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  Cavatappi Numero 19, Maggio 2004   
La Vite e l'UvaLa Vite e l'Uva  Sommario 
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La Vite e l'Uva

Il piccolo frutto della pianta della vite è l'elemento fondamentale da cui inizia la grande avventura della produzione di vino, piccole bacche colorate dal cui succo nascono infiniti stili di vini

 Non esistono testimonianze certe e attendibili sull'esatto modo in cui si è giunti alla scoperta del vino, e soprattutto, sulla scoperta degli eventi che da un piccolo chicco d'uva, ricco di dolce succo, portava alla produzione di una bevanda molto diversa dalla materia di origine. Le diverse culture dei paesi in cui si produce storicamente il vino, fanno risalire la scoperta della bevanda di Bacco alle gentili concessioni fatte da benevoli dei al genere umano sia per la loro gioia sia per il loro sostentamento. Indipendentemente dalle reali origini di questa millenaria bevanda, mitologiche oppure frutto di semplici e rivoluzionari eventi naturali, o ancora dal risultato della fortuita incuria riservata al succo d'uva che con il tempo si trasformava per effetto della fermentazione, il vino ha sempre avuto un posto di rilievo nelle culture dei popoli in cui era presente. E pensare che tutto ha origine da una “modesta” e certamente tenace pianta - la vite - i cui frutti, disposti in colorati grappoli, sono ricchi di un succo dolce e opportunamente acido capace di offrire, dopo una serie di straordinarie modificazioni chimiche, una bevanda di assoluto pregio e rilievo: il vino.

 La vite - la pianta che produce l'uva - appartiene alla famiglia botanica delle Vitacee, e fra le decine di membri appartenenti a questa famiglia, il genere vitis è quello di principale importanza per la produzione di vino. Il più importante fra questi è la vitis vinifera - da cui proviene oltre il 99% del vino prodotto in tutto il mondo - e le cui origini sono l'Europa e l'Asia Centrale e Orientale. Si stima che il numero di varietà di vitis vinifera conosciute in tutto il mondo sia dell'ordine di qualche migliaio. La vitis vinifera - nonostante sia il genere più importante e diffuso - non è l'unica specie utilizzata per la produzione di vino. Le altre specie più diffuse e adatte per la produzione di vino - seppure con risultati ben diversi da quelli della vitis vinifera - sono la vitis labrusca, la vitis riparia e la vitis rotundifolia, tutte originarie nel continente Americano. Queste specie assumono comunque un'importanza strategica e fondamentale per la produzione di vino in quanto sono, contrariamente alla vitis vinifera, resistenti agli attacchi della temibile fillossera. Per questa ragione le piante di vitis vinifera sono innestate su ceppi radicali di specie Americane - in particolare la vitis riparia - in modo da contrastare i devastanti effetti di questo parassita.

 

Le Stagioni della Vite

 La vite è una pianta molto robusta e tenace, con notevoli capacità di adattamento alle diverse condizioni ambientali e climatiche. Grazie a queste sue capacità di adattamento, la vite si è ampiamente diffusa in molti paesi del mondo, in particolare nei luoghi a clima temperato. L'Europa è certamente il continente in cui la viticoltura attuata con lo scopo di produrre vino è principalmente presente, seguita dall'America, Africa, Oceania e, infine, dall'Asia. L'adattabilità della vite è piuttosto notevole, infatti in certi luoghi con clima piuttosto freddo - come la Champagne in Francia o la Mosella e il Reno in Germania - riesce a sopravvivere anche a forti gelate. Un altro “segreto” che consente alla vite di sopravvivere in condizioni climatiche e ambientali “estreme”, in luoghi che sarebbero ostili ad altre piante, è la tenacità e l'elevato sviluppo delle sue radici. L'apparato radicale della vite può raggiungere anche i sei metri di profondità alla ricerca di preziosa acqua e sostanze nutritive necessarie al suo sviluppo e alla sua sopravvivenza.


