Secondo i dati del ministero dell'Economia e delle Finanze, l'imposta
sull'immissione al consumo delle bevande spiritose, la cui aliquota è aumentata
di ben quattro volte tra il 2013 ed il 2015, anziché generare maggiori entrate
nelle casse dell'Erario, ha provocato un drastico calo delle entrate fiscali.
Ventinove milioni di gettito fiscale in meno nel 2015 e una diminuzione del 13%
dell'immissione in consumo di bevande spiritose. Sono i dati del ministero
dell'Economia e delle Finanze, pubblicati a febbraio, che certificano la
riduzione-shock delle entrate derivanti dalle accise su grappa e spirits.
In particolare, le statistiche del dicastero dell'Economia evidenziano come il
reale gettito delle accise nel 2015 abbia registrato un calo del 5% rispetto
al 2014. In pratica, mancano all'appello 29 milioni di euro. Un dato che si
spiega con un altro numero: 30 milioni di bottiglie, che non sono state vendute
sul mercato nazionale. In altre parole, all'aumento delle accise, la
commercializzazione dei distillati è calata inesorabilmente.
«Le aziende, di fronte ad un carico fiscale così pesante, si sono viste
costrette a scaricare la crescita dell'imposta soprattutto sul prezzo - spiega
Antonio Emaldi, presidente di AssoDistil - deprimendo così le vendite. In un
modo o nell'altro, le distillerie, e indirettamente l'Erario, ne ricavano
soltanto un danno, accentuato dalla persistente crisi dei consumi».
Una situazione di sofferenza che, in vista della manovrina economica
richiesta dalla Commissione Europea all'Italia, i distillatori chiedono di non
inasprire ulteriormente. «Come avevamo già previsto al momento del suo aumento,
ormai quattro anni fa - sottolinea Emaldi - la crescita dell'imposta di
immissione al consumo si è rivelata un provvedimento inefficace dal punto di
vista fiscale e, cosa ancora più grave, punitivo per il comparto delle bevande
spiritose».
Il settore della distillazione, composto da piccole e medie imprese spesso a
conduzione poco più che familiare, è ben distribuito sull'intero territorio
nazionale e rappresenta, nel quadro dell'agroalimentare Made in Italy,
l'ultimo anello della filiera vitivinicola nazionale. Un esempio può chiarire
la portata delle accise sui prodotti alcolici: su un litro di alcol etilico,
venduto al dettaglio, il costo di produzione incide per meno di un euro, mentre
il valore dell'accisa, su cui si deve applicare anche l'IVA, supera i 10 euro.
Le imposte pesano quindi oltre 15 volte il costo dell'alcol.
«Il peso eccessivo delle accise, per le distillerie, rischia di essere un
tunnel senza uscita - osserva il presidente dei distillatori - Ci appelliamo al
Governo perché, nella definizione delle prossime misure economiche e fiscali,
tenga in considerazione i dati del Ministero dell'Economia ed eviti di colpire
ancora un comparto virtuoso che, continuando su questa strada, rischia di
sparire dal panorama dell'agroalimentare italiano».
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