Difficile, in questo periodo, parlare di altro se non della situazione
planetaria determinata dalla pandemia da Covid-19. Difficile, inoltre, separare
il vino da questo argomento poiché è, come tutti gli altri settori produttivi
ed economici, fortemente condizionato dai suoi effetti. Sembra difficile,
infatti, allo stato attuale delle cose, fare delle previsioni a causa
dell'incertezza generale che stiamo attraversando poiché l'unica certezza
sono i fatti, quello che producono e hanno prodotto nei mesi scorsi. Si sta
inevitabilmente navigando a vista, con i risultati del mercato non esattamente
incoraggianti, sebbene si siano notati dei chiari segni di ripresa, comunque
insufficienti a recuperare le perdite. Da qualche parte si deve inevitabilmente
ricominciare e, poiché gli effetti della pandemia non hanno alterato,
ovviamente, il ciclo delle stagioni, le viti nei vigneti stanno offrendo i
nuovi grappoli d'uva, pronti per essere vendemmiati.
In alcune parti d'Italia, in verità, la vendemmia è iniziata da qualche
settimana, in modo particolare nelle zone dove si producono vini spumanti e in
molte regioni del meridione. Nel momento in cui una parte del vino dell'annata
2019 ha già preso la via della distillazione per ricavarne di alcol da
destinare alla produzione di gel disinfettante – un prodotto, purtroppo, molto
richiesto in questo periodo – si apre un nuovo capitolo e nel quale si
ripongono le speranze per l'immediato futuro. Il 2020, decisamente, è stato un
anno, a dir poco, nefasto per il vino: è iniziato con le misure
protezionistiche dei dazi da parte degli Stati Uniti d'America e che hanno
provocato non pochi disagi per il mercato enologico, poi – come se non
bastasse – è stata dichiarata la pandemia da Covid-19, infliggendo un altro e
pesantissimo colpo all'economia del vino e delle attività a esso collegate.
Sicuramente è troppo presto per fare previsioni attendibili, poiché il periodo
della vendemmia, in Italia, si protrae per oltre tre mesi – in alcuni casi,
infatti, le uve si raccolgono addirittura in novembre – tuttavia i segnali che
giungono dalle regioni che hanno già iniziato sembrano essere incoraggianti. In
modo particolare, come già detto, dalle regioni del meridione d'Italia e nelle
aree dedite alla produzione di vini spumanti. Si può, evidentemente, fare una
stima preliminare poiché, in ogni caso, la qualità della quale si può parlare
in questo momento è quella presunta che si ricava dall'osservazione dei
grappoli in maturazione e, a quanto pare, sembra essere molto buona in tutta
Italia. Tutto questo, ovviamente, confidando Madre Natura ci risparmi sgradite
sorprese per mezzo di eventi meteorologici negativi che, chiunque lavori la
terra e si dedichi all'agricoltura, sa benissimo essere un rischio
imprevedibile e costante.
Va detto, in termini generali, che la costante presenza del sole e
le afose temperature che hanno caratterizzato luglio e agosto, sembra avere
accelerato – come facilmente prevedibile – la maturazione delle uve
anticipando quindi l'inizio della vendemmia. In modo particolare, oltre alle
uve tipicamente utilizzate per la produzione di spumanti, le operazioni di
raccolta dei mesi estivi hanno interessato prevalentemente Chardonnay,
Sauvignon Blanc e, generalmente, le varietà a bacca bianca. I primi commenti
che giungono dai produttori, sottolineano una qualità delle uve molto elevata
sebbene si registri un calo in termini quantitativi rispetto al 2019. La
diminuzione di quantità, in ogni caso, non sembra preoccupare eccessivamente le
cantine che, ricordiamolo, hanno ancora il non banale problema della
collocazione sul mercato dei vini della scorsa annata. In ogni caso, la
presunta – e si spera, confermata – qualità delle uve della vendemmia 2020 è
certamente un'ottima notizia che fa ben sperare per il futuro prossimo.
