Il terroir è importante. Le uve sono importanti. Quello che si fa in vigna è
importante. L'enologo è importante. Quello che si fa in cantina è importante. Ed
è importante anche il nome che si mette nell'etichetta della bottiglia, da
quello del produttore a quello della zona di produzione. Inutile negarlo: un
nome affermato e celebrato aiuta. E due aiutano ancor meglio: il mercato ha le
sue regole e un nome fa la sua differenza. Con buona pace di William Shakespeare
che fece dire a Giulietta che un nome non ha molta importanza e che una rosa ha
sempre il suo profumo anche se la chiamassimo con un altro nome. Giulietta aveva
certamente ragione, ma le regole del mercato e della notorietà seguono una
filosofia del tutto diversa. Nel vino, per quanto importante può essere, il nome
non è comunque il fattore che realmente fa il vino. Aiuta a venderlo e su
questo non c'è dubbio. Ben lo sanno i produttori che si trovano nelle aree meno
conosciute - e che comunque hanno prodotti eccellenti - quanto un nome potrebbe
aiutare il loro successo commerciale.
Sono molti i fattori che consentono la creazione di un buon vino ed è difficile
stabilire quale sia il più importante, poiché ognuno di questi ha la possibilità
di esprimersi grazie all'esistenza degli altri. Tutti sono d'accordo
nell'affermare che la qualità dell'uva è essenziale per ottenere un grande vino:
l'impiego di materia prima di bassa qualità non può che portare alla produzione
di un vino di altrettanta bassa qualità. La disponibilità di uva di qualità non
garantisce comunque la produzione di un vino di qualità se in cantina si
adottano procedure o metodi tali da deteriorare questo patrimonio. Da uve di
qualità di può ottenere un vino di qualità così come un vino di pessima qualità.
Da uve di pessima qualità si ottiene un vino di pessima qualità, oppure un vino
decente se l'enologo è sufficientemente bravo nel fare qualche magia.
Per fare un buon vino serve certamente una buona tecnica, ma anche una buona
dose di arte e talento, e sono soprattutto questi due ultimi fattori a
determinare la creazione di un vino emozionante che spicca di personalità
e pregio.
Per questo motivo, l'enologo è importante. Ed è importante la sua conoscenza, la
sua preparazione tecnica, la sua personale filosofia di interpretare un
territorio e le sue uve, la moralità con la quale produce un vino genuino e
salutare. Non si tratta dell'impiego della chimica in vigna e in cantina - in
ogni caso, sarà sempre presente seppure in forme e modi diversi - ma al modo con
il quale il produttore lavora le sue uve e i suoi vini, gesti che anticipano il
rispetto che questo ha per i propri clienti e per il vino. Come già detto, il
produttore e l'enologo non hanno grandi possibilità di fare un grande vino
qualora la materia prima - l'uva - non fosse di alta qualità. La qualità
dell'uva è determinata da molti fattori, non solo dal suolo e dal territorio,
così come dal terroir, ma anche da fattori puramente colturali,
strettamente legati a fattori agronomici. Se l'enologo è l'interprete dell'uva,
una volta che questa raggiunge la cantina, l'agronomo è certamente l'interprete
del territorio e del rispetto della vigna. In altre parole, è la figura tecnica
che assicura la qualità delle uve e del loro potenziale espressivo.
In vigna, così come in cantina, ognuno poi segue la propria filosofia
produttiva, spesso alla stregua di correnti di pensiero, spesso così estreme da
essere quasi equiparate a ortodossi movimenti religiosi. Non mi permetto di
criticare i metodi vitivinicolturali adottati dai vari produttori, ma è anche
vero che alcuni di questi - soprattutto quelli più fervidi e convinti - spesso
sostengono le loro idee in modo così acceso fino a dare vita a scontri
ideologici, ognuno arroccato sulle proprie convinzioni e posizioni. Vini da
agricoltura biologica, vini biodinamici, vini convenzionali, vini naturali -
solo per citare le correnti di pensiero più ricorrenti - sono metodi
viticolturali ed enologici sostenuti con orgoglio dai produttori che li adottano
per i loro vini. Se si ascoltano i singoli produttori, tutti sono pronti a
sostenere che il metodo produttivo da loro adottato è il migliore, citando
innumerevoli tesi a supporto del loro pensiero. E questo, tutto sommato, è
normale: qualora il produttore non credesse a quello che fa e a come lo fa,
anche il suo vino ne risentirebbe enormemente.
Non metto certamente in discussione la buona fede di chi sostiene uno specifico
metodo viticolturale ed enologico, ma a volte è difficile comprendere il sottile
confine fra sincerità, passione, speculazione, orgoglio e arroganza. Certo, il
vino nel calice, passato al naso e al giudizio dei sensi, fa capire molto di chi
lo produce e come lo produce. Una buona dose di precauzione è comunque e sempre
opportuna. La mente torna ai tempi nei quali cominciavano a fare il loro
ingresso nel mercato i cosiddetti vini biologici. Non sempre erano di
qualità impeccabile, spesso con difetti imbarazzanti, ma avevano l'altissimo
pregio - a detta dei loro produttori - che fossero vini biologici, cioè
quanto di più genuino si potesse avere in un calice. I tempi sono cambiati e
finalmente quelli che usavano un metodo viticolturale ed enologico come unico
fattore di mercato, hanno capito - grazie anche alle esigenze dei consumatori,
sempre più attenti - che oltre alle buone intenzioni e alla genuinità, serve
anche la qualità espressa con i fatti.
E poi c'è il territorio e, in particolare, il terroir, termine sul quale
si sta speculando molto e che sta diventando l'ennesima moda del vino, una
delle tante che periodicamente diventano argomento di tendenza. Parliamoci
chiaro: il terroir è importante e svolge un ruolo essenziale, fondamentale e
irrinunciabile per la personalità e la qualità di un vino. I francesi hanno
fatto del terroir il loro cavallo di battaglia da sempre, sottolineandone
l'importanza, non solo a parole, ma anche con i fatti. Tanti i fattori che fanno
un vino, comprese le parole, filosofie produttive, appartenenza a una corrente
di pensiero o un preciso atteggiamento elitario: qualcosa che vale sia per i
produttori sia per i consumatori. A volte, fra i fattori che fanno il vino
troviamo anche le mode del momento e i nomi di vini e produttori che diventano
celebri per meriti enologici non sempre ben comprensibili. Perché, come diceva
il Nerone del grandissimo Ettore Petrolini dopo avere arringato la folla di Roma
infuriata per il celebre incendio: «Lo vedi all'urtimo com'è er popolo?
Quando s'abbitua a ddi' che sei bravo, pure che non fai gnente, sei sempre
bravo» (Lo vedi in definitiva com'è il popolo? Quando si abitua a dire che sei
bravo, anche quando non fai niente, sei sempre bravo).
Antonello Biancalana
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