Cultura e Informazione Enologica dal 2002 - Anno XXII
×
Prima Pagina Eventi Guida dei Vini Vino del Giorno Aquavitae Guida ai Luoghi del Vino Podcast Sondaggi EnoGiochi EnoForum Il Servizio del Vino Alcol Test
DiWineTaste in Twitter DiWineTaste in Instagram DiWineTaste Mobile per Android DiWineTaste Mobile per iOS Diventa Utente Registrato Abbonati alla Mailing List Segnala DiWineTaste a un Amico Scarica la DiWineTaste Card
Chi Siamo Scrivici Arretrati Pubblicità Indice Generale
Informativa sulla Riservatezza
 
☰ Menu


   Condividi questo articolo     Sommario della rubrica Editoriale ABC Vino 
  Editoriale Numero 18, Aprile 2004   
Identità RubateIdentità Rubate La Posta dei LettoriLa Posta dei Lettori  Sommario 
Numero 17, Marzo 2004 Segui DiWineTaste su Segui DiWineTaste su TwitterNumero 19, Maggio 2004

Identità Rubate


 Il successo, si sa, può essere causa di grandi soddisfazioni ma anche origine di molteplici rischi e spiacevoli avvenimenti. Uno dei rischi a cui si va incontro più frequentemente è quello dell'emulazione e della copia dell'oggetto motivo del successo. Questo è un fenomeno comune alla quasi totalità delle attività umane - in particolare a quelle che producono profitti economici - al quale ricorrono sovente coloro che non hanno talento e che non riescono a fare di meglio se non a copiare il lavoro degli altri, spesso anche in modo discutibile e deplorevole, in modo da sopperire alla propria carenza di idee con una presunta furbizia. Cosa non si farebbe per raggiungere il successo! E se poi lo si raggiunge grazie al merito di altri, la cosa non preoccupa più di tanto, l'importante è apparire ciò che non si è - ne mai si potrà essere - cercando di nascondere il più possibile ciò che si è realmente nella consapevolezza di non avere nulla di proprio e originale da proporre.

 Questo fenomeno, com'è risaputo e fin troppo prevedibile, non risparmia nemmeno il vino e sovente si verificano atti di enopirateria ai danni di prodotti celebri e tipici. A parte le ovvie considerazioni sulla moralità e la discutibilità di eventi di questo tipo, triste da ammettere, spesso favoriti da leggi poco efficaci e troppo permissive, è naturale e scontato chiedersi il motivo per il quale si permette che simili atti possano essere commessi e non prevenuti. Nel mondo del vino, questi furti di identità interessano non solo il nome di un prodotto specifico, ma anche nomi di aree, zone e termini classici. La confusione, ai danni sia dei consumatori sia dei prodotti stessi, è impressionante. Non è certamente un nome che può garantire da solo la qualità, questo è un concetto di produzione - e soprattutto di onestà e serietà del produttore - che va ben oltre le semplici parole usate per identificare un prodotto.


 

 Anche il grande e celebre scrittore Inglese William Shakespeare, nella sua stupenda opera “Romeo e Giulietta”, ci ricorda - con le parole della romantica Giulietta - che un nome, in fondo, non ha nessun significato e che una rosa, anche se avesse un qualunque altro nome, avrebbe sempre e comunque il suo soave profumo. Vero. Senza ombra di dubbio, vero. È un invito a coloro che si lasciano tentare dalle apparenze a considerare le cose in maniera più attenta e meno superficiale. Ma questo è anche vero a patto che si conosca com'è fatta una vera rosa perché, in quel caso, sarebbe possibile anche riconoscerla. Nel caso in cui venisse offerta una rosa falsa a qualcuno che non avesse mai visto o annusato una vera, e supponendo anche che questa falsa rosa abbia un profumo sgradevole, la credibilità di tutte le rose sarebbe gravemente compromessa. Per il malcapitato individuo, ignaro della realtà, le rose avrebbero tutte un profumo poco piacevole e, in accordo alla sua esperienza, avrebbe anche ragione.

