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Numero 211, Novembre 2021
Sommario


Editoriale    Sommario della rubrica Editoriale
 Prosecco, Prošek e la Guerra dei Nomi
Il Prosecco è un vino di innegabile successo, fra i più prolifici e proficui che si producono in Italia, senza ombra di dubbio alcuno, uno dei maggiori vini italiani conosciuti nel mondo… [continua]



Gusto DiVino    Sommario della rubrica Gusto DiVino
 Contrasti di Piemonte Moscato Passito e Alto Adige Moscato Rosa Passito
Il colore dell'Alto Adige Moscato Rosa Passito
Due profumatissimi vini dolci, dalla potente espressione aromatica di uva, a confronto nei calici della degustazione per contrasto di questo mese. Due vini d'eccellenza di Piemonte e Alto Adige… [continua]
 I Vini del Mese
Varramista 2002, Fattoria Varramista (Toscana, Italia)
Varramista 2002, San Gimignano Vin Santo 2008, Notturno dei Calanchi 2016, Millanni 2015, Frasca 2016, Atlante 2015, Sicilia Nero d'Avola Cabernet Sauvignon Narkè dei Poeti 2017, Sicilia Grillo Chardonnay Ninfea 2017… [continua]


Eventi    Sommario della rubrica Eventi
 Notiziario



 Aquavitae
Grappa di Barolo, Sibona (Piemonte)
Rassegna di Grappe, Distillati e Acqueviti, Grappa di Barolo… [continua]
 Wine Guide Parade
Estate 2021… [continua]



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  Editoriale Numero 211, Novembre 2021   
Prosecco, Prošek e la Guerra dei NomiProsecco, Prošek e la Guerra dei Nomi  Sommario 
Numero 210, Ottobre 2021 Segui DiWineTaste su Segui DiWineTaste su TwitterNumero 212, Dicembre 2021

Prosecco, Prošek e la Guerra dei Nomi


 Il Prosecco è un vino di innegabile successo, fra i più prolifici e proficui che si producono in Italia, senza ombra di dubbio alcuno, uno dei maggiori vini italiani conosciuti nel mondo. Vino di successo, appunto, e come spesso accade, il successo si paga e ha un prezzo. Il Prosecco è anche un vino irrequieto, non tanto per l'esuberanza delle sue bollicine, piuttosto per le vicende che, da sempre, contraddistinguono le sue vicissitudini, sia nel proprio Paese sia negli altri. Un successo planetario enorme, tanto da influire pesantemente sul concetto dei vini spumanti in generale, in modo particolare in quello della mescita, dove – troppo spesso – qualunque vino frizzante o spumante è genericamente chiamato “prosecco”, fino all'orripilante e becera definizione diminutiva che assume, almeno per me, la fastidiosissima definizione di “prosecchino”. Anche questo è chiaramente conseguenza del successo, sebbene – in questo caso – non certo definibile in modo positivo, certamente una “moda” di cui non essere orgogliosi, tuttavia utile a evidenziare la penosa e scarsissima preparazione enologica e professionale dello sciagurato “mescitore per caso” di turno.


 

 I produttori, in verità, hanno cercato di porre rimedio, anche in conseguenza delle vicende relative all'uso del nome “Prosecco”, omonimo quartiere di Trieste, quindi in Friuli Venezia-Giulia. Il nome di questo quartiere, com'è ben noto, ha dato in passato il nome sia all'uva sia al celebre vino spumante e che, a sua volta, deriva dal suo nome sloveno “Prosek”. Nel 2009, con lo scopo di tutelare la DOC Prosecco (quindi il vino), fu introdotto l'obbligo di chiamare l'uva Prosecco con il nome Glera. Una forma di tutela preventiva adottata anche in conseguenza di quanto accadde nella disgraziata e nota vicenda fra il Tokaji ungherese e l'uva Tocai Friulano. Il nome Prosecco, riferito al vino, è innegabilmente evocativo ed equivocabile, lasciando intendere un chiaro riferimento alla quantità di zuccheri contenuti nel vino, cioè “a favore del secco” o “tendenzialmente secco”, facendo quindi supporre una certa dolcezza. Ed è proprio a causa di questo equivoco che sono state perpetrati palesi e innumerevoli tentativi di imitazione, proprio giocando in tutto o in parte sia con il prefisso “pro” sia con la parola “secco”, quest'ultima innegabilmente di uso tecnico-enologico, proprio a significare il grado di dolcezza di un vino.

 Com'è ben noto, il successo è qualcosa che suscita l'interesse di quelli che ne hanno meno, spesso tentando di sfruttarlo in modo subdolo e, non da meno, perfino ricorrendo in modo palese al plagio. In questo senso, il Prosecco, e più in generale, i prodotti dell'agroalimentare italiano, subiscono da sempre tentativi palesi di plagio e di imitazione. Dai formaggi ai vini, passando per qualunque prodotto alimentare italiano di successo nel mondo, l'elenco è decisamente molto lungo. Il Prosecco – il celeberrimo vino spumante che, di certo, non ha bisogno di ulteriori presentazioni – è certamente fra i prodotti italiani a essere maggiormente “plagiato”, molto spesso con vini, non necessariamente spumanti, venduti con nomi che inequivocabilmente ricordano il celebre vino trevigiano. L'espediente più tipico è quello di “giocare” con il termine “secco” che, come già detto, è anche un termine utilizzato nel mondo enologico per indicare il grado di dolcezza, quindi il contenuto di zuccheri in un vino. A prescindere dal suo lecito e inequivocabile uso, molto spesso il tentativo di plagio nei confronti del Prosecco è fin troppo evidente.

 Nelle scorse settimane, i consorzi di tutela del Prosecco – nelle sue diverse denominazioni – unitamente alle associazioni di categoria e le Istituzioni Italiane, si sono opposte in seno alla Comunità Europea contro la richiesta del riconoscimento di protezione per un vino croato, una questione che sembrava sopita dal 2013. La Croazia, infatti, ha inoltrato domanda di protezione – con tanto di pubblicazione nella Gazzetta della Commissione Agricoltura dell'Unione Europea – della menzione tradizionale “Prošek”. Si tratta di un vino della Croazia Meridionale, che – in effetti – non ha alcuna analogia enologica con il Prosecco italiano, poiché si tratta di un vino dolce – prodotto con uve appassite – negli stili bianco e rosso. Quindi, in questo caso, non si tratta di emulare lo stile, piuttosto – così sostengono dall'Italia – di ottenere il riconoscimento per un palese caso di “italian sounding”, cioè evocare un prodotto italiano con un nome simile, quindi equivoco.

 Se è vero che le tantissime ragioni e proteste sollevate in passato a tutela del Prosecco erano lecite e legittime, ritengo, tuttavia, che non si possa sostenere questo atteggiamento sempre e comunque. Sia chiaro: la tutela delle produzioni agro-alimentari dell'Italia è indiscutibile e, quando il tentativo di plagio è appurato, si deve intervenire risolutamente e inequivocabilmente, sia per la salvaguardia della produzione italiana, sia per la tutela dell'indotto economico. Pare altrettanto evidente che, quando si copia o si esegue il plagio di qualcosa, lo si fa unicamente con prodotti di successo, come il vino Prosecco, appunto. Il caso del Prošek croato, a mio avviso, andrebbe considerato in modo diverso. Si tratta di un vino dolce, prodotto con uve passite, negli stili bianco – ottenuto dalle varietà autoctone Bogdanuša, Maraština, e Vugava  – e rosso, quest'ultimo prodotto aggiungendo alle uve dello stile bianco, la varietà Plavac Mali. Fin troppo evidente, il nome – Prošek – richiama inequivocabilmente il celebre vino spumante prodotto in Veneto e nel Friuli Venezia-Giulia.

