Il duemilaventidue, l'anno che è appena iniziato, potrebbe essere un anno
difficile per il vino. Non sarà – almeno per il momento – a causa di quello che
potrebbe accadere in vigna come conseguenza ed effetto dell'andamento del tempo,
soprattutto per il fatto che nessuno conosce o può prevedere le condizioni
meteorologiche del 2022. Si tratta, piuttosto, di quello che si potrebbe
verificare all'interno della cantina, quando il vino è pronto per essere
consegnato ai calici degli appassionati. L'eventuale causa di difficoltà per il
2022 – a quanto pare – potrebbe essere determinata dalla condizione economica
mondiale e, non da meno, dal livello di inflazione e dalla difficoltà dei
produttori a reperire, quindi acquistare, le materie prime e strumenti che
consentono di realizzare la fase finale della vinificazione, cioè
l'imbottigliamento. A questo si aggiungerebbe anche la minore capacità di spesa
delle persone e che, inevitabilmente, sarà costretta a fare delle scelte e
rinunciare ad alcuni beni non essenziali.
La situazione si complica ulteriormente poiché, oltre alle materie prime, è
necessario includere l'impatto e il costo dell'energia necessaria sia per la
produzione sia per la distribuzione delle bottiglie. Il fattore energetico,
infatti, non è per nulla marginale, poiché qualunque operazione produttiva o
conseguente alla produzione, richiede l'impiego di energia, sia elettrica sia
generata dall'uso di idrocarburi o gas. Acqua compresa, ovviamente. La
conseguenza più ovvia e banale è che tutti questi fattori incideranno
inevitabilmente sul prezzo finale di qualsiasi prodotto, vino compreso. Non si
tratta, almeno con queste premesse, di una misura speculativa, piuttosto di tipo
gestionale e amministrativo poiché l'aumento dei costi di produzione porta, in
modo più o meno significativo, a un conseguente aumento del prezzo finale. A meno
che il produttore non decida di rinunciare a una parte del proprio margine di
profitto – lecito, legittimo e comprensibile – sarà inevitabilmente costretto
ad aumentare il prezzo di vendita così da evitare o limitare la perdita economica.
Secondo le opinioni che ho potuto raccogliere personalmente parlando con diversi
produttori di vino, il timore principale per il 2022 è per tutti quello legato
all'aumento dei costi e la difficoltà di reperire le materie prime necessarie per
la produzione. A onore del vero, la maggioranza di quelli con i quali ho parlato
recentemente, sono soddisfatti del risultato di mercato del 2021, decisamente in
aumento rispetto agli anni passati, 2019 compreso – quindi prima del periodo
della pandemia – in modo particolare l'esportazione. Un buon segno, chiaramente,
ampiamente confermato dai dati di settore che sono stati diffusi nei mesi scorsi.
Il timore dei produttori – a quanto pare, oramai concreto – è che nel 2022 non
sarà possibile ripetere lo stesso risultato e la sensazione prevalente è dominata
dall'incertezza. I produttori di vino, infatti, ritengono di aumentare i prezzi
di vendita dei loro vini a causa, appunto, del forte incremento dei costi di
produzione, in modo particolare, quelli dei materiali indispensabili per la
distribuzione e l'identificazione dei loro vini, nello specifico bottiglie ed
etichette.
I produttori hanno evidenziato che già nel corso del 2021 si sono verificati
importanti aumenti dei prezzi pagati, nello specifico, per l'acquisto di
bottiglie, legno, etichette e servizi di distribuzione. Questa tendenza sarà
probabilmente confermata anche nel corso del 2022, complice, in particolare
l'aumento dell'inflazione, del costo dell'energia e la conseguente carenza delle
materie prime. Si deve infatti osservare che, a causa della condizione generale
determinata dalla pandemia, la produzione di certe materie prime ha subito un
calo sostanziale. Con la riapertura dei mercati e la ripresa progressiva della
attività commerciali e produttive, si è verificato quindi un notevole aumento
delle richieste di materie prime e che, in questo momento, non è possibile
soddisfare. Questa condizione ha pertanto determinato, oltre alla difficoltà di
reperire questi materiali, un aumento dei prezzi a causa dell'incremento dei
costi di produzione alla base. Le conseguenze, fin troppo facile da immaginare,
coinvolgono tutti i settori produttivi, compresa la fornitura di servizi.