 Ma se un nome viene utilizzato per identificare un determinato prodotto - e quindi anche un vino - con delle caratteristiche specifiche, tipiche e riconoscibili, è bene provvedere alla tutela di quei nomi in modo da evitare abusi e, soprattutto, speculazioni poco oneste ai danni dei consumatori. Inoltre, la tutela dei nomi - e quindi dei prodotti che solitamente si indicano con quei nomi - è essenziale per mantenere e favorire una cultura corretta e credibile, in particolare in quei casi in cui le tipicità di un territorio, inclusi i fattori tradizionali e ambientali, concorrono a creare un prodotto unico nel suo genere. Questo va fatto anche per il vino e adottando opportune misure legali e culturali. Un caso che si può citare ad esempio e accaduto diversi anni fa, riguarda lo Champagne e il Cognac. A causa del largo successo ottenuto in tutto il mondo da questi due prodotti, ci furono molti produttori che tentarono di utilizzare questi nomi per i loro prodotti “analoghi” - e certamente diversi per qualità - in modo da sfruttare l'opportunità offerta dal nome. Oggi, com'è giusto che sia, i nomi Champagne e Cognac possono essere usati esclusivamente e giustamente per identificare i due celebri prodotti Francesi e provenienti esclusivamente dalle loro storiche aree di produzione. Un ottimo risultato che dovrebbe essere applicato - e tutelato - più spesso. Lo Champagne è - e deve essere - solamente quel vino prodotto nell'omonima regione della Francia. È una questione di correttezza, trasparenza, onestà e serietà soprattutto nei confronti dei consumatori e, non da ultimo, nei confronti di quei produttori che si impegnano per mantenere alta e credibile la qualità dei loro prodotti, delle loro zone e delle loro tradizioni, non da ultimo, delle loro culture.

 In fin dei conti, è proprio necessario usurpare il nome di certi vini o di altri prodotti? Il mondo in cui viviamo è, per fortuna, vasto e straordinariamente ricco di risorse tali da rendere unici tutti gli angoli della terra. Il vino ci offre in questo senso degli ottimi esempi, soprattutto grazie a quei tanti produttori che hanno creduto nelle possibilità offerte dalle loro terre e che hanno saputo trarre vantaggio dalle opportunità locali, creando autentici capolavori enologici. In ogni paese vinicolo si è verificato questo, sia nel “Vecchio Mondo” sia nel “Nuovo Mondo”, a conferma che basta osservare e capire ciò che si ha per creare qualcosa di unico, di grande, di irripetibile e - non da ultimo - irriproducibile altrove e se riproducibile altrove, sicuramente diverso. Per fortuna. Questa è una buona speranza per tutti quelli che credono nell'intelligenza e nella ricchezza delle diversità. Sarebbe piuttosto noioso - e triste - sapere che esiste uno e un solo vino, uguale e replicabile ovunque. Che tristezza sarebbe! Assaggiato un vino si conoscerebbero tutti gli altri.

 È una soddisfazione immensa sapere che non è così. Però è anche vero che è necessario diffondere una giusta e corretta cultura con lo scopo di tutelare gli interessi storici e tradizionali di certi prodotti e dei loro nomi. Crediamo, in questo senso, che la giusta cultura e conoscenza possa fare molto nell'interesse - prima di tutto - dei consumatori. Non basta tutelare un nome per garantire un buon risultato: è necessario anche diffondere una costruttiva e concreta cultura che consenta ai consumatori di riconoscere un buon prodotto, e quindi un vino, da uno cattivo, indipendentemente dal nome che porta. Un nome è importante per identificare qualcosa e per renderlo chiaramente identificabile ad un gruppo di individui che utilizzano la stessa lingua per comunicare. Qui finisce il ruolo del nome, e come suggeriva giustamente Shakespeare, non può certamente essere il responsabile del profumo di una rosa. Ma visto che noi esseri umani utilizziamo i nomi per indicare e identificare le cose, in un mondo già troppo ricco di confusione, sarebbe opportuno che si riesca almeno attraverso i nomi a riconoscere le cose senza incomprensioni. Poi, se quello che troviamo nel calice non è quello che ci aspettavamo di trovare, la colpa non è del suo nome, caso mai di colui che lo ha voluto chiamare in quel modo.

 



   Condividi questo articolo     Sommario della rubrica Editoriale ABC Vino 
  Editoriale Numero 18, Aprile 2004   
Identità RubateIdentità Rubate La Posta dei LettoriLa Posta dei Lettori  Sommario 
Numero 17, Marzo 2004 Segui DiWineTaste su Segui DiWineTaste su TwitterNumero 19, Maggio 2004

La Posta dei Lettori


 In questa rubrica vengono pubblicate le lettere dei lettori. Se avete commenti o domande da fare, esprimere le vostre opinioni, inviate le vostre lettere alla redazione oppure utilizzare l'apposito modulo disponibile nel nostro sito.