 La Croazia, nel rigettare le accuse mosse dall'Italia, sostiene che il loro Prošek è un vino tradizionale e prodotto da lungo tempo, vantando una storia di circa trecento anni, alcuni azzardano addirittura due millenni. I croati, infatti, in accordo alla dichiarazione del proprio Ministro dell'Agricoltura, sostengono che il Prošek è un vino dolce tradizionale del paese, citato per la prima volta nel 1774, attualmente prodotto nelle aree a denominazione di origine protetta della Dalmazia settentrionale, centrale e meridionale, Zagora dalmata e Dingac. Nella stessa dichiarazione, si sottolinea inoltre che attualmente sono solamente trenta produttori impegnati nella produzione di questo vino, per un totale di 20 ettolitri all'anno – di fatto, poco più di 2600 bottiglie – le quali sarebbero, per la maggior pare, interamente commercializzate nel mercato interno. Numeri che, confrontati con quelli del Prosecco –cinquecento milioni di bottiglie nel 2020 – pare difficile credere a un'ipotetica minaccia di mercato. Sarebbe come se il piccolo Davide dovesse affrontare – a mani nude e senza nemmeno contare sulla sua portentosa fionda – milioni di copiosi eserciti di agguerriti Golia e armati di tutto punto.

 Si potrebbe sostenere che si tratta anche di una questione di principio: del resto, si obietta la registrazione del nome Prošek, considerata una minaccia per l'identità del Prosecco italiano. Come già detto, i tentativi di plagio del nome di questo celebre vino italiano sono stati e sono tanti, pertanto il Prošek rappresenterebbe l'ennesimo tentativo. Ritengo – ed è mia personalissima opinione – che se è vero che il Prošek è un vino tradizionale della Croazia, con una storia documentata e documentabile, non è giusto negare l'affermazione di questa identità, parte della storia enologica della Croazia, quindi del mondo del vino in generale, esattamente come il Prosecco lo è per l'Italia, solo perché esiste un'evidente similitudine dei due nomi. Esattamente com'è giusto e indiscutibile che l'Italia affermi e tuteli le proprie produzioni agro-alimentari, lo stesso diritto è parimenti giusto e inalienabile per qualunque altro paese. Mi preoccuperei, piuttosto, qualora un consumatore dovesse acquistare il Prošek croato convinto che, in realtà, si tratti di Prosecco italiano. Non solo un pessimo consumatore, ma decisamente un ignorantissimo “bevitore di vino”. Qualcuno che, personalmente – per l'amore, la passione e il rispetto che io ho per il vino – è bene perdere, poiché non sarebbe nemmeno un degno ambasciatore né del Prošek né del Prosecco. Tanto meno del vino.

Antonello Biancalana



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Contrasti di Piemonte Moscato Passito e Alto Adige Moscato Rosa PassitoContrasti di Piemonte Moscato Passito e Alto Adige Moscato Rosa Passito I Vini del MeseI Vini del Mese  Sommario 
Numero 210, Ottobre 2021 Segui DiWineTaste su Segui DiWineTaste su TwitterNumero 212, Dicembre 2021

Contrasti di Piemonte Moscato Passito e Alto Adige Moscato Rosa Passito

Due profumatissimi vini dolci, dalla potente espressione aromatica di uva, a confronto nei calici della degustazione per contrasto di questo mese. Due vini d'eccellenza di Piemonte e Alto Adige

 Le uve aromatiche possiedono, innegabilmente, un fascino particolare. Non solo per essere le uniche del vastissimo patrimonio delle uve da vino a produrre vini che, nelle loro qualità sensoriali, esprimono direttamente i caratteri riconducibili al succo dell'uva, ma – soprattutto – per la loro rarità. Si deve infatti ricordare che, nel vastissimo mondo delle uve da vino, solamente tre – per alcuni, quasi quattro – appartengono al ristrettissimo gruppo delle cosiddette varietà aromatiche. Questa ristretta famiglia – è bene ricordarlo – è infatti composta dal Moscato, Gewürztraminer e Brachetto. A queste, secondo alcuni, si aggiungono un ristretto numero di uve appartenenti alla vasta famiglia delle Malvasie, le quali, è bene ricordare, possiedono caratteri organolettici tali da essere incluse nella famiglia delle varietà aromatiche pur tuttavia non avendo la forza e l'intensità delle prime tre. Queste uve si contraddistinguono inoltre per la pregevole versatilità enologica, poiché impiegate con successo per la produzione di innumerevoli stili di vino, dai secchi ai dolci prodotti da uve passite, compreso lo spumante.

 Per completezza, va detto che il Gewürztraminer non è generalmente utilizzato per la produzione di vini spumanti, ma è notoriamente e magnificamente utilizzato con enorme successo per la produzione di vini secchi da tavola e dolci da uve passite. La varietà più celebre e diffusa, appartenente alla famiglia delle cosiddette aromatiche, è certamente il Moscato, uva che si coltiva in numerosi paesi vitivinicoli del mondo – in particolare quelli dell'Europa – Italia compresa, dove è presente in numerose regioni. Il Moscato Bianco, per esempio, è pressoché presente in ogni regione d'Italia e, fra queste, innegabilmente, il Piemonte è la regione nella quale questa celebre uva aromatica raggiunge maggiore notorietà e diffusione. Un altro famoso membro di questa famiglia – sebbene con una diffusione decisamente più limitata – è il Moscato Rosa, dai profumi esuberanti e inebrianti, praticamente presente solo nell'area nordest dell'Italia, in particolare nell'Alto Adige. Questa regione, infatti, è giustamente considerata la “patria” del Moscato Rosa e qui si esprime a livelli di sublime finezza, soprattutto nella versione prodotta da uve appassite.

 

Piemonte Moscato Passito


 

 Se c'è una regione italiana nella quale il Moscato Bianco è regina, questa è certamente il Piemonte. Il primo vino da uva Moscato Bianco e che si associa a questa regione è, innegabilmente, quello prodotto nel territorio di Asti, caratterizzato da profumatissime bollicine. Sebbene sia questo lo stile più celebre del Moscato Bianco in Piemonte, in realtà in questa regione si producono anche altri stili, in particolare quello dolce prodotto con uve passite. A tale proposito, va detto che negli ultimi anni si registrano anche vini da tavola secchi prodotti con quest'uva oltre al recente “Asti Moscato Secco”, uno spumante che si aggiunge al tradizionale stile dolce. Come già detto, in Piemonte il Moscato è prodotto anche è nello stile dolce da uve appassite, un vino che è riconosciuto a Denominazione d'Origine Controllata (DOC) e la cui produzione è ammessa in gran parte della regione. Questo vino rientra infatti nella vasta denominazione regionale “Piemonte”, sebbene la produzione sia riservata alle sole aree nelle provincie di Asti, Alessandria e Cuneo.

 Il Moscato Bianco è una delle varietà più antiche che si conoscano, uva di enorme fascino e che ha riscosso ovunque e in ogni era della storia un notevole successo e apprezzamento. I suoi vini si caratterizzano per l'intensa e potente carica sensoriale tale da ricordare direttamente il succo fresco dell'uva – qualità fondamentale di ogni varietà aromatica – tale da incontrare facilmente il favore dei consumatori. Il Moscato Bianco, in accordo alle testimonianze storiche scritte, è coltivato in Piemonte già dal 1300 e, da quel momento, assume progressivamente per la viticoltura piemontese un ruolo di primaria importanza, tanto da essere continuamente citato in diversi documenti, così come diffondersi in quasi tutte le zone della regione. La fama e l'apprezzamento dei suoi vini in Piemonte ha sempre goduto della massima considerazione, spesso citato come uva capace di produrre vini di eccellente qualità e pregio. Il Moscato Bianco in Piemonte deve la sua massima notorietà agli stili frizzante e, successivamente, spumante, una pratica enologica che comunque, in questa regione, vanta oltre cento anni di storia documentata. Da queste uve appassite, infine, si ricava un pregevole vino dolce, generalmente vinificato in contenitori inerti proprio per esaltare e preservare maggiormente le qualità aromatiche dell'uva.

