Qual è il segreto della degustazione sensoriale? Come si diventa degustatore di
vini? Come si fa a riconoscere i profumi del vino e a descriverli? Queste sono
solamente alcune delle domande che mi rivolgono le persone che incontro nelle
varie occasioni dedicate al vino che organizzo o alle quali partecipo. Queste
domande mi rimandano sempre ai tempi quando iniziavo ad avvicinarmi al vino in
modo analitico e alla difficoltà di riconoscere i profumi, insomma, di
riuscire a riconoscere qualcosa di familiare dentro al calice. Non è facile:
all'inizio è veramente deprimente sforzarsi nell'intento di interpretare le
qualità sensoriali di un vino, spesso ci si scoraggia e si crede che quelli che
ci riescono sono degli impostori o bravi oratori. Poi, con il tempo, che
significa - nello specifico - tanta pratica, tanto allenamento, tante bottiglie
stappate e calici colmati quindi svuotati, si inizia a comprendere qualcosa,
sicuramente molto più di qualcosa.
Più volte ho detto che la degustazione sensoriale è un'arte proprio perché
coinvolge totalmente - come qualunque espressione artistica - tutti i nostri
sensi e, non meno importante, la nostra sfera emozionale e intellettiva. Una
questione di cultura, non da meno, che consente di comprendere l'espressione di
certi vini, un po' meno quella di altri, esattamente come accade per un quadro
o una composizione musicale. La natura e l'uomo diventano parimenti artisti: i
loro vini rappresentano le loro opere. Con il vino, in effetti, accade quello
che a volte si verifica nell'osservare un dipinto o una scultura oppure quando
si ascolta una composizione musicale. Può infatti accadere che la prima volta
non si comprende il significato - anche a causa di pregiudizi, della
predisposizione umorale e la condizione emotiva del momento - e si ha bisogno
di più tentativi per comprenderlo.
Forse, il primo segreto della degustazione sensoriale è quello di essere scevri
da pregiudizi. Questo significa, inoltre, non commettere l'errore di valutare
un vino esclusivamente secondo il proprio gusto personale. Ognuno possiede,
innegabilmente, delle preferenze e il proprio gusto indirizza le nostre scelte
e i nostri giudizi. Questo atteggiamento, per quanto lecito e comprensibile,
non può tuttavia influire in modo decisivo nella degustazione sensoriale e
critica svolta a livello professionale. Dipende, evidentemente, da cosa si
desidera ottenere dall'esercizio della degustazione sensoriale, ricordando che
anche la semplice dichiarazione di mi piace, non mi piace è di per sé
un'espressione critica rispettabile. In questo caso, l'opinione è puramente
soggettiva, sicuramente indicativa per i soggetti o le circostanze nelle quali
è espressa. Cosa ben diversa, quando questa soggettiva opinione la si esterna
con l'arrogante pretesa che debba essere considerata come oggettiva e
attendibile.
E poi c'è l'allenamento, la pratica, il confronto pressoché quotidiano con il
calice - sempre con rispetto - e la rinnovata curiosità di imparare qualcosa di
nuovo. In tutto questo è anche compreso il piacere di incontrare nuovamente
emozioni e sfumature già conosciute in passato che - benché possano sembrare
familiari - in verità sono sempre nuove. A questo proposito, un ruolo
importante è svolto dalla memoria, non solo quella di tipo evocativo, piuttosto
quella sensoriale, cioè la capacità di collegare uno stimolo con una
caratteristica conosciuta e consolidata. La memoria, evidentemente, si forma e
si costruisce solo con la pratica della degustazione analitica, un esercizio
che chiede concentrazione e attenzione. Questo è un aspetto molto importante
poiché consente di incrementare la propria esperienza, una qualità che sarà
sempre una fedele alleata durante la degustazione e alla quale affidarsi.
Nemmeno a dirlo, l'esperienza e la memoria si sviluppano solo attraverso il
continuo allenamento.
La curiosità è l'atteggiamento che consente di accrescere il proprio bagaglio
di nozioni sensoriali, soprattutto i profumi. Spesso mi chiedono come si fa a
riconoscere uno specifico profumo nel variegato bouquet del vino che emerge dal
calice. La risposta, in questo caso, è molto semplice. Si riconosce un profumo
- e qualsiasi altro stimolo sensoriale - solo se lo si è già provato. Fin
troppo evidente comprendere che è impossibile riconoscere il profumo del kiwi -
o di qualunque altra cosa - qualora non lo si abbia già incontrato, annusato e
memorizzato. Del resto, si riconosce solo quello che si conosce. Ecco
perché la curiosità diviene fondamentale per la costituzione del proprio
patrimonio di profumi, o meglio, della propria memoria olfattiva. Un esercizio
che si può compiere continuamente e tutto il giorno semplicemente soffermandosi
- con attenzione e consapevolezza - ad annusare qualunque cosa, anche le cose
che, apparentemente, non hanno nessun legame con il vino.
Poi, da non sottovalutare, la conoscenza delle tecniche di degustazione e del
loro uso. L'analisi sensoriale non è, infatti, l'esercizio di annusare il
contenuto di un calice, di guardarlo con attenzione o di sorseggiarlo,
piuttosto è l'esecuzione di queste operazioni usando specifiche tecniche.
Queste tecniche, quando applicate correttamente, facilitano e favoriscono la
comprensione delle singole fasi della degustazione sensoriale. In altre parole,
l'applicazione di un metodo è, per così dire, uno dei tanti segreti. In
definitiva, il segreto della degustazione sensoriale non è altro che la somma
di tanti piccoli e grandi segreti che poi segreti non sono. Pratica e
allenamento sono le condizioni principali che consentono di diventare bravi
degustatori. Questo non significa assaggiare unicamente vini buoni ed
eccellenti poiché sono parimenti importanti anche i vini di bassa qualità e con
molti difetti. I vini difettosi offrono infatti un'importante opportunità di
studio che non va mai sottovalutata. Degustare e degustare ancora, con
attenzione, dedizione e consapevolezza: ecco il segreto.
Antonello Biancalana
|