Già immagino molti di voi, cari lettori, alla semplice lettura del titolo di
questo editoriale, abbiano fatto un'espressione di disappunto, chiedendosi
– addirittura – per quale motivo Merlot e Chardonnay possano essere veramente
meritevoli di un elogio. Immagino, non da meno, altri lettori che, leggendo lo
stesso titolo, siano d'accordo con me e pensino – ebbene sì – Merlot e
Chardonnay siano entrambi meritevoli di un elogio. Queste due varietà – a onor
del vero, non le uniche – sono infatti fra le più divisive nelle discussioni e
preferenze degli appassionati di vino. C'è infatti chi le vede come il male
assoluto dell'enologia, a causa della loro tendenza enologica a omologare le
qualità sensoriali di un vino, chi invece riconosce loro straordinaria eleganza e
finezza. Una cosa è certa: Merlot e Chardonnay si contraddistinguono per la loro
enorme personalità, tale da non passare mai inosservata quando sono parte della
composizione di un vino, da sole o miscelate ad altre uve.
In fin dei conti, non è certamente una colpa quella di essere dotati di grande
personalità, piuttosto la responsabilità è di quelli che le associano a uve, per
così dire, più timide e modeste. È evidente che, in questi sciagurati casi,
Merlot e Chardonnay prevalgono inequivocabilmente senza concedere spazio alcuno
– al limite, molto poco – agli sventurati compagni di miscela. Per
quello che mi riguarda, Merlot e Chardonnay sono due grandissime varietà, capaci
di produrre vini di magnifica classe ed eleganza. Questo non accade sempre,
ovviamente, poiché queste due varietà – esattamente come tutte le altre – per
raggiungere livelli di eccellenza richiedono l'esistenza e l'adozione scrupolosa
di altrettante condizioni di eccellenza. Quando non si verifica, Merlot e
Chardonnay sono capaci di creare vini banali, ordinari, perfino noiosi e senza
alcuna emozione, salvo il fatto di farsi comunque riconoscere per alcune
caratteristiche sensoriali che li accompagnano sempre e comunque. Più che dare la
colpa a Merlot e Chardonnay, eventualmente, è più saggio attribuire la
responsabilità a chi le ha usate in modo così inappropriato.
Perché, riconosciamolo, per anni, anzi, decenni, ovunque nel mondo si è ricorso a
queste due varietà con la speranza di compiere un miracolo enologico, come se
fossero dotate di chissà quali magiche proprietà tali da trasformare
qualunque vino in oro. Un vino è troppo esile? Senza carattere e personalità?
Poco profumato? Troppo spigoloso? Nessun problema: basta aggiungere Merlot o
Chardonnay – in accordo allo stile – ed è tutto risolto. Questo è accaduto – e
continua ad accadere – in ogni paese vitivinicolo del mondo, anche in quelli nei
quali il clima e il territorio non sono palesemente adatti alla coltivazione
qualitativa di Merlot e Chardonnay. È vero che queste due varietà hanno una
capacità di adattamento sorprendente e che, nel bene e nel male, la loro presenza
in un vino difficilmente passa inosservata. Questo non significa che il loro
apporto sia sempre positivo o risolutivo. In certi casi, calice alla mano, oltre
a essere deludente, è perfino ridicolo e inappropriato.
Quest'ultimo e sciagurato caso, non solo è ricorrente in molti vini prodotti con
Merlot e Chardonnay, ma è anche evidentemente la causa dell'insofferenza verso
queste due varietà. A tale proposito, si potrebbe fare una lista pressoché
infinita di vini nei quali troviamo Merlot e Chardonnay – da soli o uniti ad
altre varietà – con risultati decisamente banali e invadono il panorama
vitivinicolo di ogni paese del mondo con risultati che non rendono onore né al
Merlot né allo Chardonnay, tanto meno ai loro territori e produttori. Un fenomeno
che inizia agli albori del 1900 – al di fuori della Francia, ovviamente –
quando furono introdotte in molti paesi vitivinicoli del mondo quelle che poi
sono state definite varietà internazionali e, fra queste, Merlot e
Chardonnay, ovviamente. In Italia, fino a pochi decenni fa, si definivano
addirittura varietà migliorative, con la ferma convinzione che la loro
presenza fosse sufficiente a trasformare, per meglio dire, migliorare, qualsiasi
vino grazie a una magia di straordinaria eccellenza.
