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Numero 169, Gennaio 2018 |
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Il Vino in Rosa |
Il consumo del vino, esattamente come qualunque espressione sociale, è regolato da tendenze di mercato e, non meno influente, dalle mode che si ripetono nel corso del tempo, favorendo ciclicamente determinati stili enologici. I due principali stili che si contendono periodicamente il favore dei consumi sono il bianco e il rosso. Questi due stili si aggiudicano la corona dello stile del momento, in una competizione che si ripete oramai da decenni. Ci sono poi due stili - spumanti e rosati - che tentano timidamente di scalare la classifica delle preferenze dei consumi, restando comunque distanti dalla vetta. Di questi, lo spumante - indipendentemente dal metodo di produzione - si ritaglia il proprio posto, soprattutto nei periodi festivi. Non si limita esclusivamente al ruolo di vino per celebrare momenti particolari, ma è da sempre il vino preferito per festeggiare o suggellare un momento speciale. Vini dolci e liquorosi, purtroppo, troppo spesso relegati a fanalini di coda. I vini rosati evidentemente faticano molto più a trovare una collocazione, spesso considerati come gli alieni del mondo del vino, tanto che il loro consumo oscilla continuamente fra l'oblio e la resurrezione dettata dalle mode del momento. Il mondo dei vini rosati è decisamente vasto: l'offerta di territori e produttori è di estremo interesse, con bottiglie capaci di esprimere livelli qualitativi notevoli. Per onore della verità, è impossibile dimenticare la qualità dei vini rosati del passato, spesso mediocri, relegati al ruolo di brutto anatroccolo dell'enologia. Si tratta, evidentemente, di fatti del passato - che si spera restino legati a quell'epoca - poiché oggi la qualità generale dei vini rosati è decisamente lontana da quei tempi e i produttori si dedicano seriamente a questo stile. Complice anche la nuova vita che i vini rosati stanno vivendo, merito - non da ultimo - della moda che li vede oggi come vini di tendenza. Parlando dei vini rosati, è bene ricordare che non esistono solamente quelli fermi da tavola, uno stile che - appunto - ha sempre vissuto momenti altalenanti di interesse e qualità. Cosa del tutto diversa per i vini spumanti rosati, in modo particolare quelli prodotti con il metodo classico, spesso preferiti dagli estimatori delle bollicine e considerati di qualità. Mi considero, evidentemente, fra questi, poiché fra i vini spumanti prodotti con il metodo classico, le bollicine rosa sono certamente fra le mie preferite. Una passione che riconduce indissolubilmente alla mia amata uva Pinot Nero, amore parimenti vivo e avvincente anche quando vinificata in rosso. Come ben sanno gli appassionati della celebre uva rossa borgognona, non è tutto oro quello che è Pinot Nero e le tante bottiglie mediocri sono lì a testimoniare che la rossa borgognona non è alla portata di tutti i produttori e territori. Il Pinot Nero non è ovviamente l'unica uva rossa utilizzata per la produzione di vini rosati, tuttavia è certamente la varietà più nobile e interessante per i vini spumanti rosati. A tale proposito, si ricorda che un vino rosato si produce utilizzando il mosto di uve rosse lasciato in macerazione con le bucce per un brevissimo periodo di tempo così da conferire il colore rosa. Com'è noto, infatti, le sostanze che conferiscono il colore rosso, quindi rosato, ai vini è estratto dalle bucce delle varietà a bacca rossa. Maggiore il tempo di macerazione, maggiore la quantità di colore estratto, ovviamente nel limite della capacità colorante dell'uva. Per la produzione di un vino rosato sono sufficienti poche ore di macerazione, giusto il tempo per conferire il colore rosa desiderato. Al termine della macerazione le bucce dell'uva sono separate dal mosto, quindi la fermentazione e la vinificazione procedono come in un normale vino bianco. Ho sempre avuto un certo interesse