Cultura e Informazione Enologica dal 2002 - Anno XXIII |
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Notiziario |
In questa rubrica sono pubblicate notizie e informazioni relativamente a eventi e manifestazioni riguardanti il mondo del vino e dell'enogastronomia. Chiunque sia interessato a rendere noti avvenimenti e manifestazioni può comunicarlo alla nostra redazione all'indirizzo e-mail.
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Grande Successo per la Prima Edizione di Oltrepò - Terra di Pinot Nero |
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L'evento è stato fortemente voluto da un gruppo di 20 produttori di un territorio molto variegato ed eclettico, con il supporto del Consorzio Tutela Vini Oltrepò Pavese, per riuscire a valorizzare queste due anime del vitigno, che qui vengono prodotte con una continua ricerca e sperimentazione. La raffinatezza e la versatilità delle sue uve rende il Pinot Nero un vitigno ricercato e la delicatezza e le difficoltà della sua coltivazione ne fanno un vitigno adatto solo ad aree particolarmente vocate. Con i suoi 3.500 ettari impiantati (su 13.000 complessivi di svariati vitigni), l'Oltrepò Pavese è il terzo produttore in Europa di Pinot Nero dopo la Borgogna e la Champagne. «Per noi produttori questa è una giornata memorabile, un gran lavoro di squadra» racconta Ottavia Giorgi di Vistarino che parla a nome di tutto il gruppo delle Aziende partecipanti e aggiunge soddisfatta che «finalmente siamo arrivati con questo evento a dare voce a un intento comune e condiviso da molto tempo, che ci ha visti protagonisti di un percorso ambizioso iniziato per la volontà di dare un'espressione adeguata del territorio, dei nostri vini e delle tante storie che stanno dietro alle etichette. Si tratta sì di un progetto di comunicazione ma anche di innalzamento della qualità, grazie al confronto continuo tra di noi: è un primo passo che ci ha visti uniti e che ci auguriamo possa portarci lontano.» La collaborazione e la volontà di mostrarsi sono state sottolineate anche dal Direttore del Consorzio, Carlo Veronese. «Quando 20 aziende del territorio decidono di lavorare assieme per promuovere i loro prodotti, il Consorzio non può che esserne orgoglioso» ha dichiarato Veronese. «È stato fatto un gran lavoro e il pubblico ha apprezzato non solo la degustazione ma anche le due masterclass di approfondimento, che hanno sapientemente portato l'attenzione sul focus dell'Oltrepò e in particolare del suo Pinot Nero. Siamo pronti per affiancare le Aziende nella costruzione della prossima edizione». «Siamo soddisfatti di questa prima edizione e ci auguriamo sia solo la prima di una lunga serie» concludono gli organizzatori. «L'intento principale è proprio quello di comunicare, un passo alla volta, agli operatori specializzati e ai giornalisti l'unicità, l'eccellenza, e il successo dei nostri vini, affinché essi possano essere ambasciatori appassionati presso il pubblico di consumatori in Italia e all'estero». |
Il Vino Lombardo Riparte con l'Export: +11,7% nel 2021 |
Il vino lombardo riprende la sua marcia: lo fa puntando da un lato sui mercati
internazionali, dall'altro sulla ripresa dei consumi interni, frutto della
progressiva riapertura di pubblici esercizi e ospitalità, sulla spinta
dell'incremento delle vendite nella grande distribuzione e della voglia sempre
