Torno a parlare del magnifico rapporto che lega il vino al tempo. Per meglio
dire, quello che il tempo riesce a fare a quei vini pensati proprio per
migliorare ed evolversi nel corso degli anni. Una qualità, quella di viaggiare
con il tempo, che non è concessa a tutti i vini poiché si realizza solo con
l'obiettivo di creare un vino capace di reggere il tempo. Serve, prima di
tutto, la rigorosa qualità sia in vigna sia in cantina - a volte anche qualche
magia enologica - oltre alla lungimirante capacità di vedere
l'evoluzione del vino e delle uve che lo compongono. Non lo nascondo, ho una
passione particolare per i vini che riescono a beneficiare della carezza del
tempo, una magia che, quando riesce, è capace di regalare emozioni
straordinarie e irripetibili. Dalle bollicine ai vini liquorosi, non c'è stile
di vino che non preferisco con qualche anno sulle spalle - quelli che se lo
possono permettere, ovviamente - poiché capaci di regalarmi anche uno
straordinario esercizio di studio sensoriale.
L'occasione per riparlare del legame che unisce il vino al tempo è anche
offerta da una piacevole conferma che ho avuto di recente stappando due
bottiglie di oltre dieci anni. In realtà, è stata un'occasione speciale che è
andata ben oltre il semplice gesto di stappare quelle due bottiglie. Ho avuto
infatti il piacere - e aggiungerei, l'onore - di condividere queste due
bottiglie con il padre di questi due bellissimi vini. Non solo: è stato
anche l'avverarsi di un desiderio che attendeva solo il tempo - quello del
vino, quello di creare l'occasione - per divenire realtà. I due vini sono il
Bianca di Valguarnera 2005 e il Duca Enrico 2003, entrambi prodotti da Duca di
Salaparuta; il padre, un enologo di competenza e prestigio straordinario: Carlo
Casavecchia. Saranno in molti, infatti, a ricordare la lunga collaborazione di
Carlo Casavecchia con questa celebre cantina siciliana - e con Florio - in
particolare, per il fondamentale contributo che il grande enologo albese ha
dato per la rivalutazione e il prestigio del Marsala.
Non mi dilungo sulle competenze e l'enorme talento di Carlo Casavecchia: la sua
brillante carriera, i tanti vini che portano la sua firma e il suo curriculum
testimoniano, inequivocabilmente, il suo prestigio. Diplomato nel 1982 con il
massimo dei voti in enologia, Carlo Casavecchia vanta, inoltre, una lunga
collaborazione con il grandissimo Giacomo Tachis e con lui ha vissuto in
prima persona la rinascita del vino italiano di qualità. Carlo Casavecchia ha
una competenza e una versatilità enologica che definirei, oltre che
enciclopedica, di straordinaria competenza, capace di dare vita a magnifici
capolavori enoici, dalle grandi bollicine a perfetti vini liquorosi, Marsala su
tutti. L'occasione di stappare delle bottiglie con Carlo Casavecchia è nata -
o meglio maturata - con il tempo e, forse, con il caso. Tutto inizia alcuni
anni fa quando acquistai una bottiglia di Bianca di Valguarnera 2005 e una di
Duca Enrico 2003. Quelle due bottiglie sono rimaste a lungo nella mia cantina,
promettendomi continuamente che, prima o poi, le avrei stappate.
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| Carlo Casavecchia con i suoi Duca
Enrico 2003 e Bianca di Valguarnera 2005 |
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Qualche anno fa, mentre cercavo un'altra bottiglia da stappare per l'occasione
di quella sera, me le sono ritrovate davanti e il pensiero è stato pressoché
immediato. Quelle bottiglie, era giusto fosse così, andavano degustate e
condivise con il loro creatore, l'enologo che - anni prima - gli aveva dato
vita. Non solo il piacere di condividere delle bottiglie con un caro amico, ma
anche la curiosità di conoscere il suo parere e le sue impressioni
relativamente a quei due figlioli prodighi. Le ho lasciate li, con
l'idea che, prima o poi, avrei chiamato Carlo Casavecchia e cercato di
organizzare le cose. Occasione che si è presentata all'inizio di ottobre e che
si è unita alla possibilità di fare un bellissimo giro nelle Langhe -
l'ennesimo, ma sempre emozionante e nuovo - avendo come illustre cicerone una
guida autorevole e competente come Carlo Casavecchia. Un bel percorso che ha
toccato i celebri comuni del Barolo, con tanto di Lectio Magistralis sui
cloni di Nebbiolo, tipi di suoli e rispettive caratteristiche dei vini che
producono.
Poi arriva il momento di aprire quelle due bottiglie alle quali il buon Carlo
decide di affiancare due Barolo Piantà, prodotti dalla cantina di famiglia,
delle annate 2003 e 1998. Il primo vino a essere versato nei calici è stato il
Bianca di Valguarnera 2005, prodotto con Inzolia in purezza ed elevato in
barrique. Undici anni per un bianco di straordinaria eleganza e finezza, una
freschezza che avrebbe fatto pensare a un vino decisamente più giovane. Naso
potente e ricchissimo, ancora intatto nei riconoscimenti tipici dell'Inzolia ai
quali si erano uniti i profumi regalati dal tempo e dall'evoluzione delle
caratteristiche terziarie. Sontuoso ed elegantissimo, sembrava di avere nel
calice un Corton-Charlemagne, regalando sensazioni di burro, miele e
vaniglia unite a frutta tostata e secca. Non è un caso, infatti, che anche il
celebre vino bianco della Borgogna dia il meglio di sé dopo circa dieci anni.
Si lascia il Bianca di Valguarnera nel calice - così che possa ulteriormente
beneficiare dell'opera dell'ossigeno - e si passa al Duca Enrico 2003.
Anche qui non manca lo stupore. Nero d'Avola in purezza, il Duca Enrico è stato
uno dei primi vini prodotti con quest'uva a portare in alto l'enologia della
Sicilia. Una degustazione esclusiva resa ancor più speciale dal racconto di
Carlo Casavecchia, con commenti interessanti circa le uve e le annate in
Sicilia, ovviamente anche con aneddoti sulla produzione di quei due vini. Il
Duca Enrico 2003, proprio come il Bianca di Valguarnera 2005, non mostrava
affatto i suoi tredici anni, tuttavia ricco di una complessità straordinaria,
sia al naso sia in bocca. Vette di liquirizia, cuoio, catrame e frutti neri -
mora su tutti - ancora freschi seppure evoluti. Magnifica interpretazione di
Nero d'Avola. Il tempo, con i vini e gli interpreti giusti, è capace di magie
straordinarie. Vi chiederete, a questo punto, e i Barolo Piantà 2003 e 1998?
Fantastici e meravigliosi: 2003 in grandissima forma e superbo, 1998 elegante e
ricco, sebbene avesse bisogno di più tempo per esprimersi. Due perfetti
compagni per i due vini siciliani che avevo portato, stupende interpretazioni
del cru Piantà firmati dalla cantina Casavecchia di Diano d'Alba,
opulenti e robusti proprio come la terra di Castiglione Falletto sa regalare. E
bravo Carlo!
Antonello Biancalana
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