![]() Cultura e Informazione Enologica dal 2002 - Anno XXIII |
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Numero 224, Gennaio 2023 |
Sommario |
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La Nuova Vita del Vino |
Nell'immaginario collettivo degli appassionati, praticamente in modo unanime, il vino gode di un'immagine decisamente solida e consolidata. Qualunque appassionato o acquirente, pensando al vino e nel modo con il quale si presenta prima dell'assaggio, lo raffigura verosimilmente all'interno di una bottiglia di vetro, con un'etichetta in stile enologico, probabilmente sigillata con un tappo di sughero. Inoltre, si aspetta di trovarsi nel calice una bevanda contenente una certa quantità di alcol, confidando sia in equilibrio con il resto delle sue qualità organolettiche. L'immagine cambia in funzione dello stile di vino: la bottiglia che normalmente si utilizza per i vini spumanti non è chiaramente associata – o accettata – per un vino rosso, qualunque esso sia, con l'eccezione di certi vini frizzanti. Sicuramente uno spumante non lo si immagina mai all'interno di una bottiglia bordolese oppure renana e non solo per motivi tecnici. Nel vino, molto spesso, il modo con il quale è presentato, compreso il suo vestito, anticipano indubbiamente le sue caratteristiche produttive e sensoriali. L'immagine che normalmente si ha del vino è così fortemente consolidata che il cambiamento di alcuni dei suoi fattori, anche di pochissimo, è in genere sufficiente a sollevare l'indignazione di molti appassionati. Si ricorderanno, per esempio, gli infiniti dibattiti che si svolsero anni fa quando iniziarono a fare la loro comparsa nel mondo enologico tappi diversi da quelli di sughero. Si sollevarono crociate, anatemi e guerre ideologiche al grido vade retro tappo sintetico – o qualunque altra soluzione diversa dal sughero – creando pregiudizi, anche feroci, nei confronti del malcapitato vino contenuto nelle impure bottiglie sigillate con i nuovi tappi inverecondi. Ci sono voluti alcuni anni e, oggi, sebbene si rilevino ancora sparuti casi di sdegno, i tappi alternativi a quelli di sughero sono praticamente accettati dai consumatori. L'idea che i tappi alternativi al sughero siano adatti e, in molti casi, migliori per la conservazione di certi vini, è oramai un fatto ampiamente accettato nell'immaginario dei consumatori. Trovare una bottiglia con un tappo sintetico o a vite non desta più lo sdegno e la delusione tipica degli anni passati. Il vetro, invece, nell'immaginario degli appassionati di vino sembra essere un elemento irrinunciabile e insostituibile. Almeno, per il momento. Eppure, in questi tempi recenti, a causa delle nuove condizioni produttive ed economiche, diversi produttori hanno segnalato la difficoltà nel reperire le bottiglie di vetro, tanto da pensare di dovere lasciare il vino nelle botti o nelle vasche. In verità, nel mondo del vino, da anni esistono soluzioni alternative, come le confezioni di cartone, sia per la distribuzione di modeste quantità al pari della bottiglia, sia per l'approvvigionamento casalingo tale da garantire il consumo per più giorni, al pari delle dame di vetro, per esempio. È una soluzione solitamente destinata ai vini di pronto consumo, senza nessuna pretesa – dichiarata o presunta – di essere conservati per anni, come si farebbe con una bottiglia di vetro. Il consumo dei vini confezionati in contenitori di cartone, nonostante la diffidenza degli appassionati, rappresenta una quota di mercato enorme, sia in termini economici sia per volume. In tempi recenti, inoltre, c'è un altro contenitore che sta riscuotendo un certo interesse – compreso l'inevitabile e sdegnoso sospetto – e che è notoriamente e principalmente impiegato nel mercato delle bevande analcoliche e della birra: la lattina in alluminio. Non è, di fatto, una novità recente poiché gli appassionati italiani, per così dire, di lungo corso, ricorderanno il fenomeno nel vino in lattina adottato da una cantina all'inizio degli anni 1980 e destinato al mercato del pronto consumo. Nonostante le difficoltà burocratiche, quell'idea commerciale ebbe comunque un discreto successo che poteva fare pensare a un futuro ben diverso per quel mercato. Se è vero che in Italia il consumo del vino in lattina è oggi un fenomeno decisamente marginale, in altri paesi – come per esempio gli Stati Uniti d'America – rappresenta una non trascurabile quota di mercato. Sono in molti, comunque, a scommettere che in un futuro non tanto lontano, il vino in lattina diventerà consuetudine e non solo per i vini di pronto consumo. Il vino, a quanto pare, sta inoltre vivendo una nuova rivoluzione e che si esprime nel fenomeno dei vini dealcolati, notoriamente i vini ai quali è stato parzialmente o completamente rimosso l'alcol. Mi sono già espresso in passato su questo tipo di bevanda e, anche in questa occasione, ribadisco il mio non interesse, nel senso che, a titolo personale, è una bevanda che non acquisterei, esattamente come la birra analcolica. Si deve tuttavia prendere atto che il vino dealcolato sta conquistando importanti risultati di mercato, segno che – evidentemente – ci sono consumatori interessati a questa bevanda. Questo fenomeno pare essere in crescita