La pandemia di Covid-19 – la malattia respiratoria acuta causata dall'oramai
tristemente noto coronavirus SARS-CoV-2 – sta provocando degli effetti
profondissimi e gravi sia in ambito sociale sia a livello economico e
produttivo. È noto, infatti, e mi riferisco, nello specifico, a quanto sta
accadendo in Italia, che gran parte delle attività produttive sono state
bloccate da oramai due mesi, con conseguenze che – purtroppo – sono tangibili
e devastanti. Questa decisione, chiaramente imposta dalle condizioni socio
sanitarie di questi tempi, ha avuto un impatto enorme nella quasi totalità dei
settori produttivi ed economici del paese, non risparmiando, ovviamente,
nemmeno i comparti agro-alimentare, vitivinicolo ed enologico. Anche il vino,
pertanto, ha subito un arretramento sostanziale e decisamente preoccupante, sul
quale futuro non è possibile – in questo momento – fare qualunque stima o
previsione. Tutti sono comunque concordi nel che l'impatto provocato da questa
pandemia è spaventosamente ingente con notevoli danni economici e
imprenditoriali.
La situazione attuale, per quanto riguarda i settori viticolturale ed
enologico, è estremamente critica, tanto da prevedere che molte cantine
italiane saranno costrette a chiudere, entro il 2020, a causa di difficoltà
economiche. Questo è prevalentemente dovuto ai mancati profitti di questi mesi
e, conseguentemente, alla mancanza di liquidità tale da garantire il
proseguimento dell'attività. A questo, non da meno, si deve aggiungere l'alta
quantità di bottiglie invendute e che, purtroppo, sono ferme all'interno
delle cantine, contribuendo quindi ad aumentare la passività. Allo stato
attuale – ammesso non sia ulteriormente compromesso – si prevede che una
cantina su quattro non sarà nella condizione di riprendere l'attività proprio a
causa della mancanza di liquidità. Una previsione decisamente devastante e che
vedrebbe – letteralmente – la decimazione del panorama enologico italiano con
conseguenze pesantissime per l'economia dell'intero settore.
Non è difficile prevedere, infatti, qualora questo sciagurato scenario dovesse
verificarsi, che le cantine costrette a chiudere la propria attività si
troverebbero in una condizione economica estremamente sfavorevole. In primo
luogo, il problema delle bottiglie non vendute e che difficilmente si riuscirà
a vendere in futuro, soprattutto i vini che si considerano di pronto
consumo. Troppo facile prevedere, per esempio, che i vini destinati al consumo
immediato saranno semplicemente rifiutati dal mercato in favore di
quelli della nuova annata. Questi vini resteranno semplicemente invenduti
e, probabilmente, con un unico destino possibile capace di garantire un
piccolissimo profitto: la distillazione, pratica che comunque è regolata da
specifiche leggi e con limiti sulle quantità massime destinate a questo scopo.
Le cantine che decideranno di non riprendere l'attività, si troveranno inoltre
nella condizione di recuperare il mancato profitto – non da meno, per coprire
gli eventuali debiti di gestione – e, sicuramente, lo faranno con la vendita
delle strutture e attrezzature, vigneti compresi.
Troppo facile pensare che non si tratterà di una vendita vantaggiosa o
profittevole, piuttosto una svendita tesa a realizzare un profitto nel
breve termine. La situazione per le cantine è obiettivamente molto difficile e
complessa. Con la chiusura delle attività di ristorazione e somministrazione
delle bevande, oltre al conseguente blocco delle esportazioni, le vendite di
vino sono state praticamente annullate da più di due mesi. Questa condizione
costituisce per qualunque attività commerciale una difficoltà enorme,
soprattutto per il fatto che i costi, seppure ridotti al minimo indispensabile,
gravano comunque sul bilancio aziendale. Nella medesima condizione, ovviamente,
si trovano la gran parte delle attività produttive del Paese, comprese quelle
che costituiscono il mercato principale delle cantine: i ristoranti. Si
prevede, infatti, che anche in questo settore si registreranno chiusure di
attività proprio per mancanza di liquidità e per mancati profitti.
La ripresa dell'economia del vino non sembra comunque facile poiché – fin
troppo evidente – la condizione non sarà magicamente ripristinata, come se
nulla sia mai accaduto, quando il settore della ristorazione potrà finalmente
riaprire. Sembra infatti improbabile che la ripresa delle attività produttive e
sociali possano tornare immediatamente alla normalità di qualche mese fa
poiché – fin troppo prevedibile – saranno attuate misure preventive e con
forti limitazioni. A quanto pare, si adotteranno misure tali da assicurare le
nuove condizioni di sicurezza sanitaria – con distanziamento dei tavoli e
dispositivi di prevenzione – con conseguente riduzione della clientela
rispetto al periodo precedente la pandemia. Certo, sempre meglio di niente e in
qualche modo si deve pure ripartire, ovviamente con cautela, anche se sarà
necessario molto tempo prima di recuperare le perdite. Con molta probabilità
non sarà sufficiente a garantire una ripresa effettiva per le cantine che, non
da ultimo, fra qualche mese saranno impegnate con la vendemmia 2020.
Già, la vendemmia. Vale a dire iniziare a produrre il nuovo vino, sostenendo
quindi dei costi, con i magazzini probabilmente pieni di bottiglie non vendute.
Si sono fatte molte ipotesi sull'utilizzo del vino invenduto e, la più
ricorrente – e forse anche la più scontata – è quello della distillazione e
che prevede in ogni caso autorizzazioni legislative specifiche. Molti, inoltre,
ipotizzano il cambiamento radicale del commercio del vino e sono pronti a
scommettere che la salvezza sia rappresentata dalla vendita on-line,
cioè mediante siti di commercio elettronico. Questa soluzione, in verità, è già
adottata da molte cantine e che, proprio in questo periodo, è utilizzata
– direttamente o indirettamente – per procurare un minimo di profitto. Le
stime di settore indicano, infatti, aumenti importanti nelle vendite di vino
on-line, segno anche che gli italiani, a dispetto dell'isolamento imposto, per
fortuna non rinunciano a un buon calice di vino. Difficile, in ogni caso, fare
previsioni sia sull'immediato sia sul futuro, anche quello prossimo, poiché la
situazione imposta da questa pandemia consente solamente, per così dire, di
navigare a vista. Quello che invece è molto chiaro è che ha prodotto
danni ingenti sia a livello sociale sia a livello economico. Sarà necessaria
tanta determinazione per uscirne, con la forza di recuperare il danno e
continuare ad andare avanti. Sarà inoltre necessaria la disponibilità di
liquidità per sostenere la ripartenza, sicuramente adottando nuovi mezzi e
strategie imprenditoriali e di mercato: non sarà affatto semplice. Sempre
ammesso si disponga, in qualche modo, di liquidità. Anche questo non sarà
per niente semplice.
Antonello Biancalana
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