 

Qual'è la differenza fra lo Sherry Fino e la Manzanilla?
Denis Pritchard -- Ipswich (Inghilterra)
Lo Sherry (Jerez) Fino e la Manzanilla sono prodotti in due diverse località dell'Andalusia (Spagna). Il Jerez Fino è prodotto nell'area intorno a Jerez de la Frontera mentre la Manzanilla è prodotta a Sanlúcar de Barrameda, sulla costa dell'oceano Atlantico. Entrambi i vini acquisiscono le loro tipiche caratteristiche grazie alla preziosa presenza di particolari flore batteriche (dette flor) che si sviluppano all'interno delle botti scolme in cui si lascia maturare il vino. Sia il Fino sia la Manzanilla sono vini fortificati secchi e che andrebbero consumati giovani in modo da apprezzare la loro fresca complessità aromatica e una volta aperta la bottiglia, è bene consumarli entro due giorni. La Manzanilla ha un sapore più sapido rispetto al Fino a causa della vicinanza dell'oceano ed è molto più delicata e fragile del Fino: per questa ragione alcuni produttori di Manzanilla la imbottigliano spesso su ordinazione. Questi vini, dal colore giallo paglierino chiaro, andrebbero preferibilmente serviti freschi in modo da favorire ed esaltare la loro freschezza gustativa.



Ho sentito dire che negli Stati Uniti d'America è molto popolare il White Zinfandel. Se non erro lo Zinfandel è un'uva rossa. Esiste anche una varietà bianca?
Pierluigi Gonzoni -- Bellinzona (Svizzera)
Lo Zinfandel, come giustamente osserva, è un'uva a bacca rossa e con la quale si producono generalmente vini rossi. Il White Zinfandel è in realtà prodotto con la medesima uva vinificata in bianco, cioè si evita la macerazione delle bucce con il mosto in modo da non consentire l'estrazione delle sostanze coloranti. Il risultato è un vino che all'aspetto si presenta come un bianco. Generalmente il White Zinfandel viene prodotto leggermente dolce, tuttavia è anche prodotto come secco. Il colore del White Zinfandel varia da rosa chiaro fino a rosa salmone, assumendo una gamma di colori tipici di quei vini che gli Americani definiscono come blush wines. Il White Zinfandel fu prodotto per la prima volta verso la fine degli anni 1970, nel periodo in cui i vini bianchi erano molto venduti, pertanto i produttori Americani decisero di utilizzare l'enorme quantità di uve Zinfandel vinificandole in bianco. Nonostante sia la versione vinificata in rosso ad essere più rappresentativa e conosciuta, ancora oggi negli Stati Uniti d'America si registra un discreto consumo di White Zinfandel.



   Condividi questo articolo     Sommario della rubrica Editoriale ABC Vino 
  Editoriale Numero 18, Aprile 2004   
Identità RubateIdentità Rubate La Posta dei LettoriLa Posta dei Lettori  Sommario 
I Sondaggi di DiWineTaste
Qual è il mezzo di comunicazione più importante per la scelta del vino?


Risultato   Altri Sondaggi

 Condividi questo sondaggio   
Quale tipo di vino preferisci consumare nel mese di Marzo?


Risultato   Altri Sondaggi

 Condividi questo sondaggio   
Qual è il vino che preferisci comsumare come aperitivo?


Risultato   Altri Sondaggi

 Condividi questo sondaggio   


☰ Menu

Informativa sulla Riservatezza

Scarica la tua DiWineTaste Card gratuita  :  Controlla il tuo Tasso Alcolemico  :  Segui DiWineTaste Segui DiWineTaste su Twitter Segui DiWineTaste su Instagram

Scarica DiWineTaste
Copyright © 2002-2024 Antonello Biancalana, DiWineTaste - Tutti i diritti riservati
Tutti i diritti riservati in accordo alle convenzioni internazionali sul copyright e sul diritto d'autore. Nessuna parte di questa pubblicazione e di questo sito WEB può essere riprodotta o utilizzata in qualsiasi forma e in nessun modo, elettronico o meccanico, senza il consenso scritto di DiWineTaste.