soprattutto negli Stati Uniti d'America e in alcuni paesi europei. In Italia – a quanto pare – il vino dealcolato non riscuote il favore dei consumatori che, nonostante sia calato il consumo di bevande alcoliche in generale, quando si consuma vino si preferisce quello con alcol. Molti produttori di vino, italiani compresi, sostengono che la produzione e commercializzazione del vino dealcolato rappresenti una nuova opportunità di mercato e profitto. Sicuramente hanno ragione e i dati delle vendite lo confermano. Secondo quanto diffuso da The World Bank, il consumo pro capite di alcol puro – quindi delle bevande alcoliche in generale – ha registrato un calo del 3,2% in Italia, 1,8% nel Regno Unito, 1,4% in Francia e Paesi Bassi, 1% in Germania. Chi sta invece registrando un significativo aumento, sono le bevande considerate salutari, quindi con minore presenza di zuccheri e alcol, con un modesto apporto di calorie. In particolare negli Stati Uniti d'America, dove il fatturato complessivo di questo genere di bevande è passato da 22 a 113 miliardi di dollari. Nell'ultimo biennio si è inoltre registrato un aumento del 25% dei vini con volume alcolico inferiore a 10 gradi, mentre quelli dealcolati sono aumentati del 65%. In accordo alle previsioni dell'ISWR (International Wines and Spirits Record) la vendita dei vini dealcolati riferita a dieci paesi presi in esame (Australia, Brasile, Canada, Francia, Germania, Giappone, Sud Africa, Spagna, Regno Unito e Stati Uniti d'America) è stimata con un aumento annuale medio dell'8%, mentre si prevede il raddoppiamento dei volumi entro il 2025. Per quello che mi riguarda – e come ho sempre sostenuto, non solo in queste pagine – sono perplesso nei confronti del vino dealcolato, non tanto come fenomeno, ma soprattutto e in particolare per motivi puramente sensoriali e organolettici. Ognuno è libero di consumare e acquistare quello che ritiene più salutare, coerente, giusto e affine alle proprie idee, stile e scelte di vita. Non obietto, per esempio, la necessità di preferire una bevanda senza alcol per motivi di salute, religiosi o ideologici: la libertà, anche in questo senso, deve essere garantita a chiunque, a patto non leda quella degli altri. Dal punto di vista organolettico, la rimozione dell'alcol nel vino determina inequivocabilmente uno squilibrio sensoriale importante. Il vino è bevanda acida, senza l'apporto di sostanze morbide capaci di contrastare efficacemente questa sensazione, diviene imbevibile. Alla mancanza dell'alcol, quindi, è inevitabilmente necessario supplire con equivalenti sostanze dalla natura morbida così da equilibrare l'acidità e, in questo senso, le magie enologiche sono davvero tantissime. Poi, alla fine, ognuno versi nel proprio calice il vino – o non vino – che preferisce. Anzi, anche senza calice, visto che potrebbe diventare del tutto inutile. Antonello Biancalana
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Contrasti di Lacrima di Morro d'Alba e Chianti Colli SenesiUno dei più celebri vini rossi della provincia di Ancona a confronto con il Chianti della provincia di Siena. Uve e vini diversi, personalità decisamente distanti. |
Le provincie di Ancona e Siena vantano rispettivamente territori di notevole vocazione viticolturale, vini celebri e celebrati ovunque. In entrambe le provincie si registrano aree riconosciute anche con il massimo livello del sistema qualitativo italiano, la Denominazione d'Origine Controllata e Garantita (DOCG). I due territori sono divisi dall'Umbria – nello specifico, dalla provincia di Perugia – le condizioni ambientali e meteorologiche sono decisamente distanti e influiscono, non da ultimo, sulle caratteristiche dei rispettivi vini. Nei vigneti delle provincie di Ancona e Siena si coltivano uve sia a bacca bianca sia rossa, tutte e due possono vantare eccellenze enologiche prodotte con entrambi i tipi di uva. A tale proposito, si deve osservare che i vini della provincia di Ancona si identificano nelle produzioni a base di varietà a bacca bianca – in modo particolare, il Verdicchio – in quella di Siena sono i vini rossi a maggiormente caratterizzare l'enologia di questa provincia, fortemente rappresentata dal Sangiovese. In entrambi i casi, tuttavia, troviamo eccellenti vini prodotti con gli altri tipi di varietà, come per esempio i rossi del Conero e la Lacrima di Morro d'Alba nella provincia di Ancona, la Vernaccia di San Gimignano in quella di Siena. Nella degustazione per contrasto di questo mese verseremo nei nostri calici due importanti rappresentanti delle rispettive provincie prodotti con uve a bacca rossa, a dimostrazione delle interessanti potenzialità di questi territori e che va ben oltre quella dei rispettivi principali vini. Per quanto riguarda la provincia di Ancona, il vino che prenderemo in esame è il Lacrima di Morro d'Alba – prodotto con l'omonima uva – e, per quella di Siena, il Chianti Colli Senesi, principalmente prodotto con il Sangiovese. Si tratta, come vedremo, di due vini molto diversi fra loro e non solo per le uve con le quali sono prodotti. In modo particolare, si tratta di vini che sono il risultato di pratiche enologiche molto diverse tali da restituire al calice due personalità e qualità completamente diverse.
