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  Eventi Numero 196, Giugno 2020   
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Notiziario


 In questa rubrica sono pubblicate notizie e informazioni relativamente a eventi e manifestazioni riguardanti il mondo del vino e dell'enogastronomia. Chiunque sia interessato a rendere noti avvenimenti e manifestazioni può comunicarlo alla nostra redazione all'indirizzo e-mail.

 

Orcia DOC e Coronavirus: il Blocco del Turismo Inginocchia il Vino


 
Nel cuore della Toscana, in provincia di Siena, l'area dove nasce la Doc Orcia è, in gran parte, iscritta nel patrimonio dell'umanità UNESCO. Questa denominazione è conosciuta come “il vino più bello del mondo” perché si estende su un territorio integro, un capolavoro di bellezza paesaggistica, mantenuto anche dalla mano dei produttori di vino, che purtroppo l'emergenza Covid-19 mette a rischio.
Nell'area di produzione della Doc Orcia ogni anno si registrano quasi un milione e mezzo di presenze turistiche e circa un milione di escursionisti giornalieri attratti dalla magica armonia dei panorami, la ricchezza di piccole città d'arte, dalle acque termali ma soprattutto da cibi e vini di grande storia e qualità. Anche per questo il 65% delle cantine dell'Orcia ha attività di agriturismo o ristorazione e tutte hanno vendita diretta dei vini. Una situazione privilegiata per una giovane DOC che si trovava fino all'emergenza del virus ad avere il mercato di esportazione “sotto casa” per il gran numero di turisti enogastronomici, in maggioranza esteri, che compravano i vini oppure li bevevano nei locali della zona. Una situazione che, con l'epidemia Covid, rischia di trasformarsi da opportunità a grosso rischio. Questo perché esiste il fondato timore che i turisti non arrivino.
«Oggi avere un solo mercato largamente prevalente, quello locale, e una sola tipologia di cliente, il turista, si rivela come un fattore di fragilità per le aziende della Doc Orcia che potrebbero subire maggiori contraccolpi commerciali rispetto alle altre denominazioni toscane – spiega il presidente del Consorzio di tutela, Donatella Cinelli Colombini – infatti per loro si sommano gli effetti della crisi nelle vendite del vino con i mancati introiti per l'affitto di appartamenti e per la ristorazione agrituristica che probabilmente resterà vuota».
Non solo il mondo produttivo deve preoccuparsi di questo momento, ma tutto il tessuto paesaggistico e sociale che sta vivendo una situazione di immediato allarme per i suoi effetti economici e sociali ma con possibili contraccolpi successivi più duraturi anche sul patrimonio paesaggistico. Per difendere occupazione, imprese e anche l'integrità di un territorio rurale che deve rimanere tale, è importante che l'azione pubblica di sostegno al sistema economico arrivi tempestivamente e in modo mirato al fine di salvaguardare un territorio che ha trovato nel turismo il suo riscatto e ora rischia, proprio per il turismo, di entrare in una nuova fase depressiva.
