«Grazie alla tenacia e al coraggio dei nostri imprenditori chiudiamo il primo
trimeste 2018 con un valore dell'export che segna ancora un rialzo del +4,5%.
Una crescita, però, in calo sul 2017 perchè frenata dai forti rialzi dei prezzi
legati alla scarsa vendemmia e dal ritardo accumulato dal Ministero
nell'erogazione dei fondi OCM promozione. Registriamo, infatti, un crollo nei
volumi che indebolisce in maniera preoccupante il nostro posizionamento sui
mercati internazionali, rallentando anche il traino delle bollicine che segnano
una crescita modesta rispetto alle performance degli anni scorsi e non riescono
più a sostenere la prolungata stasi dei vini fermi. Un quadro complessivo molto
difficile che si trova a dover affrontare una instabilità costante legata ai
riflessi di dinamiche geopolitiche, che non aiutano la crescita del commercio.
È urgente che il neoministro Centinaio acceleri sul bando Ocm per sbloccare
quei fondi, indispensabili per supportare i finanziamenti degli imprenditori
italiani sul mercato internazionale e faccia pressione su Bruxelles per
imprimere nuovo sprint ai negoziati di libero scambio non ancora conclusi».
Ernesto Abbona, Presidente di Unione Italiana Vini, commenta così i dati Istat
elaborati da Ismea, partner dell'Osservatorio, relativamente all'export del
vino italiano nel periodo gennaio-marzo 2018 che riporta una crescita del +4,5%
in valore (superando gli 1,38 miliardi di euro) e una flessione pari al -9% in
volume, passando dai circa 4,9 milioni di ettolitri di vini e mosti esportati
nel primo trimestre del 2017 ai 4,5 circa milioni di ettolitri nello stesso
intervallo di tempo di quest'anno. In particolare, a soffrire e a causare il
crollo dei volumi esportati è quel -32,6% evidenziato nelle vendite dei vini
comuni, i quali nel corso del 2017 sono stati soggetti ad un calo della
produzione e a un conseguente aumento dei prezzi. Risultati preoccupanti,
moderati però dai numeri degli spumanti, vero traino del settore, che nel
complesso salgono del +2,8% a volume e del +14,6% in valore. In particolare,
questo segmento si conferma particolarmente apprezzato negli Stati Uniti
(+14,3% e +18,6%) e registra un netto aumento tanto in Belgio (64,4% e
69,9%) quanto in Germania (+34,3% e +10,8%). Si fa sentire invece l'effetto
Brexit, con una diminuzione del -6,1% in volume e un +2% in valore nel Regno
Unito.
«L'impennata dei prezzi, legata alle dinamiche dell'ultima vendemmia, ha reso
più fragile la capacità del nostro sistema produttivo di gestire le incertezze
dovute alla situazione geopolitica pesantemente influenzata dalla Brexit e dal
rischio di escalation protezionistica da parte degli Stati Uniti, rendendo
ancor più preoccupanti gli effetti della disastrosa gestione dei fondi OCM
promozione da parte del Ministero. Una situazione congiunturale – continua
Ernesto Abbona – che pone, però, anche la necessità di una riflessione seria
all'interno della filiera sulla gestione dei prezzi e del valore. I nostri
imprenditori continuano a fare miracoli riuscendo a macinare nuovi record
commerciali, costretti a gestire rialzi di prezzi all'origine che stanno
mettendo in difficoltà il vino italiano, perché erodono le marginalità delle
imprese che sono sul mercato e costringono ad aumenti dei listini che rischiano
di comprometterne le posizioni conquistate. Dobbiamo lavorare a un diverso
e più moderno spirito di filiera: la catena del valore va redistribuita
equamente tra i diversi anelli produttivi. Ma deve essere altrettanto chiaro
che chi va sul mercato si carica dell'onere di remunerare l'intera filiera e
in questo sforzo non va lasciato da solo».
Sul tema della instabilità internazionale, conclude il presidente di Unione
Italiana Vini «diventa ancora più urgente procedere con gli accordi di libero
scambio, che puntino all'abbattimento dei dazi, all'eliminazione delle barriere
non tariffarie e al riconoscimento delle indicazioni geografiche. Non solo
l'Italia ha patito gli effetti negativi di questo quadro, ma se n'è accorta
anche una Francia che ha registrato un incremento del 3% in valore e nessuna
crescita in termini di volume. Preso atto di questi risultati poco
incoraggianti, dovremmo replicare quanto fatto con gli accordi Ue-Mercosur,
esempio virtuoso di ciò che i negoziati in materia di eliminazione di dazi e
protezione delle indicazioni geografiche italiane possono fare per rilanciare
il settore».
Inverse le dinamiche dei vini DOP e IGP: i primi segnano una crescita del
+12,2% in volume e del +10,4% in valore, mentre i secondi fanno registrare
un calo del -12,8% in volume e del -6,5% in valore.
Questo fenomeno è frutto di due dinamiche congiunturali che si sono andate a
sovrapporre: da una parte il passaggio del Pinot Grigio delle Venezie da IGP a
DOP, dall'altra le scelte vendemmiali degli operatori che, causa scarsità di
prodotto, hanno sfruttato al massimo il potenziale dei vigneti consentito dai
disciplinari per ottenere vini DOP, rinunciando in molti casi alle IGP di
ricaduta.
I vini sfusi, infine, hanno subito un crollo del -30,6% in volume e un lieve
aumento del 1,4% in valore, dovuto proprio a quell'aumento dei prezzi che sta
caratterizzando l'annata 2017/2018: in media stiamo parlando del +47%, con
punte del 70% per i vini comuni rossi, balzati sopra quota 80 centesimi al
litro.
Guardando ai singoli paesi d'esportazione, i volumi venduti negli Stati Uniti
sono in crescita del 5,9% e del 4,1% in valore, mentre in Germania e in
Inghilterra i mercati perdono rispettivamente -15,3% e -11,7% in volume. Più
moderato il calo in Canada, con una decrescita del -4,2% in volume e un
trascurabile aumento in valore dello 0,4%. In Francia, invece, pur con un calo
di volume pari al -28,9%, cresce del 19,1% il valore dell'export.
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