All'inizio fu un vino prodotto nelle campagne del trevigiano, umile e semplice
agli occhi di molti, fatto rifermentare nella bottiglia - operazione che
produceva un copioso sedimento di fecce - tanto da dovere essere
caraffato prima di essere servito. Poi arrivò la rifermentazione in
autoclave - metodo noto come Charmat, ideato dall'Italiano Federico
Martinotti e successivamente ripreso e brevettato dal francese Eugène Charmat -
cambiando il destino del celebre vino di Conegliano-Valdobbiadene. Il nuovo
metodo consentiva di produrre un vino con le bollicine in tempi decisamente più
brevi e senza sedimento, a costi minori, assicurando quindi il successo
commerciale del Prosecco e di tanti altri vini prodotti con lo stesso metodo.
Molti dei produttori di Prosecco si convertirono al nuovo metodo, mentre altri
rimasero fedeli alla tradizione e cominciarono a diffondersi due prodotti
che si differenziavano dal tipo di tappo usato per chiudere la bottiglia.
I vini prodotti con il metodo Charmat erano riconoscibili dal tappo a
fungo, quello tipico degli spumanti, mentre il tradizionale Prosecco
rifermentato in bottiglia era riconoscibile per il cosiddetto tappo raso,
cioè interamente inserito nel collo della bottiglia, trattenuto da uno spago
così da evitare l'espulsione a causa della pressione interna. Poi, anche il
Prosecco tappo raso perse questa sua caratteristica e diventò
all'improvviso limpido e senza sedimento, lasciando completamente la scena
all'unico stile di Prosecco conosciuto in tutto il mondo, quello prodotto con il
metodo Charmat e con il tappo a fungo. Un successo planetario, un marchio che
identifica non solo Conegliano e Valdobbiadene, ma tutta l'enologia italiana. Il
Prosecco è quindi diventato un marchio identificativo di uno stile di vino -
ancora oggi sono in molti a chiamare Prosecco o, peggio, Prosecchino,
qualunque vino con le bollicine - tanto da portare a un incremento esponenziale
della produzione, tanta era la sete nel mondo delle bollicine di Valdobbiadene.
Doverosa, a questo punto, una precisazione fondamentale. Il nome potrebbe
causare in effetti una certa confusione, fare pensare a un vino tendenzialmente
secco, senza poi esserlo effettivamente, confusione generata dal nome della
principale uva con il quale si produce questo vino. Prosecco è il nome dell'uva,
nome che ne ha determinato il grande successo - forse anche merito della
confusione che ha causato - tanto che oggi i produttori, per legge, chiamano
quest'uva con il suo antico nome, cioè Glera. Le conseguenze di
questo cambiamento, in verità, possono fare sorridere. I produttori che per
decenni hanno chiamato quest'uva Prosecco - e con questo nome hanno ottenuto un
successo planetario - sono pronti a correggere l'interlocutore se erroneamente
la chiama con il suo nome più conosciuto: con atteggiamento serio e solenne
fanno notare che il nome è Glera, come se l'uva Prosecco con fosse mai
esistita. Prosecco, nome che probabilmente trae la sua origine dall'omonima
cittadina in provincia di Trieste, località dalla quale si presume l'uva sia
originaria, oggi è diventato all'improvviso ingombrante. Il Prosecco non c'è
più, benvenuto Glera, rigorosamente declinato al maschile.
La necessità di cambiare l'immagine del Prosecco è evidente. Tale è stata - e
continua ad essere - la notorietà di questo vino nel mondo che ha portato a
innumerevoli esempi di speculazione e di tentativi di copia. Conseguenza quasi
inevitabile: è molto più facile sfruttare il successo altrui piuttosto che
guadagnarselo per meriti propri, soprattutto quando non ce ne sono. Questo ha
portato a deplorevoli tentativi di speculazione nel mondo, e - per onore di
onestà - questo fenomeno ha riguardato anche il territorio di produzione del
Prosecco. Un esempio su tutti, la produzione di Prosecco di qualità piuttosto
discutibile e che di certo non ha fatto onore al buon nome della qualità di
questo vino e dei produttori che invece l'hanno saputa dimostrare con quello che
mettevano in bottiglia. Sarà forse anche per questo motivo che spesso si
identifica questo vino con l'odioso termine Prosecchino, come se fosse
vino minore, cosa da poco, bollicina ordinaria di poco conto. Questo è anche il
risultato per avere curato poco l'immagine e la tutela di un prodotto, pensando
- forse e unicamente - all'ebbrezza del successo e del profitto.
Che fare quindi? Il successo è stato importante per il Prosecco e per tutta
l'area di Conegliano e Valdobbiadene, tanto da diventare ingombrante e poco
qualificante. Si ricomincia da capo. O meglio: si ricomincia dalla storia e
dalle origini. Ecco quindi che esce di scena l'uva Prosecco e rientra il Glera:
esattamente la stessa uva, ma tanto basta a creare la novità, o forse, la
confusione. Nel frattempo, per tutelare maggiormente la qualità e l'immagine di
un territorio, è arrivato anche il riconoscimento della Denominazione d'Origine
Controllata e Garantita (DOCG), riservata unicamente al Prosecco Superiore che,
per l'occasione, assume semplicemente il nome di Conegliano-Valdobbiadene DOCG,
prevedendo le espressioni territoriali del Superiore di Cartizze e dei
Rive. Insomma, pare che il termine Prosecco sia diventato sconveniente,
tanto da conferirgli un ruolo secondario e accessorio al nome del vino,
lasciandolo unicamente alle produzioni a Denominazione d'Origine Controllata
(DOC). Stessa sorte per la produzione della vicina Asolo, anch'essa promossa a
DOCG, che abbandona il vecchio nome Colli Asolani Prosecco a favore di
Asolo DOCG.
E poi ci sono altri produttori che guardano fermamente alla vecchia tradizione
del Prosecco - pardon, Glera - quello rifermentato in bottiglia e
lasciato maturare sui propri lieviti. Questa tecnica produce il tipico sedimento
che, a differenza dei metodo classico, è lasciato all'interno della bottiglia.
Questo deposito è parte integrante del vino ed è caldamente consigliato di
versarlo nei calici così da rendere il vino ancor più personale e ricco, anche
se questo porta a un'evidente velatura della limpidezza. Ricco di profumi e di
sapori, non c'è dubbio, e se poi appare velato, poco male. Per certi aspetti,
molto più ricco e interessante del Prosecco prodotto con la tecnica della
spumantizzazione in autoclave. In tutta onestà, dovessi dire qual è il tipo di
Prosecco che preferisco, o che forse, ho sempre preferito, è proprio questo
rifermentato in bottiglia e servito con il sedimento dei lieviti, Sur
Lie, come talvolta viene chiamato. Proprio perché è il tipo di Prosecco più
lontano da quella speculazione che gli ha regalato così tanto successo - e
infiniti esempi di anonima ordinarietà - e anche perché è quello che dimostra
una maggiore personalità. Insomma, fuori dal coro dell'omologazione che -
francamente - non è per nulla interessante, come spesso non lo sono le mode. E
nemmeno nel vino.
Antonello Biancalana
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