più diffusa di turismo enologico tra i viaggiatori italiani e stranieri. Nei primi sei mesi del 2021 la richiesta di vini lombardi all'estero è aumentata dell'11,7%, in decisa ripresa rispetto allo scorso anno (dati Istat). Anche gli acquisti domestici hanno evidenziato una crescita che è destinata a consolidarsi con il passare dei mesi e che sta premiando le produzioni di qualità caratterizzate da un forte legame con il territorio, di cui la Lombardia può vantare un'offerta tra le più ampie non solo nel panorama italiano, ma anche internazionale. È in questo scenario, caratterizzato dalla voglia di valorizzare ulteriormente – in Italia e all'estero – le peculiarità di una produzione frutto di un territorio unico in termini di varietà, climi e terroir, che i vini lombardi si sono presentati a Vinitaly Special Edition. La manifestazione è stata occasione per tornare a proporsi a buyer, operatori del settore e giornalisti e presentare con la consolidata formula della collettiva lombarda – che riunisce istituzioni, consorzi e produttori – ciò che di meglio sa offrire un territorio che vanta ben il 90% di vini a Denominazione di qualità, grazie a 5 Docg, 21 Doc e 15 Igt. «Il vino è il prodotto che meglio rappresenta un territorio e può essere quindi il simbolo della ripartenza economica di settori come agricoltura, turismo e fiere» ha dichiarato l'Assessore all'Agricoltura, Alimentazione e Sistemi verdi della Regione Lombardia. «La Lombardia può vantare un patrimonio di oltre 90 vitigni coltivati e una qualità dei vini sempre più conosciuta e apprezzata nel mondo. La sfida per il futuro è quella di esplorare nuovi mercati raccontando all'esterno il legame indissolubile tra vino e territori di Lombardia, le tecniche di produzione sempre più sostenibili e il lavoro agricolo che si cela dietro una etichetta. C'è sempre più voglia di Italia nel mondo e il Vinitaly è stata un'occasione eccezionale per i nostri produttori che intendono consolidare il mercato interno e avere modo di farsi conoscere all'estero». «Nell'ultimo anno e mezzo gli italiani hanno scelto con decisione il turismo di prossimità, che si è dimostrato essere una scelta molto apprezzata che ha consentito di riscoprire anche i vini lombardi» commenta Gian Domenico Auricchio, Presidente di Unioncamere Lombardia. «Sono state particolarmente ricercate le realtà a conduzione famigliare, quelle che valorizzano i vitigni autoctoni e le denominazioni di qualità maggiormente rappresentative del legame tra il vino e il territorio». La pausa forzata del 2020 è stata messa a frutto dallo straordinario spirito imprenditoriale lombardo e dalle aziende per fare ricerca e adottare nuovi strumenti utili per aumentare ulteriormente i livelli qualitativi. Le oltre 3 mila imprese del comparto vitivinicolo, un quarto delle quali a guida femminile, hanno valorizzato la biodiversità – sposando metodi produttivi che riducono l'impatto ambientale – per adottare strumenti avanzati per migliorare la qualità delle produzioni, ridurre l'impronta carbonica e ottimizzare l'utilizzo delle risorse, a partire da quelle idriche. Grazie alle esperienze dell'ultimo decennio oggi la Lombardia rappresenta un laboratorio unico dell'agricoltura 4.0 e della sperimentazione di nuove tecnologie applicate alla coltivazione, con l'obiettivo di mantenere e accrescere la qualità nel rispetto dell'ambiente. Spesso si tratta di esperienze frutto della collaborazione tra le istituzioni, il mondo dell'impresa, le università e gli enti di ricerca attivi sul territorio, e la vitivinicoltura è uno degli ambiti in cui queste sinergie trovano la loro massima espressione. Gli esempi sono numerosi: analisi della qualità delle uve e delle annate con rilevamenti satellitari, sensori intelligenti in vigna per tenere sotto controllo gli zuccheri, l'acidità e la maturazione delle uve, droni per monitorare gli appezzamenti di terreno, irrigazione di precisione, fino all'analisi delle singole zolle di terra. |
Nas-cëtta di Novello: Born to Be Queen |
Una promozione internazionale che ha coinvolto oltre 50 giornalisti di tutto
il mondo, ma anche l'impegno nella ricerca sul territorio per rendere questo
