Comincia a essere più chiaro quali siano stati gli effetti subiti dal mondo del
vino e causati dalle misure di contenimento e prevenzione per la Covid-19.
Nelle ultime settimane, infatti, iniziano a essere diffusi i dati che
riguardano l'andamento del mercato del vino in Italia durante il primo
semestre 2020, pertanto, evidentemente, anche il periodo contrassegnato
dal cosiddetto lockdown. Si tratta, ovviamente, di dati non esattamente
confortanti, qualcosa che era fin troppo prevedibile e scontato. I dati,
soprattutto quelli più recenti e che riguardano il periodo immediatamente dopo
la ripartenza – quindi al termine del lockdown – fanno comunque
ben sperare nell'immediato futuro, sebbene con moderato ottimismo. Evidente che
qualunque dato positivo, dopo un periodo estremamente critico e negativo,
induce all'ottimismo, tuttavia ci sono segnali che lasciano sperare per un
discreto recupero.
In ogni caso, si può solamente parlare di recupero e non di crescita, tuttavia
la notizia che il crollo verticale delle vendite di vino, compresa
l'esportazione, sia concluso, è di per sé una bellissima notizia. La riapertura
di ristoranti, bar e altri locali dove si serve o vende vino sta certamente
contribuendo a questa ripresa poiché queste attività rappresentano la quota
principale del mercato vino. Anche se con moderato ottimismo, per le cantine
resta comunque un problema serio lo smaltimento del vino attualmente in
giacenza, in modo particolare quelli di pronto consumo dell'annata 2019.
Inoltre, con le cantine ancora occupate dalle bottiglie non vendute,
diventa un problema, e non solo di tipo logistico, anche l'imminente vendemmia
2020, cioè produrre nuovo vino senza avere venduto quello dell'annata
precedente. A tale proposito, le previsioni di molti produttori suggeriscono
che, in ogni caso, la vendemmia 2020 sarà meno abbondante di quella precedente
e non solo per gli interventi di vendemmia verde.
Per quanto concerne lo smaltimento dei vini dell'annata 2019, è notizia di
questi giorni l'emanazione di un decreto ministeriale che stanzia cinquanta
milioni di euro per la distillazione del vino attualmente in commercio. Una
misura – va detto, non apprezzata in modo unanime da tutti gli operatori del
settore – tesa a rimuovere dal mercato quantità di vino ingenti e che
potrebbero creare ostacolo per quello dell'imminente vendemmia 2020. La
distillazione di crisi riguarderebbe solamente i vini comuni di largo
consumo ed escluderebbe, pertanto, quelli a denominazione e indicazione
geografica tipica. Il provvedimento è finanziato con fondi della Comunità
Europea e ha lo scopo di ridurre le giacenze attuali oltre a produrre alcol
etilico da destinare principalmente alla produzione industriale di
disinfettanti. Il Decreto, inoltre, ha stanziato cento milioni di euro per la
vendemmia verde e ridotto il massimale di produzione per i vini comuni da 50
tonnellate per ettaro a 30, una misura che – evidentemente – non trova il
favore delle cantine che producono questo genere di vino.
Prima di parlare del moderato ottimismo dei produttori, vediamo, nello
specifico, la situazione che si è determinata nel periodo del lockdown e
che ha riguardato il mercato del vino. Secondo quanto emerge dai dati
forniti dall'Osservatorio Vinitaly-Nomisma Wine Monitor, i primi due mesi del
2020 hanno prodotto dei risultati migliori rispetto all'analogo periodo
precedente, trainato, in modo particolare, da fattori di mercato decisamente
favorevoli. Il risultato, com'era facilmente prevedibile, è stato vanificato
enormemente dal periodo di lockdown del secondo bimestre, con risultati
pesantemente negativi. In accordo alle previsioni degli analisti, il bimestre
maggio-giugno – che abbiamo appena lasciato alle spalle – potrebbe produrre
risultati ancor più negativi, vanificando quindi l'ottimo inizio 2020. I dati
rilevati ad aprile evidenziano il calo del mercato di vini italiani, tuttavia
la risposta è stata più efficace rispetto ad altri paesi. Un risultato
conseguito, probabilmente, grazie al mancato crollo del mercato americano e
l'introduzione dei dazi nei confronti dei vini francesi.
Con risultati così negativi, difficili da prevedere e da contrastare, anche il
minimo accenno di ripresa è chiaramente un segnale che produce giustificabile
ottimismo. Del resto, auspicando il peggio sia oramai passato e non si
verifichi la temibile seconda ondata di autunno ipotizzata da alcuni, i
prossimi mesi saranno evidentemente all'insegna della ripresa dei mercati. In
questo senso, i produttori mostrano segni di ottimismo a partire già dai mesi
estivi, durante i quali si ipotizza anche una ripresa del turismo e che aiuterà
certamente l'economia del nostro Paese, vino compreso. Nessuno, evidentemente,
si sbilancia nel fare previsioni di alcun genere e tutti confidano in una
ripresa dei mercati e quindi economica. Non sarà certamente sufficiente a
recuperare le enormi perdite che si sono verificate nel periodo del
lockdown, quanto meno – e questa, di per sé, è una buona notizia –
contribuirà a contenerle e rendere disponibile l'indispensabile liquidità.
I produttori confidano infatti sia nella riapertura dei locali di ristorazione
e somministrazione del vino, sia nell'importante quota di esportazione,
quest'ultima, per molte cantine, fondamentale voce di bilancio. Nello
specifico, i produttori confidano, in modo particolare, in settembre,
tipicamente il mese durante il quale iniziano gli approvvigionamenti per il
periodo natalizio e di capodanno. Qualora le previsioni e le attese di mercato
dovessero svolgersi come i produttori sperano, il secondo semestre 2020
dovrebbe segnare una significativa ripresa, sia in termini economici sia di
consumi. Una condizione che, ovviamente, riguarderebbe non solo il mercato
interno, ma anche e soprattutto quello internazionale e quindi le esportazioni.
Altri produttori, inoltre, ipotizzano un calo dei prezzi medi dovuti all'enorme
disponibilità di vino invenduto e che, con lo scopo di realizzare un profitto
nel breve periodo, potrebbero essere venduti a prezzi più bassi.
Va detto che, in questo senso, a usufruire di questa leva di mercato sarebbero
solamente i vini di fascia medio-bassa. Si tratta, in ogni caso, di segnali
incoraggianti che certamente aiuteranno le cantine e i produttori a limitare le
già severe perdite del 2020. Nessuno confida, infatti, nella chiusura di
quest'anno con profitti importanti, tuttavia qualunque segnale tale da
interrompere l'andamento negativo del mercato è certamente auspicabile oltre
che fondamentale. Un po' di ottimismo non può che fare bene a tutto il comparto
del mondo del vino e, non da ultimo, al Paese intero. Perché dopo un crollo
così severo e inaspettato – sociale, economico, produttivo e sanitario –
noi tutti abbiamo bisogno di segnali di incoraggiamento, anche timidi e
modesti, ma che ci consentano di avere fiducia e buone speranze per il futuro
immediato. Ci sono piccoli ma importanti segnali che fanno ben sperare e che
possiamo certamente salutare con un ben augurante brindisi. Con del buon vino
di qualità e che, ovviamente, in Italia non manca di certo.
Antonello Biancalana
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