Veduta di un vigneto
Veduta di un vigneto

 Anche l'abbondante apparato foliare della vite contribuisce allo sviluppo e alla sopravvivenza di questa pianta. Grazie a loro la vite riesce a svolgere le sue funzioni della fotosintesi clorofilliana e a trasformare l'acqua e l'anidride carbonica naturalmente presente nell'aria, per mezzo dell'energia luminosa del sole, in zucchero, necessario sia al nutrimento della pianta sia alla produzione dell'alcol nel vino. Le zone collinari rappresentano generalmente l'ambiente ideale per la coltivazione della vite, sia per il migliore drenaggio dell'acqua sia per la pendenza dei terreni che assicura un migliore angolo di incidenza dei raggi solari e quindi un apporto costante di calore. La preferenza di coltivare la vite nelle colline era già diffusa e ben praticata sin dagli albori dell'enologia, una pratica testimoniata anche dalla celebre citazione Bacchus amat collis di Virgilio. La collina offre inoltre un altro vantaggio: le fredde correnti d'aria notturne presenti nel fondo delle valli si riscaldano durante il giorno e quindi risalgono i pendii delle colline riscaldando i vigneti.

 Esattamente come per tutti gli organismi viventi, le fasi biologiche e produttive della vite sono regolate da eventi e fenomeni che si ripetono ogni anno e che culminano con la produzione di frutti - l'uva - che sarà poi raccolta durante le fasi della vendemmia. La produttività della vite, così come la qualità dei suoi frutti, seguono un ciclo biologico che si evolve anno dopo anno. Nei primi tre anni di vita, considerata come l'età giovane, la vite è praticamente improduttiva e sarà dopo questo periodo di tempo che la pianta entrerà nella fase produttiva crescente. Dopo il quarto o quinto anno di età, la vite inizia a produrre frutti idonei alla produzione di vino, tuttavia sarà nell'arco vitale compreso fra i dodici e i venticinque anni che si registrerà la maggiore produzione quantitativa. Dopo i venticinque anni la vite inizierà progressivamente a diminuire la sua produttività e i raccolti saranno quindi minori. Per questa ragione alcuni produttori decidono di sostituire i propri vigneti di età superiore ai venticinque anni con viti più giovani. Se è vero che dopo questo tempo la vite inizia a produrre una quantità minore di uva, è anche vero che la qualità aumenta considerevolmente. L'impiego di vigne vecchie comporta una produzione di uva ridotta, e quindi un aumento dei costi di gestione, con il risultato di una migliore qualità dei vini e spesso questa è una precisa scelta produttiva di molte cantine.

 Le varie fasi vegetative e produttive della vite si ripetono ogni anno e in ogni stagione si verificano precisi eventi che porteranno poi alla maturazione dell'uva e quindi all'inizio della produzione di vino. Dopo la vendemmia e con l'arrivo dell'autunno, la vite avrà assorbito e immagazzinato una quantità sufficiente di carboidrati nel fusto e nelle foglie necessari per affrontare la fase di riposo in cui la pianta si mantiene in vita nell'attesa della primavera per riprendere il suo ciclo vegetativo. La ripresa dell'attività vegetativa è preceduta dal cosiddetto “pianto della vite” che segnala la ripresa della circolazione della linfa essenziale per lo sviluppo dei nuovi germogli. Il germogliamento delle gemme si verifica in genere fra marzo e aprile, mentre nell'emisfero australe si verifica nel mese di settembre. Il germogliamento porta anche allo sviluppo delle foglie che consentiranno la ripresa della fotosintesi e quindi della produzione di zuccheri e di nutrimento per la pianta. Dopo circa 45-90 giorni - che nell'emisfero boreale avviene fra metà maggio e fine giugno e in quello australe fra l'inizio di novembre e la metà di dicembre - avviene la fioritura.