 

Alto Adige Moscato Rosa Passito

 Fra le eccellenti produzioni vinicole dell'Alto Adige, il Moscato Rosa ricopre una posizione rilevante e di assoluto prestigio. Questa varietà – appartenente alla vasta famiglia delle uve moscato – si distingue per i suoi vini caratterizzati, oltre al piacevole profumo dell'uva che è tipico delle uve appartenenti a questa famiglia, dallo spiccato profumo floreale della rosa. Č infatti questa caratteristica olfattiva che ha determinato il nome della varietà, poiché il colore dei suoi acini è analogo alle uve a bacca rossa – quindi, non rosa – e il colore dei vini che produce è decisamente e altrettanto rosso. L'origine del Moscato Rosa è greca, tuttavia non è del tutto chiaro come sia arrivato in Alto Adige, territorio dove oggi, innegabilmente, si producono i migliori vini con questa varietà. Si deve notare, infatti, che il Moscato Rosa è presente anche in altre regioni d'Italia – Trentino e Friuli Venezia-Giulia, in particolare – ed è inoltre presente in Croazia dove è considerata varietà autoctona. Secondo alcuni, infatti, il Moscato Rosa è stato introdotto in Alto Adige dalla Croazia, qui conosciuto come Muskat Ruza Porecki.

 Si ritiene che il Moscato Rosa dell'Alto Adige sia in effetti la varietà presente in Croazia e qui introdotta alla fine del 1800, poiché le due varietà risultano analoghe. Secondo un'altra ipotesi, il Moscato Rosa sarebbe stato in realtà introdotto in Alto Adige dalla Sicilia, sempre verso la fine del 1800. In Alto Adige questa uva è comunemente detta Rosenmuskateller, a causa del bilinguismo esistente nella regione e che vede preferenzialmente l'uso del tedesco. La produzione del Moscato Rosa in Alto Adige riguarda generalmente vini dolci, più comunemente da uve appassite, tuttavia non mancano casi di stili secchi, parimenti interessanti e di pregio. Č lo stile dolce prodotto da uve appassite a contraddistinguere oggi maggiormente la produzione vinicola del Moscato Rosa e, a tale proposito, lo stile prodotto con uve appassite – in accordo al disciplinare – deve avere una gradazione alcolica minima del 16%. La vinificazione di questo vino dolce – sebbene il disciplinare di produzione non indichi tecniche specifiche – è generalmente condotta in contenitori inerti con lo scopo di conservare ed esaltare le sue qualità aromatiche, in modo particolare la nota floreale di rosa.

 

La Degustazione


Il
colore dell'Alto Adige Moscato Rosa Passito
Il colore dell'Alto Adige Moscato Rosa Passito

 Possiamo dare inizio alla degustazione per contrasto di questo mese e, prima di versare i vini nei rispettivi calici, provvediamo alla scelta delle bottiglie oggetto della nostra analisi. Piemonte Moscato Passito e Alto Adige Moscato Rosa Passito sono vini relativamente facili da reperire nel mercato, pertanto acquistabili in qualunque enoteca o negozio con un buon assortimento. Per entrambi i vini, faremo attenzione alla tecnica enologica utilizzata per la maturazione. Ci assicureremo – quindi – che sia il Piemonte Moscato Passito sia l'Alto Adige Moscato Rosa Passito siano stati vinificati esclusivamente in contenitori inerti, quindi non maturati in botte. Questa scelta, com'è facilmente intuibile, consente di apprezzare in modo più chiaro e netto l'espressione aromatica delle uve. Per quanto concerne la scelta dell'Alto Adige Moscato Rosa Passito, faremo attenzione alla sua composizione. Va detto, come spesso accade per la maggioranza dei vini DOC definiti in etichetta come mono-varietali, che il Moscato Rosa deve essere presente per un minimo dell'85%. Ci assicureremo pertanto che sia prodotto con Moscato Rosa in purezza. I due vini appartengono all'annata più recente disponibile nel mercato e sono serviti in calici da degustazione alla temperatura di 15 °C.

 Versiamo finalmente i due vini nei rispettivi calici da degustazione e procediamo con la valutazione dell'aspetto, iniziando dal Piemonte Moscato Passito. Incliniamo il calice sopra una superficie bianca – è sufficiente un foglio di carta – e osserviamo la base del vino nel fondo del calice. Il Piemonte Moscato Passito si presenta con un colore giallo ambra brillante e intenso, ponendo un oggetto a contrasto fra il calice e la superficie bianca, rileviamo una buona trasparenza. Osserviamo ora il vino all'estremità del calice, verso la sua apertura, nel punto dove la massa liquida si fa sottile. Osserviamo un colore giallo ambra, del tutto simile alla tonalità primaria del vino. Passiamo ora alla valutazione dell'aspetto dell'Alto Adige Moscato Rosa Passito e, come per il vino precedente, incliniamo il suo calice sopra la superficie bianca. Osservando la parte inferiore del vino, si rileva un bellissimo colore rosso rubino chiaro e brillante, con una trasparenza moderata. La sfumatura del vino altoatesino – osservata all'estremità della massa liquida, in prossimità dell'apertura del calice – evidenzia una tonalità rosso rubino, talvolta tendente al rosa ciliegia.

 Benvenuti nell'esuberante mondo dove tutto profuma di uva. Il Moscato è la varietà che, più di ogni altra, esprime con maggiore purezza l'affascinante profumo dell'uva fresca. Nelle altre varietà aromatiche – Gewürztraminer e Brachetto – il profumo dell'uva, certamente molto intenso e in chiara evidenza, è accompagnato da altri aromi caratteristici delle varietà e che si esprimono in pari forza e potenza. Nel Gewürztraminer, infatti, si percepiscono, oltre a quello dell'uva, potenti aromi di rosa gialla e frutti tropicali; nel Brachetto, invece, percepiamo insieme all'uva anche i profumi di rosa e fragola. Nel Moscato Bianco, invece, il profumo dell'uva è chiaramente più “puro” e intenso, nonostante sia comunque accompagnato da altre sensazioni olfattive, come pesca, banana e salvia. Condizione olfattiva diversa, ovviamente, quella del Moscato Rosa che, nonostante l'aroma dell'uva sia intenso e potente, qui è sempre e comunque accompagnato dal profumo floreale della rosa. Questa caratteristica floreale – infatti – è la ragione primaria del nome di quest'uva. Nelle vini prodotti con uve Moscato passite, la potenza del profumo dell'uva è sempre in primaria evidenza, tuttavia, in questi casi, l'aroma è direttamente riconducibile all'uva appassita e non più a quello del succo d'uva fresco.

