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  Editoriale Numero 3, Dicembre 2002   
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Numero 2, Novembre 2002 Segui DiWineTaste su Segui DiWineTaste su TwitterNumero 4, Gennaio 2003

Le Mode del Vino


 Ogni epoca ha le sue mode e fra le mode di ogni epoca il vino è sempre stato uno dei tanti protagonisti. Presente nei momenti di celebrazione sociale, come feste e ricorrenze, così come nella tavola di tutti i giorni, le preferenze sul consumo di vino sono state sempre dettate dalle mode dei tempi. Ogni epoca della nostra storia ha sempre avuto e preferito delle particolari tipologie di vini, non da ultimo di determinate zone vinicole, e queste tendenze si sono continuamente rinnovate, ad onore del vero alcune sono ancora capaci di resistere alla “sfida” di nuovi prodotti, fino ai giorni nostri. Uno dei vini che più di chiunque altro è riuscito a resistere alla sfida del tempo, è quello che la maggior parte della gente sceglie quando pensa ad una ricorrenza importante o al festeggiamento di qualcosa e deve associare un vino all'evento: il vino spumante. Va comunque osservato che questa consuetudine di consumare prevalentemente vini spumanti in occasione di eventi particolari, costituisce una sorta di “maledizione” per questi vini, in quanto la quasi totalità dei consumatori mai si sognerebbe di bere un vino spumante, per esempio, durante un pasto. Questa consuetudine, che ha avuto origine da una moda introdotta dall'alta società Francese qualche secolo fa, garantisce sicuri profitti stagionali ai produttori, per esempio, in occasione delle feste natalizie, ma penalizza certamente un prodotto che meriterebbe anche altri spazi nell'ambito dell'enogastronomia.


 

 Le mode e le consuetudini influiscono decisamente sulle nostre scelte; basti pensare che fino a dieci anni fa la preferenza più comune dei consumatori era a favore dei vini bianchi, una moda che senz'altro era incoraggiata da interessi commerciali e che ha visto scivolare le vendite dei vini rossi. Adesso si assiste ad un'inversione di tendenza e tutti vanno alla ricerca di vini rossi, mentre quello bianco è praticamente ignorato. In questo momento si fa un gran parlare di vini rossi, per essere precisi, di “grandi vini rossi”, di quei vini rossi potenti, strutturati, concentrati e densi, tanto da suggerire quasi l'uso del coltello e della forchetta piuttosto che del bicchiere. Questi vini, senz'altro eccellenti e imponenti, vista la loro struttura e la loro possenza, sono capaci di fare sbiadire la maggioranza dei cibi e quindi un abbinamento corretto e bilanciato diventa piuttosto difficoltoso e impegnativo, pertanto, non si tendono a consumare a tavola. Se non a tavola, allora dove? In momenti particolari e fuori pasto? Forse. Quello che invece accade più frequentemente è che vengono considerati come vini di cui parlare tanto ma che in realtà pochi bevono. Questo genere di vini, sia per il prestigio che acquisiscono, legittimo o imposto, sia per le rigorose pratiche necessarie per la loro produzione, hanno in genere prezzi elevati, a volte giustificabili vista la reale qualità, e la qualità nell'enologia ha un prezzo piuttosto alto, ma talvolta anche ingiustificati e spropositati, e diventano vini di culto. Il culto! Ecco un'altra moda che si è legata al vino. Una moda che ha dato origine a quella folta schiera di “bevitori di etichette”, che parlano di certi vini solo perché considerati universalmente come buoni, e di certo lo sono, ma dei quali riconoscono e apprezzano solamente il nome e non certo la sua qualità. Questa mania dilaga poi anche a chi si avvicina al vino e, per non fare brutte figure e apparire incompetenti o poco informati, se ne decantano le strepitose doti e le irraggiungibili qualità; si ostenta una conoscenza di vini di cui si è sentito parlare ma che non si sono mai bevuti e forse non si berranno mai.

 C'è da aggiungere che le mode seguono soprattutto l'anima delle società di ogni tempo e l'evoluzione del gusto. Anticamente il vino preferito dalla maggioranza delle persone era dolce e sciropposo, poi, grazie anche al miglioramento delle pratiche enologiche, si è passati ai vini secchi, poi a quelli frizzanti e spumanti per poi tornare di nuovo a quelli secchi. Non da ultimo, si è anche assistito all'assoluta preferenza dei vini fortificati, come il Marsala, lo Jerez, il Porto e il Madeira, che hanno inoltre portato all'associazione di quei vini a determinate categorie e classi sociali, un po' come è accaduto per lo Champagne, che da molti secoli è oramai considerato il vino per eccellenza delle classi sociali più abbienti e delle occasioni più raffinate ed eleganti.

