Il vino, da oltre quindici anni, si trova continuamente al centro
dell'attenzione e delle mode, riuscendo apparentemente ad attraversare
indenne le vicende nelle quali è coinvolto. Argomento che pare essere
adatto alle discussioni di ogni tipo – non da meno, polemiche e dibattiti –
chiunque si occupi di vino da qualche decennio è stato testimone dei tanti
cambiamenti sociali, produttivi, culturali ed economici che hanno avuto come
protagonista la bevanda di Bacco. Molte volte, sembra si debba chiedere e
pretendere dal vino qualcosa che non lo riguarda e, suo malgrado, è costretto a
subire solo per assecondare i capricci e le mode del momento. È vero: quando
qualcosa raggiunge notorietà e diviene elemento dominante nella cultura e nei
costumi delle persone, diventa inevitabilmente oggetto di lodi e critiche, non
da meno, richieste e condanne, colpevole di chissà quale ignominiosa colpa.
Succederebbe lo stesso – sicuramente – qualora il frumento ottenesse la
stessa popolarità del vino. Tutti si accanirebbero nel dissertare le bellezze
del grano duro e tenero, assisteremmo ad accesi dibattiti concentrati sui
nobili Triticum Durum e Triticum Aestivum, per poi passare al
Triticum Monococcum e Dicoccum perché oggi sono di moda.
Negli ultimi tempi, inoltre, uno degli argomenti sui quali si dibatte sovente
si concentra su due parole in particolare – sostenibilità e ambiente – e,
ovviamente, il vino non è sottratto a questo genere di discussioni. Voglio
essere chiaro prima di procedere oltre così da evitare inutili incomprensioni e
malintesi. La sensibilità verso questi argomenti è chiaramente auspicabile e
condivisibile, pertanto è fondamentale ci sia maggiore attenzione da parte di
tutte le società – civili e politiche – di ogni paese del mondo. I
cambiamenti ambientali che hanno riguardato il pianeta negli ultimi decenni ci
avvertono, infatti, che è necessario prendere coscienza dell'operato dell'uomo,
dei danni che ha prodotto e delle conseguenze, evidenziando comportamenti e
speculazioni che necessitano chiaramente di essere cambiate. Questo è
– banalmente – l'unico pianeta che, almeno per il momento, ci ospita e
consente alle forme di vita, così come le conosciamo, di progredire ed
evolvere. In questo caso specifico, non sembra avere senso l'antico adagio
mors tua, vita mea, poiché la morte degli altri, nonostante possa
essere lontana e distante, diventerà prima o poi e inevitabilmente anche la
nostra.
Quando si parla di ambiente, il collegamento alla sostenibilità diviene sempre
e comunque implicito. In questo senso, si intende lo sviluppo sostenibile delle
attività produttive – industriali e agricole – tali da renderle compatibili
con la difesa e tutela dell'ambiente, favorendo inoltre la distribuzione equa
delle ricchezze derivanti. La sostenibilità si pone anche l'ulteriore e nobile
obiettivo di consentire il soddisfacimento dei bisogni attuali senza
compromettere quelli delle generazioni future. L'attenzione che negli ultimi
anni si pone a questi argomenti ha introdotto nuove forme di economia basate su
principi sostenibili e rispettose dell'ambiente, generalmente
definite come verdi o green, per dirla all'inglese. Il vino, e con
questo la vite, hanno chiaramente subito gli effetti di queste nuove
tendenze e le cantine, soprattutto negli ultimi anni, stanno cercando di
adottare pratiche agronomiche, viticolturali ed enologiche più sostenibili.
Quali siano, poi, queste pratiche non è esattamente e sempre chiaro e, a volte,
in tutta franchezza, sembrano somigliare a operazioni promozionali con lo scopo
di conservare o acquisire nuove possibilità di mercato.
In questo senso, non ci sarebbe nulla di male: le cantine sono innegabilmente
delle imprese e, come tali, hanno la necessità di conseguire un profitto
economico dal loro lavoro e impegno, sia consolidando gli attuali risultati,
sia cercando di ottenerne nuovi. Questo non significa, evidentemente, che
il profitto sia l'unica ragione di qualunque impresa, ma certamente è un
fattore fondamentale per mantenere un'azienda sana e in attività. Credo sia
inoltre superfluo sottolineare che, in termini generali, le attività agricole
dipendono direttamente dalle sorti dell'ambiente, in particolare quelle di
piccole dimensioni, e sono chiaramente consapevoli che rappresenti per loro un
patrimonio, certamente il più importante. Per questa ragione, qualunque impresa
dedita all'agricoltura, e con un minimo di consapevolezza etica e morale,
aggiungerei anche intelligenza, ha un forte interesse a mantenere sano e
produttivo l'ambiente nel quale lavora. La perdita o il danneggiamento
dell'ambiente, infatti, produce, nel medio e lungo periodo, un danno economico
enorme a qualunque impresa agricola, comprese quelle vitivinicole.
La sostenibilità legata al mondo del vino, in termini generali, non pare avere
lo stesso impatto nell'ambiente che si registra invece in altre attività
agricole dedite alla coltura intensiva e speculativa. Se consideriamo, infatti,
la dimensione media delle cantine, queste risultano essere minuscole
rispetto ad altre realtà agricole dedite ad altre colture e decisamente più
produttive in termini quantitativi e con superfici di terreno ampiamente
maggiori. Certo, tutto è importante per la causa comune della
conservazione sostenibile dell'ambiente, cantine comprese, grandi o
piccole che siano. Eppure, sembra l'attenzione sia sempre rivolta in modo
particolare al vino, chiedendo continuamente di essere vestito secondo
le mode del momento, in accordo agli argomenti di tendenza e che affollano
le baruffe condotte a colpi di tastiera. Biologico, biodinamico, ancestrale,
naturale, artigianale, giovane, autoctono, anarchico, carbonaro, tradizionale,
tipico e adesso pure sostenibile e rispettoso dell'ambiente. In questo elenco
– ne sono certo – ho sicuramente dimenticato qualche aggettivo che negli
ultimi anni è stato associato al vino e alle tante verità enologiche assolute.
La sostenibilità ambientale, evidentemente, è un argomento serio e importante,
sia per una questione etica e morale, sia di interesse esistenziale, visto che
questo ambiente è l'unico che abbiamo e nel quale tutti viviamo. Tutti
noi siamo chiaramente coinvolti e tutti – nel limite delle proprie possibilità
e responsabilità – sono chiamati a fare il proprio dovere. Anche il vino,
ovviamente, e le figure che sono coinvolte nella sua espressione, dal
produttore al consumatore. Cosa si debba poi fare per creare un vino
sostenibile, non è comunque del tutto chiaro. Anche perché, così mi sembra,
ognuno ritiene di sapere esattamente cosa sia un vino sostenibile,
avversando tutti quelli che non si riconoscono nel medesimo principio. È già
accaduto in passato – e continuerà ad accadere – che le scuole di pensiero
enologico si affrontino a duello, combattendo strenuamente guerre che nessuno
ha mai vinto, creando solamente fazioni opposte di religiosi dogmi,
evidentemente sacri e indiscutibili. Certo, lo sviluppo sostenibile rispettoso
dell'ambiente è un argomento che dovrebbe riguardare tutti, soprattutto un
dovere verso le generazioni future. Sperando – come sovente accade – non si
trasformi in una guerra ideologica e nella quale gli unici a subire le
conseguenze peggiori siano proprio l'ambiente e il vino.
Antonello Biancalana
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