Il vino al ristorante, o per meglio dire, il modo con il quale si serve e si
vende il vino al ristorante, è un argomento ricorrente e spesso scomodo. Il
fatto che sia ricorrente indica, con molta probabilità, che nei ristoranti -
parlando in termini generali - il servizio del vino è spesso percepito dai
clienti come inadeguato o insoddisfacente. Scomodo perché quando si parla del
vino al ristorante, inevitabilmente si fa riferimento al suo prezzo e, in
particolare, i ricarichi applicati per portare al tavolo una bottiglia. Questo
argomento è inoltre scomodo per i produttori che, interrogati sul prezzo al
quale il loro vino è generalmente venduto al dettaglio, mostrano un evidente
fastidio nel rivelare questa informazione poiché, spesso, fuori dal loro
controllo. E visto che devono vendere il loro vino, anche attraverso i
ristoranti, con lo scopo di non fare loro un torto - non da ultimo, per
non ricevere rimproveri e critiche per avere diffuso un certo prezzo -
fanno di tutto per evitare di comunicare un prezzo attendibile.
Il mercato del vino è molto particolare. Contrariamente a quanto accade per
molti altri prodotti, per i quali spesso è il produttore a stabilire il prezzo
al dettaglio, per il vino vige una sorta di anarchia di mercato nella quale
ognuno, in buona sostanza, applica il prezzo che ritiene più opportuno o
conveniente. Ecco che si trovano, per esempio, ricarichi che superano a
volte il 400%, anche se è prassi piuttosto comune vendere un vino con almeno il
150% di ricarico rispetto al suo costo. Si tratta, ovviamente, di una
generalizzazione, poiché esistono molti casi nei quali si rileva una netta
eccezione. Ma sono solamente casi, appunto. Non è mia intenzione accusare i
ristoranti di applicare ricarichi eccessivamente alti, poiché questo si verifica
anche in altre categorie commerciali. Però è innegabile che la lamentela più
frequente da parte dei consumatori riguardi il prezzo pagato per una bottiglia
di vino al ristorante. E questo lo posso anche sostenere con cognizione di
causa: nelle tante mail che riceviamo dai nostri lettori, molte di queste
riguardano il prezzo del vino al dettaglio, al ristorante in particolare.
Le lamentele non riguardano solamente il prezzo. Molti lamentano la scarsa
attenzione che il vino riceve al ristorante, non solo per come è servito, ma
anche per come è presentato. Calici poco adatti, temperatura approssimativa,
carta dei vini poco chiara che a malapena va oltre il semplice elenco di quello
che dovrebbe essere disponibile in cantina. Non solo, molti lamentano anche la
scarsa preparazione tecnica del personale addetto al servizio del vino,
spesso in netta difficoltà già nelle fasi dell'apertura della bottiglia. Per non
parlare di quando la bottiglia arriva al tavolo addirittura già aperta: ogni
sospetto e ogni dubbio sul contenuto e sul vino sono leciti. Molto spesso,
sedendosi al tavolo di un ristorante, si ha l'impressione che il vino sia un
ostacolo piuttosto che un mezzo per consentire il migliore apprezzamento di
quello che viene prodotto in cucina. Per molti, inutile negarlo, il vino è
semplicemente uno strumento per aumentare il profitto, insomma un prodotto
esattamente uguale a qualunque altro, a patto che consenta di aumentare il
prezzo richiesto al cliente al termine del pasto.
Non è mia intenzione accusare tutto il settore della ristorazione: esistono
infatti molte e lodevoli eccezioni. Ci sono ristoranti che hanno compreso la
funzione del vino, ma soprattutto, quello che si aspetta il cliente che non
sempre si accontenta del vino della casa o della triste domanda bianco o
rosso?. Ma è innegabile che si tratta di eccezioni, poiché nella maggioranza
dei casi il servizio e l'attenzione che si pone al vino è decisamente
deprimente. E non è solamente una questione di prezzo: sono certamente disposto
a pagare se ricevo in cambio un servizio adeguato, professionale e che soddisfi
le mie aspettative. Ammetto di essere molto pignolo quando mi siedo al tavolo di
un ristorante - del resto non è sempre facile mettere da parte una certa
deformazione professionale - ma è anche vero che la mia pignoleria è
certamente in funzione del rapporto fra quello che spendo e che quello che
ricevo in cambio. Come tutti, del resto.
Senza volere riconoscere alla questione prezzo il difficile rapporto che
si crea spesso fra il vino e il ristorante, resta comunque sconcertante che il
prezzo di una bottiglia superi talvolta l'intero costo del pasto. Si potrebbe
dire che la colpa è dei produttori e che vendono i loro vini a prezzi troppo
alti. È noto che non sempre questo corrisponde alla verità, tuttavia la
soluzione è molto semplice e fu proposta per primo da Luigi Veronelli - e
successivamente sostenuta anche da altri, me compreso - quando suggerì
l'indicazione del prezzo sorgente in bottiglia. Nessuno contesta a chiunque
venda vino di ricavare un legittimo e comprensibile profitto per il suo lavoro,
ma questo è molto diverso dalla speculazione. Sarà forse per questo motivo che
gran parte dei ristoratori non consentono ai propri clienti di potere consumare
una bottiglia di vino portata da casa, abitudine spesso accettata in molti paesi
del mondo, poiché questo è visto come causa di mancato profitto, pur
riconoscendo il giusto pagamento per il servizio dell'apertura della bottiglia,
per l'uso e per il lavaggio dei bicchieri.
Non solo di prezzi e di profitti, ma anche e soprattutto di servizio. Sono
certamente disposto a pagare qualcosa in più, a patto di ottenere qualcosa di
adeguato in cambio. La professionalità di chi è addetto al servizio del tavolo e
del vino è certamente quel qualcosa in più. La professionalità e il
lavoro degli altri, non solo vanno rispettati, ma devono essere giustamente
pagati. Assistere a operazioni maldestre nelle fasi di apertura della bottiglia
e del servizio del vino, calici poco adatti o temperature non appropriate, non
predispongono positivamente il cliente. E nemmeno le carte dei vini così poco
chiare, con errori evidenti e imbarazzanti, mancanza di informazioni che non
sono soddisfatte nemmeno dopo avere chiesto al personale addetto al servizio.
Professionalità è anche questo: sapere rispondere alle domande dei clienti ed
essere preparati culturalmente oltre a conoscere quello che si vende. E
questo non riguarda solamente il vino, ma qualunque cosa servita al tavolo del
cliente, a partire dalla cucina. Rivolgo quindi ai ristoratori questa domanda
volutamente provocatoria, confidando che possa essere motivo di riflessione.
Chiedete legittimamente un profitto per il lavoro che fate e per quello che
vendete, a partire dal vino: siete proprio sicuri di dare al vostro cliente
qualcosa di veramente all'altezza di quello che paga?
Antonello Biancalana
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