 Riprendiamo la degustazione per contrasto di questo mese, analizzando i profili olfattivi di Piemonte Moscato Passito e Alto Adige Moscato Rosa Passito. Il primo vino che prendiamo in esame, come nella fase precedente, è quello piemontese. Manteniamo il calice in posizione verticale e, senza rotearlo, effettuiamo la prima olfazione così da apprezzare l'apertura del vino, cioè la valutazione dei suoi profumi primari. Dal calice emerge, intenso e pulitissimo, il potente profumo aromatico dell'uva appassita a cui segue gli altrettanto piacevole profumi di albicocca secca e scorza di agrume candita. Roteiamo adesso il calice – operazione che favorisce lo sviluppo degli altri profumi – e procediamo con la seconda olfazione, mantenendo il calice inclinato. Il Piemonte Moscato Passito completa il suo profilo olfattivo con confettura di pesche, miele, dattero, fico secco, lavanda e salvia, oltre a una piacevole sensazione nella quale riconosciamo il litchi. Passiamo ora alla valutazione dell'apertura dell'Alto Adige Moscato Rosa Passito. Al naso possiamo percepire, anche in questo caso, intenso e potente, il profumo dell'uva appassita al quale si unisce, altrettanto potente, il profumo della rosa oltre a fragola e lampone. Dopo avere roteato il calice, il profilo del vino si completa con geranio, ciliegia, mora e violetta, spesso accompagnati da una piacevole sensazione nella quale riconosciamo il muschio.

 Passiamo alla valutazione dei profili gustativi dei due vini, iniziando – come nelle fasi precedenti – dal Piemonte Moscato Passito. Prendiamo il primo sorso del vino così da valutare il suo attacco, cioè le sensazioni iniziali e distintive che il vino esprime in bocca. Il Piemonte Moscato Passito si fa subito notare in bocca per la sua spiccata dolcezza che si associa all'apprezzabile morbidezza. L'equilibrio del vino è assicurato dall'effetto dell'acidità, ben in evidenza ed efficace a equilibrare le sensazioni di dolcezza e morbidezza. L'effetto dell'alcol è parimenti percettibile, una sensazione che accentua ulteriormente la morbidezza del vino. In bocca si percepiscono i sapori di uva passa, albicocca secca, confettura di pesche e dattero, con buona corrispondenza con il naso. Passiamo ora alla valutazione dell'attacco dell'Alto Adige Moscato Rosa Passito e prendiamo quindi il primo sorso di questo vino. In bocca percepiamo, anche in questo caso, l'evidente dolcezza unita alla morbidezza, prontamente equilibrate dall'efficace effetto della freschezza conferita dall'acidità. La percezione dell'alcol è chiaramente inferiore rispetto al vino piemontese, caratteristica che mette in maggiore evidenza l'acidità. In bocca si percepiscono i sapori di uva passa, fragola, lampone e ciliegia. Per quanto concerne la struttura, entrambi i vini sono caratterizzati da buon corpo, tuttavia la struttura del Piemonte Moscato Passito è generalmente superiore a quella dell'Alto Adige Moscato Rosa Passito.

 Procediamo alla fase finale della nostra degustazione per contrasto, valutando quindi le sensazioni che i due vini lasciano in bocca dopo la deglutizione. In modo particolare, prenderemo in esame la persistenza gusto-olfattiva, fattore primario della qualità di un vino. Il finale del Piemonte Moscato Passito è persistente, spesso misurabile oltre i dieci secondi di tempo, lasciando in bocca una piacevole sensazione di dolcezza e morbidezza alle quali si contrappone l'essenziale effetto della freschezza conferita dall'acidità. Si continuano a percepire – netti e intensi – i sapori di uva passa, albicocca secca, confettura di pesche e litchi. Il finale dell'Alto Adige Moscato Rosa Passito è parimenti persistente – anche in questo vino, spesso, la persistenza è misurabile oltre i dieci secondi di tempo – in bocca si percepiscono le sensazioni di dolcezza e morbidezza, in perfetto equilibrio con la sensazione di freschezza conferita dall'acidità. Si percepiscono, inoltre, i sapori di uva, fragola, lampone e ciliegia. Prima di concludere la degustazione, poniamo i due calici vicini e procediamo con un'ultima olfazione. Si noti come la sensazione dell'aroma di uva sia ben riconoscibile in entrambi i vini, sebbene sia modulato, nella sua espressione, dai profumi specifici dei due vini.

 



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I Vini del Mese


 

Legenda dei punteggi

Sufficiente    Abbastanza Buono    Buono
Ottimo    Eccellente
Vino eccellente nella sua categoria Vino eccellente nella sua categoria
Vino con buon rapporto qualità/prezzo Vino con buon rapporto qualità/prezzo
I prezzi sono da considerarsi indicativi in quanto possono subire variazioni a seconda del paese
e del luogo in cui vengono acquistati i vini




Sicilia Grillo Chardonnay Ninfea 2017, Alcesti (Sicilia, Italia)
Sicilia Grillo Chardonnay Ninfea 2017
Alcesti (Sicilia, Italia)
Grillo (60%), Chardonnay (40%)
Prezzo: € 12,00 Punteggio:

Giallo dorato brillante e sfumature giallo dorato, molto trasparente.
Intenso, pulito, gradevole e raffinato, apre con note di banana, pesca e acacia seguite da aromi di biancospino, mela, pompelmo, pera, nocciola, burro e vaniglia.
Attacco fresco e comunque equilibrato dall'alcol, buon corpo, sapori intensi, piacevole morbidezza.
Finale persistente con ricordi di banana, mela e pompelmo.
9 mesi parte in vasche d'acciaio e parte in barrique, 3 mesi in bottiglia.
Paste ripiene, Pesce arrosto, Carne bianca arrosto, Zuppe di funghi



Sicilia Nero d'Avola Cabernet Sauvignon Narkč dei Poeti 2017, Alcesti (Sicilia, Italia)
Sicilia Nero d'Avola Cabernet Sauvignon Narkè dei Poeti 2017
Alcesti (Sicilia, Italia)
Nero d'Avola (60%), Cabernet Sauvignon (40%)
Prezzo: € 11,00 Punteggio:

Rosso rubino intenso e sfumature rosso granato, poco trasparente.
Intenso, pulito, gradevole e raffinato, apre con note di amarena, prugna e viola appassita seguite da aromi di mora, mirtillo, ribes, carruba, tabacco, cannella, chiodo di garofano e vaniglia.
Attacco giustamente tannico e comunque equilibrato dall'alcol, buon corpo, sapori intensi, piacevole.
Finale persistente con ricordi di amarena, prugna e mora.
12 mesi in barrique e botte, 6 mesi in bottiglia.
Carne arrosto, Carne alla griglia, Stufati di carne con funghi, Formaggi



San Gimignano Vin Santo 2008, Guicciardini Strozzi (Toscana, Italia)
San Gimignano Vin Santo 2008
Guicciardini Strozzi (Toscana, Italia)
Trebbiano Toscano, Malvasia Bianca, San Colombano
Prezzo: € 20,00 - 500ml Punteggio: Vino eccellente nella sua categoria

Giallo ambra brillante e sfumature giallo ambra, trasparente.
Intenso, pulito, gradevole, raffinato ed elegante, apre con note di fico secco, albicocca secca e confettura di mele cotogne seguite da aromi di confettura di pesche, dattero, miele, canditi, cuoio, scorza d'agrume, caramello, nocciola, vaniglia e smalto.
Attacco dolce e morbido, comunque equilibrato dall'alcol, buon corpo, sapori intensi, piacevole freschezza.
Finale persistente con ricordi di fico secco, albicocca secca e miele.
Oltre 4 anni in caratelli.
Pasticceria secca, Crostate di frutta secca, Formaggi stagionati



Millanni 2015, Guicciardini Strozzi (Toscana, Italia)
Millanni 2015
Guicciardini Strozzi (Toscana, Italia)
Sangiovese (60%), Cabernet Sauvignon (30%), Merlot (10%)
Prezzo: € 32,00 Punteggio: Vino eccellente nella sua categoria

