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  Editoriale Numero 102, Dicembre 2011   
I Fattori Che Fanno il VinoI Fattori Che Fanno il Vino  Sommario 
Numero 101, Novembre 2011 Segui DiWineTaste su Segui DiWineTaste su TwitterNumero 103, Gennaio 2012

I Fattori Che Fanno il Vino


 Il terroir è importante. Le uve sono importanti. Quello che si fa in vigna è importante. L'enologo è importante. Quello che si fa in cantina è importante. Ed è importante anche il nome che si mette nell'etichetta della bottiglia, da quello del produttore a quello della zona di produzione. Inutile negarlo: un nome affermato e celebrato aiuta. E due aiutano ancor meglio: il mercato ha le sue regole e un nome fa la sua differenza. Con buona pace di William Shakespeare che fece dire a Giulietta che un nome non ha molta importanza e che una rosa ha sempre il suo profumo anche se la chiamassimo con un altro nome. Giulietta aveva certamente ragione, ma le regole del mercato e della notorietà seguono una filosofia del tutto diversa. Nel vino, per quanto importante può essere, il nome non è comunque il fattore che realmente fa il vino. Aiuta a venderlo e su questo non c'è dubbio. Ben lo sanno i produttori che si trovano nelle aree meno conosciute - e che comunque hanno prodotti eccellenti - quanto un nome potrebbe aiutare il loro successo commerciale.


 

 Sono molti i fattori che consentono la creazione di un buon vino ed è difficile stabilire quale sia il più importante, poiché ognuno di questi ha la possibilità di esprimersi grazie all'esistenza degli altri. Tutti sono d'accordo nell'affermare che la qualità dell'uva è essenziale per ottenere un grande vino: l'impiego di materia prima di bassa qualità non può che portare alla produzione di un vino di altrettanta bassa qualità. La disponibilità di uva di qualità non garantisce comunque la produzione di un vino di qualità se in cantina si adottano procedure o metodi tali da deteriorare questo patrimonio. Da uve di qualità di può ottenere un vino di qualità così come un vino di pessima qualità. Da uve di pessima qualità si ottiene un vino di pessima qualità, oppure un vino decente se l'enologo è sufficientemente bravo nel fare qualche “magia”. Per fare un buon vino serve certamente una buona tecnica, ma anche una buona dose di arte e talento, e sono soprattutto questi due ultimi fattori a determinare la creazione di un vino emozionante che spicca di personalità e pregio.

 Per questo motivo, l'enologo è importante. Ed è importante la sua conoscenza, la sua preparazione tecnica, la sua personale filosofia di interpretare un territorio e le sue uve, la moralità con la quale produce un vino genuino e salutare. Non si tratta dell'impiego della chimica in vigna e in cantina - in ogni caso, sarà sempre presente seppure in forme e modi diversi - ma al modo con il quale il produttore lavora le sue uve e i suoi vini, gesti che anticipano il rispetto che questo ha per i propri clienti e per il vino. Come già detto, il produttore e l'enologo non hanno grandi possibilità di fare un grande vino qualora la materia prima - l'uva - non fosse di alta qualità. La qualità dell'uva è determinata da molti fattori, non solo dal suolo e dal territorio, così come dal terroir, ma anche da fattori puramente colturali, strettamente legati a fattori agronomici. Se l'enologo è l'interprete dell'uva, una volta che questa raggiunge la cantina, l'agronomo è certamente l'interprete del territorio e del rispetto della vigna. In altre parole, è la figura tecnica che assicura la qualità delle uve e del loro potenziale espressivo.

 In vigna, così come in cantina, ognuno poi segue la propria filosofia produttiva, spesso alla stregua di correnti di pensiero, spesso così estreme da essere quasi equiparate a ortodossi movimenti religiosi. Non mi permetto di criticare i metodi vitivinicolturali adottati dai vari produttori, ma è anche vero che alcuni di questi - soprattutto quelli più fervidi e convinti - spesso sostengono le loro idee in modo così acceso fino a dare vita a scontri ideologici, ognuno arroccato sulle proprie convinzioni e posizioni. Vini da agricoltura biologica, vini biodinamici, vini convenzionali, vini naturali - solo per citare le correnti di pensiero più ricorrenti - sono metodi viticolturali ed enologici sostenuti con orgoglio dai produttori che li adottano per i loro vini. Se si ascoltano i singoli produttori, tutti sono pronti a sostenere che il metodo produttivo da loro adottato è il migliore, citando innumerevoli tesi a supporto del loro pensiero. E questo, tutto sommato, è normale: qualora il produttore non credesse a quello che fa e a come lo fa, anche il suo vino ne risentirebbe enormemente.

 Non metto certamente in discussione la buona fede di chi sostiene uno specifico metodo viticolturale ed enologico, ma a volte è difficile comprendere il sottile confine fra sincerità, passione, speculazione, orgoglio e arroganza. Certo, il vino nel calice, passato al naso e al giudizio dei sensi, fa capire molto di chi lo produce e come lo produce. Una buona dose di precauzione è comunque e sempre opportuna. La mente torna ai tempi nei quali cominciavano a fare il loro ingresso nel mercato i cosiddetti vini biologici. Non sempre erano di qualità impeccabile, spesso con difetti imbarazzanti, ma avevano l'altissimo pregio - a detta dei loro produttori - che fossero vini “biologici”, cioè quanto di più genuino si potesse avere in un calice. I tempi sono cambiati e finalmente quelli che usavano un metodo viticolturale ed enologico come unico fattore di mercato, hanno capito - grazie anche alle esigenze dei consumatori, sempre più attenti - che oltre alle buone intenzioni e alla genuinità, serve anche la qualità espressa con i fatti.

 E poi c'è il territorio e, in particolare, il terroir, termine sul quale si sta speculando molto e che sta diventando l'ennesima “moda del vino”, una delle tante che periodicamente diventano argomento di tendenza. Parliamoci chiaro: il terroir è importante e svolge un ruolo essenziale, fondamentale e irrinunciabile per la personalità e la qualità di un vino. I francesi hanno fatto del terroir il loro cavallo di battaglia da sempre, sottolineandone l'importanza, non solo a parole, ma anche con i fatti. Tanti i fattori che fanno un vino, comprese le parole, filosofie produttive, appartenenza a una corrente di pensiero o un preciso atteggiamento elitario: qualcosa che vale sia per i produttori sia per i consumatori. A volte, fra i fattori che fanno il vino troviamo anche le mode del momento e i nomi di vini e produttori che diventano celebri per meriti enologici non sempre ben comprensibili. Perché, come diceva il Nerone del grandissimo Ettore Petrolini dopo avere arringato la folla di Roma infuriata per il celebre incendio: «Lo vedi all'urtimo com'è er popolo? Quando s'abbitua a ddi' che sei bravo, pure che non fai gnente, sei sempre bravo» (Lo vedi in definitiva com'è il popolo? Quando si abitua a dire che sei bravo, anche quando non fai niente, sei sempre bravo).

Antonello Biancalana






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