La primavera, per chi si occupa di agricoltura, e quindi di viticoltura, è
quella stagione che porta con sé le rinnovate speranze della rinascita,
ma anche il timore di eventi nefasti tali da trasformare quella
rinascita in morte anticipata. In certi casi, inoltre, questi
disgraziati eventi provocano direttamente la mancata rinascita. Chiunque si
occupi di agricoltura, è sempre costretto a controllare, spesso con una certa
apprensione, quello che accade sia in cielo sia in terra, poiché le
buone e le cattive notizie possono arrivare da entrambe le parti. L'unica
certezza è che – nel caso di brutte notizie – si dovrà tentare di
rimediare o prevenire, per quanto possibile, salvando tutto quello che si può
salvare. Non sempre è possibile porre rimedio, non sempre, quindi, chi coltiva
la terra riesce a raccogliere il frutto del proprio lavoro.
Considerando, inoltre, che chi lavora la terra auspica legittimamente anche
i frutti nella forma di profitti economici, la perdita e il rammarico sono
doppi.
Aprile, mese che dovrebbe esprimere la primavera nel suo splendore di fiori e
temperature miti, a volte – purtroppo – può riservare cattive sorprese e,
quando Madre Natura le elargisce in questo mese, le conseguenze sono gravi e
preoccupanti. Fra gli eventi temibili del mese di aprile ci sono, infatti, i
cali repentini e significativi di temperatura, quindi il concreto rischio di
gelate. Questo fenomeno, infatti, colpisce direttamente i giovani germogli
delle piante, i quali – fragili e indifesi – sono irrimediabilmente
danneggiati, determinando spesso anche la loro morte. Senza germogli,
ovviamente, non ci saranno fiori, senza fiori non ci saranno frutti. In alcune
circostanze, e dipendentemente dal momento nel quale si verifica la gelata, la
pianta, caparbiamente, tenta nuovamente la generazione di nuovi germogli,
condizione che è sempre e comunque dipendente dal corso delle condizioni
meteorologiche della primavera. Nuovi germogli che, comunque, non hanno la
forza produttiva di quelli persi con la gelata, ma – come si dice –
è sempre meglio di niente.
Nei giorni scorsi hanno particolarmente colpito le immagini giunte dalla
Francia, o meglio, dai vigneti francesi. Una notizia resa particolarmente
spettacolare dalle immagini aeree che mostravano i fuochi controllati
all'interno delle vigne con lo scopo di scongiurare i terribili effetti della
gelata di aprile. L'espediente – di certo suggestivo e che tutti i vignaioli
vorrebbero evitare – ha lo scopo di creare una coltre di fumo sopra il vigneto
così da limitare e scongiurare gli effetti della gelida temperatura. A vederle,
quelle immagini che giungevano dalla Francia, davano l'impressione che
sterminati ettari di vigne fossero in fiamme, in realtà, si stava cercando di
limitare i danni mediante uno spettacolo al quale nessun vignaiolo vorrebbe
assistere. In genere, questo espediente è efficace nel limitare possibili danni
futuri ai fragili e giovani germogli – confidando nella clemenza di Madre
Natura – di certo totalmente inefficace per quelli che, purtroppo, sono stati
già danneggiati dalla gelata.
La spettacolarità delle immagini aeree dei vigneti francesi ha fatto quasi
ignorare quello che, non meno preoccupante, è accaduto in Italia. Aprile,
infatti, è stato molto severo anche con i vigneti italiani e, più in
generale, con l'intero comparto agricolo del nostro Paese. Non è mia intenzione
– chiaramente – sminuire la gravità delle gelate che hanno colpito i vigneti
di Francia, poiché i vignaioli francesi hanno subito conseguenze enormi a
causa delle gelate, con una stima di distruzione dei vigneti compresa fra il 50
e l'80%. Le prime stime, infatti, ammontano a circa due miliardi di euro di
danni e il governo francese, con lodevole tempestività, ha già stanziato un
miliardo di euro a supporto dei vignaioli e agricoltori. Anche in Italia le
gelate di Aprile hanno prodotto danni e perdite ingenti e, secondo
Confagricoltura, la stima ammonta attualmente a un miliardo di euro. L'invito,
implicito, è l'intervento fattivo e immediato delle competenti autorità
politiche che si auspica possa essere tempestivamente accolto e si intervenga
in modo opportuno a supporto degli agricoltori e vignaioli italiani.