Rosso rubino intenso e sfumature rosso granato, poco trasparente.
Intenso, pulito, gradevole, raffinato ed elegante, apre con note di amarena, prugna e viola appassita seguite da aromi di mirtillo, mora, ribes, garofano, cioccolato, tabacco, macis, vaniglia e mentolo.
Attacco giustamente tannico e comunque equilibrato dall'alcol, buon corpo, sapori intensi, piacevole.
Finale persistente con ricordi di amarena, prugna e mirtillo.
18 mesi in barrique.
Carne arrosto, Stufati e brasati di carne con funghi, Formaggi



Frasca 2016, Fattoria Varramista (Toscana, Italia)
Frasca 2016
Fattoria Varramista (Toscana, Italia)
Sangiovese (60%), Merlot (20%), Syrah (20%)
Prezzo: € 25,00 Punteggio: Vino eccellente nella sua categoria

Rosso rubino intenso e sfumature rosso rubino, poco trasparente.
Intenso, pulito, gradevole, raffinato ed elegante, apre con note di amarena, mirtillo e ribes seguite da aromi di violetta, garofano, prugna, melagrana, tabacco, cioccolato, cuoio, timo, vaniglia e mentolo.
Attacco giustamente tannico e comunque equilibrato dall'alcol, buon corpo, sapori intensi, piacevole.
Finale persistente con ricordi di amarena, mirtillo e ribes.
Il Sangiovese matura per 24 mesi in botte, il Syrah e Merlot 24 mesi in barrique, 6 mesi in vasche d'acciaio, almeno 12 mesi in bottiglia.
Carne alla griglia, Stufati di carne con funghi, Carne arrosto, Formaggi



Varramista 2002, Fattoria Varramista (Toscana, Italia)
Varramista 2002
Fattoria Varramista (Toscana, Italia)
Syrah (90%), Merlot (10%)
Prezzo: € 54,00 Punteggio: Vino eccellente nella sua categoria

Rosso granato brillante e sfumature rosso aranciato, poco trasparente.
Intenso, pulito, gradevole, raffinato ed elegante, apre con note di confettura di amarena, confettura di prugne e viola appassita seguite da aromi di confettura di mirtilli, carruba, tabacco, cacao, cuoio, tamarindo, liquirizia, catrame, vaniglia ed eucalipto.
Attacco giustamente tannico e comunque equilibrato dall'alcol, buon corpo, sapori intensi, piacevole.
Finale persistente con ricordi di confettura di amarene, confettura di prugne e confettura di mirtilli.
15 mesi in barrique, 15 mesi in bottiglia.
Carne arrosto, Stufati e brasati di carne con funghi, Formaggi stagionati



Notturno dei Calanchi 2016, Paolo e Noemia d'Amico (Umbria, Italia)
Notturno dei Calanchi 2016
Paolo e Noemia d'Amico (Umbria, Italia)
Pinot Nero
Prezzo: € 30,00 Punteggio: Vino eccellente nella sua categoria

Rosso rubino intenso e sfumature rosso granato, poco trasparente.
Intenso, pulito, gradevole, raffinato ed elegante, apre con note di ciliegia, prugna e mirtillo seguite da aromi di ciclamino, rosa appassita, lampone, cannella, tabacco, cacao, liquirizia, cuoio, vaniglia e mentolo.
Attacco giustamente tannico e comunque equilibrato dall'alcol, buon corpo, sapori intensi, piacevole freschezza.
Finale persistente con ricordi di ciliegia, prugna e lampone.
10 mesi in barrique, 10 mesi in bottiglia.
Paste ripiene con funghi, Carne alla griglia, Stufati di carne con funghi, Formaggi



Atlante 2015, Paolo e Noemia d'Amico (Umbria, Italia)
Atlante 2015
Paolo e Noemia d'Amico (Umbria, Italia)
Cabernet Franc
Prezzo: € 36,00 Punteggio: Vino eccellente nella sua categoria

Rosso rubino intenso e sfumature rosso granato, poco trasparente.
Intenso, pulito, gradevole, raffinato ed elegante, apre con note di amarena, prugna e mirtillo seguite da aromi di viola appassita, ribes, peperone, cacao, cuoio, tabacco, liquirizia, cannella, macis, vaniglia ed eucalipto.
Attacco giustamente tannico e comunque equilibrato dall'alcol, buon corpo, sapori intensi, piacevole.
Finale persistente con ricordi di amarena, prugna e mirtillo.
15 mesi in barrique, 15 mesi in bottiglia.
Stufati di carne con funghi, Carne alla griglia, Carne arrosto






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  Eventi Numero 211, Novembre 2021   
NotiziarioNotiziario  Sommario 
Numero 210, Ottobre 2021 Segui DiWineTaste su Segui DiWineTaste su TwitterNumero 212, Dicembre 2021

Notiziario


 In questa rubrica sono pubblicate notizie e informazioni relativamente a eventi e manifestazioni riguardanti il mondo del vino e dell'enogastronomia. Chiunque sia interessato a rendere noti avvenimenti e manifestazioni può comunicarlo alla nostra redazione all'indirizzo e-mail.

 

Grande Successo per la Prima Edizione di Oltrepò - Terra di Pinot Nero


 
Ottimo debutto per la manifestazione – pensata per stampa e addetti ai lavori – “Oltrepò - Terra di Pinot Nero: un territorio, un vitigno, due eccellenze” che si è svolta lunedì 27 settembre nell'Antica Tenuta Pegazzera a Casteggio in provincia di Pavia, nel cuore di un territorio fatto di volti e di vini che hanno davvero molto da raccontare. Protagonisti assoluti – con un walk around tasting e due masterclass – le bollicine Metodo Classico e il rosso elegante che nascono dal Pinot Nero.
L'evento è stato fortemente voluto da un gruppo di 20 produttori di un territorio molto variegato ed eclettico, con il supporto del Consorzio Tutela Vini Oltrepò Pavese, per riuscire a valorizzare queste due anime del vitigno, che qui vengono prodotte con una continua ricerca e sperimentazione. La raffinatezza e la versatilità delle sue uve rende il Pinot Nero un vitigno ricercato e la delicatezza e le difficoltà della sua coltivazione ne fanno un vitigno adatto solo ad aree particolarmente vocate. Con i suoi 3.500 ettari impiantati (su 13.000 complessivi di svariati vitigni), l'Oltrepò Pavese è il terzo produttore in Europa di Pinot Nero dopo la Borgogna e la Champagne.
«Per noi produttori questa è una giornata memorabile, un gran lavoro di squadra» racconta Ottavia Giorgi di Vistarino che parla a nome di tutto il gruppo delle Aziende partecipanti e aggiunge soddisfatta che «finalmente siamo arrivati con questo evento a dare voce a un intento comune e condiviso da molto tempo, che ci ha visti protagonisti di un percorso ambizioso iniziato per la volontà di dare un'espressione adeguata del territorio, dei nostri vini e delle tante storie che stanno dietro alle etichette. Si tratta sì di un progetto di comunicazione ma anche di innalzamento della qualità, grazie al confronto continuo tra di noi: è un primo passo che ci ha visti uniti e che ci auguriamo possa portarci lontano.»
La collaborazione e la volontà di mostrarsi sono state sottolineate anche dal Direttore del Consorzio, Carlo Veronese. «Quando 20 aziende del territorio decidono di lavorare assieme per promuovere i loro prodotti, il Consorzio non può che esserne orgoglioso» ha dichiarato Veronese. «Č stato fatto un gran lavoro e il pubblico ha apprezzato non solo la degustazione ma anche le due masterclass di approfondimento, che hanno sapientemente portato l'attenzione sul focus dell'Oltrepò e in particolare del suo Pinot Nero. Siamo pronti per affiancare le Aziende nella costruzione della prossima edizione». «Siamo soddisfatti di questa prima edizione e ci auguriamo sia solo la prima di una lunga serie» concludono gli organizzatori. «L'intento principale è proprio quello di comunicare, un passo alla volta, agli operatori specializzati e ai giornalisti l'unicità, l'eccellenza, e il successo dei nostri vini, affinché essi possano essere ambasciatori appassionati presso il pubblico di consumatori in Italia e all'estero».