per i vini rosati, non da meno per il vino in generale, indipendentemente dallo stile enologico, soprattutto per la loro versatilità enogastronomica. Molto spesso rappresentano la soluzione di mezzo, cioè risultano pressoché perfetti nei casi in cui un vino bianco è poco è un vino rosso è praticamente troppo. Non da ultimo, i rosati, soprattutto quelli prodotti con una macerazione breve, risultano molto piacevoli e gradevoli nei cosiddetti aperitivi: serviti freschi regalano piacevole sollievo al caldo estivo. Mi fa pertanto piacere vedere che i vini rosati stiano, per così dire, tornando di moda, confessando inoltre che mi farebbe parimenti piacere vedere lo stesso apprezzamento e interesse anche per le bollicine rosa. In modo particolare quelle prodotte con il metodo classico, stile per il quale - lo confesso - sono piuttosto esigente e mi indispongo quando nel calice trovo esemplari, per così dire, non all'altezza. In tutti questi anni dedicati al vino, ho visto decine di tentativi tesi alla rivalutazione dei vini rosati, alcuni discutibili nella forma e nel contenuto, altri più convincenti ma non esattamente efficaci. Complice anche la scarsa attenzione che i produttori dedicavano ai vini rosati, spesso considerati vini minori, con risultati qualitativi decisamente deludenti. Va da sé, la rivalutazione di un prodotto, qualunque esso sia, ha bisogno - prima di tutto - della qualità e, a questo proposito, le cose sono decisamente cambiate, e in meglio, rispetto a qualche anno fa. Capita infatti sempre più spesso di assaggiare vini rosati di notevole qualità, cosa che certamente fa sperare, per così dire, in un futuro roseo. Soprattutto per il fatto che sempre meno i vini rosati sono creati come sottoprodotto dei vini rossi, in particolare dalle pratiche di salasso. La qualità nel vino è tutto se si vuole essere credibili, i vini rosati non fanno eccezione, e la lezione imparata per i vini bianchi e rossi in questi ultimi anni è proprio lì a ricordarci che la qualità e la serietà pagano sempre. Anche e soprattutto nei vini rosati. Antonello Biancalana
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Contrasti di Pigato e Ribolla GiallaLa degustazione per contrasto di questo mese prenderà in esame due celebri varietà a bacca bianca di Liguria e Friuli Venezia Giulia, emblemi enologici nelle rispettive regioni |
Nel vasto panorama enologico dei vini bianchi italiani, nel quale ogni regione vanta interessanti uve capaci di produrre vini di assoluto pregio, Liguria e Friuli Venezia Giulia sono fra quelle più vocate alle varietà a bacca bianca. Questo mese prenderemo in esame due uve bianche che, nelle rispettive regioni sono protagoniste di vini fra i più rappresentativi dei due territori. Pigato, fra le uve a bacca bianca più celebri della Liguria, e Ribolla Gialla, pregevole varietà bianca del Friuli Venezia Giulia, sono le protagoniste della nostra degustazione per contrasto di questo mese. Uve molto diverse tra loro, perfette per una comparazione basata sulle differenze, metteranno in evidenza le rispettive caratteristiche, in entrambi i casi capaci di regalare vini bianchi di estremo interesse. Le due regioni - Liguria e Friuli Venezia Giulia - vantano un'interessante varietà di uve a bacca bianca e con le quali si producono i vini più rappresentativi dei rispettivi territori. Pigato e Ribolla Gialla sono varietà molto diverse fra loro e producono vini altrettanto diversi fra loro. La varietà ligure produce infatti vini di ottima eleganza e una struttura media, mentre la Ribolla Gialla, producendo anch'essa vini di eccellente qualità, regala vini di buona struttura e una morbidezza più accentuata. Le differenze fra le due varietà non si limitano ovviamente alla struttura e al corpo, poiché le distanze sono evidenti in ogni loro aspetto organolettico. L'analisi sensoriale dei due vini rivela infatti differenze evidenti a partire dall'aspetto, così come nei profili olfattivi e gustativi.