Impossibile, infatti, dimenticare o non considerare l'effetto nefasto della
pandemia nell'economia del vino, con enormi cali di vendite, soprattutto
nell'importante quota rappresentata dall'esportazione. Per quanto riguarda
l'annata 2020, si ipotizza una produzione di 45 milioni di ettolitri, con un
calo di circa il 5% rispetto al 2019. Questa diminuzione è stata largamente
determinata alle misure di contenimento adottate durante il cosiddetto
lockdown e che prevede, appunto, una diminuzione delle rese nei vigneti.
La vendemmia 2020, nonostante la previsione sulla qualità delle uve sia
positiva e incoraggiante, sembra andare incontro a difficoltà di ordine
pratico, nello specifico, la reperibilità di manodopera e di operatori che
effettivamente saranno nei vigneti a vendemmiare i grappoli. A causa delle
restrizioni imposte dalla pandemia da Covid-19, lo spostamento di lavoratori,
soprattutto dall'estero, sembra infatti essere piuttosto difficoltosa.
Si deve infatti osservare che, nella maggioranza dei casi, durante il periodo
della vendemmia le cantine ricorrono all'impiego di personale e manodopera
supplementare proprio per soddisfare il maggiore carico di lavoro e che di
certo non può attendere. In altre parole, quando l'uva è matura si deve
raccogliere e non si può indugiare sul tempo, pena l'eccessiva maturazione,
quindi la compromissione della qualità del vino. Esattamente come accade in
altri ambiti della produzione agricola, si ricorre sovente a manodopera
proveniente dall'estero e che, a causa delle restrizioni imposte dalle misure
preventive e sanitarie, molti hanno avuto difficoltà a raggiungere l'Italia
oppure è stato interdetto loro l'ingresso nel nostro Paese. Si tratta di
contratti a tempo, con validità strettamente necessaria a coprire unicamente il
periodo della vendemmia, spesso ricorrendo ad agenzie interinali italiane
oppure di altri paesi. Si tratta di un'importante quota dell'economia generata
dal settore vitivinicolo, una delle tante ed evidentemente non l'unica.
Anche gli altri principali paesi produttori di vino europei – Francia e
Spagna – stanno incontrando le medesime difficoltà e, non da meno, gli stessi
dubbi e perplessità per quanto riguarda il mercato del vino. Per questi paesi,
oltre alle misure adottate in conseguenza della pandemia da Covid-19, pesano
anche gli oramai tristemente noti dazi imposti dagli Stati Uniti d'America e
che hanno prodotto perdite ingenti nell'esportazione. A tale proposito, è
emblematico il caso della Champagne che, proprio a causa del drastico calo
delle vendite nel 2020 – sia a causa della pandemia da Covid-19, sia per i
dazi imposti dagli USA – si è decisa una drastica riduzione dei raccolti e
della produzione. Quest'anno, infatti, nella Champagne si produrranno solamente
230 milioni di bottiglie: un numero che fa riflettere se si confronta alle
produzioni degli anni passati e che erano oltre 300 milioni.
Questi tempi – come purtroppo ben sappiamo tutti – non sono semplici e
sollevano questioni epocali e certamente complesse da risolvere. Da qualche
parte si deve comunque ripartire e la vendemmia 2020 è certamente un ottimo
punto di partenza. La qualità, così dicono, è molto elevata e questo porterà
alla produzione di grandi vini. Un buon motivo per essere ottimisti sebbene
concretamente realisti e senza eccessive illusioni. Si tratta di uno sforzo
gigantesco – tuttavia necessario e fondamentale – ed è fin troppo
comprensibile che le cantine, già in evidente difficoltà per l'andamento del
mercato del 2020, sono adesso costrette a prendere altre e impegnative
decisioni. A partire dalla vigna, per poi proseguire in cantina, infine alla
bottiglia. Da qualche parte e in qualche modo si deve comunque ripartire. Sarà
difficile – già così è molto difficile e ben lo sappiamo – ma alla fine sarà
un successo. Io sono ottimista e ne sono convinto. Il temporale non dura per
sempre: prima o poi, inevitabilmente, arriva l'arcobaleno.
Antonello Biancalana
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