Il Vino Lombardo Riparte con l'Export: +11,7% nel 2021

Il vino lombardo riprende la sua marcia: lo fa puntando da un lato sui mercati internazionali, dall'altro sulla ripresa dei consumi interni, frutto della progressiva riapertura di pubblici esercizi e ospitalità, sulla spinta dell'incremento delle vendite nella grande distribuzione e della voglia sempre più diffusa di turismo enologico tra i viaggiatori italiani e stranieri.
Nei primi sei mesi del 2021 la richiesta di vini lombardi all'estero è aumentata dell'11,7%, in decisa ripresa rispetto allo scorso anno (dati Istat). Anche gli acquisti domestici hanno evidenziato una crescita che è destinata a consolidarsi con il passare dei mesi e che sta premiando le produzioni di qualità caratterizzate da un forte legame con il territorio, di cui la Lombardia può vantare un'offerta tra le più ampie non solo nel panorama italiano, ma anche internazionale.
Č in questo scenario, caratterizzato dalla voglia di valorizzare ulteriormente – in Italia e all'estero – le peculiarità di una produzione frutto di un territorio unico in termini di varietà, climi e terroir, che i vini lombardi si sono presentati a Vinitaly Special Edition. La manifestazione è stata occasione per tornare a proporsi a buyer, operatori del settore e giornalisti e presentare con la consolidata formula della collettiva lombarda – che riunisce istituzioni, consorzi e produttori – ciò che di meglio sa offrire un territorio che vanta ben il 90% di vini a Denominazione di qualità, grazie a 5 Docg, 21 Doc e 15 Igt.
«Il vino è il prodotto che meglio rappresenta un territorio e può essere quindi il simbolo della ripartenza economica di settori come agricoltura, turismo e fiere» ha dichiarato l'Assessore all'Agricoltura, Alimentazione e Sistemi verdi della Regione Lombardia. «La Lombardia può vantare un patrimonio di oltre 90 vitigni coltivati e una qualità dei vini sempre più conosciuta e apprezzata nel mondo. La sfida per il futuro è quella di esplorare nuovi mercati raccontando all'esterno il legame indissolubile tra vino e territori di Lombardia, le tecniche di produzione sempre più sostenibili e il lavoro agricolo che si cela dietro una etichetta. C'è sempre più voglia di Italia nel mondo e il Vinitaly è stata un'occasione eccezionale per i nostri produttori che intendono consolidare il mercato interno e avere modo di farsi conoscere all'estero». «Nell'ultimo anno e mezzo gli italiani hanno scelto con decisione il turismo di prossimità, che si è dimostrato essere una scelta molto apprezzata che ha consentito di riscoprire anche i vini lombardi» commenta Gian Domenico Auricchio, Presidente di Unioncamere Lombardia. «Sono state particolarmente ricercate le realtà a conduzione famigliare, quelle che valorizzano i vitigni autoctoni e le denominazioni di qualità maggiormente rappresentative del legame tra il vino e il territorio». La pausa forzata del 2020 è stata messa a frutto dallo straordinario spirito imprenditoriale lombardo e dalle aziende per fare ricerca e adottare nuovi strumenti utili per aumentare ulteriormente i livelli qualitativi. Le oltre 3 mila imprese del comparto vitivinicolo, un quarto delle quali a guida femminile, hanno valorizzato la biodiversità – sposando metodi produttivi che riducono l'impatto ambientale – per adottare strumenti avanzati per migliorare la qualità delle produzioni, ridurre l'impronta carbonica e ottimizzare l'utilizzo delle risorse, a partire da quelle idriche.
Grazie alle esperienze dell'ultimo decennio oggi la Lombardia rappresenta un laboratorio unico dell'agricoltura 4.0 e della sperimentazione di nuove tecnologie applicate alla coltivazione, con l'obiettivo di mantenere e accrescere la qualità nel rispetto dell'ambiente. Spesso si tratta di esperienze frutto della collaborazione tra le istituzioni, il mondo dell'impresa, le università e gli enti di ricerca attivi sul territorio, e la vitivinicoltura è uno degli ambiti in cui queste sinergie trovano la loro massima espressione. Gli esempi sono numerosi: analisi della qualità delle uve e delle annate con rilevamenti satellitari, sensori intelligenti in vigna per tenere sotto controllo gli zuccheri, l'acidità e la maturazione delle uve, droni per monitorare gli appezzamenti di terreno, irrigazione di precisione, fino all'analisi delle singole zolle di terra.

Nas-cëtta di Novello: Born to Be Queen

Una promozione internazionale che ha coinvolto oltre 50 giornalisti di tutto il mondo, ma anche l'impegno nella ricerca sul territorio per rendere questo vino sempre più radicato nel suo territorio di elezione.
Č questo il piano di lavoro dell'Associazione Produttori di Nas-cëtta del Comune di Novello per il 2021. Anzitutto, i 12 eroici produttori si sono promossi nel mondo con due tasting virtuali, uno dedicato al mercato europeo e uno a Stati Uniti e Canada, andando al tempo stesso alla ricerca delle proprie radici più profonde. Eroici perché Novello è uno dei Comuni simbolo della produzione del Barolo, ma queste aziende hanno deciso di conservare e reintrodurre questa varietà autoctona che era a rischio di estinzione, dedicando alcuni ettari a questa varietà invece che al Nebbiolo.
Il lavoro di ricerca tecnica ha visto il coinvolgimento di Grape, Gruppo di Ricerche Avanzate per l'Enologia. Attraverso “Self Yeast”, un kit di campionamento delle uve e dei mosti, ogni azienda ha potuto selezionare i lieviti presenti naturalmente sulle proprie uve. Questi sono stati utilizzati per prove di fermentazione sui mosti forniti dalle cantine e, una volta ottenuti i vini, e dopo le degustazioni delle prove di micro vinificazione, sono stati individuati i ceppi più caratterizzanti. Dopo il primo anno di sperimentazione, i lieviti selezionati sono stati usati l'anno successivo per la fermentazione dei vini e testarne la stabilità.
Dalla vendemmia 2021, quindi, i produttori di Novello avranno uno strumento in più per rendere il proprio vino sempre più “unico e diverso”, connotato da proprietà organolettiche distintive, caratterizzate da complessità olfattiva e componenti aromatiche che rispecchiano appieno l'area di produzione. «Grazie all'utilizzo lungimirante delle tecniche microbiologiche moderne, da oggi possiamo distinguere ancor più il nostro vino ottenuto nel territorio storico di coltivazione, Novello» afferma il presidente dell'Associazione Valter Fissore. «E se da un lato abbiamo studiato nel dettaglio la nostra identità, dall'altro quest'anno ci siamo aperti al mondo, grazie a due eventi virtuali che hanno portato la Nas-cetta di Novello in oltre 10 Paesi esteri, dagli Stati Uniti al Canada, dalla Finlandia alla Germania. Č la dimostrazione di come il mercato sia pronto a recepire le piccole perle enologiche che caratterizzano l'Italia, varietà autoctone che sono la nostra ricchezza».
Il progetto dell'Associazione non si ferma qui. Grazie all'inaugurazione della Cantina Comunale di Novello, lo scorso anno, oggi i 12 produttori di questo straordinario vino hanno un luogo di presentazione istituzionale dove accogliere appassionati, operatori e giornalisti.
La Nas-Cëtta è un vitigno antichissimo, citato già nel 1700 come uva tipica del Comune di Novello. La riscoperta di questo vitigno bianco si deve a Elvio Cogno e al genero Valter Fissore (oggi presidente dell'Associazione) e alcuni produttori locali, in particolare l'azienda agricola Le Strette, che negli anni Novanta decisero di sperimentarne una vinificazione in purezza.
Nel 2010 è stata ufficialmente riconosciuto come vino bianco autoctono delle Langhe, con la possibilità di vinificarlo con solo uve 100% Nas-cëtta: un traguardo raggiunto grazie ad un piccolo gruppo di viticoltori del comune di Novello, una delle municipalità simbolo di un altro grande vino, il Barolo.