Quando si coltivano con criteri qualitativi elevati, in condizioni ambientali e
climatiche adeguate, vinificati con non meno elevata qualità enologica
– signore e signori, giù il cappello – Merlot e Chardonnay sono assolutamente e
ineccepibilmente capaci di creare monumenti enologici di assoluta classe, finezza
ed eleganza. Se, in questo momento, state immaginando che io stia, in qualche
modo, alludendo, per esempio, a Bordeaux e Borgogna, ebbene sì, certamente e
ineccepibilmente sì, avete immaginato benissimo. Non intendo dire che questi due
territori siano gli unici nei quali Merlot e Chardonnay riescano a produrre
grandissimi vini, poiché ci sono molti territori vitivinicoli del mondo nei quali
queste due varietà – grazie anche alle giuste condizioni ambientali e
tecnologiche – hanno ampiamente dimostrato vette di altissima eccellenza. Sarà
forse un caso, comunque, che ovunque si coltivi Merlot e Chardonnay, con
l'intento di farne vino, si guardi sempre e inevitabilmente a Bordeaux e Borgogna
come esempi e riferimenti da imitare?
La versatilità enologica di queste due uve è poi indiscutibile. Entrambe
consentono di ottenere ottimi risultati enologici sia nella vinificazione in
contenitori inerti sia – e ancor meglio – in quelli di legno, con particolare
predilezione per le dimensioni modeste, come la barrique. Nei contenitori di
legno, poi, sono capaci di grandi cose anche con la fermentazione e non solo con
la maturazione. Inoltre, lo Chardonnay è ineccepibile interprete di spumanti
metodo classico, sempre generoso di classe sopraffina, finezza ed eleganza. Anche
in questo caso, se avete immaginato a una mia allusione ai Blanc de Blancs della
Champagne, avete indovinato. Da parte mia, immagino alcuni di voi potrebbero
obiettare sostenendo che, sia Merlot sia Chardonnay, tendono ad ammorbidire i
loro vini in modo eccessivo, contribuendo quindi a una fastidiosa e
noiosa omologazione sensoriale dei loro vini e di quelli dove sono
impiegati insieme ad altre uve. Vero. Del resto è innegabile non riconoscere,
poiché palese ed evidente, che queste due uve abbiano anche un carattere
decisamente morbido.
Ma sono anche molto più della loro morbidezza, soprattutto quando si considerano
e si rispettano tutte le altre qualità organolettiche di cui sono dotati, qualora
si coltivassero nei luoghi adatti e, soprattutto, vendemmiati al momento giusto.
Nemmeno a dirlo, vinificati correttamente. Perché va detto – ebbene sì – sia
Merlot sia Chardonnay, oltre alla morbidezza, hanno pure acidità e qualunque
vino, indipendentemente dallo stile, che dovesse peccare in freschezza,
risulterebbe sempre e comunque squilibrato e di certo poco piacevole. Anzi,
assolutamente sgradevole. Del resto, se lo Chardonnay fosse solo morbidezza,
sarebbe del tutto improbabile il suo impiego – e con enorme successo
planetario – in così tanti vini spumanti metodo classico. Si può certamente
disquisire sul modo, o meglio, i modi, utilizzati in vigna e in cantina con
Chardonnay e Merlot, molto spesso discutibili. Questo è qualcosa che,
innegabilmente, vale non solo per queste due varietà, ma per tutte. Pretendere,
poi, che il solo impiego di due uve, e non solo Chardonnay e Merlot, possa in
qualche modo e senza ulteriore fatica portare alla creazione di un vino di
qualità, non solo è altamente opinabile ma anche la prova della discutibile
capacità viticolturale ed enologica di chi ci crede e ne è perfino convinto.
Questo, comunque e in ogni caso, non lede minimamente la reale reputazione e
grandezza del Merlot e dello Chardonnay. Due grandi uve e madri di grandissimi
vini, esempi magnifici di classe, eleganza e bellezza enologica.
Antonello Biancalana
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