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A Morro d'Alba, nel territorio della provincia di Ancona che volge verso il mare Adriatico, si produce un pregevole vino che prende nome dalla sua uva principale – Lacrima – conosciuta anche con il nome di Lacrima di Morro d'Alba. Questa interessante varietà a bacca rossa, dagli esuberanti profumi di frutti a polpa rossa e scura, deve il suo particolare nome dal fatto che, giungendo a maturazione, la buccia di spacca lasciando gocciolare il succo, facendo quindi lacrimare i chicchi. Il Lacrima di Morro d'Alba – sia l'uva, sia il vino – vantano una lunga storia e la sua prima citazione documentata risale al 1167. In quell'anno, infatti, in occasione dell'assedio di Ancona, Federico Barbarossa si stabilì nel castello di Morro d'Alba – non lontano dal capoluogo marchigiano – costringendo gli abitanti a consegnare i prodotti più pregiati. Fra questi, gli abitanti di Morro d'Alba portarono anche il loro vino, la cui qualità e pregio era già ben nota a quei tempi. Il Lacrima di Morro d'Alba – noto semplicemente anche come Lacrima di Morro – è riconosciuto dal sistema di qualità italiano come area a Denominazione d'Origine Controllata e si produce anche negli stili superiore e passito. Lo stile più conosciuto è decisamente quello che non riporta ulteriori distinzioni in etichetta, un vino che si fa apprezzare per le intense ed esuberanti qualità aromatiche e dal piacevole impatto gustativo. Questo stile, data la sua popolarità, tende a sovrastare le produzioni identificate come superiore e passito, vini che esprimono maggiore complessità e struttura, stili che certamente meritano un approfondito interesse da parte degli appassionati. Lo stile che prendiamo in considerazione nella nostra degustazione per contrasto è quello cosiddetto base, solitamente prodotto in contenitori inerti così da conservare e assicurare l'espressione aromatica di frutti e fiori tipica di questo stile. Il vino, in accordo al suo disciplinare di produzione, è prodotto con un minimo di 85% di Lacrima, mentre l'eventuale parte restante può essere composta da uve a bacca rossa autorizzate o raccomandate nelle Marche.
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La produzione vitivinicola della provincia di Siena è inequivocabilmente e fortemente legata al Sangiovese. In questo territorio, infatti, si producono numerosi vini nei quali questa celebre varietà a bacca rossa è utilizzata in purezza oppure insieme ad altre uve. Uno di questi è certamente il Chianti Colli Senesi, fra i principali rappresentanti dell'enologia della provincia di Siena. Il territorio nel quale si produce questo vino, e che si estende interamente all'interno della provincia di Siena, è riconosciuto dal sistema di qualità italiano a Denominazione d'Origine Controllata e Garantita (DOCG). Dal punto di vista legale, il Colli Senesi è una sottozona della grande denominazione Chianti e che prevede inoltre le sottozone dei Colli Aretini, Colli Fiorentini, Colline Pisane, Montalbano, Montespertoli e Rufina. La composizione del Chianti Colli Senesi – in accordo al disciplinare di produzione – prevede Sangiovese per un minimo del 75%, l'eventuale restante quota si compone di varietà a bacca rossa idonee alla coltivazione nella regione Toscana. A tale proposito si deve osservare che le varietà Cabernet Franc e Cabernet Sauvignon, da soli o congiuntamente, non possono superare il limite massimo del 10%. Il Chianti Colli Senesi prevede lo stile riserva, qualifica che si riconosce solamente ai vini maturati in contenitori di legno per almeno 8 mesi e seguiti da almeno 4 mesi di affinamento in bottiglia. Il carattere del Chianti Colli Senesi è prevalentemente determinato dal Sangiovese e – in termini generali – i vini di questa denominazione si contraddistinguono per la piacevole finezza e una struttura media, nella quale il contributo del legno diviene significativo. Fra le varietà che principalmente compongono questo vino, oltre al dominante Sangiovese, troviamo Canaiolo Nero, Colorino e Ciliegiolo, cioè varietà che storicamente e tradizionalmente sono parte di molti vini rossi della Toscana. La maturazione del Chianti Colli Senesi è generalmente svolta in contenitori di legno, tuttavia è frequente anche l'uso di contenitori inerti, come la vasca d'acciaio e la botte di cemento. In questi casi, l'espressione del Sangiovese trae maggiore beneficio, soprattutto nell'aspetto gustativo, mettendo in evidenza la sua tipica freschezza. Inoltre, anche quando i produttori scelgono l'uso del legno, nella maggioranza dei casi è fatto in modo discreto così da non risultare eccessivo rispetto alle qualità del Sangiovese.