Molti i Visitatori in Distilleria per “Piemonte Grappa 2021”

L'edizione 2021 dell'evento “Piemonte Grappa, alla Corte dell'Alambicco” ha nuovamente riscontrato un successo che vale la pena evidenziare. Anche se l'affluenza non è stata uguale nei diversi territori piemontesi che ospitano le undici distillerie aperte per l'iniziativa, infine la conta ha mostrato che la prima domenica di ottobre almeno un migliaio di persone hanno visitato le nostre aziende, nonostante il meteo sfavorevole.
Il registro delle provenienze dei partecipanti indica arrivi da tutto il nord ovest dell'Italia, oltre a qualche presenza straniera. E un dato costante è l'età media delle persone arrivate, anagraficamente molto giovani, oltre al carattere serio e interessato dei visitatori: un segnale molto positivo per il comparto, che si è registrato anche in occasione di altri eventi dove il distillato italiano era protagonista.
In occasione di “Piemonte Grappa”, le distillerie hanno guidato il pubblico alla visita agli alambicchi e alle cantine di invecchiamento, hanno offerto come sempre la degustazione di tutti i loro prodotti in abbinamento ad assaggi gastronomici e addirittura a dei primi piatti; hanno presentato le nuove produzioni, servendo anche i cocktail con la grappa, che stanno riscuotendo parecchio successo.
Dopo l'esito positivo di questo annuale appuntamento, il Consorzio Tutela Grappa del Piemonte e Grappa di Barolo rivolge a tutti l'invito per il prossimo anno, senza dimenticare però che le distillerie piemontesi sono sempre disponibili ad accogliere i visitatori, soprattutto su appuntamento e ora con il green pass.

Vino: Fascia Alta per il 251% dei Volumi

Solo il 5% delle bottiglie di vino fermo italiano destinate all'export esce dalle cantine a più di 9 euro al litro, mentre il 75% non supera la soglia dei 6 euro. Un posizionamento più basso non solo rispetto a competitor come Nuova Zelanda, Francia e Australia ma anche sulla media mondiale degli scambi. Un gap, nonostante i progressi fatti negli ultimi anni, che può e deve cambiare. Lo rileva uno studio del neonato Osservatorio di Unione Italiana Vini (Uiv) realizzato in collaborazione con Vinitaly. Complessivamente, secondo l'analisi, è il segmento popular (3-6 euro/litro) a essere il più presidiato dal vino tricolore nel mondo con quasi la metà dei volumi, seguito dal basic (fino a 3 euro) con il 28%, dal premuim (6-9 euro) con il 20% e dal superpremium (oltre i 9 euro).
Secondo l'analisi, pur in un contesto di crescita generale del prezzo medio e con le dovute eccezioni date in particolare dai rossi toscani e da quelli piemontesi, la seconda potenza mondiale del vino presenta ampi margini di crescita. La dimostrazione plastica è data dal posizionamento, rispetto ai competitor, del prodotto made in Italy nei principali mercati internazionali di sbocco aggiornata a fine 2020. Negli Stati Uniti solo il 26% dei nostri vini è in fascia premium (dai 6 ai 9 euro/litro) o superpremium (da 9 euro e oltre): poco più della metà rispetto ai neozelandesi, che sommano sui segmenti di alta fascia il 46% e ancora meno sulla Francia che domina con il 66% di premium o superpremium. Ma non è solo il principale mercato al mondo – dove pure i rossi piemontesi si posizionano sugli stessi livelli dei Bordeaux francesi – a sottostimare la qualità italiana. Secondo il nuovo Osservatorio, che si avvale della collaborazione di Wine Intelligence e Iwsr, anche in Cina si può fare meglio. Nel Dragone con il 21% di prodotto quotato oltre i 6 euro/litro superiamo Spagna e Cile, ma rimaniamo lontani da Francia (38%) e soprattutto Australia 76%. Tutto ciò, nonostante il posizionamento dei rossi toscani che nel segmento premium vedono l'80% delle proprie vendite contro il 78% dei vini bordolesi e il 71% degli australiani. Tra gli altri grandi mercati, prezzi medio-bassi anche per gli ordini da UK e Germania, dove 8 bottiglie su 10 appartengono ai segmenti basic o popular, mentre in Canada le fasce più ambite sono appannaggio di vini statunitensi e francesi. Va meglio in Giappone, con il Belpaese secondo solo alla Francia. Secondo l'analisi dell'Osservatorio, è necessario fare tesoro sui casi di alto posizionamento di alcune denominazioni piemontesi e toscane, un modello replicabile per molte altre DOC che ambiscono al segmento premium.
«La crescita del valore negli ultimi anni è stata più rilevante rispetto a quella degli altri Paesi produttori – ha detto il segretario generale di Uiv, Paolo Castelletti – ma siamo a metà del guado e i margini potenziali sono notevoli, considerata la qualità del prodotto. Serve un cambio di passo sul fronte del posizionamento del brand e dell'identità del nostro vino; asset raggiungibili attraverso politiche di settore lungimiranti e concertate con le imprese, con un approccio meno individualistico alla promozione, una maggior omogeneità nello standing elevato delle grandi denominazioni e un importante lavoro identitario legato alle nuove tendenze, a partire dai vini green. Sul tema sarà fondamentale completare il processo di definizione della norma pubblica in materia di sostenibilità che porterà ad avere, primi in Europa, un logo di Stato sui prodotti con certificazione sostenibile, sull'esempio neozelandese».
Per il direttore generale di Veronafiere, Giovanni Mantovani: «Oggi, come nelle migliori industry del made in Italy, la sfida del vino tricolore si gioca su analisi, strategie, promozione, identità, relazioni on e off line. Il settore gioca sempre più la sua partita del futuro su questi elementi, e Vinitaly vuole essere partner di questa sfida, così come lo è stato in passato. Per questo abbiamo sposato il nuovo Osservatorio: l'introspezione sui mercati è un aspetto fondamentale per Vinitaly, che vuole sempre più prevedere le dinamiche del business, oltre a proporre strategie e azioni al comparto, alle sue organizzazioni e istituzioni».
Più articolata, secondo l'analisi condotta dall'Osservatorio del vino, la questione spumanti. Grazie al Prosecco il valore delle bollicine italiane è quasi quadruplicato negli ultimi 10 anni, superando nel 2020 la soglia dei 4 milioni di ettolitri. Un caso probabilmente unico tra i settori del made in Italy che ora punta verso la sfida del “lusso democratico”. Quello di occupare progressivamente la fascia mediana – cita lo studio – è stato un grande merito della spumantistica nazionale, in quanto si è andati a creare un segmento di mercato prima inesistente. La sfida dei prossimi anni sarà quella di provare a occupare anche la fascia premium, quella compresa tra 7 e 10 euro: a livello mondiale, infatti, solo il 13% delle vendite è in questo segmento, dove sono presenti per lo più gli Champagne di “primo prezzo”. Il Prosecco, che non potrà più pensare di crescere solo muscolarmente, deve ambire a innestare una crescita valoriale, e l'operazione Prosecco rosa va proprio in questa direzione. Un fenomeno che ha inoltre fatto da traino a una tipologia quella degli spumanti italiani che entro 3 anni anni sfiorerà il miliardo di bottiglie, con la crescita di produzioni autoctone la cui opzione premium sembra quella più indicata.