 

 In questa fase - che nella vite è piuttosto rapida - i fiori si schiudono e liberano il polline che, cadendo sugli stigmi, consente la fecondazione. Non sempre la fecondazione è perfetta e in questi casi nell'acino dell'uva non si svilupperanno i vinaccioli, cioè i semi della pianta. Dopo la fecondazione iniziano a svilupparsi le bacche - fase che prende il nome di allegagione - a seguito dell'ingrossamento dell'ovario del fiore. I fiori non fecondati avvizziscono e cadono dalla pianta. In questa fase il grappolo comincia ad assumere il suo tipico aspetto e che si svilupperà piuttosto rapidamente: inizia la fase di accrescimento delle bacche. In agosto - nell'emisfero australe in gennaio - ha inizio la maturazione delle bacche che cominciano a cambiare colore - fase che prende il nome di invaiatura - e dal colore verde assumono un colore giallo-verde per uve bianche oppure rosso-bluastro per le uve rosse. L'invaiatura si verifica quando nella bacca dell'uva si verifica l'aumento di una determinata concentrazione di zuccheri e di acido tartarico mentre i tannini iniziano a idrolizzare. L'inizio dell'invaiatura dipende sia dal clima sia dalla varietà e segnala l'inizio della maturazione delle bacche.

 Con la maturazione le bacche crescono per effetto del crescente deposito di zuccheri, acqua e altri componenti (fra cui polifenoli, elementi minerali e amminoacidi) mentre l'acidità comincerà progressivamente a diminuire, la buccia diventa più sottile e la polpa più morbida. Questa fase è piuttosto critica per la produzione del vino in quanto si dovrà stabilire il giusto momento di maturazione prima di procedere con il raccolto. Per questo motivo si procede periodicamente - spesso anche ogni giorno - a controllare e misurare la quantità degli zuccheri e degli acidi nel succo - e nelle uve rosse anche la maturazione dei polifenoli - in modo da stabilire il momento esatto in cui procedere con la vendemmia. Stabilire la giusta quantità di zuccheri e di acidi nell'uva è fondamentale ai fini dello stile di vino da produrre e in accordo al tipo di uva. Una maggiore quantità di zuccheri - condizione che si verifica con la maturazione e che consente una maggiore produzione di alcol - significa una minore quantità di acidi e quindi un vino piatto. Viceversa, una maggiore quantità di acidi - una condizione garantita da uve poco mature o acerbe - consente di produrre vini più freschi a discapito di una quantità minore di zuccheri e quindi una produzione minore di alcol. Dopo la vendemmia la vite entra nuovamente nella fase di riposo e il ciclo si ripete.

 

Composizione del Chicco d'Uva

 L'uva è il frutto della vite e si sviluppa in grappoli a seguito della fecondazione dei fiori. L'acino dell'uva è attaccato al rachide - detto anche raspo - e questa parte, a causa delle sostanze che lo compongono e che influirebbero negativamente sul gusto del vino, viene eliminata prima della pigiatura dell'uva tramite un processo detto diraspatura. L'acino dell'uva si presenta con una forma generalmente sferica o allungata ed è ricoperto dalla buccia il cui spessore varia in accordo ad ogni singola varietà e può costituire addirittura il 10% del suo peso. La buccia è ricca di pectine, cellulosa, sostanze aromatiche e componenti polifenolici - generalmente definiti come tannini - responsabili del colore dei vini rossi, e in buona parte, della struttura e dell'astringenza. Sia le sostanze aromatiche sia i polifenoli contenuti nella buccia possono essere estratti attraverso la macerazione nel mosto - il succo dell'uva prodotto dalla pigiatura - e la quantità di estrazione è proporzionale al tempo di macerazione. Questi polifenoli sono solubili nell'alcol - che si produce durante la fermentazione del mosto - e in minore misura, anche nell'acqua. Per questa ragione le bucce delle uve rosse vengono fatte macerare nel mosto proprio per dare colore ai vini rossi e per estrarre aromi e tannini.