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Fra le varietà a bacca bianca più conosciute della Liguria, il Pigato è utilizzato nei vini di questa regione sia da solo sia unito ad altre varietà. Questa pregiata uva a bacca bianca è praticamente presente solo in Liguria, in modo particolare nelle provincie di Imperia e Savona. Il Pigato è infatti una delle varietà principali dei vini della Denominazione d'Origine Controllata Riviera Ligure di Ponente, utilizzato prevalentemente in purezza. Il Pigato, nonostante sia utilizzato unito anche ad altre varietà a bacca bianca, da il meglio di sé quando vinificato in purezza. Una scelta che è molto frequente nei produttori liguri che coltivano il Pigato, proprio con lo scopo di esaltare l'eleganza di quest'uva anche in relazione alle caratteristiche dei territori dove è tipicamente presente. L'importanza del Pigato nell denominazione Riviera Ligure di Ponente è tale tanto da prevedere tre sottozone riservate alla sua produzione: Albenganese, Finalese e Riviera dei Fiori. Le origini del Pigato non sono del tutto chiare. Per molti questa celebre varietà ligure corrisponderebbe al Vermentino - ampiamente diffuso in Liguria - tuttavia i risultati ottenuti dai diversi studi condotti in merito non hanno consentito di accertare questa teoria. Le analogie del Pigato con il Vermentino restano comunque tali da fare supporre che si tratti della stessa varietà o, quanto meno, un suo clone. I vini che si producono con le due varietà, probabilmente anche a causa delle peculiarità dei territori, evidenziano caratteristiche sensoriali rilevanti. Con molta probabilità il nome di quest'uva deriva da pigau, voce dialettale che significa macchiato, riferito alle macchioline presenti nella buccia degli acini maturi. In termini generali, il Pigato è vinificato in contenitori inerti, proprio per preservare la freschezza dei suoi profumi riconducibili a frutti e fiori, tuttavia alcuni produttori lo vinificano con successo anche in legno, compresa la barrique.
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La Ribolla Gialla è una delle tante importanti uve protagoniste del vasto scenario enologico dei vini bianchi del Friuli Venezia Giulia. L'origine di questa varietà bianca non è del tutto chiara, tuttavia è certo che si tratti di un'uva dalle origini antichissime, da secoli presente in questa regione e nella vicina Istria. La prima citazione scritta della Ribolla gialla risale al 1299: un documento notarile nel quale si stipula un atto di vendita. Prima di questa data, si possono fare solamente supposizioni. Per alcuni la Ribolla Gialla sarebbe in realtà l'uva Avola qui introdotta dagli antichi romani; per altri il pucinum - vino citato da Plinio il Vecchio - era addirittura prodotto con quest'uva. Un'altra teoria ritiene che questa varietà corrisponda all'uva Rebola dell'isola greca di Cefalonia e introdotta in queste terre dai mercanti veneziani. Per quanto affascinanti, nessuna di queste teorie è stata provata in modo attendibile e certo. La diffusione e l'importanza della Ribolla Gialla in queste terre era tale da divenire un nome generico con il quale si identificavano molti dei vini bianchi di quel territorio noto come Collio. Ancora oggi la Ribolla Gialla è particolarmente diffusa in questa area - sia la parte friulana, sia quella slovena - utilizzata per la produzione di vini di notevole interesse. Nel Friuli Venezia Giulia, il territorio intorno a Gorizia risulta essere particolarmente vocato alla Ribolla Gialla, qui infatti si producono i vini più interessanti da questa varietà. Oltre al Collio, la Ribolla Gialla è presente nei vini della Denominazione d'Origine Controllata Colli Orientali del Friuli, dove - in entrambe le denominazioni - è consentita la produzione di vini in purezza con questa uva. La versatilità enologica della Ribolla Gialla è piuttosto notevole, tanto da essere utilizzata per la produzione di stili diversi - compresi spumanti metodo classico - dando ottimi risultati sia nella vinificazione in contenitori inerti sia in quelli di legno.