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Iniziamo a predisporre la degustazione per contrasto di questo mese, provvedendo all'acquisto dei due vini che verseremo nei calici. Il reperimento delle bottiglie non dovrebbe costituire alcuna difficoltà, poiché si tratta di due vini che godono di buona produzione e diffusione. Cercheremo comunque di mettere a confronto vini prodotti in contenitori inerti, come le vasche d'acciaio e botti in cemento, cosa che è frequentissima per il Lacrima di Morro d'Alba, un po' meno per il Chianti Colli Senesi. Questa caratteristica enologica consentirà alle uve che compongono i due vini di esprimere i loro caratteri sensoriali senza eccessive alterazioni. In entrambi i casi dovremo inoltre fare attenzione alla composizione, poiché i rispettivi disciplinari consentono l'impiego di più varietà. Nel caso del Lacrima di Morro d'Alba, ci assicureremo che il vino sia prodotto con l'omonima varietà in purezza, mentre per il Chianti Colli Senesi sceglieremo una bottiglia prodotta con almeno l'80% di Sangiovese e la restante parte di Canaiolo Nero. I due vini appartengono all'ultima vendemmia disponibile e sono versati nei rispettivi calici da degustazione alla temperatura di 17 °C. Versiamo il Lacrima di Morro d'Alba e il Chianti Colli Senesi nei rispettivi calici e iniziamo la degustazione per contrasto dalla valutazione dell'aspetto dei due vini. Il primo che prendiamo in esame è il Lacrima di Morro d'Alba, quindi incliniamo il calice sopra una superficie bianca, per esempio un foglio di carta. Osservando la base del calice, rileviamo un colore rosso rubino intenso e cupo, mentre la trasparenza – valutata ponendo un oggetto a contrasto fra il calice e la superficie bianca – è decisamente molto bassa. Osserviamo ora il vino verso l'apertura del calice, dove lo spessore si fa sottile, così da valutare la sfumatura. Rileviamo nettamente un colore rosso porpora, anche a testimonianza della giovane età del vino. Passiamo ora alla valutazione dell'aspetto del Chianti Colli Senesi e, inclinando il calice sopra la superficie bianca, nella base si osserva un colore rosso rubino brillante con una trasparenza moderata, decisamente maggiore rispetto al Lacrima di Morro d'Alba. La sfumatura del vino toscano, osservata verso l'apertura del calice, conferma il colore rosso rubino. I profumi del Lacrima di Morro d'Alba e del Chianti Colli Senesi, sebbene condividano certe qualità olfattive di fiori e frutti, esprimono caratteri completamente diversi. Nel rosso delle Marche il mondo dei fiori è riccamente rappresentato da rosa, violetta e ciclamino, mentre quello dei frutti si compone principalmente da fragola, lampone, mora, amarena e mirtillo. Fra le qualità olfattive che rendono il Lacrima di Morro d'Alba apprezzato dai consumatori, è la sua esuberante forza aromatica espressa dalla freschezza dei suoi descrittori olfattivi primari, tale da renderlo piacevole e diretto, immediato e, per così dire, di facile comprensione. Ben diverso il profilo del Chianti Colli Senesi, che presenta un carattere decisamente più austero e maturo, qualità che si percepisce anche in gioventù. Il mondo dei fiori del Chianti Colli Senesi è principalmente rappresentato dalla violetta e, talvolta, rosa. Il mondo dei frutti del Chianti Colli Senesi è prevalentemente espresso da amarena, mirtillo, lampone e prugna. Riprendiamo la nostra degustazione per contrasto e procediamo con l'analisi dei profili olfattivi, prendendo in esame – come