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Vini Svendesi


 Siamo in crisi. Non è una novità, visto che sono anni che ce lo sentiamo ripetere quasi quotidianamente. L'economia non sta certamente vivendo il suo momento migliore, la gente non sta passando un momento florido, con disponibilità finanziarie personali che permettono a malapena di garantire un livello di vita dignitosa. In questo contesto, che non sembra mostrare cenni di ripresa, la gente si impone - comprensibilmente - delle priorità essenziali, lasciando ben poco spazio e poca possibilità a tutto quello che, in questo momento, assume un significato elitario o comunque non indispensabile. Il vino, probabilmente, rientra in questa categoria, trovando poco o minore spazio nella tavola degli italiani proprio a causa della minore disponibilità di spesa. L'effetto si ripercuote indubbiamente anche sui profitti e sull'attività dei produttori di vino, costretti a rivedere le loro strategie commerciali così da assicurarsi, nel limite del possibile, l'indispensabile profitto.


 

 L'effetto della crisi si fa vedere anche negli scaffali dei negozi. I prezzi di molti vini hanno infatti subìto un crollo sostanziale, anche quei vini che storicamente godevano di una certa fama e si potevano permettere certi prezzi. Vini che fino a poco tempo fa erano venduti a un prezzo medio di 20-30 euro, oggi - in certi casi e per certi produttori - non è raro vedere gli stessi vini svenduti a pochi euro, talvolta anche a meno di 5 euro. Se è vero che una notizia simile potrebbe fare felici molti consumatori e, non da ultimo, i loro portafogli, è anche vero che questo è il chiaro segno della difficoltà dei produttori nel vendere i loro vini. Il prezzo non fa la qualità, o meglio, non sempre, anche se a volte ne aumenta la probabilità. L'equazione “vino costoso uguale vino buono”, non trova nessun fondamento concreto, poiché - calice alla mano - capita molto spesso che un vino venduto a un prezzo modesto sia, di fatto, superiore a molte bottiglie costose.

 Vini venduti a meno di 5 euro non sono chiaramente una novità, poiché questo fenomeno è da anni ampiamente utilizzato per vini di qualità modesta, anche per certi vini DOC (Denominazione d'Origine Controllata) e DOCG (Denominazione d'Origine Controllata e Garantita). Se fino a qualche tempo fa, questo fenomeno commerciale riguardava prevalentemente i vini di determinate zone - alcune anche celebri e non solo in Italia - oggi sembrerebbe interessare un numero maggiore e crescente di vini di altre e celebrate zone. Si potrebbe osservare che esiste la libertà, da parte del produttore, di scegliere il prezzo per i propri vini, pertanto se decide di svenderli, è una sua scelta, un suo problema. Vedere però un vino che fino a un mese fa era venduto a 20 euro e oggi venduto a meno si 5 euro, quanto meno, fa sorgere dei leciti dubbi. Si tratta di una speculazione fatta un mese fa, oppure un regalo “promozionale” del produttore ai propri clienti, sia per fidelizzare i vecchi e trovarne di nuovi? O più semplicemente, prodotti invenduti, ora svenduti, così da evitare il rischio di non venderli affatto?

 In ogni caso, il segno è evidente: il vino, quel vino, costa troppo e a un prezzo superiore di pochi euro non si vende. Se facciamo un rapido calcolo, considerando anche i profitti da garantire a tutti i soggetti commerciali interessati alla mediazione di ogni bottiglia, a malapena i costi effettivi per produrre e imbottigliare il vino riescono a giustificare quel prezzo. Se consideriamo infatti il vino - anche quello di pessima qualità ha comunque costi di produzione - la bottiglia, l'etichetta, il tappo e la capsula, infine, l'imballaggio e la spedizione, è facile comprendere che il costo di produzione e distribuzione supera i pochi euro chiesti per ogni bottiglia. Le strategie commerciali delle grandi catene di distribuzione, che spesso decidono di vendere un prodotto “sottocosto” con lo scopo di recuperare - anzi aumentare - il mancato profitto attraverso la vendita di altri prodotti, non sempre giustifica queste scelte.

 Se il calo dei prezzi dei vini è accolto dai consumatori con evidente soddisfazione, alcuni consorzi di tutela delle Denominazioni d'Origine Controllata considerano questo fenomeno pericoloso sia per il prestigio della denominazione stessa, sia per la riduzione dei profitti. In alcuni casi si è perfino proposto un prezzo minimo a bottiglia sotto il quale nessun produttore può scendere, in altre parole, un prezzo minimo imposto. Si può certamente comprendere la tutela del legittimo profitto per chiunque conduca un'impresa - e una cantina non fa eccezione - tuttavia esiste un concreto rischio che questo messaggio possa essere recepito negativamente dai consumatori. Imporre un prezzo di vendita minimo, somiglia più a una scelta politica piuttosto che economica. In altre parole, è la volontà arrogante e presuntuosa di affermare che i vini di determinate aree vinicole - in quanto tali - devono essere “costosi”. La realtà, nella spietata valutazione dei fatti, dimostra che non tutti i vini di una determinata area vinicola, anche blasonata e celebrata, sono all'altezza dei loro prezzi.

 In medio stat virtus, ci hanno insegnato i nostri antenati. Di certo fa riflettere vedere un vino venduto a un prezzo inverosimile e poco credibile in termini “industriali”, ma fa parimenti riflettere un vino venduto a un prezzo spropositato. In entrambi i casi, è lecito chiedersi “dove sta il trucco” o, forse, l'inganno. Il prezzo non sempre è legato alla qualità effettiva di un vino. Se è vero che un prezzo elevato dovrebbe - o meglio, potrebbe - garantire un prodotto di qualità migliore, un prezzo molto basso fa pensare certamente a un prodotto di qualità mediocre oppure scadente. Qualora una bottiglia fosse venduta, a titolo di esempio, a 2,50 euro - un prezzo che spesso corrisponde alla realtà - qual è il costo di produzione effettivo per il solo vino? Poche decine di centesimi al litro e, va detto, ci sono molti produttori capaci di garantire questo prezzo ad eventuali “imbottigliatori” a fronte di acquisti di quantità ingenti. Come sia fatto realmente quel vino è spesso un mistero enologico. Vino non adulterato - almeno si spera - ma certamente prodotto con criteri qualitativi discutibili o pressoché inesistenti. Qualità svendesi: anche questo è segno di crisi.

Antonello Biancalana






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