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I vini che sceglieremo per la nostra degustazione per contrasto sono prodotti esclusivamente con le uve oggetto del nostro studio. La scelta non presenta particolari difficoltà poiché Pigato e Ribolla Gialla sono spesso utilizzate per la produzione di vini in purezza, nonostante le denominazioni di Liguria e Friuli Venezia Giulia che prevedono vini monovarietali con queste uve contemplino l'aggiunta minima anche di altre varietà. Per quanto riguarda il Pigato, la nostra scelta sarà a favore di una bottiglia appartenente alla DOC Riviera Ligure di Ponente Pigato, ovviamente vinificato in vasche d'acciaio. Il vino prodotto con la Ribolla Gialla e che metteremo a confronto con il Pigato sarà rappresentato da una bottiglia prodotta nella Denominazione d'Origine Controllata Collio, anche in questo caso vinificato in vasche d'acciaio. Entrambi i vini dovranno appartenere all'ultima annata in commercio - cioè la vendemmia più recente - e serviti in calici da degustazione alla temperatura di 10 °C. Siamo finalmente pronti per iniziare la nostra degustazione per contrasto, quindi versiamo i due vini nei rispettivi calici. Il primo vino che prenderemo in esame è il Riviera Ligure di Ponente Pigato. Osserviamo la base del calice: il Pigato mostra un colore giallo paglierino brillante e, inclinando il calice sopra una superficie bianca e osservando l'estremità verso l'apertura, la sfumatura rivela una tonalità giallo verdolino. La trasparenza, valutata mettendo un oggetto fra il calice inclinato e la superficie bianca, è molto elevata lasciando intravvedere chiaramente oltre il vino. Passiamo ora alla valutazione dell'aspetto del Collio Ribolla Gialla. Mantenendo il calice inclinato sopra la superficie bianca, il vino friulano rivela un colore giallo paglierino intenso, spesso tendente al giallo dorato, chiaramente più scuro del Pigato. La sfumatura, osservata all'estremità del vino, verso l'apertura del calice, rivela una tonalità giallo paglierino con chiari riflessi dorati. I profili olfattivi di Pigato e Ribolla Gialla, esattamente come l'aspetto, sono caratterizzati da notevoli differenze. Nei vini prodotti con queste uve si percepiscono aromi che richiamano frutti a polpa bianca e gialla, oltre a fiori, tuttavia l'intensità e la varietà evidenzia notevoli differenze. Nel Pigato si riconoscono prevalentemente aromi di mela, pesca, talvolta albicocca, oltre a profumi floreali nei quali si percepiscono biancospino e ginestra. Nell'uva ligure si possono inoltre riconoscere aromi associati a erbe aromatiche, fra questi timo e rosmarino, occasionalmente la mandorla che, a volte, è percettibile anche al gusto. Il profilo olfattivo della Ribolla Gialla si fa apprezzare per i profumi di mela, pera e pesca, ai quali si uniscono spesso profumi di agrumi e frutta tropicale, in particolare ananas. Non mancano profumi che riconducono a fiori, fra questi biancospino e ginestra. Valutiamo ora le differenze olfattive dei vini della nostra degustazione per contrasto, iniziando dal Riviera Ligure di Ponente Pigato. Manteniamo il calice in posizione verticale e, senza rotearlo, eseguiamo la prima olfazione così da valutare l'apertura del vino, cioè gli aromi iniziali che si sviluppano dal calice. L'apertura del Pigato è caratterizzata da aromi intensi e puliti di mela, pesca e biancospino. Dopo avere roteato il calice, operazione che favorirà lo sviluppo degli altri aromi del vino, il Pigato completa il suo profilo olfattivo con pera, albicocca, ginestra e susina, talvolta seguite da rosmarino e timo. Passiamo ora alla valutazione dell'apertura del Collio Ribolla Gialla. Dal calice, mantenuto in posizione verticale e senza rotearlo, si percepiscono aromi puliti e intensi di mela, pera e biancospino. Dopo avere roteato il calice, il profilo olfattivo della Ribolla Gialla si completa con pesca, ananas, ginestra e agrumi, talvolta seguite dal piacevole profumo dell'acacia. Passiamo ora alla valutazione dei profili gustativi dei vini, iniziando - come nelle fasi precedenti - dal Riviera Ligure di Ponente Pigato. Prendiamo un sorso di questo vino e valutiamo l'attacco, cioè le sensazioni iniziali che si percepiscono in bocca. Si percepisce una piacevole freschezza, conferita dall'acidità, oltre a un buon corpo con moderata morbidezza. La corrispondenza con il naso è molto buona e si riconoscono nettamente i sapori di mela, pesca e pera, oltre ad albicocca e susina. Prendiamo ora un sorso del Collio Ribolla Gialla così da valutare l'attacco di questo vino. Si percepisce, anche in questo caso, una netta sensazione di freschezza e una buona struttura, oltre alla buona corrispondenza con il naso. Si possono riconoscere infatti i sapori di mela, pera e pesca, oltre alla piacevole sensazione di frutta tropicale, riconoscibile nell'ananas. Prendiamo nuovamente un sorso di Pigato e poi di Ribolla Gialla: si confronti l'equilibrio dei due vini in relazione all'acidità e alla morbidezza. La fase conclusiva della degustazione per contrasto prenderà in esame le sensazioni finali che i vini lasciano in bocca dopo la deglutizione, in particolare la persistenza gusto-olfattiva. Il finale del Pigato è di buona persistenza, lasciando in bocca una piacevole sensazione di freschezza e moderata morbidezza. Si percepiscono ancora i sapori di mela, pesca e albicocca, spesso seguite da una sensazione amarognola che ricorda la mandorla, caratteristica frequente nei vini prodotti con Pigato. Il finale del Collio Ribolla Gialla è anch'esso di buona persistenza e in bocca si percepisce una piacevole freschezza oltre a moderata struttura, seguita da una percettibile morbidezza. Si percepiscono i sapori di mela, pera e pesca, molto puliti e piacevoli. Prendiamo ora un sorso di Pigato e Ribolla Gialla: la sensazione tendenzialmente amarognola del Pigato è piuttosto evidente, caratteristica decisamente inferiore per intensità nella Ribolla Gialla.
