Il vino è arte. Non ho dubbi su questo. Da quando il vino ha fatto la sua
comparsa nelle tracce della storia degli esseri umani, o quanto meno di quello
che sappiamo del nostro passato, è evidente che abbia svolto da sempre un ruolo
di primario rilievo. Il vino, esattamente come l'arte, ha da sempre acceso
animi e sentimenti, diventando, praticamente dal momento della sua nascita,
elemento importante di culture, riti pagani e religiosi. Il vino ha avuto -
per così dire - la capacità di accomunare il sacro al profano,
diventando bevanda centrale di baccanali e di momenti spensierati, fino a
elemento fondamentale delle solennità di certi riti religiosi. Il vino è anche
elemento di identificazione delle persone e delle loro terre, diventando
perfino oggetto di scontri ideologici e di supposte superiorità. Un aspetto,
quest'ultimo, ancora oggi vivo e che va ben oltre la semplice valutazione
basata su questioni di gusto.
Il vino, inoltre, si fa arte. A partire dal momento nel quale si da vita a una
nuova vigna e si piantano le giovani barbatelle fino a quando il vino è versato
nel calice. Passeggiando per una vigna, infatti, ci si rende conto di quanta
arte si rivela fra i filari, espressione non solo delle viti e di quanto la
Natura insegna loro, ma anche di come gli uomini le interpretano. Passeggiare
nella vigna di un produttore - decisamente più interessante della vista di
botti e cisterne - offre inoltre la possibilità di comprendere il rapporto che
ha il produttore con il vino. Il suo vino, ovviamente. Perché è da come un
vignaiolo cura la sua vigna che si capisce quale vino otterrà da quelle uve.
Non si tratta di ordine alla stregua di un giardino ornamentale - del
resto, anche il caos è capace di esprimere arte - piuttosto di come
quelle viti crescono e le loro uve si esprimono. In ogni caso, è fuori dubbio,
un certo ordine in vigna è necessario in funzione del tipo di vino che
si intende ottenere. Anche questa è arte.
Il vino è anche tecnica, una parola che - apparentemente - sembrerebbe non
avere legami con l'arte. La tecnica è comunque arte, una conferma che ci è
offerta anche dal suo significato etimologico, poiché deriva dal greco
τέχνη (téchne), che significa -
appunto - arte, intimamente collegato al concetto di sapere fare. La
capacità di sapere fare è indispensabile all'espressione concreta dell'arte
poiché, senza questa, non è possibile il fondamentale processo di
trasformazione in un elemento condivisibile con altri. Il vino non costituisce
eccezione a questa condizione, poiché il vino si fa e lo fanno gli uomini che
interpretano, secondo la propria arte, quello che coltivano in vigna e
lo trasformano in cantina. Proprio come un pittore che trasforma i colori per
mezzo dell'arte, creando così un dipinto espresso attraverso i pennelli e la
tela, così il viticoltore trasforma le uve in accordo alla sua arte.
Non esiste una sola forma di arte - notoriamente esprimibile in infinite forme
e culture - e lo stesso vale anche per il vino, poiché non si esprime secondo
un metodo o modo univoco. Un altro elemento che accomuna l'arte al vino è la
capacità di fare appassionare le persone, spesso con accesi dibattiti condotti
dai rispettivi sostenitori schierati in fiere fazioni. Lo stesso accade,
evidentemente, con altre espressioni artistiche, come per esempio la musica,
pittura, fotografia e cucina. C'è chi preferisce il vino prodotto
esclusivamente secondo certe tecniche o filosofie di pensiero, chi
invece preferisce altro e, in entrambi i casi, osteggiano e aborriscono
l'espressione avversa al proprio gusto. Un po' come i sostenitori di un certo
gruppo musicale, che stravede solo per quello, criticando gli altri che sono
visti come una sorta di negazione del loro gusto o interesse musicale. È
innegabile che entrambi siano arte, espressione del genio umano che l'ha
pensata, espressa e quindi interpretata.
Il fascino che suscita il vino negli esseri umani è incredibilmente vario e
nobile. Non credo sia dovuto alla presenza dell'alcol, pur riconoscendo che la
storia ci ha fornito e continua a fornire prove tangibili sul rapporto, anche
sacro e rituale, che gli esseri umani hanno per le bevande alcoliche. A onore
del vero, va detto che le bevande alcoliche sono state usate - ancora oggi -
per indurre un supposto stato di estasi capace di avvicinare l'uomo, o i
ministri di certi culti, a certe divinità favorendone la comunicazione. Il caso
del vino è comunque singolare. Se si considera che una bevanda alcolica può
essere ottenuta semplicemente dalla fermentazione di una sostanza zuccherina -
non necessariamente il succo d'uva - è evidente che il vino ha una dignità
speciale. Un segno di forte connotazione culturale e tradizionale, il vino ha
saputo fare sognare anche gli uomini di terre lontane. Per non parlare delle
tante lodevoli citazioni di vini del passato e che troviamo in scritti
antichissimi, come quelli, per esempio, di Plinio il Vecchio, Orazio, Marziale,
Columella e Varrone.
Che dire poi del vino nell'arte? La nobile bevanda di Bacco è stata sovente
soggetto o complemento di innumerevoli dipinti, per non parlare della poesia,
prosa e musica. Se è vero che l'arte si realizza attraverso i sensi - quelli di
chi la produce, quelli di chi la percepisce - è evidente che anche la
degustazione è arte, poiché arte di interpretare l'arte. Va detto che l'arte
del vino non potrebbe esistere senza l'essenziale contributo del territorio e
della terra, non da meno dell'uomo che usa questi elementi come un'ipotetica
tavolozza per dipingere il suo vino. Ogni elemento è parimenti
essenziale, così come è fondamentale l'uso che si fa dei singoli elementi con
lo scopo di combinarli in un'opera compiuta, un'interpretazione che non può
necessariamente avere una sola visione. A differenza dell'arte tangibile e
ripetibile, quella del vino è fruibile una sola volta e per pochi. Dopo averlo
versato nel calice, infatti, il vino concede il suo ricordo solo a chi ne ha
saputo godere. Chi l'avrebbe mai detto? Tanto rumore per del semplice succo
d'uva fermentato?
Antonello Biancalana
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