vino sempre più radicato nel suo territorio di elezione. È questo il piano di lavoro dell'Associazione Produttori di Nas-cëtta del Comune di Novello per il 2021. Anzitutto, i 12 eroici produttori si sono promossi nel mondo con due tasting virtuali, uno dedicato al mercato europeo e uno a Stati Uniti e Canada, andando al tempo stesso alla ricerca delle proprie radici più profonde. Eroici perché Novello è uno dei Comuni simbolo della produzione del Barolo, ma queste aziende hanno deciso di conservare e reintrodurre questa varietà autoctona che era a rischio di estinzione, dedicando alcuni ettari a questa varietà invece che al Nebbiolo. Il lavoro di ricerca tecnica ha visto il coinvolgimento di Grape, Gruppo di Ricerche Avanzate per l'Enologia. Attraverso Self Yeast, un kit di campionamento delle uve e dei mosti, ogni azienda ha potuto selezionare i lieviti presenti naturalmente sulle proprie uve. Questi sono stati utilizzati per prove di fermentazione sui mosti forniti dalle cantine e, una volta ottenuti i vini, e dopo le degustazioni delle prove di micro vinificazione, sono stati individuati i ceppi più caratterizzanti. Dopo il primo anno di sperimentazione, i lieviti selezionati sono stati usati l'anno successivo per la fermentazione dei vini e testarne la stabilità. Dalla vendemmia 2021, quindi, i produttori di Novello avranno uno strumento in più per rendere il proprio vino sempre più unico e diverso, connotato da proprietà organolettiche distintive, caratterizzate da complessità olfattiva e componenti aromatiche che rispecchiano appieno l'area di produzione. «Grazie all'utilizzo lungimirante delle tecniche microbiologiche moderne, da oggi possiamo distinguere ancor più il nostro vino ottenuto nel territorio storico di coltivazione, Novello» afferma il presidente dell'Associazione Valter Fissore. «E se da un lato abbiamo studiato nel dettaglio la nostra identità, dall'altro quest'anno ci siamo aperti al mondo, grazie a due eventi virtuali che hanno portato la Nas-cetta di Novello in oltre 10 Paesi esteri, dagli Stati Uniti al Canada, dalla Finlandia alla Germania. È la dimostrazione di come il mercato sia pronto a recepire le piccole perle enologiche che caratterizzano l'Italia, varietà autoctone che sono la nostra ricchezza». Il progetto dell'Associazione non si ferma qui. Grazie all'inaugurazione della Cantina Comunale di Novello, lo scorso anno, oggi i 12 produttori di questo straordinario vino hanno un luogo di presentazione istituzionale dove accogliere appassionati, operatori e giornalisti. La Nas-Cëtta è un vitigno antichissimo, citato già nel 1700 come uva tipica del Comune di Novello. La riscoperta di questo vitigno bianco si deve a Elvio Cogno e al genero Valter Fissore (oggi presidente dell'Associazione) e alcuni produttori locali, in particolare l'azienda agricola Le Strette, che negli anni Novanta decisero di sperimentarne una vinificazione in purezza. Nel 2010 è stata ufficialmente riconosciuto come vino bianco autoctono delle Langhe, con la possibilità di vinificarlo con solo uve 100% Nas-cëtta: un traguardo raggiunto grazie ad un piccolo gruppo di viticoltori del comune di Novello, una delle municipalità simbolo di un altro grande vino, il Barolo. |
Molti i Visitatori in Distilleria per Piemonte Grappa 2021 |
L'edizione 2021 dell'evento Piemonte Grappa, alla Corte dell'Alambicco ha
nuovamente riscontrato un successo che vale la pena evidenziare. Anche se
l'affluenza non è stata uguale nei diversi territori piemontesi che ospitano le
undici distillerie aperte per l'iniziativa, infine la conta ha mostrato che la
prima domenica di ottobre almeno un migliaio di persone hanno visitato le