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I Vini del Mese |
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Notiziario |
In questa rubrica sono pubblicate notizie e informazioni relativamente a eventi e manifestazioni riguardanti il mondo del vino e dell'enogastronomia. Chiunque sia interessato a rendere noti avvenimenti e manifestazioni può comunicarlo alla nostra redazione all'indirizzo e-mail.
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L'Addio di Euro-Toques al Suo Fondatore Gualtiero Marchesi |
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A livello nazionale, nel nostro Paese l'associazione fu fondata da Marchesi che ne resse a lungo la presidenza per poi passare il testimone prima a Massimo Spigaroli e poi ad Enrico Derflingher, attuale presidente sia di Euro-Toques Italia che di Euro-Toques International. «Molti dei ragazzi che sono passati dalla mia cucina sono oggi dei cuochi degni di questo nome, capaci, in base alle proprie attitudini, di formare altre persone, altri entusiasti». Quella di Gualtiero Marchesi per la cucina è stata una vocazione, nata attraverso i genitori che possedevano l'albergo ristorante Al Mercato, in via Bezzecca, a Milano. La passione per il disegno e per la musica, l'opera in particolare, c'erano già, come la fame di letture. Il lavoro impostato con rigore e sensibilità distingueva quel ristorante dagli altri, spingendo Marchesi a pensare in meglio. Innumerevoli sono stati i riconoscimenti e i premi meritati nell'arco di una carriera lunga più di sessant'anni, oltre all'importante ruolo di guida che ha rappresentato come rettore di Alma, la Scuola internazionale di cucina italiana. «Marchesi è stato un grande - dichiara Enrico Derflingher - un mito, una leggenda. Lo conosco come uomo da trent'anni, è stato la storia della cucina italiana e non solo. Ha subito critiche feroci da chi non vale un decimo di lui, è un uomo che ha fatto ciò che nessun altro ha saputo ripetere. La sua figura ci ha permesso di crescere come cuochi e come uomini». «Tanti i ricordi personali che ho di lui. Un uomo di cultura, facevamo lunghi viaggi insieme in macchina o in Europa quando lui era presidente di Euro-Toques. Parlava di musica, arte e artisti internazionali, ne parlava per ore e lo ascoltavi sempre con interesse e piacere». «L'ho chiamato il giorno di Natale per gli auguri ma non mi ha risposto, era una persona che richiamava sempre, ma quel suo panettone insieme non lo mangeremo più. Un esempio cui nessuno può essere paragonato neanche lontanamente. Oggi in tanti sono bravi, ma nessuno lo raggiunge». Il presidente, il direttivo e tutti i membri di Euro-Toques esprimono dolore per la perdita di una delle menti più geniali e creative che l'Italia abbia avuto, nella speranza di mantenere sempre vivi i frutti dei suoi insegnamenti. |
Il Saluto di Unione Italiana Vini a Gualtiero Marchesi |
«Con Gualtiero Marchesi se ne vanno quell'eleganza unica, quei modi pacati ed
essenziali ma carichi di contenuto, quella sapienza nell'unire cultura a buon
gusto in modo tanto naturale quanto arguto. Un uomo che non solo ha
rivoluzionato la cucina internazionale, ma che ha saputo portare nel mondo la
migliore tradizione italiana sperimentando, con coraggio, nuove forme di
espressione dell'eccellenza che ci contraddistingue. A lui, la nostra più
sincera gratitudine». Con queste parole Ernesto Abbona, presidente di Unione Italiana Vini, saluta Gualtiero Marchesi, scomparso a Milano il 26 dicembre 2017 all'età di 87 anni. |
Gli Spumanti Italiani Protagonisti del Natale 2017 |
Spumanti italiani protagonisti a Natale: durante le prossime festività, nel
nostro Paese si sono stappate 66 milioni di bottiglie di spumanti italiani
(+6% sul 2016; bottiglie da 0,75l), mentre all'estero 174 milioni (+11%). Dai
dati dell'Osservatorio del Vino, su stime Ismea, emerge che il comparto
