Una delle discriminanti fra innamoramento e amore è il tempo. Dell'aceto
balsamico tradizionale è facile innamorarsi, ma per amarlo ci vuole altro,
esattamente come la decisione di immergersi in profondità dopo essere stati
affascinati dallo spettacolo della bellezza del mare. Dopo avere incontrato
l'aceto, magari casualmente, ci vuole cultura, curiosità e apertura mentale,
attitudine ai tempi lunghi, pazienza di aspettare, voglia di fondere un pezzetto
dei propri processi vitali a favore di questo prodotto, originato dalla natura
ma che ha bisogno di attenzioni e cure (proprio come noi), per decidere di
includerlo tra i nostri compagni di viaggio.
Così succede che un giovane commercialista laureato alla Bocconi con interessi
più che marginali nei confronti del vino e dei suoi derivati, incrocia l'aceto
tradizionale di Modena. Da quell'incontro nasce un iniziale interesse discreto
ma sufficiente a far scattare una crescente curiosità. Si svela quindi una
storia che risale a circa il XV secolo, di un alimento che le spose delle casate
più nobili di Modena e Reggio Emilia portavano in dote. Una storia fatta di
tradizioni antiche che le famiglie patriarcali si trasmettevano di generazione
in generazione, trasmettendo l'inestimabile valore della batteria di botti
necessaria a produrre l'aceto, secondo la ricetta che ogni casato custodiva
gelosamente come un sigillo distintivo. Un racconto talmente affascinante da
indurre il nostro giovane commercialista a cercare di scrivere un capitolo
squisitamente suo da aggiungere a una storia così importante: un tentativo di
produzione personale (e con qualche probabilità di risultare velleitario) a
Lodi, la sua città, della leggenda dell'aceto tradizionale di Modena.
Si informa, si procura il vino e tre botticelle (numero minimo previsto dalla
normativa) e inizia la sua avventura. La vita non sempre si cura della nostra
volontà o delle nostre aspettative e spesso decide in modo diverso. Spetterà
quindi al padre, insieme al suo tormento, di rendere vivi i sogni del figlio,
fatti di disegni compiuti e di abbozzi, così da non destinarli nel buio di un
esclusivo dolore. Sembra poco ma è l'unico modo che gli resta per continuare ad
essere padre, ad occuparsi del figlio canalizzando l'energia vitale dei suoi
progetti e, a mio parere, accarezzando l'inespressa speranza di trasmettere alle
nipotine il gusto di coltivare antiche tradizioni. Non ha dubbi: allestisce un
apposito locale sottotetto, rigorosamente senza riscaldamento, come da
disciplinare e vi colloca, dopo averla completata, la batteria di sette
botticelle di legni diversi e con volume decrescente. Nella botte grande il
prodotto più giovane, nella botte più piccola quello maturo. Una batteria che è
così composta: ciliegio (50 litri), frassino (40 litri), rovere (30 litri),
acacia (25 litri), gelso (15 litri), ginepro (15 litri), rovere(10 litri) e
destinata all'evoluzione e alla maturazione dell'aceto.
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| La batteria di botticelle per la
produzione dell'aceto balsamico tradizionale |
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Contatta il titolare di un'acetaia di Modena per disporre del mosto cotto -
ottenuto dal vitigno autoctono Trebbiano di Spagna - che andrà poi ad essere
ospitato nella botte, definita correntemente a Modena come Badessa, capofila
della batteria, deputata ad alimentare e supportare tutte le altre. Il metodo,
infatti, prevede l'integrazione delle frazioni di liquido evaporato nel tempo o
spillato per il consumo dal barile di arrivo (l'ultimo e il più piccolo),
mediante travasi e rincalzi dalle botti precedenti, con uguale quantità
di aceto. Il sistema è simile al metodo Soleras utilizzato per lo Sherry (Jerez)
e il Marsala.
Dopo aver ottenuto la supervisione sulle fasi evolutive, le tecniche di
produzione e la verifica delle varie fasi di elaborazione, il racconto iniziato
dal figlio può finalmente essere scritto, impaginandolo con scrupolo, attenzione
quotidiana e cura minuziosa. Finalmente, l'aceto balsamico tradizionale, che
nasce a Modena e adottato a Lodi, raggiunge nel 2009 il traguardo minimo di
invecchiamento di 12 anni ed è pronto per essere degustato dalla botte di
arrivo. Ecco le qualità organolettiche che ho annotato nel suo cartellino di
identità, a seguito di una personalissima degustazione da sommelier e senza
alcuna pretesa di ufficialità. In questo caso sarebbe infatti necessaria la
qualifica di esperto degustatore di aceto balsamico tradizionale di Modena,
qualifica che non possiedo. Il mio è un semplice confronto, fatto con l'umiltà
di un devoto estimatore di Sua Maestà l'aceto tradizionale di Modena:
Vista: colore bruno scuro lucente, limpido senza incertezze, buona
densità sciropposa;
Olfatto: profumo fine, gradevole, equilibrato e persistente supportato
da una buona acidità ammansita subito dalla scia morbida;
Gusto: dolce e agro armonico; l'acidità entra per prima e sembra volere
prevalere, subito cede spazio alle note morbide procedendo in equilibrio per un
tempo decisamente lungo nel quale prevalgono le impronte balsamiche e speziate
in accordo con le sensazioni olfattive;
Giudizio Complessivo: prodotto vivo con comportamenti ancora giovani
che ampliano il tempo delle sensazioni passando dall'irruenza iniziale a un
abbraccio morbido su un tappeto di acidità gradevole che si fa fatica a
dimenticare.
Il nostro aceto balsamico tradizionale cresciuto a Lodi, rispetto al suo nobile
fratello di Modena ha qualcosa in più. Alle sensazioni gusto-olfattive aggiunge
le suggestioni del cuore: l'incontro con qualcuno che sa essere compagno
generoso e discreto, capace di viverti accanto e di fondere storie personali
diverse e talvolta complicate, in un unico progetto vitale che evolve nel tempo,
grazie a uno scambio reciproco di energia e di emozioni. Per questo motivo non
può, e non vuole collocarsi, in alcuna prospettiva economico-commerciale ma si
inserisce in un ambito di sentimenti personali e di rapporti disinteressati per
dimostrare, ancora una volta, l'intreccio profondo tra cultura del vino e storia
dell'uomo.
Rino Lombardo
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