 Le mode, ad onore del vero, sono anche dei fenomeni imposti da determinati soggetti e che vengono facilmente recepite e adottate dalla maggioranza della gente con la speranza e l'illusione di sentirsi individui legittimi e accettabili nella società a cui appartengono. Ogni fenomeno o cosa che “promette” questa riconoscibilità e legittimità di appartenenza, oltre ad essere capace di garantire il successo all'interno della società è certamente privilegiabile e più accettabile rispetto ad altri. Il vino, di certo, non può costituire un'eccezione, almeno non può esserlo se si rimane ad un livello generalizzato di questo concetto. C'è inoltre da riconoscere che le mode della nostra società moderna, sono anche dei fenomeni commerciali che vengono introdotte con lo scopo di generare profitti e, tanto maggiore sarà la sua diffusione, tanto maggiore sarà il profitto. Questa regola di mercato vale per la quasi totalità dei prodotti, vino incluso, ovviamente.

 Il vino è diventato oramai un bene edonistico, la necessità di considerarlo come un alimento è probabilmente decaduta, non da ultimo, in certi ambiti, il consumo di vino, di certi vini, per essere precisi, rappresenta un'opportunità per ostentare altezzosità e prestigio. Si beve vino per piacere, auspicando sempre che lo si consumi moderatamente, per appagare una necessità, non solo quella dei sensi, e che potrebbe essere anche quella di seguire una moda. Se il vino viene consumato anche per seguire una moda, la moda del momento, è naturale chiedersi quanto vino reale esiste e quanto vino viene prodotto solo per seguire o imporre una moda. Inoltre, ci si chiede quanti sono quelli che consumano vino per il reale piacere di degustare e apprezzare un prodotto e quanti lo bevono per pura moda. Dal punto di vista commerciale, non fa nessuna differenza, indipendentemente dall'uso e dal consumo che si fa di vino, l'obiettivo è comunque raggiunto. Va comunque ricordato che una moda può anche decadere o essere sostituita da altre, in tal caso, i produttori che per scelta producono vini che soddisfino una moda, potrebbero trovarsi in difficoltà in quanto o si adeguano alle nuove mode, sempre che queste riguardino il vino, o potrebbero andare incontro ad una crisi.

 Il vino sta vivendo un momento di interesse elevato, c'è un rinnovato interesse da parte di molti consumatori, anche di consumatori giovani, che finalmente nel consumo delle bevande alcoliche si orientano di più alla ricerca della qualità piuttosto che della quantità, e questo è anche il frutto di una moda, di questa moda dettata dal nostro tempo. Tutto questo è certamente positivo per la giusta rivalutazione dell'enologia e dei produttori di vino; gli investimenti che il settore enologico sta sostenendo sono piuttosto elevati ed è un investimento che deve, inevitabilmente e giustamente, portare dei profitti. Il nostro augurio è che questo profitto continui nel tempo e che l'investimento che si sta sostenendo in questo periodo a favore del vino non sia fatto solamente per sostenere una moda. La nostra speranza, e probabilmente di tutti quelli che apprezzano il vino, è che l'opportunità offerta da questa moda e da questo rinnovato interesse sia sfruttato non solo per gli interessi economici del momento ma anche, e soprattutto, per divulgare e aumentare la cultura del consumo consapevole e ragionevole del vino. Una moda può passare e può essere sostituita da altre mode, il patrimonio culturale si può certamente trasformare, ma è molto più difficile abbatterlo e sostituirlo rispetto ad una semplice moda. Questa opportunità che si sta offrendo a tutti i produttori di vino e a coloro che operano in questo settore, dovrebbe portare anche ad una seria riflessione e comprendere che si tratta di un momento dove è necessario investire profondamente nella cultura e nella qualità del vino e fare in modo che questo venga compreso da tutti. Il rischio che il vino potrebbe tornare nella situazione di circa venti anni fa, caratterizzato da un generale disinteresse e da una produzione prevalentemente mediocre, è una probabilità che potrebbe ripetersi ancora se si sostiene solamente una moda. L'onesta collaborazione fra coloro che producono vino e chi si prefigge l'obiettivo di divulgarne la cultura, non da ultimo, con chi lo consuma, è essenziale; una collaborazione che deve portare al consolidamento e alla conferma del successo del momento, renderlo patrimonio e ricchezza culturale della gente, di noi tutti.

