L'Italia enologica vanta un patrimonio unico al mondo, un patrimonio fatto di
centinaia di uve autoctone che da secoli colorano i vigneti del Bel Paese. Non
sempre queste uve indigene hanno goduto del favore dei produttori.
Nonostante si cerchi da qualche anno la rivalutazione di queste varietà, ancora
oggi sono molti i produttori che si affidano alle uve da tempo considerate
alloctone, prevalentemente di origine francese, che utilizzano sia in
purezza sia miscelate alle uve del proprio territorio. Sarà pure per un fatto di
moda - o più semplicemente per un fatto commerciale - ma se si considerano i
vini prodotti attualmente in Italia, molti di questi prevedono l'uso di uve
internazionali. Inutile negarlo: nomi come Merlot, Chardonnay, Sauvignon
Blanc e Cabernet Sauvignon - tanto per citare alcuni degli esempi più comuni -
esercitano un certo fascino nei consumatori e nella psicologia dei sensi,
inutile negarlo, spesso rappresentano la chiave vincente per il successo
commerciale.
Le uve autoctone italiane sono quindi poco adatte a fare vini commerciabili e
interessanti per i consumatori? Certamente no. Ci sono così tanti esempi in
Italia - dalla Valle d'Aosta alla Sicilia - di eccellenti vini che possono
testimoniare l'eccellenza delle varietà autoctone d'Italia. Tuttavia, fra le
tante uve indigene del Bel Paese, esistono innegabilmente posizioni di
privilegio, uve autoctone che godono di una fama elevata, mentre altre - e
spesso ingiustamente - sono relegate al ruolo di brutto anatroccolo, di
uve adatte solamente a produrre vini ordinari e di scarso interesse
enologico. Questa considerazione è, ovviamente, molto discutibile. Quante uve
secondarie e di scarso interesse enologico sono state trasformate in
autentici attori protagonisti per opera di enologi visionari e
produttori testardi, affidandosi - in primis - al criterio della
qualità e ottenendo risultati strepitosi? La qualità. Una parola che può fare la
differenza in ogni cosa, vino compreso.
Va anche detto - ad onore del vero - che molte uve autoctone, certamente troppe,
sono state letteralmente svilite, persino abusate, solo con lo scopo di produrre
vini di bassa qualità, tutto all'insegna della quantità e della produzione di
massa: più ce n'è, più se ne può vendere. A causa di questo atteggiamento
puramente speculativo, molte uve non hanno mai conosciuto il criterio di
qualità, favorendo lo sviluppo di una cultura denigratoria verso queste uve,
portando inevitabilmente a pensare che certe uve siano adatte unicamente a
fare pessimo vino. Le uve autoctone italiane ingiustamente considerate
minori sia dai consumatori sia dall'industria enologica sono tante,
condannate ingiustamente al ruolo di Cenerentola senza alcuna speranza di
potere dimostrare il loro reale valore. Fra le tante uve che si potrebbero
portare ad esempio, una in particolare è da anni considerata uva minore e
che ultimamente - per fortuna - alcuni produttori stanno cercando di rivalutare:
il Lambrusco.
Immaginiamo che molti dei nostri lettori, leggendo il nome Lambrusco,
pensino a vini molto ordinari, talvolta esageratamente frizzanti e con un sapore
marcatamente dolce, qualcosa da considerare come un vino senza speranza e che
mai potrà esprimere qualità e stupore. Vero, ed è inutile negarlo: la
maggioranza dei vini prodotti con uve Lambrusco non ispira certamente a pensieri
di qualità o a qualcosa capace di esprimere qualità. Ma è anche vero che la
generalizzazione porta unicamente alla nascita di pregiudizi e non consente di
comprendere le cose, spesso allontana anche dal tentativo di volere comprendere.
Se è vero che la maggioranza dei Lambrusco non rende certamente giustizia a
quest'uva, va anche detto che ci sono produttori che hanno ottenuto risultati
eccellenti, dimostrando che anche il Lambrusco è capace di grandi cose,
esattamente come tante altre uve. E quando la qualità incontra il Lambrusco, il
risultato è sorprendente, tanto da fare dimenticare in un attimo quell'oceano di
Lambrusco poco rappresentativo e che di certo non rende onore a
quest'uva.
Il Lambrusco - e con questo intendiamo tutte le varietà di uve Lambrusco - non è
un'uva minore e certamente merita molto più di quello che troppo spesso si trova
nelle bottiglie. Probabilmente il fatto che la quasi totalità del Lambrusco sia
prodotto nello stile frizzante, non aiuta a rivalutare quest'uva.
Infatti, se è vero che le bollicine siano considerate nobili negli spumanti - in
particolare nei metodo classico - diventano per niente nobili quando si
parla di vini frizzanti. Complice anche i metodi discutibili utilizzati per
la produzione di vini frizzanti di scarsa qualità, il fatto che il Lambrusco sia
frizzante non aiuta a sostenere la sua causa. Frizzante, dolce o secco che
sia, il Lambrusco - per opera di alcuni lodevoli produttori - sta dimostrando
che è capace di produrre vini di ottima qualità. In effetti, l'uva Lambrusco ha
tutto quello che serve per produrre un ottimo vino, anche se la tradizione della
sua terra lo vuole sempre brusco, cioè frizzante.
Anche l'etimologia sembrerebbe, secondo alcune teorie, legare il Lambrusco alle
bollicine. Il nome Lambrusco potrebbe infatti derivare dal latino Lab,
che significa labbro, e ruscus, cioè qualcosa che punge il palato -
quindi frizzante - termine dal quale deriva anche brusco. Un'altra teoria
ritiene che Lambrusco derivi dal latino Labrum, cioè margine, poiché era
una vite cresceva spontaneamente e tipicamente ai margini di un campo - quindi
una specie selvatica - cioè in quelle parti meno dedite alla
coltivazione. Il Lambrusco è principalmente diffuso in Emilia Romagna - in
particolare nelle provincie di Modena e Reggio Emilia - e in Lombardia, nella
provincia di Mantova. Le più importanti varietà sono il Lambrusco di Sorbara,
Lambrusco Grasparossa e Lambrusco Salamino, tuttavia la famiglia si
completa con Lambrusco Marani, Lambrusco Maestri, Lambrusco Montericco e
Lambrusco Viadanese, oltre alle meno conosciute Lambrusca di Alessandria,
Lambrusco a foglia frastagliata e l'oramai scomparso Lambrusco Oliva. Ognuna di
queste varietà, nelle tipiche zone di coltivazione, produce vini molto
interessanti quando la qualità è il primario fattore, purtroppo raro e adottato
da pochi produttori. Il Lambrusco è un'uva - e un vino - che va certamente
compreso e riscoperto, capace di regalare belle emozioni al pari dei più
blasonati vini. Lambrusco? Certamente sì! Produttori ed enologi, a voi la
parola: vestite il Lambrusco della dignità che si merita!
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