nostre aziende, nonostante il meteo sfavorevole. Il registro delle provenienze dei partecipanti indica arrivi da tutto il nord ovest dell'Italia, oltre a qualche presenza straniera. E un dato costante è l'età media delle persone arrivate, anagraficamente molto giovani, oltre al carattere serio e interessato dei visitatori: un segnale molto positivo per il comparto, che si è registrato anche in occasione di altri eventi dove il distillato italiano era protagonista. In occasione di Piemonte Grappa, le distillerie hanno guidato il pubblico alla visita agli alambicchi e alle cantine di invecchiamento, hanno offerto come sempre la degustazione di tutti i loro prodotti in abbinamento ad assaggi gastronomici e addirittura a dei primi piatti; hanno presentato le nuove produzioni, servendo anche i cocktail con la grappa, che stanno riscuotendo parecchio successo. Dopo l'esito positivo di questo annuale appuntamento, il Consorzio Tutela Grappa del Piemonte e Grappa di Barolo rivolge a tutti l'invito per il prossimo anno, senza dimenticare però che le distillerie piemontesi sono sempre disponibili ad accogliere i visitatori, soprattutto su appuntamento e ora con il green pass. |
Vino: Fascia Alta per il 251% dei Volumi |
Solo il 5% delle bottiglie di vino fermo italiano destinate all'export esce
dalle cantine a più di 9 euro al litro, mentre il 75% non supera la soglia dei
6 euro. Un posizionamento più basso non solo rispetto a competitor come Nuova
Zelanda, Francia e Australia ma anche sulla media mondiale degli scambi.
Un gap, nonostante i progressi fatti negli ultimi anni, che può e deve
cambiare. Lo rileva uno studio del neonato Osservatorio di Unione Italiana Vini
(Uiv) realizzato in collaborazione con Vinitaly. Complessivamente, secondo
l'analisi, è il segmento popular (3-6 euro/litro) a essere il più presidiato
dal vino tricolore nel mondo con quasi la metà dei volumi, seguito dal basic
(fino a 3 euro) con il 28%, dal premuim (6-9 euro) con il 20% e dal
superpremium (oltre i 9 euro). Secondo l'analisi, pur in un contesto di crescita generale del prezzo medio e con le dovute eccezioni date in particolare dai rossi toscani e da quelli piemontesi, la seconda potenza mondiale del vino presenta ampi margini di crescita. La dimostrazione plastica è data dal posizionamento, rispetto ai competitor, del prodotto made in Italy nei principali mercati internazionali di sbocco aggiornata a fine 2020. Negli Stati Uniti solo il 26% dei nostri vini è in fascia premium (dai 6 ai 9 euro/litro) o superpremium (da 9 euro e oltre): poco più della metà rispetto ai neozelandesi, che sommano sui segmenti di alta fascia il 46% e ancora meno sulla Francia che domina con il 66% di premium o superpremium. Ma non è solo il principale mercato al mondo – dove pure i rossi piemontesi si posizionano sugli stessi livelli dei Bordeaux francesi – a sottostimare la qualità italiana. Secondo il nuovo Osservatorio, che si avvale della collaborazione di Wine Intelligence e Iwsr, anche in Cina si può fare meglio. Nel Dragone con il 21% di prodotto quotato oltre i 6 euro/litro superiamo Spagna e Cile, ma rimaniamo lontani da Francia (38%) e soprattutto Australia 76%. Tutto ciò, nonostante il posizionamento dei rossi toscani che nel segmento premium vedono l'80% delle proprie vendite contro il 78% dei vini bordolesi e il 71% degli australiani. Tra gli altri grandi mercati, prezzi medio-bassi anche per gli ordini da UK e Germania, dove 8 bottiglie su 10 appartengono ai segmenti basic o popular, mentre in Canada le fasce più ambite sono appannaggio di vini statunitensi e francesi. Va meglio in Giappone, con il Belpaese secondo solo alla Francia. Secondo l'analisi dell'Osservatorio, è necessario fare tesoro sui casi di alto posizionamento di alcune denominazioni piemontesi e toscane, un modello