Il primo pensiero va alla salute e poi all'occupazione al sostegno ai redditi, subito dopo la preoccupazione riguarda le imprese e la protezione del lavoro futuro. Per il vino italiano sono allo studio interventi di sostegno pubblico relativi allo stoccaggio in botte o in bottiglia che potrebbero adattarsi alla Doc Orcia caratterizzata da rossi destinati al medio e lungo invecchiamento. Altre misure auspicabili riguardano premi per la distillazione e la vendemmia verde che, tuttavia, sono praticabili sono tenendo conto del valore dei vini che, nella Doc Orcia, non è certo quello del primo prezzo. È da presumere che le cantine stringeranno i denti ma cercheranno di coltivare i vigneti e mettere da parte il vino in vista di una ripartenza nel 2021.
Per il turismo la situazione è diversa perché molte strutture decideranno di rimanere chiuse per evitare di cumulare i costi fissi con quelli del personale a fronte di un business ai minimi termini e di un maggiore rischio per la salute.
Per evitare una prospettiva tragica di povertà e grande disagio sociale è opportuno incentivare le imprese a occupare almeno parte della mano d'opera turistica nelle attività al pubblico o in altre occupazioni riducendo il numero dei disoccupati o dei cassaintegrati e salvaguardando il tessuto di competenze e di professionalità che ha portato al successo il turismo in Valdorcia.
Una prospettiva che può concretizzarsi solo con decisioni governative tempestive perché il turismo viene costruito con mesi di anticipo e quindi prima della fine di maggio per l'estate-autunno 2020. Poi sarà troppo tardi per intercettare la clientela estera con maggiore capacità di spesa e i flussi saranno solo quelli last minute degli italiani che non basteranno per risanare i bilanci soprattutto in presenza delle norme sul distanziamento e i rischi innescati dal considerare il Covid come infortunio sul lavoro.
L'area di produzione della Doc Orcia comprende la maggior parte del parco della Valdorcia – patrimonio Unesco e altre zone limitrofe dello stesso fregio paesaggistico e storico artistico. Per capire la portata economica dell'epidemia Covid in questa zona è necessario capire il peso economico e sociale del turismo che riceve.
La Valdorcia ha una prevalenza di turismo estero (dati IRPET 2018 presenze italiane 253.311 presenze straniere 345.559) con tassi del 58% sul totale dei flussi. Meno del Chianti, dove questo indice tocca l'82%, ma comunque abbastanza alto da preoccupare, nelle attuali circostanze. Si tratta infatti di turisti che arrivano prevalentemente in aereo e che quindi saranno particolarmente scoraggiati a viaggiare. Provengono dall'Europa occidentale per il 29,9% e dal Nord America per il 14,9%.
Anche se il turismo non costituisce la maggior parte del PIL dei distretti del vino tuttavia ne occupa una grossissima fetta. Per capirlo prendiamo l'unico dato fornito dal IRPET e relativo al 2015 nei comuni di – Montalcino e Montepulciano cioè in due super denominazioni come sono il Brunello e il Vino Nobile e in un'epoca antecedente al boom della ricettività diffusa. Ebbene il turismo era già il 25% del PIL. C'è da immaginarsi che in aree come l'Orcia, dove vigneti e cantine hanno una storia più breve e una dimensione produttiva più piccola, il turismo sia attualmente il 30% del PIL.
Anche per quanto riguarda gli occupati le percentuali sono così alte da destare allarme: in Valdorcia gli addetti al turismo erano nel 2016 il 33% della forza lavoro e ora hanno probabilmente una percentuale più alta.