 Il succo dell'uva, sia di quelle bianche sia di quelle rosse, ha un colore giallo verde, pertanto se si evita completamente la macerazione delle bucce nel mosto, è possibile ottenere vini bianchi da uve rosse, come nel caso di molti spumanti metodo classico prodotti con Pinot Nero. Allo stesso modo, una breve macerazione sulle bucce - in genere di poche ore - consente di ottenere vini rosati utilizzando uve rosse. Si deve comunque ricordare che la quantità di sostanze coloranti contenuta nella buccia delle uve rosse è diversa a seconda delle singole varietà e pertanto ogni uva rossa avrà proprie capacità e qualità coloranti. La buccia dell'uva è ricoperta da una sostanza cerosa - la pruina, meglio visibile nelle uve a bacca rossa per il suo colore biancastro - sulla quale possono anche trovarsi dei lieviti, naturalmente presenti nell'aria, che al contatto con il succo attiveranno la fermentazione alcolica. La polpa dell'acino dell'uva è ricca di acqua, zuccheri - presenti in misura variabile fra il 15% e il 25% della materia totale - acidi, pectine, sali minerali, vitamine e sostanze azotate. La concentrazione di questi elementi è variabile a seconda della zona dell'acino.


Sezione del chicco d'uva
Sezione del chicco d'uva

 Se si osserva un acino d'uva in sezione, si possono individuare tre zone distinte in cui la polpa assume consistenze e concentrazioni di sostanze diverse e la cui quantità varia anche in accordo al grado di maturazione (Figura ). L'area che si trova subito dopo la buccia - la parte più esterna - è ricca di tannini e sostanze aromatiche, contiene circa il 30% dello zucchero e circa il 20% di acidi. Nella parte intermedia si registra la maggiore concentrazione di zucchero - quasi il 40% - e circa il 30% di acidi. La parte più interna, in cui si trovano anche i vinaccioli, si registra la maggiore concentrazione di acidi - circa il 50% - e circa il 30% di zuccheri. I vinaccioli sono ricchissimi di polifenoli - di natura piuttosto astringente - che saranno estratti durante la pigiatura degli acini e si aggiungeranno quindi al mosto. Nei vinaccioli si trovano inoltre anche sostanze grasse dalle quali si può ricavare olio.

 Per effetto della pigiatura degli acini si ottiene il mosto composto dalle varie sostanze liquide e solide presenti nelle varie zone della polpa e nella buccia. L'acqua rappresenta l'elemento principale e compone il mosto per circa il 70-80%, zuccheri per il 15-30%, acidi per lo 0,5-1,5% e altre sostanze quali minerali, vitamine, polifenoli, componenti aromatici, pectine, sostanze azotate, enzimi e microrganismi (lieviti, batteri e muffe). Gli zuccheri principali del mosto sono il fruttosio e il glucosio. Ogni grammo di zucchero contenuto nel mosto produce - per effetto delle fermentazione - circa 0,67 grammi di alcol e pertanto misurando la quantità di zuccheri nel mosto è possibile prevedere il grado alcolico del vino al termine della fermentazione. Per esempio, se un litro di mosto contiene 20 grammi di zucchero, il grado alcolico del vino sarà di circa 13,4° (20 × 0,67 = 13,4). Gli acidi più importanti presenti nel mosto sono l'acido tartarico, l'acido malico e l'acido citrico. L'acido tartarico - tipico dell'uva - è certamente il più importante ed è presente in maggiore percentuale rispetto agli altri. I polifenoli - generalmente detti tannini e presenti in quantità variabili in accordo a diversi fattori compresi quelli climatici, ambientali, varietà d'uva e pratiche enologiche - sono responsabili del gusto del vino e del colore e dell'astringenza nei vini rossi. Fra i componenti polifenolici più importanti si ricordano gli antociani, responsabili del colore dei vini rossi, e i flavoni, che svolgono un ruolo principale nel colore dei vini bianchi.

 




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