nazionale dei vini spumanti chiuderà il 2017 con una produzione di circa 671
milioni di bottiglie (5,032 mln di hl, +9% sul 2016) ed un export di 3,7
milioni di ettolitri (quasi 500 milioni; bottiglie da 0,75l) se fosse
confermato il trend gennaio-settembre dell'anno. «Anche quest'anno, i vini spumanti italiani saranno protagonisti del Natale e, più in generale, delle festività - commenta Ernesto Abbona, presidente dell'Osservatorio del Vino - Da evidenziare l'incremento dei consumi sul mercato interno, che ci porta a due considerazioni molto significative: l'economia interna è in ripresa e i consumi sono favoriti da un clima di maggior fiducia; il consumatore sta facendo notevoli passi avanti in termini di crescita culturale nei confronti della qualità che siamo in grado di offrire, che ci fa ben sperare per il futuro di tutto il vino italiano. L'export, trainato dal Prosecco, vola a doppia cifra, ma come in più occasioni abbiamo ribadito, non possiamo affidare a questo prodotto, seppur vincente, la nostra penetrazione nei mercati stranieri. Stiamo lavorando da tempo, insieme all'ICE e al MISE, per individuare strategie efficaci affinché tutto il nostro vino di qualità venga percepito e apprezzato come tale all'estero. La situazione sta migliorando, ma c'è ancora molto lavoro da fare». L'export di vini spumanti italiani continua a crescere a doppia cifra. I dati Ismea su base Istat registrano infatti un incremento pari a +11% a volume e +14% a valore. In particolare, da gennaio a settembre sono stati esportati circa 2,5 milioni di ettolitri di vino per un incasso di 920 milioni di euro. Performance sopra la media per gli spumanti Dop (+13% a volume e +15% a valore), mentre il Prosecco copre la quota preponderante delle esportazioni: da solo rappresenta infatti il 70% circa di tutti gli spumanti Dop e poco meno del 60% rispetto all'intero comparto spumantistico. Tra i principali Paesi clienti, il Regno Unito si conferma il primo Paese di destinazione delle bollicine Italiane, dove si registra, sullo stesso periodo 2016, un incremento in valore del 13% per un corrispettivo di 267 milioni di euro (+10% in volume per circa 769mila hl). Al di sopra della media la performance degli Stati Uniti dove l'export vale oltre 217 milioni di euro (+17%) con una crescita anche in volume del 14% (531mila hl). Dato interessante sulla Russia, che riporta una progressione in termini di valore e volume pari al 41%. Dall'analisi Ismea, con il contributo del Cirve dell'Università degli Studi di Padova, partner dell'Osservatorio del Vino, in base ai dati dei primi nove mesi 2017 sui movimenti del vino spumante a livello mondiale, si può parlare di una crescita complessiva delle esportazioni pari all'11% in valore e in volume, contro un dato 2016 rispettivamente, del 4 e 7%. In questo quadro, l'Italia prosegue il suo percorso di espansione nel mercato internazionale degli spumanti, con una crescita dei valori maggiore della media del mercato (+14%) e una crescita dei volumi in linea con quella del mercato (10%). Nel 2017 crescono anche le spedizioni degli altri grandi esportatori di spumanti. La Francia tuttavia cresce meno dell'Italia (+9,6% in valore, +8,5% in volume) e la Spagna cresce più dell'Italia in volume ma con prodotti di minor pregio, pertanto la crescita in valore risulta minore rispetto all'Italia (+10% in valore, +18% in volume). «Questi dati consentono di chiudere il 2017 con un moderato ottimismo - conclude Abbona - di buon auspicio per il prossimo anno. Il nostro augurio per queste festività è che la tradizione italiana, con i suoi sapori, le sue passioni e la sua storia, sia il filo conduttore per passare un gustoso e sereno Natale». |
AquavitaeRassegna di Grappe, Distillati e Acqueviti |
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Wine Guide ParadeOttobre 2017
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