale del tasso
alcolemico a 0,5%, anche per adeguarsi alle direttive stabilite dall'Unione
Europea. Qual è stato il risultato? Una diminuzione degli incidenti provocati da
soggetti in stato di ebbrezza? Se si guardano le cronache di questo paese, i
fatti dimostrano che il problema non è stato risolto in questo modo e che le
cause sono anche altrove, come nell'alta velocità e l'uso di sostanze
stupefacenti, per esempio. Abbassare ulteriormente questo valore con la speranza
di creare un popolo di guidatori sobri è pura illusione. È sempre triste vedere
che le soluzioni ai problemi proposte da chi ha il compito di governare siano da
sempre proibizione e repressione, come se i cittadini fossero bambini
stupidi e cattivi che vanno sempre puniti: così non impareranno mai nulla.
Forse perché la parola cultura e la sua concreta promozione non fanno parte
della cultura dei politici?
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