Il vino è il risultato dell'evoluzione della cultura, del gusto e delle mode
che hanno caratterizzato gli aspetti sociali di ogni tempo. Inoltre, è il
risultato del progresso e delle tecnologie ideate dall'ingegno dell'uomo, cioè
colui che produce vino e lo apprezza. Non da meno - e non meno importante -
risultato dell'ambiente, del territorio e delle condizioni climatiche di ogni
singolo luogo. Tutti questi elementi, nel loro complesso, portano alla nascita
di quella magia che chiamiamo vino, la bevanda che da secoli continua ad
affascinare gli uomini e ad accompagnare la sua storia. Il vino è cambiato
insieme agli uomini, in funzione dei loro gusti e culture, inevitabilmente
continuerà a farlo anche in futuro. La bevanda di Bacco è stata inoltre
condizionata dai cambiamenti dell'ambiente e del clima avvenuti nel corso dei
secoli, condizioni non sempre determinate dal volere della natura, piuttosto
dalle conseguenze della scelleratezza dell'uomo.
Negli ultimi anni, le conseguenze di questa scelleratezza sembrano
mostrare in modo sempre più evidente gli effetti sul territorio e l'ambiente,
vino compreso. Uno degli effetti più evidenti può osservare nella viticoltura.
La raccolta dell'uva - per esempio - ha subito dei significativi cambiamenti:
il tempo della vendemmia è notevolmente anticipato rispetto agli anni passati,
mediamente di due settimane. Questo è dovuto principalmente all'aumento delle
temperature, facendo maturare l'uva in anticipo e, nel contempo, la quantità di
zucchero negli acini è decisamente maggiore. La conseguenza più ovvia - non
l'unica, ovviamente - è che l'aumento dello zucchero determina una maggiore
produzione di alcol al termine della fermentazione. Più zucchero significa
anche meno acidità, quindi il vino che si ottiene è decisamente più morbido e
piatto - oltre che alcolico - carente di eleganza e certamente meno piacevole
ed equilibrato.
Un esempio concreto? Venti anni fa la media del volume alcolico nei vini era
del 12,5%, un valore che - a quei tempi - era considerato abbastanza
elevato seppure nella norma. Oggi la media è notevolmente aumentata e nessuno
si meraviglia più di leggere nell'etichetta valori che arrivano anche al 14%.
Per dare meglio l'idea del cambiamento, è opportuno ricordare che per ottenere
un grado alcolico - equivalente all'1% di volume - sono necessari circa 17
grammi di zucchero per litro. Valore che, va detto, cambia in funzione del tipo
di lievito che svolgerà la fermentazione e altri fattori enologici. Per dare
ulteriormente meglio l'idea di cosa significa, è come aggiungere - per ogni
litro di mosto - un abbondante cucchiaio da tavola di zucchero. Non è poco,
soprattutto se si considera che quello zucchero prende in realtà il posto delle
sostanze acide. Il vino sarà più bruciante, più piatto, la morbidezza
accentuata e sembrerà mancare di quella piacevole vivacità fondamentale per
il suo equilibrio.
Le conseguenze del riscaldamento globale stanno inoltre rendendo possibile e
concreto quello che in passato si riteneva molto improbabile, se non
impossibile. Per lungo tempo si è infatti ritenuto che la parte settentrionale
della Francia segnasse il limite geografico della coltivazione della vite.
Oltre quel confine il clima diveniva troppo rigido e freddo per la vite
e quindi inadatto alla coltivazione di vigneti. Grazie al riscaldamento
globale, negli ultimi anni, la viticoltura sta riscuotendo un buon successo
nelle terre meridionali del Regno Unito. Il fenomeno, che oramai non si
considerà più un semplice caso è particolarmente presente al sud del Galles
e Inghilterra, con interessanti produzioni di vini spumanti e non solo. Va
detto che gli antichi Romani avevano già tentato la coltivazione della vite
nella grande isola dell'oltremanica, ma i risultati non furono mai -
evidentemente - all'altezza della più florida e vocata Gallia, l'odierna
Francia.
C'è chi ipotizza la progressiva desertificazione delle zone meridionali
dell'Europa, con drastici cambiamenti per l'ambiente e quindi, inevitabilmente,
per le colture. Qualora dovesse avverarsi, la vite sarebbe certamente fra le
colture a non risultare più adatte al nuovo clima: in quelle terre si
verificherà la scomparsa dei vigneti e alla bevanda di Bacco. In questo
infausto scenario - che si spera non debba mai avverarsi - la viticoltura
dell'Italia meridionale subirebbe drastici cambiamenti. E pensare che gli
antichi greci chiamarono quelle terre - in particolare quella che oggi è la
Calabria - rigogliose e ricche di uve che davano buon vino, Enotria
Tellus, la terra delle viti e del vino. Anche i celebri ed eleganti
terroir di Francia sarebbero non da meno minacciati da questi
cambiamenti. In particolare le magnifiche e strepitose terre di Borgogna,
generose di elegantissimi e inimitabili vini rossi da Pinot Nero e, non da
meno, la Champagne con le sue celeberrime bollicine. Come dire - citando
le celebri parole di Aristodemo, dall'omonima tragedia di Vincenzo Monti -
se Messenia piange, Sparta non ride.
In previsione di cambiamenti climatici con i quali dovremo inevitabilmente
confrontarci - sperando gli uomini possano rimediare prima di ben peggiori
conseguenze - c'è chi sta già correndo ai ripari. In Australia, per esempio, da
qualche tempo i viticoltori stanno abbandonando le varietà cosiddette
internazionali di origine francese con quelle delle zone mediterranee più
calde. A quanto pare, c'è già chi sta prendendo in considerazione di sostituire
Cabernet Sauvignon, Merlot e Syrah con Sangiovese, Tempranillo e Sagrantino,
decisamente più adatte ai climi caldi. Un cambiamento certamente dettato anche
dal consueto spirito intraprendente dell'enologia australiana che, priva
di zavorre tradizionali, non si è mai fatta scrupoli nell'adottare nuove
varietà e pratiche enologiche di altri paesi. Il problema è serio - anzi,
serissimo - ed è evidentemente banale dire bisogna fare qualcosa. Non
bastano infatti gli sforzi e i buoni intenti dei singoli, poiché si tratta -
senza dubbio - di un problema che richiede l'impegno congiunto da parte di
tutti, principalmente di chi ha poteri politici. Visto che tutto questo si è
verificato a causa dello stupido egoismo e della scelleratezza dell'uomo,
sarebbe davvero il minimo dimostrare che siamo ancora dotati di intelligenza e
saggezza degne di questo nome. Magari dimostrare anche di saperne fare un buon
uso. E pure in fretta.
Antonello Biancalana
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