nella fase precedente – il Lacrima di Morro d'Alba. Mantenendo il calice in posizione verticale e senza rotearlo, effettuiamo la prima olfazione così da valutare l'apertura del vino, cioè le sue sensazioni olfattive primarie e identificative. Dal calice si possono percepire, netti, intensi e piacevoli, i profumi di fragola, mora e lampone, seguiti dalla sensazione floreale della rosa. Dopo avere roteato il calice – operazione che favorisce lo sviluppo delle altre qualità olfattive – ed effettuato la seconda olfazione, il profilo del Lacrima di Morro d'Alba si completa con mirtillo, amarena, prugna e spesso la melagrana, oltre a violetta e ciclamino. Passiamo ora alla valutazione del profilo olfattivo del Chianti Colli Senesi e procediamo con l'esame della sua apertura. Dal calice si percepiscono profumi intensi e piacevoli di amarena, prugna e lampone, seguiti dall'elegante profumo della violetta. Dopo avere roteato il calice ed effettuato la seconda olfazione, il profilo olfattivo del Chianti Colli Senesi si completa con mirtillo, spesso accompagnato dai profumi della mora e della rosa. Passiamo ora alla valutazione dei profili gustativi dei nostri vini, iniziando dall'esame del Lacrima di Morro d'Alba. Prendiamo quindi un sorso del vino marchigiano e procediamo con la valutazione dell'attacco, cioè le sensazioni gustative primarie e identificative. In bocca si percepisce immediatamente il tipico carattere del Lacrima di Morro d'Alba, nella sua piacevole freschezza che trova equilibrio nella morbidezza, oltre a un'astringenza moderata e mai aggressiva. Si percepiscono inoltre i sapori di fragola, mora, lampone e amarena, con un carattere deciso e immediato, assolutamente piacevole. Passiamo ora all'esame dell'attacco del Chianti Colli Senesi, quindi prendiamo un sorso e valutiamo le sensazioni percepite in bocca. Questo vino si fa riconoscere per una maggiore freschezza rispetto al vino marchigiano – qualità che si attribuisce al Sangiovese – con una morbidezza inferiore e comunque sufficiente all'equilibrio. L'astringenza, anche in questo caso non eccessiva, è decisamente coerente con il profilo gustativo e l'equilibrio del vino. In bocca, infine, percepiamo i sapori di amarena, prugna, mirtillo e lampone, pertanto una buona corrispondenza con il naso. Siamo giunti al termine della degustazione per contrasto di questo mese, pertanto procediamo con la valutazione delle sensazioni che i due vini lasciano in bocca dopo la deglutizione, in modo particolare, la persistenza gusto-olfattiva. Il primo vino del quale valuteremo il finale è il Lacrima di Morro d'Alba. Dopo avere deglutito il vino, in bocca si continuano a percepire la piacevole freschezza e l'esuberante carattere di frutti tipica del Lacrima di Morro d'Alba, unitamente alla garbata morbidezza. In bocca si continuano a percepire, con buona persistenza, i sapori di fragola, mora, lampone e amarena, con un accenno di astringenza e buona struttura. Il finale del Chianti Colli Senesi è parimenti persistente e, anche in questo caso, la sensazione che si percepisce in bocca è l'unione della piacevole freschezza e le qualità gustative di amarena, prugna e lampone. Si continua inoltre a percepire la buona struttura del vino e la sua piacevole astringenza, decisamente non aggressiva. Prima di concludere, procediamo con l'ultima olfazione comparativa dei due vini, prima il Lacrima di Morro d'Alba e poi il Chianti Colli Senesi, operazione che metterà ancora in rilievo evidenti differenze.
