Il successo, si sa, può essere causa di grandi soddisfazioni ma anche origine
di molteplici rischi e spiacevoli avvenimenti. Uno dei rischi a cui si va
incontro più frequentemente è quello dell'emulazione e della copia dell'oggetto
motivo del successo. Questo è un fenomeno comune alla quasi totalità delle
attività umane - in particolare a quelle che producono profitti economici - al
quale ricorrono sovente coloro che non hanno talento e che non riescono a fare
di meglio se non a copiare il lavoro degli altri, spesso anche in modo
discutibile e deplorevole, in modo da sopperire alla propria carenza di idee
con una presunta furbizia. Cosa non si farebbe per raggiungere il successo! E
se poi lo si raggiunge grazie al merito di altri, la cosa non preoccupa più di
tanto, l'importante è apparire ciò che non si è - ne mai si potrà essere -
cercando di nascondere il più possibile ciò che si è realmente nella
consapevolezza di non avere nulla di proprio e originale da proporre.
Questo fenomeno, com'è risaputo e fin troppo prevedibile, non risparmia nemmeno
il vino e sovente si verificano atti di enopirateria ai danni di
prodotti celebri e tipici. A parte le ovvie considerazioni sulla moralità e la
discutibilità di eventi di questo tipo, triste da ammettere, spesso favoriti da
leggi poco efficaci e troppo permissive, è naturale e scontato chiedersi il
motivo per il quale si permette che simili atti possano essere commessi e non
prevenuti. Nel mondo del vino, questi furti di identità interessano non solo il
nome di un prodotto specifico, ma anche nomi di aree, zone e termini classici.
La confusione, ai danni sia dei consumatori sia dei prodotti stessi, è
impressionante. Non è certamente un nome che può garantire da solo la qualità,
questo è un concetto di produzione - e soprattutto di onestà e serietà del
produttore - che va ben oltre le semplici parole usate per identificare un
prodotto.
Anche il grande e celebre scrittore Inglese William Shakespeare, nella sua
stupenda opera Romeo e Giulietta, ci ricorda - con le parole della
romantica Giulietta - che un nome, in fondo, non ha nessun significato e che
una rosa, anche se avesse un qualunque altro nome, avrebbe sempre e comunque il
suo soave profumo. Vero. Senza ombra di dubbio, vero. È un invito a coloro
che si lasciano tentare dalle apparenze a considerare le cose in maniera più
attenta e meno superficiale. Ma questo è anche vero a patto che si conosca
com'è fatta una vera rosa perché, in quel caso, sarebbe possibile anche
riconoscerla. Nel caso in cui venisse offerta una rosa falsa a qualcuno
che non avesse mai visto o annusato una vera, e supponendo anche che questa
falsa rosa abbia un profumo sgradevole, la credibilità di tutte le rose sarebbe
gravemente compromessa. Per il malcapitato individuo, ignaro della realtà, le
rose avrebbero tutte un profumo poco piacevole e, in accordo alla sua
esperienza, avrebbe anche ragione.
Ma se un nome viene utilizzato per identificare un determinato prodotto - e
quindi anche un vino - con delle caratteristiche specifiche, tipiche e
riconoscibili, è bene provvedere alla tutela di quei nomi in modo da evitare
abusi e, soprattutto, speculazioni poco oneste ai danni dei consumatori.
Inoltre, la tutela dei nomi - e quindi dei prodotti che solitamente si indicano
con quei nomi - è essenziale per mantenere e favorire una cultura corretta e
credibile, in particolare in quei casi in cui le tipicità di un territorio,
inclusi i fattori tradizionali e ambientali, concorrono a creare un prodotto
unico nel suo genere. Questo va fatto anche per il vino e adottando opportune
misure legali e culturali. Un caso che si può citare ad esempio e accaduto
diversi anni fa, riguarda lo Champagne e il Cognac. A causa del largo successo
ottenuto in tutto il mondo da questi due prodotti, ci furono molti produttori
che tentarono di utilizzare questi nomi per i loro prodotti analoghi - e
certamente diversi per qualità - in modo da sfruttare l'opportunità offerta dal
nome. Oggi, com'è giusto che sia, i nomi Champagne e Cognac possono essere
usati esclusivamente e giustamente per identificare i due celebri prodotti
Francesi e provenienti esclusivamente dalle loro storiche aree di produzione.
Un ottimo risultato che dovrebbe essere applicato - e tutelato - più spesso. Lo
Champagne è - e deve essere - solamente quel vino prodotto nell'omonima regione
della Francia. È una questione di correttezza, trasparenza, onestà e serietà
soprattutto nei confronti dei consumatori e, non da ultimo, nei confronti di
quei produttori che si impegnano per mantenere alta e credibile la qualità dei
loro prodotti, delle loro zone e delle loro tradizioni, non da ultimo, delle
loro culture.
In fin dei conti, è proprio necessario usurpare il nome di certi vini o di
altri prodotti? Il mondo in cui viviamo è, per fortuna, vasto e
straordinariamente ricco di risorse tali da rendere unici tutti gli angoli
della terra. Il vino ci offre in questo senso degli ottimi esempi, soprattutto
grazie a quei tanti produttori che hanno creduto nelle possibilità offerte
dalle loro terre e che hanno saputo trarre vantaggio dalle opportunità locali,
creando autentici capolavori enologici. In ogni paese vinicolo si è verificato
questo, sia nel Vecchio Mondo sia nel Nuovo Mondo, a conferma che basta
osservare e capire ciò che si ha per creare qualcosa di unico, di grande, di
irripetibile e - non da ultimo - irriproducibile altrove e se riproducibile
altrove, sicuramente diverso. Per fortuna. Questa è una buona speranza per
tutti quelli che credono nell'intelligenza e nella ricchezza delle diversità.
Sarebbe piuttosto noioso - e triste - sapere che esiste uno e un solo vino,
uguale e replicabile ovunque. Che tristezza sarebbe! Assaggiato un vino si
conoscerebbero tutti gli altri.
È una soddisfazione immensa sapere che non è così. Però è anche vero che è
necessario diffondere una giusta e corretta cultura con lo scopo di tutelare
gli interessi storici e tradizionali di certi prodotti e dei loro nomi.
Crediamo, in questo senso, che la giusta cultura e conoscenza possa fare molto
nell'interesse - prima di tutto - dei consumatori. Non basta tutelare un nome
per garantire un buon risultato: è necessario anche diffondere una costruttiva
e concreta cultura che consenta ai consumatori di riconoscere un buon prodotto,
e quindi un vino, da uno cattivo, indipendentemente dal nome che porta. Un nome
è importante per identificare qualcosa e per renderlo chiaramente
identificabile ad un gruppo di individui che utilizzano la stessa lingua per
comunicare. Qui finisce il ruolo del nome, e come suggeriva giustamente
Shakespeare, non può certamente essere il responsabile del profumo di una rosa.
Ma visto che noi esseri umani utilizziamo i nomi per indicare e identificare le
cose, in un mondo già troppo ricco di confusione, sarebbe opportuno che si
riesca almeno attraverso i nomi a riconoscere le cose senza incomprensioni.
Poi, se quello che troviamo nel calice non è quello che ci aspettavamo di
trovare, la colpa non è del suo nome, caso mai di colui che lo ha voluto
chiamare in quel modo.
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