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  Editoriale Numero 194, Aprile 2020   
L'Economia del Vino ai Tempi del CoronavirusL'Economia del Vino ai Tempi del Coronavirus  Sommario 
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L'Economia del Vino ai Tempi del Coronavirus


 Da settimane non si parla d'altro e l'argomento coronavirus ha praticamente colonizzato la totalità del mondo dell'informazione, oltre la vita delle persone in modi ed esiti diversi. L'enorme diffusione di questo virus ha inoltre determinato la dichiarazione di stato di pandemia da parte dell'Organizzazione Mondiale della Sanità. Le conseguenze derivate dalla diffusione di questo virus hanno imposto cambiamenti radicali nei comportamenti delle persone con un notevole impatto nell'economia di tutti i paesi. Si tratta di misure preventive – pertanto auspicabili e comprensibili nell'interesse di tutti, nessuno escluso – con lo scopo di limitare la diffusione di questo virus, confidando possa essere sconfitto presto. Le misure di contenimento non sono state semplici – come del resto, non è semplice la situazione attuale – chiedendo a tutti, per così dire, sacrifici che hanno cambiato totalmente i nostri stili di vita, sebbene in modo temporaneo.


 

 A sostenere l'immane peso di questa condizione, innegabilmente, è il sistema sanitario di tutti i paesi e che costringe il personale coinvolto – medici, infermieri e figure di supporto ospedaliero – a turni estenuanti e orrendamente faticosi, in una terrificante sfida con lo scopo di salvare vite umane. In Italia – sebbene la misura sia stata inizialmente irrisa da altri paesi – si è addirittura giunti alla decisione di “bloccare l'intero Paese”, imponendo alla popolazione misure preventive ingenti, tuttavia semplici, come quello di restare a casa con lo scopo limitare il contagio. Questa misura, certamente drastica, unitamente a provvedimenti sanitari e preventivi adottati in Italia, sono adesso seguiti anche da altri paesi e riferiti come “modello italiano”. La decisione di imporre alle persone di restare a casa e di non uscire, se non per provate necessità, comporta inevitabilmente uno stravolgimento sociale ed economico. Insomma, un pesantissimo danno per l'intero Paese in ogni ambito della vita sociale, produttiva ed economica.

 Il divieto di uscire di casa e, non da meno, evitare assembramenti e riunioni di persone, porta inevitabilmente alla chiusura di quelle attività commerciali e produttive che si basano, appunto, sui comportamenti sociali e ricreativi delle persone. Questi provvedimenti hanno infatti imposto la chiusura di cinema, teatri, ristoranti, enoteche, bar e gran parte delle attività commerciali ritenute “non essenziali”. Le conseguenze economiche sono spaventosamente ingenti e, certamente, gli effetti provocati da questi provvedimenti continueranno anche quando questa emergenza sarà finita. La chiusura di una determinata attività commerciale o produttiva, si riflette, infatti, direttamente su tutte le altre che da questa dipendono: una catena praticamente infinita che coinvolge tutti. Le conseguenze in ambito economico sono – e saranno – enormi, qualcosa che riguarda tutti, nessuno escluso, compresi quelli (e forse, soprattutto) che considerano l'economia come un l'espressione negativa, ancor peggio, deleteria, della società.

 La salute delle persone viene innegabilmente prima di tutto ed è un bene collettivo a vantaggio di tutti. La mancanza del buono stato di salute di una società, non consente evidentemente né lo sviluppo né il benessere, di ogni tipo, economico compreso, dell'intero Paese. A questo proposito, da italiano, sono certamente orgoglioso del sistema sanitario del nostro Paese, capace di assicurare e garantire a chiunque la possibilità di essere curato e assistito, indipendentemente dalla sua condizione sociale o economica. È, senza ombra di dubbio, un magnifico, grandioso e innegabile segno di civiltà. Tutto questo, ovviamente, ha un costo e la sua sostenibilità dipende anche dalla salute economica del Paese. Imporre alla popolazione di restare a casa, significa limitare sia la produttività sia i consumi, conseguenze che influiscono su tutti i comparti produttivi ed economici del Paese, vino compreso. Un ristorante chiuso, per esempio, non vende vino e pertanto non lo vende nemmeno chi lo produce, cioè le cantine.

 Il mondo del vino, comunque, non è solamente quello della vendita, sebbene sia – evidentemente – il fine di ogni produttore. Ci sono infatti anche le manifestazioni, le fiere, il turismo e, certo, i clienti che acquistano il vino, come ristoranti ed enoteche. La condizione attuale ha già imposto agli organizzatori di eventi e fiere dedicate al vino di annullare o posticipare la manifestazione. Il turismo, non solo quello enogastronimico, è, in questo periodo, praticamente inesistente, le cantine hanno visto diminuire drasticamente gli ordini, le vendite sono crollate. Tutto questo introduce delle criticità economiche rilevanti e ingenti, certamente non banali, i cui esiti, probabilmente, si protrarranno anche dopo il 2020. Tutte le attività produttive, comprensibilmente, stanno cercando di adottare misure tali da limitare – per quanto possibile – i danni provocati dalla perdita economica, quindi dal minore profitto e dall'inevitabile mantenimento dei costi.

  Molte cantine, a quanto pare, stanno cercando di limitare gli effetti del calo delle vendite di questo periodo proponendosi direttamente ai clienti privati, soprattutto mediante il commercio elettronico. In termini quantitativi e di volume, non è certamente come vendere a ristoranti ed enoteche, tuttavia – per così dire – è sempre meglio di niente. Come se non bastasse, le cantine devono inoltre affrontare un deciso e netto calo delle vendite nelle esportazioni, una quota spesso fondamentale nel bilancio di molti produttori italiani. Tempi decisamente difficili le quali conseguenze, fin troppo facile da prevedere, avranno un effetto sostanziale per un lungo periodo. Difficile, infatti, prevedere adesso la portata reale sia delle perdite sia della possibilità di recupero, considerando inoltre che la produzione e il commercio del vino rappresentano una quota importante dell'economia italiana.

 Perché se è vero che gli effetti di questa pandemia sono già tangibili e devastanti in questo momento, le conseguenze a livello sociale ed economico saranno determinabili solamente in un futuro ancora incerto, non solo per il mondo del vino. Qui in Italia continuiamo a ripeterci che “andrà tutto bene”. Anch'io credo andrà tutto bene, soprattutto per il fatto che deve e dovrà andare bene, nonostante sia anche convinto il prezzo da pagare – in termini umani, sanitari, sociali, economici e produttivi – sarà enorme. Alla fine, quando tutto sarà solamente un brutto ricordo – che non dobbiamo comunque dimenticare – ci rialzeremo in piedi e riprenderemo il nostro cammino guardando avanti. Lo dobbiamo a noi stessi e a chi si sta impegnando in prima persona facendo di tutto per superare questo periodo difficile – soprattutto negli ospedali – per il bene, la salute e l'interesse di tutti noi, nessuno escluso. Lo dobbiamo, in particolare, al nostro Paese, a tutti quelli che non saranno più con noi e che abbiamo perso a causa di questa pandemia. Quel giorno, il nostro brindisi, con il nostro vino e il calice in alto, sarà anche e soprattutto per loro.

Antonello Biancalana

 




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