L'introduzione dei dazi da parte degli Stati Uniti d'America nei confronti dei
prodotti dell'Unione Europea – vicenda che, da diverse settimane, è alla
ribalta dell'informazione – sta producendo i primi effetti e non sono
purtroppo positivi. Le conseguenze di questo provvedimento cominciano a
produrre i primi effetti tangibili e, comprensibilmente, le associazioni di
categoria e le istituzioni stanno cercando di adottare misure cautelative con
lo scopo di limitarne l'impatto. Tutti sono concordi nel sostenere che le
conseguenze di questo provvedimento saranno evidenti e sostanziali, cosa che
riguarderà – ovviamente – anche il mondo del vino. In alcuni paesi
d'Europa, infatti, si stanno valutando i primi effetti sull'economia dei
settori colpiti da questa misura, evidentemente negativi. In particolare, la
Francia lamenta già un calo a doppia cifra per quanto riguarda l'esportazione
del vino negli Stati Uniti d'America.
I primi paesi europei a subire le conseguenze dell'introduzione di questa
misura protezionistica sono la Francia e la Spagna. Questi due paesi, infatti,
hanno reso noto di avere registrato dei cali significativi nella quota di
esportazione verso gli Stati Uniti d'America. La Francia, alla fine di novembre
2019, ha registrato una diminuzione del -36% rispetto allo stesso periodo del
2018 mentre la Spagna rende noto che la perdita è determinabile con un calo del
-9,2%. In entrambi i casi, si ritiene che questa perdita sia determinata in
larga parte dalla decisione di introdurre dazi da parte degli USA e che hanno
portato, dopo cinque anni, a una significativa diminuzione delle esportazioni.
Ad approfittare di questo risultato, segnando addirittura un aumento delle
esportazioni verso gli Stati Uniti d'America, risultano essere Italia e Nuova
Zelanda, rispettivamente con aumenti del +9,7% e +8,8%. La determinazione del
calo dovuto agli effetti dei dazi pare verosimile se si considera la
percentuale imposta sui prodotti francesi e spagnoli.
Se è vero che Francia e Spagna sembrano avere subito una pesante perdita e, nel
contempo, l'Italia avrebbe buoni motivi per gioire del conseguente aumento
nelle esportazioni – a causa di una minore percentuale nei dazi – in realtà,
nessuno in Europa ha davvero buone ragioni per stare tranquilli. Gran parte dei
produttori, infatti, teme che nei prossimi mesi gli effetti dei dazi si faranno
sentire in modo ancora più evidente per tutti, Italia compresa. Il settore
vitivinicolo italiano, temendo nei prossimi mesi un impatto piuttosto
importante, stanno cercando il sostegno politico dei nostri governanti,
invitandoli a operare nelle opportune sedi dell'Unione Europea così da
promuovere misure tali capaci di limitare le perdite previste. Compito
decisamente difficile e che, evidentemente, non è solo nell'interesse
dell'Italia poiché tutti i paesi membri dell'Unione Europea stanno cercando di
fare comprensibilmente lo stesso. Impresa evidentemente complessa e difficile,
considerando – soprattutto – le ragioni che hanno portato gli Stati Uniti
d'America a introdurre i dazi nei confronti della produzione europea.
A livello istituzionale e burocratico, in effetti, qualcosa si sta muovendo,
poiché anche le associazioni di categoria americane comprendono le conseguenze
economiche determinate dai dazi. Il Comité Européen des Entreprises
Vins (Ceev) e il Wine Institute americano hanno infatti stipulato un
patto di unione di intenti con lo scopo di chiedere ai rispettivi governi la
revoca bilaterale dei dazi sul vino, così come previsto dal GATT
(General Agreement on Tariffs and Trade, Accordo generale sulle tariffe
doganali e sul commercio). La chiara dimostrazione che il provvedimento dei
dazi imposti dagli USA destano non poche preoccupazioni a tutte le figure e le
associazioni che dipendono dal mercato del vino, sia in Europa, sia negli Stati
Uniti d'America. La reciproca preoccupazione, inoltre, riguarda la conseguenza
più diretta determinata dal mancato profitto, cioè il rischio concreto della
perdita di posti di lavoro e, non da meno, l'inevitabile aumento dei prezzi del
vino nel mercato statunitense.
Da entrambe le parti – Unione Europea e Stati Uniti d'America – emerge chiara
la convinzione della necessità di un commercio libero tale da favorire le
rispettive produzioni vitivinicole nei diversi mercati. Non è difficile,
infatti, pensare che l'introduzione dei dazi da parte del governo statunitense
provochi una risposta analoga da parte dell'Unione Europea. Uno scenario
decisamente lontano dai tempi che stiamo vivendo e che vede sempre più il mondo
come un mercato globale e unico, nel quale l'espressione delle ricchezze locali
riescono a essere apprezzate anche altrove, pur mantenendo – ognuno – la
propria identità e peculiarità. Il risultato è la sconfitta di tutti poiché se
la vendita del vino europeo è ostacolata negli Stati Uniti d'America, parimenti
quello americano sarà ostacolato con misure analoghe nel mercato europeo. Alla
fine tutti avranno perso, tutti saranno più poveri e non solo in termini
economici ma, soprattutto, di condivisione e crescita culturale.
La Francia, il paese che ha subito le maggiori conseguenze dell'introduzione
dei dazi statunitensi, non è rimasta a guardare ed è passata al
contrattacco. Il governo francese, infatti, nella prospettiva
dell'applicazione di forti dazi nei confronti dei suoi prodotti, ha
risposto introducendo la cosiddetta digital tax ai danni dei
colossi americani del web. Questo provvedimento ha costretto il governo
americano a trattare con quello francese, fino a raggiungere una tregua e
che, a quanto pare, si protrarrà per tutto il 2020. Sicuramente non finisce qui
e c'è da immaginare – viste le strade intraprese dalle due opposte sponde
dell'oceano Atlantico – che saranno adottate altre misure tali da limitare le
opportunità di mercato delle rispettive produzioni. E non finisce nemmeno qui
per il vino europeo e i rapporti commerciali con gli altri paesi poiché – a
quanto pare – la brexit sta per essere attuata con conseguenze ancora
non del tutto chiare. Questo, sicuramente, porterà a nuovi scontri fra
istituzioni e burocrazia, con il risultato che il mondo ci sembrerà,
all'improvviso, più chiuso, piccolo e fragile.
Antonello Biancalana
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