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  Editoriale Numero 193, Marzo 2020   
La Sostenibilità del VinoLa Sostenibilità del Vino  Sommario 
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La Sostenibilità del Vino


 Il vino, da oltre quindici anni, si trova continuamente al centro dell'attenzione e delle mode, riuscendo apparentemente ad attraversare indenne le vicende nelle quali è coinvolto. Argomento che pare essere adatto alle discussioni di ogni tipo – non da meno, polemiche e dibattiti – chiunque si occupi di vino da qualche decennio è stato testimone dei tanti cambiamenti sociali, produttivi, culturali ed economici che hanno avuto come protagonista la bevanda di Bacco. Molte volte, sembra si debba chiedere e pretendere dal vino qualcosa che non lo riguarda e, suo malgrado, è costretto a subire solo per assecondare i capricci e le mode del momento. È vero: quando qualcosa raggiunge notorietà e diviene elemento dominante nella cultura e nei costumi delle persone, diventa inevitabilmente oggetto di lodi e critiche, non da meno, richieste e condanne, colpevole di chissà quale ignominiosa colpa. Succederebbe lo stesso – sicuramente – qualora il frumento ottenesse la stessa popolarità del vino. Tutti si accanirebbero nel dissertare le bellezze del grano duro e tenero, assisteremmo ad accesi dibattiti concentrati sui nobili Triticum Durum e Triticum Aestivum, per poi passare al Triticum Monococcum e Dicoccum perché oggi sono di moda.


 

 Negli ultimi tempi, inoltre, uno degli argomenti sui quali si dibatte sovente si concentra su due parole in particolare – sostenibilità e ambiente – e, ovviamente, il vino non è sottratto a questo genere di discussioni. Voglio essere chiaro prima di procedere oltre così da evitare inutili incomprensioni e malintesi. La sensibilità verso questi argomenti è chiaramente auspicabile e condivisibile, pertanto è fondamentale ci sia maggiore attenzione da parte di tutte le società – civili e politiche – di ogni paese del mondo. I cambiamenti ambientali che hanno riguardato il pianeta negli ultimi decenni ci avvertono, infatti, che è necessario prendere coscienza dell'operato dell'uomo, dei danni che ha prodotto e delle conseguenze, evidenziando comportamenti e speculazioni che necessitano chiaramente di essere cambiate. Questo è – banalmente – l'unico pianeta che, almeno per il momento, ci ospita e consente alle forme di vita, così come le conosciamo, di progredire ed evolvere. In questo caso specifico, non sembra avere senso l'antico adagio mors tua, vita mea, poiché la morte degli altri, nonostante possa essere lontana e distante, diventerà prima o poi e inevitabilmente anche la nostra.

 Quando si parla di ambiente, il collegamento alla sostenibilità diviene sempre e comunque implicito. In questo senso, si intende lo sviluppo sostenibile delle attività produttive – industriali e agricole – tali da renderle compatibili con la difesa e tutela dell'ambiente, favorendo inoltre la distribuzione equa delle ricchezze derivanti. La sostenibilità si pone anche l'ulteriore e nobile obiettivo di consentire il soddisfacimento dei bisogni attuali senza compromettere quelli delle generazioni future. L'attenzione che negli ultimi anni si pone a questi argomenti ha introdotto nuove forme di economia basate su principi sostenibili e rispettose dell'ambiente, generalmente definite come “verdi” o “green”, per dirla all'inglese. Il vino, e con questo la vite, hanno chiaramente subito gli effetti di queste “nuove tendenze” e le cantine, soprattutto negli ultimi anni, stanno cercando di adottare pratiche agronomiche, viticolturali ed enologiche più “sostenibili”. Quali siano, poi, queste pratiche non è esattamente e sempre chiaro e, a volte, in tutta franchezza, sembrano somigliare a operazioni promozionali con lo scopo di conservare o acquisire nuove possibilità di mercato.

 In questo senso, non ci sarebbe nulla di male: le cantine sono innegabilmente delle imprese e, come tali, hanno la necessità di conseguire un profitto economico dal loro lavoro e impegno, sia consolidando gli attuali risultati, sia cercando di ottenerne nuovi. Questo non significa, evidentemente, che il profitto sia l'unica ragione di qualunque impresa, ma certamente è un fattore fondamentale per mantenere un'azienda sana e in attività. Credo sia inoltre superfluo sottolineare che, in termini generali, le attività agricole dipendono direttamente dalle sorti dell'ambiente, in particolare quelle di piccole dimensioni, e sono chiaramente consapevoli che rappresenti per loro un patrimonio, certamente il più importante. Per questa ragione, qualunque impresa dedita all'agricoltura, e con un minimo di consapevolezza etica e morale, aggiungerei anche intelligenza, ha un forte interesse a mantenere sano e produttivo l'ambiente nel quale lavora. La perdita o il danneggiamento dell'ambiente, infatti, produce, nel medio e lungo periodo, un danno economico enorme a qualunque impresa agricola, comprese quelle vitivinicole.

  La sostenibilità legata al mondo del vino, in termini generali, non pare avere lo stesso impatto nell'ambiente che si registra invece in altre attività agricole dedite alla coltura intensiva e speculativa. Se consideriamo, infatti, la dimensione media delle cantine, queste risultano essere minuscole rispetto ad altre realtà agricole dedite ad altre colture e decisamente più produttive in termini quantitativi e con superfici di terreno ampiamente maggiori. Certo, tutto è importante per la causa comune della conservazione sostenibile dell'ambiente, cantine comprese, grandi o piccole che siano. Eppure, sembra l'attenzione sia sempre rivolta in modo particolare al vino, chiedendo continuamente di essere vestito secondo le “mode” del momento, in accordo agli argomenti di tendenza e che affollano le baruffe condotte a colpi di tastiera. Biologico, biodinamico, ancestrale, naturale, artigianale, giovane, autoctono, anarchico, carbonaro, tradizionale, tipico e adesso pure sostenibile e rispettoso dell'ambiente. In questo elenco – ne sono certo – ho sicuramente dimenticato qualche aggettivo che negli ultimi anni è stato associato al vino e alle tante verità enologiche assolute.

 La sostenibilità ambientale, evidentemente, è un argomento serio e importante, sia per una questione etica e morale, sia di interesse esistenziale, visto che “questo ambiente” è l'unico che abbiamo e nel quale tutti viviamo. Tutti noi siamo chiaramente coinvolti e tutti – nel limite delle proprie possibilità e responsabilità – sono chiamati a fare il proprio dovere. Anche il vino, ovviamente, e le figure che sono coinvolte nella sua espressione, dal produttore al consumatore. Cosa si debba poi fare per creare un vino “sostenibile”, non è comunque del tutto chiaro. Anche perché, così mi sembra, ognuno ritiene di sapere esattamente cosa sia un vino sostenibile, avversando tutti quelli che non si riconoscono nel medesimo principio. È già accaduto in passato – e continuerà ad accadere – che le “scuole di pensiero enologico” si affrontino a duello, combattendo strenuamente guerre che nessuno ha mai vinto, creando solamente fazioni opposte di religiosi dogmi, evidentemente sacri e indiscutibili. Certo, lo sviluppo sostenibile rispettoso dell'ambiente è un argomento che dovrebbe riguardare tutti, soprattutto un dovere verso le generazioni future. Sperando – come sovente accade – non si trasformi in una guerra ideologica e nella quale gli unici a subire le conseguenze peggiori siano proprio l'ambiente e il vino.

Antonello Biancalana

 




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