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I Vini del Mese |
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Legenda dei punteggi![]() ![]() ![]() ![]() ![]() ![]() ![]() ![]() ![]() ![]() ![]() ![]() ![]() ![]() ![]() ![]() ![]() I prezzi sono da considerarsi indicativi in quanto possono subire variazioni a seconda del paese e del luogo in cui vengono acquistati i vini |
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Montefalco Sagrantino Etnico 2017 |
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Di Filippo (Umbria, Italia) | |
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Prezzo: € 22,80 | Punteggio: ![]() ![]() ![]() ![]() ![]() |
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Montefalco Sagrantino 2017 |
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Di Filippo (Umbria, Italia) | |
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Prezzo: € 33,60 | Punteggio: ![]() ![]() ![]() ![]() ![]() |
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Pecorello 2021 |
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Ippolito (Calabria, Italia) | |
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Prezzo: € 13,00 | Punteggio: ![]() ![]() ![]() ![]() ![]() |
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Cirò Rosso Classico Superiore Riserva Ripe del Falco 2013 |
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Ippolito (Calabria, Italia) | |
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Prezzo: € 35,00 | Punteggio: ![]() ![]() ![]() ![]() ![]() |
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Barolo Mosconi 2018 |
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E. Pira & Figli - Chiara Boschis (Piemonte, Italia) | |
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Prezzo: € 75,00 | Punteggio: ![]() ![]() ![]() ![]() ![]() |
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Barolo Cannubi 2018 |
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E. Pira & Figli - Chiara Boschis (Piemonte, Italia) | |
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Prezzo: € 90,00 | Punteggio: ![]() ![]() ![]() ![]() ![]() |
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Falanghina del Sannio Taburno Libero 2017 |
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Fontanavecchia (Campania, Italia) | |
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Prezzo: € 23,00 | Punteggio: ![]() ![]() ![]() ![]() ![]() |
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Aglianico del Taburno Riserva Vigna Cataratte 2017 |
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Fontanavecchia (Campania, Italia) | |
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Prezzo: € 23,00 | Punteggio: ![]() ![]() ![]() ![]() ![]() |
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Notiziario |
In questa rubrica sono pubblicate notizie e informazioni relativamente a eventi e manifestazioni riguardanti il mondo del vino e dell'enogastronomia. Chiunque sia interessato a rendere noti avvenimenti e manifestazioni può comunicarlo alla nostra redazione all'indirizzo e-mail.
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Custoza: Espressione, Emozione, Territorio |
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Da questa riflessione sulla centralità del territorio la decisione di non limitarsi, nel nuovo video istituzionale da pochi giorni online, alla sola offerta enogastronomica ma di presentare le Terre del Custoza in tutta la loro complessità. Il racconto è stato affidato a Matteo Archondis, giovane videomaker di origine libanese che con le sue riprese restituisce il ritratto di un territorio tanto vicino a grandi mete turistiche come Verona e il Lago di Garda quanto ancora poco conosciuto, e che proprio per questo mantiene intatti il suo fascino e la sua storia. Le immagini scorrono tra vigneti e percorsi naturalistici, attraversando quei boschi, torrenti e colline che durante il Risorgimento hanno fatto da sfondo alla storia d'Italia. «Nell'avvicinarmi allo sviluppo di questo video ho cercato di pensare come un turista che per la prima volta si prepara a scoprire un territorio: cosa mi piacerebbe fare, e cosa offre l'area che andrò a visitare?» Dichiara Archondis. «Da qui sono partito mettendo insieme una lista di tutto ciò che Custoza e i comuni limitrofi offrono. Ne è nata una vera e proprio guida emotiva delle Terre del Custoza, fatta di colori, sapori, paesaggi». Non solo vino, quindi, ma una terra ricca di opportunità per i visitatori, siano essi appassionati di enogastronomia, sportivi o amanti del turismo lento. Le cantine del consorzio, condotte sempre più spesso da giovani entusiasti e appassionati, sono ormai tutte aperte all'enoturismo ed al Turismo Rurale: oltre alle tradizionali degustazioni, con cui coinvolgono gli ospiti alla scoperta dei vini del territorio, sorprendono con pic-nic, degustazioni in vigna, lezioni di yoga, sessioni d'arte ed esperienze sensoriali. Il vino Custoza è quindi protagonista e il suo blend contemporaneo ed elegante viene esaltato dalle esperienze e dalle emozioni vissute nelle sue Terre. |