Questa situazione – generata da una serie di eventi che inevitabilmente
coinvolgono tutta la filiera produttiva – si traduce in un aumento dei prezzi di
vendita, con un impatto importante per i consumatori. I produttori prevedono che
a partire da questo mese – gennaio 2022 – si registrerà un aumento medio del
prezzo di vendita di circa il 40%. Un aumento non proprio trascurabile,
considerando inoltre che questo incremento si verificherà di nuovo nel corso del
2022. La situazione è, per così dire, paradossale. I produttori, infatti,
dispongono di quantità importanti di vino pronto per l'imbottigliamento, ma
saranno impossibilitati a compiere questa operazione a causa della mancanza del
relativo materiale indispensabile. Se all'inizio del 2020 è stata la pandemia a
trattenere il vino nelle botti, nel 2022 sarà la mancanza di bottiglie,
etichette, legno, carta e cartone. Senza bottiglia, senza etichetta, in mancanza
di scatole, capsule e pallet, non è ovviamente possibile provvedere alla
distribuzione e quindi alla commercializzazione del vino.
La carenza di questi materiali segnala anche una forte domanda del prodotto vino
– che non manca – e che ha portato i produttori a un maggiore e cospicuo
consumo di bottiglie e quant'altro necessario per la vendita, così da portare
il loro prodotto nel mercato. Questa improvvisa e importante domanda di
materiali, ha provocato la loro carenza, quindi la difficoltà del reperimento e
il conseguente aumento dei prezzi. Si tratta – in fin dei conti – di una banale
legge di mercato, di domanda e offerta. Sicuramente, con il tempo si tornerà a
una certa normalità, sia nel reperimento delle materie e materiali, sia nella
loro produzione. Per il momento, tuttavia, le previsioni dei produttori non sono
così ottimistiche e tutti ritengono che i prezzi finali del vino subiranno un
aumento di circa il 40%, alcuni prevedono perfino aumenti più consistenti. I
produttori di materie prime e materiali necessari alle cantine per
l'imbottigliamento e la distribuzione, non da meno, lamentano la medesima
condizione. Anche per loro, infatti, si è verificato l'aumento dei costi delle
materie prime, dell'energia necessaria per la produzione e dei servizi necessari
per la distribuzione.
Innegabile, in ogni caso, che tutto questo è riconducibile alle conseguenze
determinate dalla pandemia e dai relativi e continui effetti che questa ha
prodotto – e continua a produrre – in ambito sociosanitario ed economico. Si
tratta, inoltre, della dimostrazione di come tutte le attività economiche e
produttive, pertanto anche sociali, siano così strettamente collegate e
interdipendenti. La criticità di uno qualunque degli elementi che costituiscono
questo sistema produce inevitabilmente un effetto che, a catena, influisce
sull'efficienza e il funzionamento di tutti gli altri. Il vino, che per essere
prodotto necessita inevitabilmente di servizi, materie prime e materiali prodotti
e forniti da altre attività, non è certamente esente da questo principio. A
titolo di esempio, per distribuire il vino è necessario consegnarlo a un
corriere che, a sua volta, ha bisogno – quanto meno – di autisti, mezzi e
carburante per potere compiere il proprio lavoro. Senza questo indispensabile
servizio, sarebbe impossibile per chiunque versare il vino nei propri calici. Se
il costo della distribuzione aumenta, a causa, per esempio, dell'aumento dei
prezzi dei carburanti, inevitabilmente aumentano anche i costi della
distribuzione. Per questo, ma non solo per questo, il prezzo del vino aumenta.
Antonello Biancalana
|