Dazi e Inizio Covid-19 Decisivi su Export Extra-UE nel Trimestre

Marzo spartiacque per il commercio mondiale del vino, con l'Italia protagonista in positivo nei primi 2 mesi del 2020 ma in ritirata a marzo, dopo la fine delle scorte anti-dazi statunitensi e in corrispondenza con l'inizio del lockdown da Coronavirus. È quanto rileva l'Osservatorio Vinitaly-Nomisma Wine Monitor nel focus rilasciato oggi sulle vendite di vino nei Paesi extra-UE nel primo trimestre 2020.
Nel complesso, le elaborazioni svolte su base doganale segnano un andamento globale a due facce tra i top buyer mondiali. Con gli Stati Uniti che, in previsione dell'aumento dei dazi aggiuntivi, fanno precauzionalmente incetta di prodotto e chiudono il trimestre con le importazioni dal resto del mondo a +10,9% a valore, mentre la Cina – in piena emergenza Covid-19 – segna un decremento delle importazioni che sfiora il 20% rispetto al pari periodo 2019. Segue, stabile, la domanda mondiale di vino da Canada e Giappone e, in rosso, dalla Svizzera (-10,8%).
In tutto ciò l'Italia perde di meno in Cina (-13,3%) e guadagna di più negli USA (+16,8%), con le vendite in Canada e Giappone ancora in terreno positivo dopo gli exploit del 2019, e con la domanda svizzera stabile.
«Due fattori esogeni come i dazi e la pandemia hanno prima favorito e poi penalizzato la crescita delle nostre esportazioni di vino – ha detto il direttore generale di Veronafiere, Giovanni Mantovani – Basti pensare come negli Stati Uniti si sia passati da un incremento record a valore del 40% del primo bimestre a una contrazione del 17,4% a marzo. Nei prossimi mesi – ha proseguito Mantovani – l'impatto della pandemia sui mercati internazionali sarà ancora più evidente, ma auspichiamo che questo autunno l'Italia possa essere la prima a ripartire proprio in Cina, laddove è iniziato con effetto domino il lockdown sull'on-trade del vino. In programma, la prima edizione del Wine to Asia di Shenzhen (9-11 novembre), oltre agli eventi di Vinitaly Hong Kong (5-7 novembre), e Chengdu».
Per il responsabile dell'Osservatorio Vinitaly-Nomisma Wine Monitor, Denis Pantini: «Le vendite di vini fermi italiani nell'off-trade (gdo e liquor store) statunitense hanno raggiunto i 94 milioni di litri, che rappresentano solo il 40% delle importazioni totali della tipologia. Ora il quesito si pone su che fine farà l'altro 60% di vino fermo italiano e soprattutto se l'on-trade sarà in grado di ripartire con i ritmi precedenti. Da qui la necessità, specie per la fascia premium che è maggiormente penalizzata, di lavorare su un mix di canali che vedano protagonisti anche quelli dell'e-commerce, in forte crescita non solo negli Usa».
E sono proprio i vini di qualità superiore che sembrano accusare maggiormente la variazione negativa di marzo: in Svizzera il lockdown della ristorazione ha infatti portato a una contrazione del prezzo medio all'import del 14,6% rispetto allo stesso mese dello scorso anno, negli Stati Uniti un calo del 10,5%, nella Cina del 9,5%, in Norvegia dell'11,5%. Una tendenza al ribasso, come riscontrato anche nella GDO italiana con la recente analisi voluta da Vinitaly, che vede in crescita i vini di fascia medio-bassa allo scaffale ma un progressivo ridimensionamento del valore medio alla bottiglia.
Quanto ai competitor, se l'off-trade è un terreno di agguerrita concorrenza con i vini australiani, cileni e statunitensi, la market leader Francia sembra accusare la congiuntura con maggiori difficoltà rispetto all'Italia, complice l'acuirsi delle difficoltà in Cina (-37,2% nel trimestre), la forte perdita in Svizzera (-24,6%) e la virata in negativo del Giappone. Bene invece, grazie agli sparkling, negli Usa, dove il timore dei dazi al 100% ha fatto lievitare le importazioni di Champagne a +93%.