Pantelleria DOC: dal Primo Gennaio la Fascetta di Stato |
A partire dall'1 Gennaio 2023 le fascette di stato accompagneranno tutte le
bottiglie del Consorzio per la tutela e la valorizzazione dei vini a DOC di
Pantelleria, tracciando le varie fasi di vita di ogni vino. Si tratta di un sistema a garanzia dell'autenticità, che tutela sia i produttori sia i consumatori e appassionati dei grandi vini dell'Isola, in primis passito, moscato e zibibbo dolce, ma anche Pantelleria Bianco e Frizzante. Uno strumento che ne certifica non solo la qualità e la provenienza ma anche la tracciabilità, dalle origini del prodotto all'imbottigliamento e al posizionamento sul mercato. Tra i compiti del Consorzio, che ha ricevuto per la sua ampia rappresentatività il riconoscimento Erga Omnes c'è la tutela dalle contraffazioni. La scelta di adottare questo sistema va oltre gli obblighi previsti dalla legge e nasce dalla volontà del Consiglio di Amministrazione, Presieduto da Benedetto Renda, di proseguire nel percorso di valorizzazione dell'identità territoriale e della qualità dei vini dell'Isola iniziato nel 1997. Il Presidente Renda, afferma: «Se l'adozione di questo sistema di certificazione è in realtà obbligatoria solo per i vini DOCG, è altresì un dato di fatto che essa sia ormai patrimonio delle più prestigiose DOC italiane. Il Consorzio ha fortemente voluto compiere questo passaggio – che oltre a contrastare le contraffazioni e tutelare i consumatori – è segno tangibile di qualità per i vini della perla nera del Mediterraneo». Le fascette, stampate dall'Istituto poligrafico e Zecca dello Stato, utilizzano specifici sistemi di sicurezza che certificano l'autenticità del prodotto e contengono sistemi anticontraffazione visibili e invisibili con tracciabilità legata a banche dati. Sono forniti di una indicazione di serie alfanumerica e di un numero progressivo che identifica ogni singola bottiglia immessa al consumo. Il nuovo sistema è gestito dall'IRVO, l'Istituto Regionale Vini e Oli di Sicilia, ente pubblico con la funzione di organismo di controllo riconosciuto da Accredia (ente italiano per l'accreditamento). Il direttore dell'IRVO Sicilia, Gaetano Aprile ha ribadito l'importanza di questo strumento fondamentale come lotta alla contraffazione: «Il fatto che la DOC Pantelleria se ne stia dotando – ha rilevato – è sicuramente un passo avanti verso la qualità e mi auguro che si possa anche camminare verso la DOCG che valorizzerebbe ancora di più la tipicità del prodotto pantesco, visto il disciplinare sempre più stringente». Istituito nel 1997, il Consorzio Vini Pantelleria Doc persegue la tutela e la valorizzazione dei vini dell'isola; il Consorzio ha funzioni Erga Omnes e tra i suoi associati vi sono cantine e oltre 300 viticoltori dell'isola; oggi è guidato dal Presidente Benedetto Renda, coadiuvato da un consiglio di amministrazione composto dai consiglieri Giuseppe Andrea Chiaiesi, Salvatore Murana, Fabrizio Basile, Antonio D'Aietti e Andrea Errera. |
Vini d'Abruzzo: Export a +10%, Cresce il Prezzo Medio |
L'export dei vini abruzzesi va verso un nuovo record in valore mettendo a
segno un +10% rispetto al 2021. È quanto emerge dall'analisi dei primi nove
mesi del 2022 dell'Osservatorio Permanente Wine Monitor Nomisma, attivato nel
2019 dal Consorzio Tutela Vini d'Abruzzo per rilevare in modo puntuale i trend
dei vini regionali sui principali mercati e attuare una strategia di promozione
e comunicazione sempre più efficace. «I primi cinque mercati di destinazione, dove si concentra il 60% di tutto l'esportato, sono per ordine di importanza Germania (+12% il valore delle vendite rispetto al 2021), Stati Uniti, Canada, Svizzera e Regno Unito. Interessante l'exploit di un mercato come quello francese, che mette a segno un +57%, o dell'Austria con il +53%. In Asia ottime performance per la Corea del Sud che cresce del 25% e per il Giappone con il +19%, a dimostrazione di un apprezzamento che si evolve parallelamente alla conoscenza di questa regione vinicola. In lieve arretramento la Cina, dove ancora permane l'emergenza coronavirus con un rallentamento economico che condiziona l'import di vino in generale», sottolinea Alessandro Nicodemi, presidente del Consorzio Tutela Vini d'Abruzzo facendo il consuntivo di un anno che ha presentato molte criticità per i produttori e che ha visto il mondo passare dall'emergenza sanitaria alla crisi dell'invasione russa dell'Ucraina. In Italia il ritorno alla normale socialità, con la ripresa dei consumi fuori casa, ha fatto registrare uno switch tra le vendite nella distribuzione organizzata, cresciute nel 2020 e 2021, e il consumo diretto in ristoranti, bar, locali notturni, enoteche. Nonostante il riposizionamento dei canali di vendita, anche nella GDO si registra un incremento del prezzo medio dei vini abruzzesi. Per il Montepulciano d'Abruzzo le vendite in bottiglia (da 0,75 l), che rappresentano due terzi delle vendite in valore e il 40% in volume, sono infatti cresciute del 2,6% a valore e del 2,4% a