Montecucco: in Toscana un Esempio Virtuoso di Sostenibilità Ambientale

Negli ultimi anni si è parlato molto della grande vocazione green diffusa tra i produttori del Montecucco, un gioiello ancora incontaminato che dimora sotto la protezione del Monte Amiata, la cui produzione è ammessa nei sette comuni di Arcidosso, Campagnatico, Castel del Piano, Cinigiano, Civitella Paganico, Roccalbegna e Seggiano, tutti della provincia di Grosseto. Tra i filari del Montecucco, dove tra l'altro troviamo le rese per ettaro tra le più basse in assoluto, ovvero 70 quintali di uva per ettaro, si pratica una viticoltura sostenibile, da sempre. Un approccio che si traduce in un'alta percentuale di cantine biologiche, molte delle quali non hanno nemmeno mai visto un momento di conversione al bio, ma hanno preso subito questa direzione, sin dalla loro fondazione.
Per dare maggiore coerenza e concretezza a un approccio produttivo che caratterizza questa regione vinicola sin dai suoi albori, negli ultimi mesi il Consorzio di Tutela si è impegnato in un lavoro di ricerca e raccolta dati attraverso un'indagine svolta su un campione di 30 aziende socie allo scopo di ricavare la percentuale di produzione in conversione e biocertificata all'interno del Montecucco: i risultati rivelano che ben l'85% della produzione dei soci è certificato bio e il 2% in conversione. Percentuali altissime che confermano i dati del 2020 registrati e condivisi da ARTEA (Agenzia Regionale Toscana Erogazioni Agricoltura), che posizionavano la denominazione amiatina sul podio delle DOCG toscane con ben l'82% di Sangiovese DOCG biocertificato sul totale della produzione (hl/vino).
Vuoi perché le vigne furono impiantate su terreni non coltivati o abbandonati, vuoi perché, oltre a essere una scelta etica, quella del Montecucco è sempre stata una strada “obbligata” – considerate le condizioni naturalmente favorevoli per la viticoltura dovute sia alla vicinanza al Mar Tirreno, con costanti venti asciutti, sia alla protezione del Monte Amiata – oggi siamo di fronte a un territorio integro: non si parla solo di vigneti, ma anche di originalità del territorio, di rispetto della biodiversità, di pratiche agronomiche in armonia con l'ambiente, di studi e di ricerche volte al miglioramento e all'innovazione.
«Il lavoro “pulito” in vigna e in cantina è proprio nel DNA di questo territorio» dice Giovan Battista Basile, alla guida del Consorzio e primo produttore a dare il buon esempio sulla via della sostenibilità ambientale, e continua «I risultati di questa indagine, che ci ha impegnato molto negli ultimi mesi, ci porta non solo ad avere un riconoscimento di territorio ecosostenibile, ma ci incentiva a fare sempre meglio, considerato anche il numero di aziende attualmente in conversione: l'obiettivo è avere il 100% di produzione biologica. Il nostro territorio è naturalmente vocato alla sostenibilità, e siamo certi di poter ottenere risultati ancora migliori di questi. Il mio impegno come azienda parte naturalmente dalle buone pratiche agronomiche, come la lotta biologica e l'utilizzo di prodotti naturali per favorire una maggior resistenza della vite, come l'utilizzo di un'alga della costa atlantica del Canada dalle proprietà benefiche, agli impianti fotovoltaici in cantina e alla bioedilizia».
Per raggiungere questi risultati virtuosi – e obiettivi futuri ancora più ambiziosi – sono certamente fondamentali i metodi ecocompatibili di controllo delle avversità, a partire dall'utilizzo di mezzi biologici e non chimici e dalle buone pratiche agronomiche. Ma non solo. Le aziende della DO Montecucco, infatti, sono in prima linea anche nella promozione di studi e progetti di ricerca per l'innovazione nell'ambito dell'ecosostenibilità ambientale, portati avanti con importanti Istituti e Centri Universitari a livello nazionale, come il programma Organic Wine (Università di Firenze) che ha come obiettivo principale il miglioramento delle pratiche colturali attraverso l'implementazione di soluzioni tecnologiche secondo i criteri dell'agricoltura di precisione per una minore dispersione nell'ambiente, o ancora Biopass (Biodiversità, paesaggio, ambiente, suolo, società, realizzato con il gruppo Agronomi SATA e in collaborazione con il Dipartimento di Scienze Agrarie e Ambientali dell'Università di Milano e la Fondazione Edmund Mach di San Michele all'Adige), di cui l'azienda biologica Tenuta L'Impostino si fa da qualche anno portavoce in terra di Montecucco, volto ad analizzare la biodiversità e la vitalità del suolo e delle sostanze organiche in esso contenute.



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Aquavitae

Rassegna di Grappe, Distillati e Acqueviti

 

Atlante 2015, Paolo e Noemia d'Amico (Umbria, Italia)
Grappa di Barolo
Sibona (Piemonte)
Vinaccia di Nebbiolo
Prezzo: € 21,00 - 50cl Punteggio: Vino eccellente nella sua categoria

Giallo dorato brillante, cristallina e trasparente.
Intensa, pulita, gradevole, raffinata ed elegante con aromi di prugna, vaniglia, ciliegia, violetta, nocciola, tabacco, cioccolato e miele con pungenza dell'alcol quasi impercettibile.
Sapori intensi con pungenza dell'alcol percettibile e che tende a dissolversi rapidamente, dolcezza equilibrata, piacevole morbidezza.
Finale persistente con ricordi di prugna, nocciola, cioccolato e miele.
Distillazione discontinua in alambicco a bagnomaria. Maturazione in botte.





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Wine Guide Parade

Estate 2021

I migliori 15 vini recensiti nella nostra Guida e votati dai lettori di DiWineTaste

Pos. Vino, Produttore Voti
1 Conegliano Valdobbiadene Prosecco Superiore Brut Nature sui Lieviti 2019, Biancavigna 13975
2 Lessini Durello Spumante Brut, Fattori 11318
3 Delle Venezie Pinot Grigio Valparadiso 2020, Fattori 10454
4 Barbera d'Asti Mon Ross 2019, Forteto della Luja 10332
5 Conegliano Valdobbiadene Prosecco Superiore Brut Millesimato 2019, Biancavigna 9728
6 Conegliano Valdobbiadene Prosecco Superiore Brut Biologico 2019, Biancavigna 9614
7 Soave 2020, Gianni Tessari 9311
8 Conegliano Valdobbiadene Prosecco Superiore Extra Brut Rive di Soligo 2019, Biancavigna 9018
9 Lessini Durello Metodo Classico Brut, Gianni Tessari 8959
10 Conegliano Valdobbiadene Prosecco Superiore Extra Dry Millesimato 2019, Biancavigna 8551
11 Terra di Monteverro 2016, Monteverro 8264
12 Lessini Durello Riserva Metodo Classico Extra Brut 2013, Gianni Tessari 8208
13 Vermentino 2020, Monteverro 7884
14 Sauvignon Vecchie Scuole 2020, Fattori 7869
15 Cannonau di Sardegna Riserva Fola 2018, Siddura 7844






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