replicabile per molte altre DOC che ambiscono al segmento premium. «La crescita del valore negli ultimi anni è stata più rilevante rispetto a quella degli altri Paesi produttori – ha detto il segretario generale di Uiv, Paolo Castelletti – ma siamo a metà del guado e i margini potenziali sono notevoli, considerata la qualità del prodotto. Serve un cambio di passo sul fronte del posizionamento del brand e dell'identità del nostro vino; asset raggiungibili attraverso politiche di settore lungimiranti e concertate con le imprese, con un approccio meno individualistico alla promozione, una maggior omogeneità nello standing elevato delle grandi denominazioni e un importante lavoro identitario legato alle nuove tendenze, a partire dai vini green. Sul tema sarà fondamentale completare il processo di definizione della norma pubblica in materia di sostenibilità che porterà ad avere, primi in Europa, un logo di Stato sui prodotti con certificazione sostenibile, sull'esempio neozelandese». Per il direttore generale di Veronafiere, Giovanni Mantovani: «Oggi, come nelle migliori industry del made in Italy, la sfida del vino tricolore si gioca su analisi, strategie, promozione, identità, relazioni on e off line. Il settore gioca sempre più la sua partita del futuro su questi elementi, e Vinitaly vuole essere partner di questa sfida, così come lo è stato in passato. Per questo abbiamo sposato il nuovo Osservatorio: l'introspezione sui mercati è un aspetto fondamentale per Vinitaly, che vuole sempre più prevedere le dinamiche del business, oltre a proporre strategie e azioni al comparto, alle sue organizzazioni e istituzioni». Più articolata, secondo l'analisi condotta dall'Osservatorio del vino, la questione spumanti. Grazie al Prosecco il valore delle bollicine italiane è quasi quadruplicato negli ultimi 10 anni, superando nel 2020 la soglia dei 4 milioni di ettolitri. Un caso probabilmente unico tra i settori del made in Italy che ora punta verso la sfida del lusso democratico. Quello di occupare progressivamente la fascia mediana – cita lo studio – è stato un grande merito della spumantistica nazionale, in quanto si è andati a creare un segmento di mercato prima inesistente. La sfida dei prossimi anni sarà quella di provare a occupare anche la fascia premium, quella compresa tra 7 e 10 euro: a livello mondiale, infatti, solo il 13% delle vendite è in questo segmento, dove sono presenti per lo più gli Champagne di primo prezzo. Il Prosecco, che non potrà più pensare di crescere solo muscolarmente, deve ambire a innestare una crescita valoriale, e l'operazione Prosecco rosa va proprio in questa direzione. Un fenomeno che ha inoltre fatto da traino a una tipologia quella degli spumanti italiani che entro 3 anni anni sfiorerà il miliardo di bottiglie, con la crescita di produzioni autoctone la cui opzione premium sembra quella più indicata. |
Montecucco: in Toscana un Esempio Virtuoso di Sostenibilità Ambientale |
Negli ultimi anni si è parlato molto della grande vocazione green diffusa tra
i produttori del Montecucco, un gioiello ancora incontaminato che dimora sotto
la protezione del Monte Amiata, la cui produzione è ammessa nei sette comuni di
Arcidosso, Campagnatico, Castel del Piano, Cinigiano, Civitella Paganico,
Roccalbegna e Seggiano, tutti della provincia di Grosseto. Tra i filari del
Montecucco, dove tra l'altro troviamo le rese per ettaro tra le più basse in
assoluto, ovvero 70 quintali di uva per ettaro, si pratica una viticoltura
sostenibile, da sempre. Un approccio che si traduce in un'alta percentuale di
cantine biologiche, molte delle quali non hanno nemmeno mai visto un momento di
conversione al bio, ma hanno preso subito questa direzione, sin dalla loro