volume, con un aumento del prezzo medio del 7,8%. Buono anche l'andamento per il Pecorino d'Abruzzo, sempre più apprezzato nella GDO, che nei primi 9 mesi del 2022 è cresciuto del 4,6% in valore e del 3,9% in volume (sempre per le bottiglie da 0,75 l), con un leggero incremento del prezzo medio (+0,7%). Interessante l'aumento per le fasce di prezzo più alte, anche se con un peso percentuale in volume ancora ridotto: nella fascia 6-6,99 euro l'incremento è stato dell'84% (per un peso totale del 3,5% sul totale della denominazione) e del 9% nella fascia oltre 7 euro. Anche il Cerasuolo d'Abruzzo registra un aumento del valore nella gdo, seppure più contenuto e pari all'1,6%. «Passando a fare un breve bilancio dell'attività promozionale realizzata dal Consorzio in moltissimi Paesi esteri, possiamo dire che è stata intensa e proficua. Ci siamo mossi – in Asia, Stati Uniti, Canada e ovviamente in Italia e in Europa – sia verso gli operatori di settore sia verso il consumatore finale, i wine lovers per intenderci» spiega Nicodemi. Le linee di azione dell'ampia attività programmatica portata avanti dal Consorzio sono state infatti due: la prima B2B, con walk around tasting, masterclass, attività di formazione, wine dinner e incoming di stampa e operatori; la seconda orientata al B2C, con restaurant week, in-store promotion ed eventi in tutto il mondo. Il Vini d'Abruzzo on tour, per esempio, ha messo in scena oltre 50 masterclass guidate e 30 diversi eventi in varie città, tra cui New York, San Francisco, Toronto, Seul, Singapore, Tokyo, Osaka e Ho Chi Minh. «Il 2022 ha visto finalmente il ritorno delle grandi fiere Vinitaly e Prowein, dove l'annuncio del Modello Abruzzo, che riordinerà e semplificherà il sistema delle nostre denominazioni dando una più forte identità regionale ai vini e valorizzandone le specificità territoriali, è stato molto apprezzato. Ci prepariamo quindi, dalla vendemmia 2023, ad andare incontro al consumatore con un'offerta più chiara e specifica con l'intento di far crescere ulteriormente i nostri vini sui mercati», conclude Nicodemi. |
Ruchè: Crescita in Valore e Bottiglie, Ora la Sfida è l'Enoturismo |
Ancora in ascesa, in numeri e in immagine. Chiude così l'anno il Ruchè di
Castagnole Monferrato, con una produzione giunta a 1.100.000 bottiglie e una
denominazione che cresce del 10% nell'ultimo anno. Il dato più incoraggiante è l'incremento regolare, che porta ad una relazione ettari/bottiglie tra le più performanti d'Italia: grazie alla crescita proporzionale tra produzione e superficie vitata, arrivata a 204 ettari, la produzione segue l'andamento del mercato, evitando squilibri potenzialmente dannosi. Lo stato di buona salute del Ruchè di Castagnole Monferrato è dimostrato anche dall'interesse crescente da parte di player esterni al territorio, elemento che contribuisce all'aumento del valore dei terreni, passati da 5.000 – 10.000 euro a ettaro non vitato di 10 anni fa a 30.000 – 50.000 euro in base alla posizione, e di 150.000 euro a ettaro per le superfici vitate. Buone notizie anche sul fronte del valore; iniziano ad uscire le prime bottiglie di Riserva e c'è molta attenzione per questa nuova tipologia che dimostra la versatilità del prodotto e la sua capacità di collocarsi nell'olimpo dei grandi vini con un posizionamento alto. Grazie all'introduzione della Riserva, anche le piccole aziende possono creare una segmentazione dell'offerta e offrire una più ampia gamma di Ruchè. Una valorizzazione resa possibile dall'unione dei produttori e grazie anche alla stretta collaborazione con il Consorzio Barbera d'Asti e vini del Monferrato, che dimostra quanto sia importante fare squadra. «Un grazie particolare va al presidente Filippo Mobrici, sempre presente, che ha fatto crescere molto il territorio – Afferma Luca Ferraris, presidente dell'Associazione Produttori del Ruchè di Castagnole Monferrato – Ora ciò che auspichiamo è la crescita di collaborazione con le amministrazioni comunali della denominazione, seguendo l'esempio del Comune di Castagnole Monferrato, che crede molto nella nostra attività». Il vino infatti porta lustro e crescita economica al territorio, basti pensare che su una popolazione di 5.000 abitanti nei 7 comuni della denominazione, il Ruchè di Castagnole Monferrato genera 10.000.000 di euro di Pil. Il Ruchè fa crescere anche il turismo e il suo indotto, con una stagione turistica che si è allungata fino all'inizio di dicembre. Un comparto nel quale l'Associazione crede molto, motivo per cui ha voluto l'innovativo piano di marketing territoriale, in fase di ultimazione. Sono già pronte le offerte turistiche e a breve sarà installata la cartellonistica. «Vogliamo promuovere tutti e 7 i Comuni e creare beneficio a tutta la popolazione – Continua Ferraris – In questo modo, accanto a Castagnole Monferrato, potremo far conoscere bellezze come il borgo di Grana, il Castello di Montemagno, la Torre di Viarigi, il Ricetto di Portacomaro e le bellissime colline di Scurzolengo e Refrancore.» |
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