Maremma Toscana: Approvata la Modifica del Disciplinare

Il Consorzio Tutela Vini della Maremma Toscana oggi, dopo un iter durato 4 anni, è arrivato finalmente a ottenere la modifica del disciplinare per la DOC Maremma Toscana, approvata dal Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali tramite il Comitato Nazionale Vini. In questa maniera si agevola il completamento del passaggio dalla preesistente IGT alla DOC, si adegua la Denominazione alle nuove esigenze di mercato per aumentarne gli sbocchi commerciali, consolidando, al contempo, gli attuali trend di crescita, rimarcando l'aspetto qualitativo della produzione.
Francesco Mazzei, presidente del Consorzio Tutela Vini della Maremma Toscana, sottolinea l'importanza strategica di questa modifica che «consentirà alla Denominazione di crescere e di ampliare il raggio d'azione presentandosi sui mercati con una proposta ancora più ampia e articolata che andrà a raggiungere nuove punte di qualità». «Il percorso per l'approvazione ministeriale di questa modifica è quasi giunto al termine – ora bisognerà aspettare che decorrano i tempi tecnici dalla pubblicazione della modifica in Gazzetta Ufficiale – ed è stato un percorso lungo e delicato, ma grazie alla determinazione del Consorzio e alla sinergia delle istituzioni siamo riusciti ad arrivare a questo traguardo che apre nuove interessanti prospettive», conclude Mazzei.
Il Direttore del Consorzio, Luca Pollini spiega che «le modifiche più rilevanti del disciplinare di produzione della DOC Maremma Toscana contenute nella proposta da noi presentata ormai quasi 4 anni fa riguardano, innanzitutto, la nuova formulazione della base ampelografica». In particolare per la produzione della tipologia Rosso per la quale potranno essere utilizzate, da sole o congiuntamente e per un minimo del 60%, Sangiovese, Cabernet Sauvignon, Cabernet franc, Merlot, Syrah e Ciliegiolo. Mentre per la produzione del tipo Bianco, accanto a Vermentino e Trebbiano Toscano, sarà possibile utilizzare anche il Viognier da solo o congiuntamente alle altre due varietà, per almeno il 60%.
«In un'ottica di innalzamento del livello qualitativo della proposta è stata anche inserita la Menzione Riserva sia per la tipologia Bianco – invecchiamento non inferiore a 12 mesi – sia per il Rosso – in questo caso con invecchiamento obbligatorio di due anni di cui almeno 6 mesi in recipienti di legno» aggiunge Pollini. Per rimarcare ulteriormente il valore del prodotto sono state aggiunte prescrizioni specifiche per la viticoltura – aumentando la densità minima di ceppi per ettaro e vietando sistemi di allevamento tipo tendone, non ritenuto idoneo alla produzione di uve di qualità.
Per perseguire una sempre migliore valorizzazione della Denominazione, resta invariata la possibilità di produrre le tipologie varietali tra le quali spicca il Vermentino – in forte crescita – e sono stati anche inseriti Cabernet Franc, Petit Verdot e Pugnitello. Inoltre, primo caso in Toscana per vini DOP, vi è ora la possibilità di utilizzare in etichetta l'indicazione di due varietà (tipologie Bivarietali), molto richieste soprattutto sui mercati esteri.
È stato un lavoro lungo e complesso che ha dovuto confrontarsi anche con il cambiamento delle regole comunitarie, avvenuto a inizio del 2019, a fronte delle quali il Consorzio ha dovuto “spacchettare” le modifiche richieste. Il prossimo passo sarà la richiesta di imbottigliamento nella zona di produzione – una modifica per la quale è previsto il pronunciamento della Commissione Europea – con l'impegno a presentarla al momento della conclusione dell'iter riferito alle modifiche ordinarie.
Il Consorzio Tutela Vini della Maremma Toscana nasce nel 2014 dopo il conferimento della DOC con l'obiettivo di promuovere la qualità dei suoi vini e garantire il rispetto delle norme di produzione previste dal disciplinare, dedicandosi, inoltre, alla tutela del marchio e all'assistenza ai soci sulle normative che regolano il settore. Oggi il Consorzio conta 279 aziende associate, di cui 91 aziende “verticali” – che vinificano le proprie uve e imbottigliano i propri vini – per un totale di quasi 6 milioni di bottiglie prodotte all'anno. Il Consorzio opera nell'intera provincia di Grosseto, una vasta area nel sud della Toscana che si estende dalle pendici del Monte Amiata e raggiunge la costa maremmana e l'Argentario fino all'isola del Giglio. La DOC Maremma Toscana è al 3° posto, per superficie vitata rivendicata, tra le DOP toscane, dietro soltanto al Chianti e al Chianti Classico. Territorio incontaminato, sostenibilità e proposta ampia di prodotti sono i plus della Denominazione che è ancora giovane e ha una potenzialità di crescita molto importante anche in termine di volumi. A oggi si punta quindi in generale su obiettivi di crescita quantitativa e qualitativa del prodotto.