fondazione. Per dare maggiore coerenza e concretezza a un approccio produttivo che caratterizza questa regione vinicola sin dai suoi albori, negli ultimi mesi il Consorzio di Tutela si è impegnato in un lavoro di ricerca e raccolta dati attraverso un'indagine svolta su un campione di 30 aziende socie allo scopo di ricavare la percentuale di produzione in conversione e biocertificata all'interno del Montecucco: i risultati rivelano che ben l'85% della produzione dei soci è certificato bio e il 2% in conversione. Percentuali altissime che confermano i dati del 2020 registrati e condivisi da ARTEA (Agenzia Regionale Toscana Erogazioni Agricoltura), che posizionavano la denominazione amiatina sul podio delle DOCG toscane con ben l'82% di Sangiovese DOCG biocertificato sul totale della produzione (hl/vino). Vuoi perché le vigne furono impiantate su terreni non coltivati o abbandonati, vuoi perché, oltre a essere una scelta etica, quella del Montecucco è sempre stata una strada obbligata – considerate le condizioni naturalmente favorevoli per la viticoltura dovute sia alla vicinanza al Mar Tirreno, con costanti venti asciutti, sia alla protezione del Monte Amiata – oggi siamo di fronte a un territorio integro: non si parla solo di vigneti, ma anche di originalità del territorio, di rispetto della biodiversità, di pratiche agronomiche in armonia con l'ambiente, di studi e di ricerche volte al miglioramento e all'innovazione. «Il lavoro pulito in vigna e in cantina è proprio nel DNA di questo territorio» dice Giovan Battista Basile, alla guida del Consorzio e primo produttore a dare il buon esempio sulla via della sostenibilità ambientale, e continua «I risultati di questa indagine, che ci ha impegnato molto negli ultimi mesi, ci porta non solo ad avere un riconoscimento di territorio ecosostenibile, ma ci incentiva a fare sempre meglio, considerato anche il numero di aziende attualmente in conversione: l'obiettivo è avere il 100% di produzione biologica. Il nostro territorio è naturalmente vocato alla sostenibilità, e siamo certi di poter ottenere risultati ancora migliori di questi. Il mio impegno come azienda parte naturalmente dalle buone pratiche agronomiche, come la lotta biologica e l'utilizzo di prodotti naturali per favorire una maggior resistenza della vite, come l'utilizzo di un'alga della costa atlantica del Canada dalle proprietà benefiche, agli impianti fotovoltaici in cantina e alla bioedilizia». Per raggiungere questi risultati virtuosi – e obiettivi futuri ancora più ambiziosi – sono certamente fondamentali i metodi ecocompatibili di controllo delle avversità, a partire dall'utilizzo di mezzi biologici e non chimici e dalle buone pratiche agronomiche. Ma non solo. Le aziende della DO Montecucco, infatti, sono in prima linea anche nella promozione di studi e progetti di ricerca per l'innovazione nell'ambito dell'ecosostenibilità ambientale, portati avanti con importanti Istituti e Centri Universitari a livello nazionale, come il programma Organic Wine (Università di Firenze) che ha come obiettivo principale il miglioramento delle pratiche colturali attraverso l'implementazione di soluzioni tecnologiche secondo i criteri dell'agricoltura di precisione per una minore dispersione nell'ambiente, o ancora Biopass (Biodiversità, paesaggio, ambiente, suolo, società, realizzato con il gruppo Agronomi SATA e in collaborazione con il Dipartimento di Scienze Agrarie e Ambientali dell'Università di Milano e la Fondazione Edmund Mach di San Michele all'Adige), di cui l'azienda biologica Tenuta L'Impostino si fa da qualche anno portavoce in terra di Montecucco, volto ad analizzare la biodiversità e la vitalità del suolo e delle sostanze organiche in esso contenute. |
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