 



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La Posta dei Lettori


 In questa rubrica vengono pubblicate le lettere dei lettori. Se avete commenti o domande da fare, esprimere le vostre opinioni, inviate le vostre lettere alla redazione.

 

Leggo DiWineTaste sin dalla prima uscita e vi faccio i miei complimenti per il vostro lavoro, le rubriche sono molto interessanti e chiare, spero proprio che continuerete in questo modo. Nel numero di novembre ho letto che l'uva Petit Verdot è utilizzata nei vini del bordolese e questo è quello che sapevo anch'io. Di recente ho bevuto un vino prodotto nel Lazio e fatto proprio con l'uva Petit Verdot, questo mi ha fatto pensare a quello che avevo letto nella vostra rivista: onestamente non sapevo che il Petit Verdot fosse coltivato anche nella mia regione. Ci sono altre zone in Italia dove si coltiva il Petit Verdot?
Cristina Gaudenzi -- Roma (Italia)
Gent.ma Sig.ra Gaudenzi, La ringraziamo l'apprezzamento che esprime per DiWineTaste, ci fa piacere sapere che la nostra pubblicazione è per Lei interessante e certamente faremo quanto è nelle nostre possibilità per continuare con questa linea editoriale. Il Petit Verdot è, come giustamente osserva, un'uva tipicamente utilizzata in alcuni vini del Bordeaux e recentemente sta vivendo un nuovo interesse da parte dei produttori, non solo Francesi. Il Petit Verdot viene tipicamente utilizzato nei vini di Bordeaux per conferire gusto, colore e una buona dose di tannini. Quando vinificato in purezza, cioè senza essere miscelato con altre uve, il Petit Verdot produce vini di buona struttura, molto colorati con note tipicamente speziate e di pepe, piuttosto tannici e di buon tenore alcolico. In Italia, come ha già avuto modo di verificare, il Petit Verdot è coltivato, seppure in minime quantità, nel Lazio oltre che nell'Alto Adige, Trentino, Emilia Romagna e Toscana. Quest'uva è inoltre coltivata anche in altre zone del mondo in particolare nel Cile e in California.



Ho notato che le bottiglie utilizzate per lo Champagne sono in genere molto più spesse delle bottiglie utilizzate per i vini fermi, ovviamente a causa della pressione interna. Volevo chiedervi, qual'è la pressione che si sviluppa all'interno di una bottiglia di Champagne?
József Szilágyi -- Szeged (Ungheria)
La pressione interna di una bottiglia di Champagne è solitamente di circa 6 atmosfere e questo in genere vale anche per gli spumanti prodotti con il metodo classico. La pressione interna alla bottiglia è dovuta alla “seconda fermentazione”, che si sviluppa all'interno della bottiglia, e che ha lo scopo di trasformare lo zucchero contenuto nel cosiddetto “liqueur de tirage” in alcol e, come sotto prodotto, anidride carbonica, la quale intrappolata nella bottiglia aumenta la pressione interna, fino ad arrivare a circa 6 atmosfere. Tecnicamente, 4 grammi di zucchero disciolti nel “liqueur de tirage” sviluppano circa un'atmosfera, pertanto la quantità di zuccheri totali è di circa 24 grammi, quantità necessaria per sviluppare appunto 6 atmosfere.



In occasione dell'arrivo dei vini “Nouveaux”, io e un mio amico non ci siamo trovati d'accordo sulla temperatura di servizio per questi vini. Io sostengo che, essendo vini rossi, devono essere serviti ad una temperatura di almeno 16° C, mentre il mio amico sostiene che questi vini possono essere serviti a temperature più fredde. Chi ha ragione?
Lorraine Hartshorne -- Brisbane (Australia)
Ci dispiace profondamente contraddire la Sua posizione, ma ha ragione il suo amico. I vini “nouveaux” grazie alla particolare tecnica enologica utilizzata per la loro produzione, la “macerazione carbonica”, non contengono grosse quantità di tannini e sono per contro aromatici; due condizioni che ben si adattano ad una bassa temperatura di servizio, proprio come i vini bianchi. A tal proposito, ci permettiamo di suggerirle la lettura dell'articolo riguardante “la temperatura di servizio” pubblicato sul numero 1, ottobre 2002, di DiWineTaste.



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