Verrebbe da dire piove sempre sul bagnato. La condizione critica del
comparto vitivinicolo italiano – già duramente colpito dalle conseguenze
economiche prodotte dalla pandemia da Covid-19 – sarebbe ulteriormente
aggravata dal rischio delle perdite della stagione 2021. Per quanto concerne
l'andamento del mercato dei vini italiani, l'attuazione della Brexit
– l'uscita del Regno Unito dall'Unione Europea – con le conseguenti
procedure e i vincoli burocratici e amministrativi, secondo il Centro Studi
Divulga, hanno già causato una diminuzione del 36% nelle esportazioni di vino.
Non è una buona notizia – a mio avviso, nemmeno per gli abitanti del Regno
Unito, visto che anche le loro esportazioni hanno subito rallentamenti –
poiché questo paese rappresenta uno dei mercati esteri più importanti per le
cantine italiane. Le gelate di aprile hanno pertanto contribuito ulteriormente
al peggioramento delle future possibilità di mercato per il vino italiano,
considerando che – in certe zone – si parla della perdita di diverse migliaia
di ettari di vigneti.
Non solo vigne, evidentemente, poiché la perdita e il danno riguardano l'intero
comparto agricolo con una stima di danni delle produzioni compresi fra l'80 e
il 90%. A tale proposito – e per quanto riguarda nello specifico la
condizione dei vigneti in Italia – i danni prodotti dalle gelate si sono
verificati in zone limitate, tuttavia estese in tutto il territorio italiano.
In modo particolare, secondo le prime stime, i vigneti a riportare i maggiori
danni sono quelli collocati nelle zone di media collina e fondovalle,
distruggendo soprattutto i germogli delle varietà precoci. Fra le regioni a
riportare i danni più importanti troviamo Umbria e Toscana così come alcuni
territori dell'Emilia-Romagna e del Veneto. Fra le zone meno colpite, le
regioni del meridione. Salvo ulteriori conseguenze, e in attesa di controlli
più approfonditi, non si prevedono in Italia – secondo le associazioni di
categoria – diminuzioni significative nella produzione di vino, con
l'eccezione, appunto, delle zone più colpite.
È il ripetersi del ciclo delle stagioni, portando sempre con sé
l'imprevedibilità e, talvolta, l'irreparabilità di certi eventi negativi. Non
sempre, infatti, Madre Natura è clemente e magnanima con chi vive fra il cielo
e la terra. In certi casi – non lo dimentichiamo – è l'uomo a condizionare e
alterare il ciclo e la stabilità degli eventi naturali, in altri è
semplicemente il corso della Natura e per il quale, molto spesso,
siamo inermi, subendo le conseguenze estreme senza possibilità alcuna di
intervento. La Natura da, la Natura toglie. Questo è qualcosa che ben sa – e
sulla propria pelle – chi lavora la terra e dalla terra confida di raccogliere
i frutti del suo lavoro. Non è, evidentemente, una conclusione passiva alla
rassegnazione di dovere subire i capricci del fato di Madre Natura, più
semplicemente la constatazione di un rischio possibile. Si deve attendere, come
sempre, il termine della vendemmia e dopo – solo dopo – si può tirare un
liberatorio respiro di sollievo innalzando il calice alla buona sorte e al buon
lavoro svolto. E anche a Madre Natura.
Antonello Biancalana
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