Ruenza Santandrea è la Nuova Presidente del Consorzio Vini di Romagna

Si è svolta l'assemblea annuale dei soci del Consorzio Vini di Romagna. Un'assemblea particolarmente importante in quanto prevedeva anche il rinnovo delle cariche per il triennio 2020-2022. Come da prassi è stato il Consiglio d'Amministrazione appena eletto a nominare il nuovo presidente. All'unanimità le preferenze sono state espresse per Ruenza Santandrea, nome noto e molto apprezzato nel panorama vinicolo regionale, nazionale ed europeo per gli importanti incarichi ricoperti in questi ultimi quindici anni nel settore. La Santandrea, prima presidente donna nella storia del Consorzio Vini di Romagna in 58 anni dell'ente (è stato fondato nel 1962), succede a Giordano Zinzani, che lascia dopo quattro mandati triennali consecutivi.
«Consapevole di andare a ricoprire questo importante ruolo in un momento storico decisamente complicato per il vino romagnolo, e non solo, spero nell'impegno di tutti per dare nuovo slancio al nostro settore – dichiara la neo Presidente Santandrea – Tutti possono fornire il proprio contributo e assieme dobbiamo iniziare a ragionare, da subito, su quali azioni e quali strategie mettere in campo per promuovere i nostri vini, figli di un territorio ricco di cultura, tradizioni, gastronomia. Ringrazio quindi per la fiducia espressa dal CdA nei miei confronti e adesso al lavoro, uniti e compatti. Solo così riusciremo a valorizzare i nostri prodotti, ben oltre il Covid-19».
Ad affiancare la Santandrea nei lavori del Consorzio Vini di Romagna saranno i riconfermati Vice Presidenti Scipione Giuliani (Poderi dal Nespoli, Civitella di Romagna) e Mauro Sirri (Celli, Bertinoro) e il nuovo Consiglio d'Amministrazione formato da: Francesco Bordini (Villa Papiano, Modigliana), Silvia Casali (Tenuta Casali, Mercato Saraceno), Fabio Castellari (Cantina di Faenza, Faenza), Andrea Achille Emiliani (Agrintesa, Faenza), Riccardo Maraldi (Caviro, Faenza), Roberto Monti (Cantina Forlì-Predappio, Forlì), Alessandro Morini (Poderi Morini, Faenza), Marco Nannetti (Terre Cevico, Lugo), David Navacchia (Tre Monti, Imola), Alberto Perdisa (Insia – Palazzona di Maggio, Ozzano dell'Emilia), Enrico Prugnoli (Cantina Sociale di Cesena, Cesena), Daniele Rossi (Cantina dei Colli Romagnoli, Faenza), Sandro Santini (Tenuta Santini, Coriano), Roberto Sarti (Caviro, Faenza), Matteo Vingione (Cavim, Sasso Morelli).
Faentina, classe 1954, sposata, con due figli e due nipoti, Ruenza Santandrea prima di ricoprire il ruolo di Presidente del Gruppo Cevico e delle società controllate dal 2005 al 2017, svolgeva attività professionale soprattutto come consulente di direzione e di sindaco revisore, collaborando alla costituzione di importanti consorzi del mondo produttivo.
Durante la presidenza di Cevico, è anche responsabile del settore vino nazionale dell'Alleanza delle Cooperative, lanciando Vivite, il festival del vino cooperativo, e promuovendo il coordinamento europeo cooperativo del vino con francesi e spagnoli.
Ha partecipato al gruppo dei cinque esperti che hanno lavorato per il Ministero dell'Agricoltura alla realizzazione del padiglione vino di Expo Milano 2015. Inoltre, ha ricoperto diversi ruoli in associazioni di sindacati d'impresa, sia a livello territoriale sia nazionale. Ha ricevuto il premio Romagna Wine Festival di “Profeta in patria” e il premio “Voice of Wine 2019” alla WBWE di Amsterdam per il lavoro svolto a sostegno del mondo vinicolo europeo. Dopo aver lasciato la presidenza di Cevico al termine del quarto mandato, e con essa anche gli incarichi collegati sia a livello societario sia sindacale, ha ricoperto il ruolo di Presidente di Bolè srl, società nata per produrre e lanciare lo spumante ottenuto da Romagna Trebbiano DOC; incarico tutt'ora in corso.

 


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