In questi ultimi anni il mondo del vino ha vissuto momenti di gloria piuttosto
altalenanti, dal grande successo degli anni 1990 - una vera rinascita
dell'enologia Italiana e non solo - fino al periodo non proprio florido, per
quanto riguarda le vendite, degli anni più recenti. In tutto questo tempo molti
produttori hanno maturato una certa coscienza sull'integrità e la genuinità dei
loro vini, grazie anche all'uso - o forse abuso - degli strumenti messi a
disposizione dalla tecnologia. Le varie tecniche, ma soprattutto le varie
sostanze chimiche usate in enologia, sono state lungamente discusse e
argomentate, lodando i loro vantaggi ma anche i loro svantaggi, così come gli
effetti sulla salute dei consumatori. Le sostanze chimiche impiegate in enologia
- è bene ricordarlo - sono permesse da apposite leggi che ne determinano inoltre
le quantità massime e le modalità di impiego. Sul banco degli imputati è
stata spesso chiamata l'oramai famosa anidride solforosa, certamente la più
conosciuta fra le tante sostanze utilizzate nella produzione di vino.
Se è vero che l'anidride solforosa è la sostanza chimica più demonizzata in
enologia, spesso si dimentica che questo gas è largamente utilizzato
dall'industria alimentare per la conservazione dei cibi - oltre che per altri
usi - e che le quantità utilizzate sono talvolta ben maggiori di quelle permesse
in enologia. Ad onore del vero, va comunque ricordato che l'anidride solforosa,
assunta in dosi eccessive, ha effetti dannosi per la salute, per questo motivo -
oggi - molti produttori tendono a utilizzare quantità ben inferiori al limite
massimo consentito. Si è lungamente dibattuto sulla possibilità di produrre vino
senza ricorrere all'uso dell'anidride solforosa - sia prodotta dalla
tradizionale pratica di bruciare pastiglie di zolfo, sia aggiungendola sotto
altre forme - e sono molti i produttori a sostenere che il vino si può produrre
anche senza utilizzare questo gas. I risultati ottenuti sono, in alcuni casi,
piuttosto deludenti, in altri decisamente passabili, in altri ancora, molto
interessanti. In ogni caso è certamente lodevole l'impegno a produrre un vino
più genuino e meno sofisticato, quindi meno dannoso per la salute.
La necessità di produrre un vino più genuino sta comunque diventando sempre più
forte: l'aumentata coscienza di alcuni consumatori nel pretendere alimenti e
bevande più sane, sapere come e con cosa si è prodotto un alimento, così come
conoscerne l'origine, sono fattori che spingono i produttori a offrire vini che
rispettino questi criteri, anche - e non da ultimo - per l'opportunità
commerciale che ne potrebbe derivare. Produrre un vino più genuino e meno
sofisticato non significa comunque utilizzare meno anidride solforosa, poiché
questo è solamente uno dei tanti aspetti legati alla produzione del vino. Per
esempio, poiché il vino si fa con l'uva, il percorso della genuinità deve
necessariamente partire dal vigneto e prima ancora, dal terreno nel quale si
coltivano le viti. Questo significa, per esempio, fare uso di pratiche colturali
rispettose per l'ambiente abbattendo, al limite del possibile, l'impiego di
trattamenti fitosanitari sia nelle viti, sia nel terreno. Un vino genuino, in
altre parole, nasce da una materia prima genuina, senza trascurare la qualità,
conservando e mantenendo questa qualità fino alla bottiglia.
Il tema del vino biologico rimane comunque controverso, poiché, mentre è
certamente lodevole e condivisibile supportare la produzione di alimenti e
bevande più sane e genuine, è invece meno lodevole la speculazione che molti
produttori hanno fatto su questo tema. Uno dei punti a sfavore - un fenomeno
piuttosto tipico negli anni passati - è quello di vendere i cosiddetti
vini biologici a prezzi più alti rispetto ai vini, per così dire,
convenzionali. Se si stava cercando la strada migliore per evitare la
diffusione e l'apprezzamento di questi vini, questa è stata certamente la scelta
vincente. Inoltre, in passato, molti dei vini definiti biologici erano
caratterizzati da una qualità spesso sconcertante se confrontati con gli altri
vini. Insomma, si può anche pensare di spendere qualcosa in più per avere un
prodotto salutare, ma se poi scopriamo che questo prodotto non è buono, la
tentazione di acquistare altro è evidentemente molto forte. Va però detto che la
coscienza dei produttori biologici sta facendo grandi passi anche in questo
senso ed è innegabile che oggi la qualità sia notevolmente superiore rispetto al
passato.
La produzione di vini biologici - propriamente e correttamente definiti come
vini da uve da agricoltura biologica - è regolata da specifiche
normative, indicando pratiche viticolturali ed enologiche, abbassando
notevolmente le quantità massime di molte sostanze chimiche, così come favorendo
l'impiego di sostanze di origine naturale. In questi giorni si sta discutendo in
sede europea la nuova bozza del regolamento per la produzione di vini biologici
e che probabilmente entrerà in vigore a partire dal 1 luglio 2010. Uno dei punti
riguarda appunto l'impiego dell'anidride solforosa. Il nuovo regolamento propone
di abbassare l'uso di questo gas a 75mg/l per i vini rossi e 125mg/l per i vini
bianchi. Attualmente, la normativa Europea stabilisce, per la produzione
convenzionale, i limiti di 160mg/l per i vini rossi e 210mg/l per i vini
bianchi. Ovviamente, alla base della produzione di vini biologici troviamo,
esattamente come prima, l'esclusivo impiego di uve provenienti da colture
biologiche, cioè da colture che limitano fortemente i trattamenti fitosanitari a
favore di pratiche più naturali e rispettose per l'ambiente.
Nonostante i consumatori stiano dimostrando una crescente sensibilità verso i
vini biologici, la comunicazione e la cultura al consumo di questi vini deve
ancora evolvere. La maggioranza dei consumatori sembra essere ancora piuttosto
scettica sui vini prodotti con uve da agricoltura biologica. Secondo un
sondaggio di DiWineTaste, nel quale si chiede quanto sia importante al momento
dell'acquisto che un vino sia biologico, la maggioranza si è espressa
dicendo che questa caratteristica è indifferente, mentre è fondamentale
solamente per meno del 10%. Un gruppo di lettori dice addirittura di evitare
l'acquisto dei vini biologici, probabilmente a causa della discutibile
qualità riscontrata in certi vini - soprattutto quelli prodotti in passato - e
la brutta esperienza incide ancora oggi nelle loro preferenze. Produrre
un vino più rispettoso per l'ambiente, la natura e, non da ultimo, la salute dei
consumatori, è certamente un obiettivo per tutti i produttori seri. Ma anche in
questo caso - esattamente come abbiamo più volte detto in merito alla qualità
del vino in generale - si tratta di un presupposto legato alla cultura, alla
coscienza, alla moralità e alla serietà dei produttori. Le leggi e le normative
sono importanti riferimenti per la gente onesta, indicazioni perfino superflue
per coloro i quali credono nel rispetto per gli e nell'onestà. Questi non hanno
bisogno che gli si dica di comportarsi onestamente: lo sanno già perché fa parte
della loro cultura e moralità.
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